sabato 5 agosto 2017

UNA DECISIONE NECESSARIA PER SCONFIGGERE RAZZISTI E SCHIAVISTI. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI



Al Presidente del Consiglio dei Ministri

                                                                                                          
Oggetto: per cessare di commettere errori marchiani nella politica mediterranea, per uscire dalla subalternità ai criminali sofismi del discorso razzista e agli scellerati interessi delle mafie schiaviste, occorre innanzitutto riconoscere al più presto il diritto di voto ad oltre cinque milioni di effettuali italiani che per il mero accidente di non essere nativi del paese sono tuttora privati del primo diritto democratico, il diritto di partecipare alle decisioni pubbliche nel luogo in cui vivono, il diritto di partecipare alle decisioni pubbliche che le loro stesse vite direttamente riguardano. S'inveri finalmente in Italia il principio fondamentale della democrazia: una persona, un voto.

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
la turpe competizione tra Italia e Francia, che sembra appartenere a un tremendo  passato colonialista nei cui confronti nessuna persona decente può provar nostalgia, sta provocando nuovi catastrofici errori nel rapporto tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, errori che prolungano l'insensata bellicosa politica che ha destrutturato la Libia e non solo.
Così come la scandalosa subalternità all'infame retorica razzista è insieme anche subalternità agli schiavisti d'Europa e d'Africa, è subalternità all'ideologia e agli interessi che accomunano il razzista e il mafioso nella considerazione degli esseri umani alla stregua di merci e di rifiuti, di "vite di scarto" nei cui confronti qualunque violenza è lecita, e lo sfruttamento può giungere fino all'inflizione della morte.
In verità tutti sappiamo che l'unica iniziativa che potrebbe smantellare il business dei trafficanti schiavisti è una legge che riconosca a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese - e quindi nel nostro continente - in modo legale e sicuro.
E tutti sappiamo che la retorica similmussoliniana del "fermare i migranti sul bagnasciuga" è una mera idiozia, oltre ad essere un crimine contro l'umanità. Chi pensa di fare della Libia un enorme lager per migranti provenienti dall'Africa subsahariana o dal Medio Oriente o è un pazzo o è un nazista.
E tutti sappiamo altresì che la politica delle cannoniere non può che fallire come tutte le politiche armate; e come tutte le politiche armate non può che provocare un immane spargimento di sangue umano, di sangue innocente. Ogni vittima ha il volto di Abele.
E tutti sappiamo, infine, che è una menzogna la distinzione pseudo-ontologica tra migranti politici e migranti economici: la guerra e le dittature, la schiavitù e la fame, i disastri ambientali e la rapina delle multinazionali, sono tutti aspetti di un unico sistema di gestione - onnidistruttiva - di quest'unico mondo che abbiamo, e chi è in fuga dalla morte è in fuga dalla morte, ed ha diritto ad essere soccorso.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà. E salvare le vite è il primo dovere di ogni persona, ed a maggior ragione di ogni umano istituto. Sono cose ovvie, ma è bene ricordarle.
Le migrazioni cesseranno quando ovunque vi sarà giustizia e libertà, ma finché in tanta parte del mondo continuerà uno sfruttamento bestiale e la guerra e la fame, nessuno può né deve impedire che le vittime di quelle condizioni emigrino altrove per salvare e migliorare la propria vita.
L'unica politica lecita, l'unica politica necessaria, l'unica politica efficace in materia di migrazioni è abolire la guerra, abolire la fame, abolire le dittature e la schiavitù. L'Italia e l'Europa purtroppo non stanno facendo questa politica lecita, necessaria, efficace.
Ma restiamo all'Italia: finché il ceto politico sarà subalterno alla demente propaganda razzista nulla di buono potrà essere fatto in pro dell'umanità, dell'umanità intera come popolazione mondiale, e dell'umanità nostra come singole persone senzienti e pensanti.
C'è un modo per uscire da questa subalternità al razzismo, allo schiavismo, alle mafie e al fascismo che torna: occorre far cessare l'apartheid elettorale in Italia; farlo cessare "oggi in Italia, domani in Europa", se posso parafrasare un indimenticabile motto di Carlo Rosselli.
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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
credo che lei conosca già l'appello "UNA PERSONA UN VOTO" che ha come primi firmatari padre Alessandro Zanotelli, la partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace, e innumerevoli personalità della cultura, dell'impegno morale e civile e delle istituzioni, da Cécile Kyenge a Raniero La Valle, da Anna Bravo a Giorgio Nebbia. Quell'appello evidenzia che "il fondamento della democrazia è il principio Una persona, un voto; l'Italia essendo una repubblica democratica non può continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui. Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano. Una persona, un voto. Il momento è ora". Sono parole che è impossibile eludere.
E credo che lei sappia anche che a quell'appello hanno già espresso il loro sostegno anche centoquaranta parlamentari di varie forze politiche: una parte non piccola del Parlamento. E non vi è dubbio che centinaia di altri parlamentari si aggiungerebbero se il governo rompesse gli indugi e dichiarasse fin d'ora un esplicito impegno affinché nella prossima legge elettorale finalmente s'inverasse il criterio "Una persona, un voto", finalmente s'inverasse la democrazia nella sua pienezza.
Così come lei non ignora che da anni l'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia (l'Anci, che rappresenta tutti i Comuni italiani) ha predisposto e presentato un progetto di legge recante "Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità" almeno per quanto concerne le elezioni amministrative. I non più giovani tra noi ricordano che era un impegno del Parlamento già nel secolo scorso, un impegno finora purtroppo disatteso.
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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
cosa si aspetta ancora a difendere la democrazia e l'umanità dall'assalto dei razzisti e degli schiavisti?
Cosa si aspetta ancora a far cessare un regime elettorale oscenamente segregativo?
Cosa si aspetta ancora ad adempiere la promessa e l'impegno di liberazione che è il programma e lo spirito della Costituzione repubblicana?
Il razzismo è un crimine contro l'umanità.
La democrazia è questo: una persona, un voto.
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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
le cose scritte qui sopra valgono - se hanno un valore, e io credo fermamente di sì - indipendentemente dalla firma che recano in calce. Ma forse potrà non esserle sgradito sapere chi le scrive queste righe. Poiché non siamo propriamente due completi estranei, giacché sia pur fugacemente - e dubito che lei possa ricordarsene - molti, molti anni fa ci incontrammo e scambiammo qualche parola: all'epoca lei era un militante - e dirigente - del Movimento lavoratori per il socialismo (Mls), ed io un militante - e segretario della federazione di Viterbo - del Partito di unità proletaria per il comunismo (Pdup). Quelle forze politiche, che si sono ormai estinte da tempo, stavano allora unificandosi, e le cose che ci dicevamo allora a me sembrano ancora vere e necessarie. Tra quelle cose vi era questa persuasione: dell'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani, e del dovere di estendere la democrazia fino a che l'umanità intera fosse libera e solidale, abbattendo ogni schiavitù, spezzando ogni catena, costruendo una società in cui da ciascuna persona fosse donato secondo le sue capacità, ed a ciascuna persona fosse dato secondo i suoi bisogni. Dopo così tanti anni mi piacerebbe che si proseguisse ancora in quella persuasione e in quell'impegno, ciascuno con le risorse di cui dispone: le mie sono misera cosa, le sue sono quelle di chi governa questo paese.
Augurandole ogni bene,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo


Viterbo, 3 agosto 2017

Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: crpviterbo@yahoo.it, centropacevt@gmail.com


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