lunedì 14 agosto 2017

Un estate bollente fra fuochi di rifiuti e di pneumatici

Luciano Granieri



E’ un’estate di fuoco. Non solo per le temperature elevate, non solo per i devastanti incendi, ma anche per lo schizofrenico comportamento della   Regione Lazio, in merito all’incenerimento dei rifiuti. 

Tutto origina dalla necessità della Ente  di  dismettere la  propria società partecipata Lazio Ambiente Spa. A fine agosto era prevista l’apertura della procedura di vendita dell'azienda regionale  che si occupa dei rifiuti. Potenziali acquirenti interessati  risultavano essere società che già possiedono altri impianti di incenerimento, alcune delle quali partecipate dal Comune di Roma. Diventano così fondamentale, per rendere più appetibile l’offerta, il riavvio dei termovalorizzatori  di Colle Sughro, presso Colleferro.  

A questo scopo la Regione Lazio stanzia, nel bilancio previsionale del 2017, i fondi necessari alla riattivazione dei due impianti. La stessa amministrazione capitolina completa tale finanziamento contribuendo con il 40%  al revamping di uno dei due termovalorizzatori di cui è proprietaria attraverso AMA. Non sfuggirà il conflitto d’interesse fra alcune società partecipate dal Comune di Roma,  possibili  acquirenti di Lazio Ambiente, che già possiedono inceneritori , e lo stesso Comune che  spende soldi per rendere più profittevole l’acquisto della società regionale contribuendo a dotarla di uno dei due bruciatori   di Colleferro. E  non sfuggirà altresì che tutta la partita si gioca per risolvere il problema dei rifiuti nella  Capitale, in barba al degrado  ambientale che colpisce il resto della Regione. 



Ma il piano non tiene conto del grado di sopportazione, ormai al limite,  degli abitanti della Valle del Sacco, che non ci stanno a farsi ulteriormente  rovinare una salute già fortemente minacciata, da miasmi inquinanti e nocivi . L’otto luglio  circa 6mila persone, con quaranta gradi all’ombra, manifestano per le vie di Colleferro chiedendo la revoca del revamping dei due impianti. La manifestazione,di fatto, riesce. Tanto  che l’assessore all’ambiente della Regione Lazio, Mauro Buschini, (Pd) , se la prende con alcuni sindaci del suo partito , presenti alla manifestazione, e con le associazioni promotrici della stessa, per aver provato a bloccare un piano ritenuto fondamentale.

 Ma l’imminenza delle elezioni regionali  e, sullo sfondo,  di quelle  politiche, porta l’assessore a più miti consigli. Valutando i rischi, in termini di perdita del  consenso,  nell’ urtare la sensibilità degli elettori della sua stessa terra, Buschini  il 3 agosto convoca i promotori della manifestazione, fra cui la Rete per la Tutela per la Valle del Sacco, per annunciare un cambio di rotta nella gestione dei rifiuti della Regione. Nelle ore precedenti all’incontro, un comunicato stampa emesso dalla Pisana, annuncia che sono stati predisposti due bandi da 36 milioni di euro per la strutturazione di   isole ecologiche e   impianti di compostaggio di comunità, finalizzati alla  gestione della frazione organica .



 Alle associazioni Buschini annuncia che è in previsione una possibile riconversione degli  inceneritori in siti funzionali per   una filiera impiantistica mirata al riciclo e al recupero di materia. Evviva la lotta paga! verrebbe da dire.  Ma analizzando con attenzione il virtuoso proposito sorgono molti dubbi su come questo possa essere realizzato.

 Intanto andrà rivista la procedure di vendita di Lazio Ambiente, che non potrà più  contare  sui preziosi  inceneritori. Questa è un’impresa al limite dell’impossibile in quanto  comporterebbe  un allungamento dei tempi di dismissione,  evento letale per un’azienda sull’orlo del fallimento. Dovrebbe poi  esistere un piano di recesso delle operazioni di revamping, con la conseguente  rinuncia all’autorizzazione di impatto ambientale (AIA). Programma del tutto assente. Inoltre  con i 36 milioni di euro stanziati dalla Regione per il trattamento dell’organico  si potrebbero attivare  solo 200 macchine compostatrici in gradi di trattare  circa 26 mila tonnellate all’anno di umido. Appena il 2% del rifiuto organico prodotto nel territorio regionale.  E il restante 98%  come verrà gestito? 

E’ realizzabile tutto ciò? O è una boutade politica riformista, finalizzata a prendere tempo e a calmare gli animi in vista di una tornata elettorale critica e delicata ? E quali sono le reali intenzioni della Regione? Quelle orientate al profitto privato con la riattivazione degli inceneritori, o quelle  finalizzate  al benessere dei cittadini con l’avvio di una filiera virtuosa nella gestione dei rifiuti? 

Il dubbio viene chiarito qualche giorno fa, quando la Regione Lazio rinnova l’autorizzazione integrata ambientale all’inceneritore di pneumatici usati  della Marangoni Spa. Un ecomostro fortemente impattante, con un carico emissivo insostenibile. Soprattutto se si situa  in un’area come quella di Anagni e dalla Valle del Sacco già fortemente contaminate da diossine e PCB, interessate da una casistica di patologie tumorali molto superiore ad altri territori. Tale autorizzazione regionale passa nell’assoluto silenzio della Provincia e della Asl, enti, a parole, fortemente interessati alla tutela ambientale e alla salute dei cittadini. Altro che filiera di riciclo e recupero!  Qui si tratta di un avvelenamento bello e buono, in nome della tutela di superiori  interessi privati . 


Si perderebbero   15 posti di lavoro nel caso l’inceneritore  dei pneumatici non dovesse ripartire, obiettano dalla Pisana . Il contrasto fra occupazione  e salute è un ricatto  quanto mai odioso e pretestuoso. Esistono impianti che, attraverso la trasformazione di vecchi pneumatici, ricavano pavimentazioni  per superfici stradali, con un procedimento a impatto zero.  Anziché investire in bandi, la cui realizzazione è pressoché irrealizzabile, nella attuali condizioni, perché non finanziare un processo di riconversione della Marangoni? Non solo si salverebbero  i 15 posti di lavoro in bilico, ma si sarebbe creata ulteriore occupazione. 

Troppo difficile e poco remunerativo a breve termine.   Molto più sicuro perseverare nella politica del profitto immediato, della logica asservitrice alla grande imprenditoria che nella nostra Regione ha fatto il bello e il cattivo tempo, foraggiando consorterie politiche e distruggendo il territorio. Del resto per capire quale fosse la reale politica della Regione sulla gestione dei rifiuti, sarebbe bastato  notare come  la Giunta Zingaretti  non abbia  mai reso operativo un piano regionale dei rifiuti. Non lo ha fatto perché altrimenti avrebbe dovuto recepire le prescrizioni europee le quali  incentivano la raccolta differenziata e i processi di riciclo e riuso. Un procedimento che non avrebbe consentito ai signori dell’incenerimento e delle discariche di fare affari sulla pelle della gente.

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