mercoledì 16 agosto 2017

Le 10 principali idee sbagliate su Charlottesville

David Swanson.




  1. Cominciamo dall’ovvio. Charlottesville, Virginia, e Charlotte, North Carolina, sono di fatto due luoghi completamente diversi. L’alluvione di interesse e buoni auspici per quelli di noi che vivono qui a Charlottesville è magnifica e molto apprezzata. Che la gente segua i telegiornali su Charlottesville, ricordate che io vivo a Charlottesville, è mi mandi i suoi saluti indirizzati alla gente di Charlotte è un’indicazione di quanto è comune la confusione. Non è presa male; non ho nulla contro Charlotte. E’ solo un luogo diverso, diciassette volte più grande. Charlottesville è una piccola città con l’Università della Virginia, una strada centrale pedonale e pochissimi monumenti. I tre situati proprio in centro sono al Robert E. Lee, Stonewall Jackson e alla Confederazione. Né Lee né Jackson hanno avuto qualcosa a che fare con Charlottesville e le loro statue furono erette in parchi per soli bianchi negli anni ’20.
  2. I razzisti che hanno cominciato a venire a Charlottesville per fare campagna elettorale per il governatore, attirare attenzione, minacciare violenze, darsi alla violenza e commettere un omicidio sono quasi tutti di fuori di Charlottesville ed estremamente sgraditi qui. Charlottesville è un’area del Partito Democratico con una leggera tendenza di centrosinistra. La maggior parte della gente non manifesta a favore di buone cause o contro cattive. La maggior parte della gente non vuole che sia abbattuta la statua di Lee. (O almeno non lo voleva fino a quando non è diventata un luogo di raccolta di neo-confederati). La maggior parte della gente vuole altri monumenti aggiunti allo spazio pubblico per diversificare. E la maggior parte della gente non vuole che in città vengano suprematisti bianchi con il loro odio e la loro violenza.
  3. Le aggressioni armate non sono tutelate dal Primo Emendamento. Posso sostenere, e l’ho fatto diffusamente, la necessità strategica – per non dire legale – di rispettare la libertà di discorsi di odio e – più importante – di rispettare e costruire ponti di comprensione nei confronti della persone agitate che predicano l’odio. Ma il diritto umano alla libertà di espressione non si trova in un’arma o in una torcia o in uno spray al peperoncino più che nella pubblicità dell’industria. Quando teniamo manifestazioni per la pace in città statunitensi a volte ci è vietato di portare cartelli su aste di legno. Dobbiamo usare tubi vuoti di cartone per sostenere i nostri cartelli perché – sapete – i sostenitori della nonviolenza possono essere tanto violenti. Tuttavia agli agitatori razzisti, nazionalisti, suprematisti bianchi è consentito di portare un arsenale con cui attaccare il pubblico in generale e i controdimostranti! Di qualsiasi cosa si tratti, non si tratta di libertà di espressione. Sarei propenso a dire che è qualcosa di più prossimo a consentire il terrorismo. Tutte le consuetudini dei media riguardo all’”equilibrio” e all’”imparzialità” diventano menzogne quando il rispetto dei diritti e la condanna delle morti e delle lesioni sono basati sull’idea che la violenza premeditata e le minacce di violenza non meritano menzione.
  4. Il sindaco di Charlottesville ha votato contro l’abbattimento della statua a Lee anche se adesso su NBC News pare che sia stata una sua idea. Visto da un certo angolo, si tratta di un progresso. Io voglio che la gente condivida l’idea di abbattere tutti i monumenti razzisti e tutti i monumenti alla guerra, e questo è entrambe le cose. Ma è un’idea sbagliata immaginare che la decisione di abbattere il generale Lee sia venuta dall’alto e che sia arrivata senza un’estesa pressione pubblica. E’ vero che il membro del Consiglio Comunale Kristin Szakos ha pubblicamente segnalato come problema il dominio del nostro spazio pubblico da parte di statue confederate e che il membro del Consiglio Comunale Wes Bellamy ha esercitato pressioni al riguardo. Ma sono stati il movimento nazionale di Black Lives Matter e l’attivismo locale a determinare la richiesta, tanto per cominciare, e anche a fare di Bellamy un membro del Consiglio Comunale. La città ha tenuto audizioni pubbliche lunghissime ed estese e raccolte di fatti e idee. Una commissione Nastro Azzurro ha prodotto un rapporto. E quando il Consiglio Comunale ha votato per abbattere Lee (ma lasciare su Jackson) lo ha fatto perché il membro del Consiglio Comunale Bon Fenwick si è unito a Szakos e Bellamy in un voto di tre contro due, in cui il sindaco Mike Signer è stato dalla parte perdente e vile. Poiché questo è tipico da parte sua, dovremmo essere diffidenti delle false percezioni di lui come leader, fino a quando non ne diventerà realmente uno. E’ possibile che se avesse mostrato la leadership del sindaco di New Orleans nell’abbattere statue e nello spiegare il perché, non ci troveremmo in questo casino.
  5. L’esercito e la polizia militare non sono qui per proteggervi. Una forza armata nelle strade e nell’aria di Charlottesville ha fatto cadere un elicottero, uccidendo tragicamente due persone. Ma che cos’altro ha ottenuto? Ha aumentato la tensione. Ha ridotto l’affluenza dei contrari alla violenza e al razzismo. La sua aggressione contro antirazzisti dopo la manifestazione del KKK a luglio ha contribuito a paure riguardo a che cosa avrebbe fatto questa volta. La polizia di Charlottesville non bisogno del veicolo blindato antimine che tiene in garage, perché non ci sono mine da noi. Non abbiamo bisogno che i nostri cieli siano pieni – anche il venerdì prima della manifestazione – di elicotteri dell’esercito. Per carità di Dio, non abbiamo bisogno di blindati nelle nostre strade. Abbiamo bisogno di disarmare quelli che cercano di esercitare i loro diritti del Primo Emendamento, non di armare qualcun altro. L’elicottero non avrebbe mai dovuto cadere perché non avrebbe mai dovuto alzarsi in volo. E ogni individuo che aggredito e minacciato  da persone con spray al peperoncino, torce, bastoni, pugni o con un’automobile avrebbe dovuto essere accolto in modo non violento, senza armi o altri mezzi di offesa, dicendo la propria e incontrando e parlando quelli che la pensano diversamente.
  6. Gli eventi di Charlottesville, come finanziamenti nazionali e stranieri, ulteriori forme di corruzione finanziaria, bandi contro i mussulmani, guerre illegali, minacce alla Corea del Nord, intimidazioni degli elettori, distruzione dell’ambiente e aggressioni sessuali, costituiscono un altro capo di accusa per l’incriminazione di Donald Trump in attesa solo che la Camera dei Rappresentanti si svegli. L’incitamento alla violenza è un reato e costituisce certamente ‘alto tradimento e illecito’, l’espressione è della Costituzione che si riferisce a un abuso di potere che può essere o no penale. Donald Trump ha fatto di tutto per convincere i razzisti che erano liberi di darsi apertamente al loro razzismo. Numerosi razzisti, tra cui alcuni attivi a Charlottesville, hanno apertamente comunicato la loro interpretazione del permesso presidenziale. Quelli che in questo momento restano a guardare in silenzio legittimano il razzismo. Lo stesso vale per quelli che non sostengono l’incriminazione e la deposizione. Sì, sono consapevole del generale orrore di Mike Pence [vicepresidente USA – n.d.t.] ma un paese che incriminasse e deponesse presidenti sarebbe un paese molto diverso in cui il presidente successivo dovrebbe comportarsi bene o rischiare a sua volta l’incriminazione. La paura del successivo apparirà sempre più debole come motivo per consentire all’attuale di distruggere le cose mentre procede con la propria distruzione. Sono inoltre consapevole che la dirigenza Democratica di [Washington] D.C. fa apparire il cinismo del sindaco Signer un gioco da bambini e che Nancy Pelosi vuole Trump in circolazione più di quanto lo vogliano i Repubblicani, in modo che i Democratici possano “opporglisi”. Ma non vi sto chiedendo di credere che sarà incriminato senza che voi facciate nulla. Vi sto chiedendo di forzare la sua incriminazione.
  7. La risposta alla violenza razzista non è la violenza antirazzista o la passività, e l’idea che queste siano le sole due scelte è ridicola. La resistenza di Charlottesville e degli Stati Uniti al razzismo sarebbe molto più forte con una nonviolenza disciplinata. Il comportamento di pochi antirazzisti a luglio ha consentito ai media dell’industria di dipingere il KKK come vittima. Non c’è nulla che la destra radicale desideri di più in questo momento che qualche atto di violenza contro di essa che permetta ai guru di cominciare a strombazzare la necessità che i liberali siano più tolleranti nei confronti dei razzisti o di proclamare che il vero problema sono quegli sconsiderati radicali che vogliono abbattere statue. Abbiamo bisogno di attivismo nonviolento e ne abbiamo bisogno mille volte di più. Dobbiamo avviare noi la prossima manifestazione a Charlottesville.
  8. Abbattere statue non è opporsi alla storia. Charlottesville ha tre statue della guerra confederata, due statue sul genocidio (a suo favore) dei nativi americani, una statua della prima guerra mondiale, una lapide commemorativa della guerra del Vietnam, una statua di Thomas Jefferson (le cui parole e atti, mi spiace dirlo, erano coerenti quasi interamente con i razzisti più recenti) e una statua di Omero (poeta della guerra). E questo è tutto. Non abbiamo commemorazioni, statuarie o di altro genere, di nessun educatore, artista, musicista, atleta, scrittore o attivista; nulla sulla storia dei nativi americani, lo schiavismo, i diritti civili, i diritti delle donne o di QUALSIASI ALTRA COSA. Manca quasi tutto della nostra storia. Erigere una statua gigantesca a celebrazione del razzismo e della guerra non è un passo a favore della storia. Abbatterla non è un colpo alla storia. Potrebbe essere, in realtà, un passo avanti. Anche ribattezzare Parco dell’Emancipazione il Parco Lee è educativo. Creare un memoriale dell’emancipazione e uno dei diritti civili e uno dell’integrazione scolastica e uno della pace sarebbe ancor meglio.
  9. La statua di Lee è ancora lì non perché i razzisti manifestano attorno a essa ma a perché i parlamentari glorificano la guerra. Mentre né l’uno né l’altro schieramento ha interesse a opporsi alla guerra o anche particolarmente a promuoverla, e anche se i media nazionali e locali si sono contorti all’infinito per evitare di menzionarla, il caso giudiziario a favore della rimozione di Robert E. Lee e del cavallo che non ha mai cavalcato riguarda la glorificazione della guerra. Una legge statale che può applicarsi o no a questa statua vieta di abbattere monumenti bellici in Virginia. Ai difensori equi ed equilibrati della libertà di espressione vorrei segnalare che nessuna legge simile vieta di abbattere monumenti alla pace. E’ anche vero che non ce ne sono da abbattere, anche se si volesse. Questo è un sintomo di una cultura che ha finito per accettare una guerra interminabile e la militarizzazione della polizia locale e di riferire su manifestazioni di “nazionalisti bianchi” senza neppur prendere in considerazione che può esserci un problema con entrambi i termini.
  10. Come ho scritto in mesi recenti, molti simpatizzanti della causa razzista sono comprensibili. Questo è molto diverso dall’essere accettabili o degni di lode. Affermare che qualcuno è comprensibile significa dire che lo si può capire. Non sono mostri che agiscono per inesplicabili impulsi sub-umani più di quanto lo siano quello che loro odiano o le persone contro le quali gli Stati Uniti conducono guerre. Questi razzisti vivono in una delle società più disuguali mai conosciute, non vivono al vertice di essa. Sentono parlare di infiniti tentativi di alleviare l’ingiustizia nei confronti di ogni genere di gruppi bistrattati che non includono loro. Notano l’accettabilità culturale in commedie e altrove di prendere in giro i bianchi. Cercano un’identità di gruppo. Cercano altri da incolpare. Cercano altri da mettere sotto. E da Washington D.C. non sentono neppure un pigolio a proposito della creazione di diritti universali e di sostegni per tutti, come in Scandinavia. Sentono invece che l’odio e la violenza e il razzismo ricevono il sigillo di approvazione del Presidente.
traduzione di Giuseppe Volpe.

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