lunedì 25 settembre 2017

"Rifficals" del poeta Jack Hirschman e le memorie del Keystone Korner

fonte Jerry Jazz Musician
traduzione di Luciano Granieri





In un’illuminante saggio  inserito nel libro  che  Kathy Sloane ha dedicato alla storia  del Keystone Corner, il famoso jazz club degli anni ’70 e ’80 di North Beach San Francisco il poeta, Jack Hirschman scrive che:”Il jazz del secondo dopoguerra, l’ espressionismo astratto, e ciò che io definisco composizione nel campo della poesia, per me rappresentano  la trinità degli essenziali idiomi americani, i quali realmente rappresentano le fondamenta non soltanto del mio lavoro, ma il lavoro di quasi una generazione intera di scrittori e musicisti”. Hirschman scrive di aver trovato ispirazione per le sue poesia nella musica di Monk. (Era come un poeta che scriveva poemi con le note musicali), Charlie Parker e Cecil Taylor  gli  hanno  ispirato  ciò che lui chiama “rifficals” infinite improvvisazioni riprese  dal jazz che ha trasmesso al pubblico del Keystone.

Come molti di noi, Hirschman ritiene che il jazz sia una colonna portante  della nostra storia culturale. “La dimensione Afroamericana  ha esercitato una notevole influenza praticamente su tutti gli artisti in questo paese –scrive - anche se la gente non vuole ammetterlo, è la base, la base musicale a livello di creazione popolare. Il jazz è la radice  musicale delle nostre vite contemporanee. Non voglio dire che è semplicemente  parte della vita di tutti noi in America, essa è  proprio elemento intrinseco in noi . Mi rendo conto,  per esempio  come   creativo, e come fanno i musicisti  che tutto ciò che devo fare è intercettare qualcosa dentro di me, qualcosa che trovo nel  mio respiro che mi apre verso una dimensione Afroamericana e da questa scaturiscono, parole, suoni, colori.”


Hirschman, oggi ottantatreenne, ha pubblicato oltre 50 volumi di poesie e saggi. Fu eletto  miglior poeta di San Francisco nel 2006. Se si mostra interesse per le  connessioni fra jazz  letteratura, oltre che leggere le sue memorie del  Keystone, il suo saggio “Rifficals” – estratto da: “Keyston Korner, ritratto di un jazz club”- è una magnifica lettura.


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Rifficals di Jack Hirschman

Sono ispirato da Monk perché essenzialmente era un poeta che scriveva note, note musicali.

Non avevo  soldi   per andare al  Keystone. Semplicemente non  ce lo facevo, nient’affatto. Ero li nel ’73 ’74 ma se (alcuni amici) mi nominavano il Keystone Corner, dovevo  dire: “      Bene scusate ma non ce l’ho…”Quanto ci voleva, sei o sette bigliettoni per entrare?  Non avevo quei soldi. Ma fui veramente fortunato, quando (l’anno dopo) , la mia ragazza (Kristen Wetterhahn) trovò da lavorare al Keystone Corner. Era il  ’77 o al  ’78. Ho conosciuto il Keystone da quel  periodo fino all’83 quando ha chiuso. Kristen prese a lavorare al Keystone e, come ho detto, ne fui molto compiaciuto perché io amo il jazz. In  quel periodo mio figlio David abitava  giù a Santa Cruz e trasmetteva jazz da una stazione  radiofonica di Santa Cruz. Il jazz era veramente gran parte della mia vita.

Per il    nostro lavoro, potevamo definirci  veramente gente  della notte. Non cenavamo mai , Kristen ed io, prima delle  2,30 del mattino. Uscivo     dal nostro appartamento in Kearny Street per andare allo Spec’s Cafe il luogo  dove bevevo, leggevo poesie, frequentavo  poeti, il ceto popolare, i lavoratori, leggevamo, chiacchieravamo. Quando mancava circa un quarto a mezzanotte, passeggiavo  giù fino al Coit Liquors, prima che chiudesse,  e compravo  una bottiglia di vino per cena. Poi andavo  al  Keystone. Siccome Kristen lavorava li riuscivo ad entrare senza pagare. Era un dono straordinario, infatti qui transitavano alcuni dei più grandi jazzisti del tempo ed io avevo la possibilità di ascoltarli.  

Il Keystone era una parte molto importante di me nel periodo dal ’77 all’83. Ero solito disegnare dei  poster  Russi-Americani e distribuirli . Era roba veramente comunista, propaganda comunista, disegnavo e scrivevo   come se stessi in  una sorta di stato improvvisativo  da jazz quotidiano e loro diventavano veramente  matti. Ne facevo approssimativamente dai  trenta ai  cinquanta al giorno nell’appartamento in cui vivevamo. Qui c’era una grande influenza da parte del mondo del jazz.

Tagliavo  i cartoncini  , diciamo da otto a undici, alcune volte, devo dire, usavo  qualsiasi tipo di carta trovassi nei cassonetti, alcuni bei cartoni e altro.  Facevo molti segni  sulla carta. Il primo tratto era una sorta di arzigogolo  grafico, sarebbe potuto venire fuori dallo Zen o da qualcosa di orientale. Poi  mi capitava di scrivere  una parola russa come Iskra, il nome del giornale rivoluzionario, che significa scintilla. Al di sopra della parola “scintilla” in Russo Cirillico  scrivevo “ameruss” un termine che avevo tirato fuori  dalla combinazione fra America  - Russia e un gioco di parole su “amoroso”. Quindi sotto riportavo la parola  “comunista” in Cirillico. Poi aggiungevo  sul lato del poster qualcosa sulla  “solidarietà”. Poteva essere solidarietà con Haiti o  con l’ULW, che è l’Unione degli Scrittori di Sinistra (Union of Left Writers). E  ancora, scrivevo frasi del tipo “nessuna classe”. E in un altro lato del disegno aggiungevo slogan come  “No Klan”, o “No al Nazismo”, “No al Nucleare."

Spesso compariva  una dedica verso qualcuno che era stato una  figura rivoluzionaria come il Che, o Lenin, o poeti  che usavano molto  il jazz per esprimersi-  capisci. Avrebbe potuto esserci  un omaggio a Charlie Parker o ad un altro dei ragazzi del jazz che non erano più con noi.  Ma in realtà  loro erano sempre con noi. Poteva essere chiunque in quell’ambito. Quindi aggiungevo  una breve componimento, come una poesia haiku, solo una improvvisazione molto breve. Ne davo  via a bizzeffe di questi poster alle persone che venivano al club Keystone Corner.

Ero inspirato da Monk perché era essenzialmente come un poeta che scriveva in note, in note musicali. La sera più feconda che ho mai passato nella mia vita poetica, fu quando mi stavo avviando verso una pausa di riflessione con la mia prima moglie. Ero giù,  in un posto a Echo Park (Los Angeles), misi un disco di Monk e scrissi, quella notte dell’81, ciò che io chiamai “rifficals”una improvvisazione jazz che attingeva da strumenti creativi  che comunque possedevo, che tornava  indietro a James Joyce cosi come contemporaneamente si apriva al jazz. Ma  questi erano realmente componimenti jazz.  Scrissi un'altra poesia  dal titolo “Schnapps’ Son” anch’essa ispirata da Monk e (Charlie) Parker era anche  coinvolto. Una  composizione che sarebbe stata  pubblicato così come una parte di “rifficals”. Ero veramente ispirato  dall’ascolto del disco  “Blue Monk”. Era molto legato a me come poeta, come  qualcuno che componeva  con le parole. Era come se usasse le parole, perché parlava con le note, molto più , credo, di ogni altro pianista che avessi mai ascoltato.  Cecil Taylor , ad esempio ,poeta abile ad esprimersi anche  con le parole, riempie tutti i livelli , gli spazi, mentre Monk è fatto di sospiri. Era più vicino ad alcune cose che stavo seguendo nella scrittura americana di  Charles Olson, l’uso del respiro nella singola linea e in tutto il processo creativo. Ero molto vicino  a processi creativi in cui Monk era coinvolto.

Il jazz del secondo dopoguerra, l’espressionismo astratto, e ciò che io definisco composizione nel campo della poesia,  per me rappresentano la trinità degli essenziali idiomi americani, che realmente identificano le fondamenta, non soltanto del mio lavoro, ma il lavoro di quasi una generazione intera di scrittori e musicisti:  Ciò che Parker ha annunciato, ciò che Pollock ha annunciato. Jackson Pollock realmente operò una    rottura nell’arte e rese New York il centro-non più Parigi-   creò l’idioma, non soltanto l’idioma preponderante. Ciò che Jackson fece, e in un certo senso Parker fece lo stesso nella musica, rivoluzionò completamente la linea creativa. La linea , l.i.n.e.a fu da loro rivoluzionata nei termini che loro imposero. E la rivoluzione   così profonda, fu   assorbita dalla gente che la diffuse e la fece risuonare . Quella linea creativa che Jackson creò negli anni ’40 e nei primi anni ’50.


Una volta al Keystone stavamo parlando, e qualcuno – forse era Dexter, o avrebbe potuto essere Dewey Redman, stava ragionando su Parker. Qual’era la natura del suo genio? Sosteneva che i musicisti in quei giorni, ma anche nell’81, ’82, non potevano comprendere pienamente  come Parker suonasse. Era un grooving così rapido, il modo con cui faceva scivolare il fraseggio, mantenendo il tempo,  passando da un livello della musica ad un altro. Ancora oggi la gente è incapace di farlo. Questa era una parte dell’essenza reale del suo genio. La capacità che aveva di muoversi attraverso la  dimensione jazzistica di un determinato pezzo, con un’incredibile rapidità di groove.

La dimensione Afroamericana ha esercitato un’influenza notevole, virtualmente, su tutti gli artisti in questo paese, anche se la gente non vuole ammetterlo. E’ la base, la base musicale, a livello della creazione popolare. Il jazz è il fondamento musicale del nostro vivere contemporaneo. Non voglio dire semplicemente che è parte della vita di ognuno in America, ma è un elemento che vive dentro di noi. So per esempio  come   creativo, e come sono i   musicisti, che tutto ciò che devo fare è intercettare qualcosa dentro di me, qualcosa che faccio con il mio respiro che mi apre verso una dimensione Afroamericana  e da questa scaturiscono, parole, suoni, colori. Quindi è un elemento molto importante. Perché non dovrebbe esserlo? Questo, politicamente parando, è una Paese che si è sempre dichiarato democratico, ma sappiamo che è una cazzata. C’era di fatto la schiavitù . Se esiste la schiavitù in intere porzioni del Paese, non viviamo  in una Nazione  democratica. E la liberazione dalla schiavitù fu, creativamente parlando, il fatto più importante  probabilmente accaduto in America nel secolo scorso. Ciò è arrivato  negli altri Paesi. In altre parole, se vai in Europa ti rendi conto che l’Europa ha compreso quanto è accaduto. 

Il jazz è il linguaggio della liberazione verso la democrazia.
I russi erano molto affascinati  dalle prime espressioni del jazz americano. Ricordo che una giorno stavo traducendo con un amico Vladimir Mayakovsky, si  arrivò su una parola, ki ka poo. Non sapeva cosa fosse in russo, e io non sapevo cosa fosse in americano.  Tre giorni più tardi  il mio amico controllò  e disse “Bene, lo sai, c’era una danza nel 1915 proveniente dall’America denominata Kickapoo, lo stesso nome degli indiani Kickapoo” Ma era una danza jazz come il foxtrot o qualcosa di simile. Un brano di danza jazz americano! Semplicemente una piccola mania che si era diffusa.

Quando parli del martellamento dell’Hip Hop,  certamente esso  si rifà ad alcune vecchie cose del jazz, ma ha anche avuto a che fare  con la rivoluzione russa.  Molti degli hip-hoppers non sanno neanche questo. Ma qualcuno come  Mayakovsky, il poeta russo, utilizzò le rime prese dal  linguaggio della strada all’inizio del ventesimo secolo. Mettila così, nel  diciannovesimo secolo in Europa  ed in America, la musica ha avuto una transizione  in ciò che chiamiamo “musica leggera”  nel   teatro, mi capisci, nella danza ecc. Ma fu intercettata verso la fine del secolo dalla musica che scaturiva dalla liberazione dalla schiavitù. Quando arrivi al ventesimo secolo, quando arrivi  a Scott Joplin e a tutti  gli altri , quando arrivi alla fondazione del jazz, approdi ad un linguaggio che deriva dalla lotta di liberazione. Ha pervaso interamente  il ventesimo secolo e punta dritto sul ventunesimo.

Ero nato negli Stati Uniti, non ero europeo. Ero nato a New York nel ’36. Lavorai come addetto alle copia delle bozze  per l’Associated Press nella 51° strada. Nella 52° stavano suonando mentre ero al lavoro  ma  io non andai. Mi sarei preso a calci per non averlo fatto. Ero solo un giovane novizio e volevo diventare,come prima cosa, un reporter, poi un narratore, un poeta. La maggior parte di cose relative a quella banda le seppi dopo. Charlie e Miles stavano suonando nella 52° strada ed io stavo letteralmente dietro l’angolo…

Arrivavo dalla California del sud nel ’61 e mi trasferii a San Francisco verso a fine del ’72, quindi incontrai Kristen negli ultimi mesi del ’74. Abitavamo qui in North Beach e il Keystone divenne parte della nostra vita a partire più o meno dal ’77, ’78. Ricordi quel periodo, dopo la guerra del Vietnam, prima dei Sandinisti nel ’79? Avevo appena iniziato a lavorare con il gruppo culturale  Sandinista dopo la destituzione di Somoza. Quindi nell’80 Reagan arrivò alla Casa Bianca e tirò fuori quel numero con i controllori di volo, allora  ci fu un notevole consolidamento della sinistra contro di lui.  L’anno 1982, ovviamente fu per me molto significativo, perché mio figlio, conduttore di programmi jazz alla radio, contrasse la leucemia, che sfociò in un linfoma. Mori nel 1982.  In quell’epoca il Keystone stava andando in crisi,  anche Kristen ed io ci stavamo avviando ad una crisi.  E  le due cose erano abbastanza in sincrono.

Si era svolta  nel 1982 una grande conferenza di autori, la Left/Right Conference e Todd Barkan fu molto generoso con me, decidendo di organizzare un particolare incontro al Keystone Corner. Avevamo in programma letture di poesie a carattere politico, ma non erano soltanto letture in una domenica particolare. Volevamo  ospitare eventi politici prima che il locale aprisse per la sera. Credo ce ne fosse in programma uno contro Reagan.  Arrivò Amiri  Baraka; lessi con Amiri. Voglio dire era veramente un poeta caposcuola, io invece ero un poeta locale, poi più tardi diventammo grandi  amici. Lo scorso hanno abbiamo trascorso momenti meravigliosi insieme a Napoli, dove abbiamo letto poesie per il mio editore italiano.

Che il Keystone si aprisse agli incontri politici fu veramente importante. Da quel momento i prezzi salirono  a sette, otto, forse fino a dieci dollari . Si organizzavano eventi in cui le persone potevano ascoltare qualcuno politicamente coinvolto e se quelli avessero donato anche solo un tozzo di pane, questo era realmente destinato alla causa. Non era solo andare al Keystone. Il Keystone era già  ricercato per il bar i cui guadagni erano assolutamente eccellenti.

Era un luogo sempre in subbuglio ,  dato  che la stazione di polizia stava alla porta accanto, era da pazzi. Non l’ho mai capito. Attorno al mondo della musica girava molto alcol e stupefacenti, ma si presentavano anche straordinarie occasioni.

Il Keystone divenne qualcosa di veramente personale, a parte il coinvolgimento dovuto al fatto che vivevo con Kristen e lei lavorava li. La  nota più triste: Ho detto di mio figlio che morì di linfoma nel 1982 nella sua casa a Venice California. Aveva 25 anni, quindi era molto giovane, ma già inserito nel mondo del jazz. Non era semplicemente che lui amava il jazz; era anche un fotografo di jazz. Ne fece molte di foto meravigliose in particolare ai musicisti di jazz, e dopo che morì,organizzai  un’esposizione dei suoi lavori  in un paio di mostre locali.  Quando morì, scrissi una componimento arcano, una delle mie poesie più lunghe, un elegia per David dal titolo “The David Arcane”fu pubblicata in una piccola edizione e la foto che egli fece a Bobby Hutcherson mentre suonava al Keystone fu messa sulla copertina del libro.




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