Domenica 8 gennaio 2017 dopo una campagna elettorale dominata dallo
scontro personale dei consiglieri del PD di Anagni, Bondatti e Cecconi, portata
avanti da aggregati di partito senza idee e privi di un pensiero lungo, si voterà
per nominare 12 Consiglieri Provinciali.
Non voteranno purtroppo i cittadini ma al voto parteciperanno solamente
1146 Consiglieri Comunali e i 90 Sindaci in carica. Va precisato inoltre che si
nomineranno i Consiglieri ma non il Presidente. Infatti queste pasticciate disposizioni
prevedono che l’attuale Presidente, Antonio Pompeo, rimanga in carica
per altri due anni. Questo vuol dire che, almeno teoricamente, il Presidente dovrebbe/potrebbe
convivere con una maggioranza consiliare che gli si oppone.
Questa tornata elettorale coincide con l’esito referendario che ha disposto
l’esistenza in attività della Provincia. Per tanti anni gli innovatori, i riformatori e
i modernisti hanno ipotizzato la scomparsa di questo ente intermedio. In sostanza
hanno provato a dare, in parte riuscendoci, un colpo all’idea voluta dai Costituenti
di realizzare la repubblica delle Autonomia. Sono stati anni terribili che
hanno visto il proliferare di Enti privi di partecipazione popolare e di controllo,
fonte di spreco, dissipazione e sostanziale corruzione. Nella corsa al poltronificio
avviata e sviluppata in questi anni da parte dei partiti di cui non voglio fare la
storia, abbiamo visto la realizzazione e lo smisurato aumento dei costi ai presidenti
e membri dei Consorzi di bonifica , nel Lazio di 23 Comunità Montane,
dei GAL, acronimo di qualcosa di misterioso che non so specificare . Tre forme
associative che si interessano di agricoltura. Nelle ultime settimane da parte della
Regione abbiamo avuto per primi, in provincia di Frosinone, una unificazione
e un commissariamento, comunque ancora ad alto costo. Per le Comunità Montane,
la Regione, da quello che abbiamo letto le mantiene ancora attraverso 23
Commissari. Delle due realtà c’è, fortunatamente, una correzione positiva almeno
nelle intenzioni ma ancora non si è fatto un riepilogo delle spese e dei danni
procurati alla politica agricola. I Gal invece rappresentano l’ultima invenzione in
grado di dare speranze e tacitare i politici trombati. Di queste ultime novità
sappiamo solamente che vivono e lottano fra di loro per accaparrarsi le risorse.
E’ facile affermare che la Regione va avanti a vista: frammenti più frammenti
senza una idea generale, senza definire un futuro istituzionale. Certo questo
è il risultato della rinuncia dei partiti a svolgere una funzione propositiva, di
indirizzo, di vera e propria elaborazione, di subalternità agli eletti.
Visto che i cittadini hanno votato per riconfermare la Provincia come livello
istituzionale mi auguro che contemporaneamente qualche forza politica ne
prenda atto e incominci a ipotizzare che si debba passare da tanti poltronifici,
solo apparentemente legati elle "politiche agricole ", ad una competenza specifica,
piena da assegnare proprio alle Amministrazioni Provinciali. Ovviamente accompagnando
tutto con il riconoscimento della sovranità popolare, insomma facendoci votare.
Il 13 dicembre scorso la conferenza dei sindaci di Acea Ato5 ha votato la risoluzione contrattuale per l'erogazione dell'acqua con Acea Spa. Il rifiuto del territorio ciociaro di un gestore che ha offerto un servizio più che scadente, vessando i cittadini con bollette assurde, avviene in un momento in cui la stessa Acea sta consolidando il proprio controllo sull'erogazione idrica in tutto il centro Italia. Contenziosi per la mala gestione del servizio sono presenti in tutti gli Ato del Lazio. Nonostante il 51% di Acea sia in possesso dell'ente Roma Capitale, i soci di minoranza privati, Caltagirone e Suez, continuano a gestire la società depredando gli utenti al solo scopo di assicurare elevati dividendi ai propri azionisti. In questo quadro ai sindaci di Acea Ato5 che hanno votato la risoluzione contrattuale con Acea Spa, ma anche agli alti primi cittadini del Lazio costretti a gestire situazioni estremamente critiche relativamente al comportamento della multiutility romana, si chiede di esortare la sindaca di Roma Virginia Raggi, a ripubblicizzare, in virtù di socio di maggioranza pubblico, Acea Spa. Ciò per eliminare le pratiche di commercializzazione di un bene comune, come l'acqua, portate avanti dal management privato. A tal proposito Il forum italiano dei movimenti per l'acqua acqua ha redatto un comunicato da inviare ai sindaci, affinchè firmino una lettera da recapitare a Virginia Raggi sollecitando la ripubblicizzazione di Acea, così come per altro promesso dalla sindaca in campagna elettorale. Di seguito il testo della nota da inviare ai sindaci, e il testo della lettera che gli stessi potranno firmare e mandare alla Raggi.
Oggetto: gestione del Servizio
Idrico Integrato – Il ruolo di Acea S.p.A. e di Roma Capitale
il 13 dicembre l’Assemblea dei
Sindaci ha deliberato la risoluzione del contratto con Acea Ato 5 S.p.A.-
Ovviamente nessuno si illude che
la società non si opponga in ogni sede, come dichiarato preventivamente, alla
decisione.
In merito la invitiamo a valutare
come ACEA ATO 5 S.p.A. sia una controllata al 97% di ACEA S.p.A., la
multiutility romana che, proprio in queste settimane, sta consolidando il
proprio controllo sulle gestione dell’acqua in tutto il centro Italia
rilevando, con un palese accordo, le quote detenute nelle società da Veolia.
In pratica la risoluzione del
nostro contratto avviene quando ACEA S.p.A. sta consolidando il proprio
progetto di unificare in un’unica gestione i servizi idrici di Toscana, Umbria
e Lazio e nel momento in cui su questi territori ha garantita la non
concorrenza degli altri grandi operatori.
L’atto dell’Assemblea dei Sindaci
è un affronto nel “giardino di casa” che Irace & C., ovvero il management
di Acea S.p.A., non potrà mai tollerare.
Ma ACEA S.p.A. ha un socio di
maggioranza che detiene il 51% delle azioni e che è Roma Capitale.
Il sindaco Virginia Raggi in
campagna elettorale ha ribadito il valore programmatico della prima delle
cinque stelle, l’acqua pubblica, ed ha parlato di ripubblicizzazione di Acea
S.p.A.
Ora è tempo che il Comune di Roma
faccia valere il proprio ruolo di socio di maggioranza ed imponga ad ACEA
S.p.A. di interrompere le politiche di colonizzazione e depredazione che noi
per primi abbiamo subito così pesantemente.
In primo luogo il Comune di Roma
Capitale deve mandare a casa Irace & C. che occupano le loro poltrone per
eseguire il mandato di Suez e Caltagirone, i soci privati che controllano la
minoranza delle azioni della società.
Quando il comune di Roma Capitale
avrà imposto il proprio controllo su Acea S.p.A., le controllate di questa
dovranno solo adeguarsi.
Per questo, come Forum dei
Movimenti per l’Acqua, stiamo raccogliendo le adesioni alla lettera che inviamo
in allegato, dei sindaci dei comuni che in Italia sono sotto il controllo di
Acea S.p.A., perché il Sindaco di Roma Capitale comprenda come la questione
“Acea” non è un fatto solamente romano, ma nazionale, con cui fare i conti.
Al momento è sufficiente un
semplice cenno di risposta per aggiungere in calce alla nota il nome del suo
comune, ferme restando tutte le possibili iniziative che potranno essere
concordate in seguito.
Cordiali saluti.
Severo Lutrario
Forum Italiano dei Movimenti per L’Acqua
Comitato Provinciale Acqua Pubblica Frosinone
Per aderire è sufficiente
una mail di risposta a
comitatoacquapubblicafrosinone@gmail.com
o un sms al 380 4921168
Il testo della lettera da inviare alla Raggi firmata dai sindaci
5 gennaio 2017
Alla cortese attenzione
della Sindaca di Roma Capitale e della Città
Metropolitana
Virginia Raggi
Oggetto: Richiesta di incontro sulla Ripubblicizzazione
della gestione del servizio idrico integrato, contro i processi di fusione e
aggregazione operati da ACEA Spa, sul cambio dei vertici di ACEA Spa
Gentile Sindaca,
I sottoscritti comuni fanno parte dei diversi
Ambiti Territoriali Ottimali nei quali opera direttamente o attraverso società
partecipate ACEA Spa di cui Roma Capitale è l’azionista di maggioranza.
Ormai da tempo si è sviluppata una densa
conflittualità con il management della società, motivata da una gestione
fallimentare ed inefficiente che ha assecondato le peggiori pratiche clientelari,
scaricando addosso ai cittadini i costi di tali comportamenti scellerati.
Sperando di poter approfondire nelle sedi idonee
il merito della vicenda, è opportuno solo sottolineare che le sottoscritte
amministrazioni hanno intrapreso, in ossequio al risultato dei referendum del
2011, un percorso per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato che
passa necessariamente per il superamento dell'attuale gestione e il ritorno
dell'intero servizio idrico nelle mani degli enti locali competenti.
Il percorso intrapreso da tanti di noi Sindaci ed
amministratori, con ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato contro la cessione
delle reti, con manifestazioni, incontri, insieme ai nostri concittadini, e poi
tavoli tecnici e continue azioni legali che ad oggi tentano quantomeno di
ostacolare la pratica vessatoria dei distacchi , delle bollette pazze, dei
continui disservizi, continua con sempre maggiore consapevolezza e ostinazione
nel voler perseguire la ripubblicizzazione del servizio idrico.
Pertanto, consci delle Sue posizioni sulla
tematica dell'acqua pubblica, e nella Sua qualità di rappresentante del socio
maggioritario della società ACEA Spa, Le chiediamo un incontro istituzionale
urgente per approfondire il merito della questione ed in particolare per:
-individuare la strada di una soluzione
concordata di superamento delle attuali modalità di gestione del servizio
idrico integrato;
-per chiederle di non procedere ai processi di fusione e aggregazione
operati da ACEA Spa nei nostri territori e non solo, in particolare nell’ATO1
di Viterbo;
-indire per gennaio la Conferenza dei Sindaci dell’ATO2 e
votare a favore di una mozione che sospenda tutte le iniziative in corso da
parte di ACEA Ato2 volte ad ottenere la segna coattiva del Servizio idrico da
parte dei Comuni “inadempienti” fino a che non sia data piena attuazione alla
Legge 5/2014;
-di cambiare quanto prima i vertici di ACEA Spa,
responsabili della grave situazione che viviamo nei nostri territori,
emanazione ed espressione di chi porta avanti politiche volte alla
privatizzazione e al fare profitti sull'acqua senza nessuna cura e attenzione
per le esigenze dell'utenza;
- di
impedire l’avvio del contenzioso minacciato da parte di ACEA Ato 5 S.p.A. a
seguito della risoluzione del contratto votata dalla conferenza dei Sindaci
dell’Ato5 lo scorso 13 dicembre;
- di favorire il
processo di risoluzione del ventennale contenzioso con ATO3 Rieti, attraverso
il pagamento degli oneri dovuti per i costi ambientali e della risorsa idrica
prelevata da ACEA ATO2 S.p.A. dalle sorgenti Peschiera e Le Capore in assenza
di concessione e aprendo un tavolo con la Regione e i Comuni della provincia di
Rieti interessati al rilascio di una nuova concessione cointestata che tuteli
allo stesso tempo la risorsa bene comune e i diritti di tutti gli utenti;
-di individuare la strada di una soluzione concordata di
superamento della gestione privata GORI s.p.a. nell'ambito territoriale ATO 3
Campania.
Ringraziandola ed In attesa di un riscontro alla
presente le inviamo Cordiali saluti e buon lavoro.
Rete dei Sindaci per l'Acqua Pubblica
Comuni di
……………………………………………………………………………………………………………..
Il PRC della provincia
di Frosinone non parteciperà alle prossime elezioni provinciali e annuncia un
presidio democratico per domenica 08.01.2017 a partire dalle re 15:00 in via
America Latina, di fronte il Palazzo della Provincia, per ribadire che la
sovranità appartiene al popolo.
I motivi di questa decisione sono
fondati sulla convinzione che quella che doveva esser una riforma dell’istituto
provinciale in realtà si è mostrata solo e soltanto come un tentativo ben
congegnato e riuscito di svuotare la democrazia. E’ a tutti ben noto che gli
organi provinciali continuano ad esistere ed operare senza risparmiare un
centesimo e quindi i “nobili” fini di ridurre i costi della politica, in capo
alla cosiddetta riforma di Del Rio, hanno avuto come unico effetto il sottrarre
alla volontà popolare la scelta del governo provinciale. Il ceto politico la fa
da padrona ancora di più e in maniera ferrea, nello scegliere i governi
provinciali. Queste scelte avvengono solo e soltanto sulla base degli interessi
dei gruppi di potere, delle fazioni, dei soliti noti e dei partiti. Il tutto
all’interno delle stanze sempre più buie della politica politicante orchestrata
al livello istituzionale.
Il PRC dichiarando di non voler
partecipare alle elezioni provinciali intende denunciare, ancora una volta, il
depauperamento, l’opera di spoliazione dell’esercizio democratico condotta dai
gruppi di governo. Inoltre vuole denunciare che con il pretesto di ridurre i
costi della politica del livello provinciale, la politica stessa si arroga la
possibilità e il diritto di eleggerne gli organi di governo a proprio
piacimento. Per cui l’istanza provinciale o viene effettivamente eliminata, con
la conseguenza di porre fine a questa farsa, oppure il PRC continuerà ad
astenersi da questa presa in giro delle comunità di questa Provincia.
poiché nelle prossime settimane il Parlamento sarà impegnato nella definizione della nuova legge elettorale le saremmo assai grati se volesse adoperarsi affinché nel dibattito che porterà ad essa sia introdotto il tema del riconoscimento del diritto di voto ai milioni di persone presenti in Italia cui attualmente tale diritto non è riconosciuto essendo nate altrove.
Come è a tutti noto vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.
L'occasione è propizia perché si pervenga finalmente a riconoscere loro il diritto di voto:
a) con legge ordinaria per quanto concerne le elezioni amministrative (nelle quali peraltro fin dal secolo scorso il diritto di voto è già riconosciuto agli stranieri provenienti da altri paesi dell'Unione Europea);
b) con legge costituzionale per quanto concerne le elezioni politiche.
Come è noto, esistono già significative esperienze di altri paesi cui far riferimento, e in Italia un prezioso dibattito in materia (con particolar riferimento ai profili non solo giuridici, ma anche politici ed etici) è iniziato negli ultimi decenni del Novecento, ovvero da quando l'Italia da paese di emigrazione si è progressivamente trasformata in paese di crescente immigrazione.
E' ben noto che il fondamento della democrazia è il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non può continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.
Peraltro non sfugge a nessuno che il riconoscimento dei diritti politici è il modo migliore, la guarentigia indispensabile, per contrastare adeguatamente il razzismo e lo schiavismo, due crimini da cui anche il nostro paese è aggredito.
Last, but not least, il riconoscimento dei diritti politici è il modo migliore, la guarentigia indispensabile, per contrastare adeguatamente l'emarginazione e la disperazione di persone che private degli elementari diritti democratici divengono ipso facto vittime reali o potenziali di ogni sorta di abusi e umiliazioni; e quindi è anche il modo migliore, la guarentigia indispensabile, per contrastare adeguatamente il conseguente montare dello smarrimento e del risentimento e con essi le possibili derive violente e criminali da parte di persone così brutalmente sopraffatte e fin annichilite da perdere la cognizione del bene e del male e divenir preda di poteri mafiosi e terroristi, di farneticanti, sadici e necrofili criminali predicatori d'odio e seminatori di strage.
La barbarie si contrasta con il diritto, con la civiltà, con l'umanità.
Le saremmo assai grati se lei volesse impegnarsi a promuovere tra i suoi colleghi parlamentari la consapevolezza dell'esigenza del riconoscimento del diritto di voto a milioni di persone che vivono con noi, lavorano con noi, sono i nostri vicini di casa, le persone con cui condividiamo la nostra quotidianità, e che tuttora sono paradossalmente e iniquamente prive del diritto a prendere parte alle decisioni pubbliche qui nel luogo in cui concretamente si svolge la loro esistenza.
Ringraziandola per l'attenzione, auspicando un suo persuaso interessamento ed effettivo impegno, la salutiamo cordialmente.
Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 6 gennaio 2017
Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it, centropacevt@gmail.com, centropaceviterbo@outlook.it
Ufficio Stampa del Deputato Luca Frusone Movimento 5 Stelle
“La situazione sanitaria è disastrosa, con i conti in rosso e servizi sempre più scarsi, ma nonostante questo continuano a prenderci in giro con le finte inaugurazioni delle Case della Salute. Ci hanno chiuso gli ospedali e ci inaugurano strutture vuote che purtroppo non riescono a fornire quei servizi che invece hanno promesso. Una situazione drammatica presente non solo nella provincia di Frosinone ma su tutto il territorio laziale.” – a dichiararlo è il deputato 5 Stelle Frusone che continua – “E’ importante investire sulla sanità territoriale, ma di certo non è quello che sta facendo il PD che con la Casa della Salute di Ceprano-Ceccano, già contestata come semplice manovra politica che non risponde alle esigenze del territorio, usa il metodo delle tre carte per far credere che qualcosa si muova”. Il Deputato prosegue poi ricordando la storia del PAT di Anagni “Questa estate si istituiva il PAT ad Anagni cioè un ambulatorio territoriale, una goccia nel deserto sanitario che è stato fatto nel territorio anagnino negli anni passati e ora, visto che l’importante è tagliare nastri davanti alle Case della Salute, lo si sposta dentro la casa della salute di Ceprano-Ceccano. Questo modo di fare fa capire l’assenza di programmazione se non quando si devono spendere soldi per ristrutturazioni o progetti fallimentari come gli Ambufest. Questa trovata di spostare medici e infermieri da una parte all’altra ogni qualvolta che si inaugura una struttura ricorda molto la storiella dei carrarmati di Mussolini, una vera e propria presa in giro. Non mi stupirei se queste risorse verranno più avanti spostate a Ferentino quando assisteremo all’ennesima inaugurazione priva di senso, e se qualcuno prova a sottolineare che il PAT ad Anagni era già previsto fino al 31 dicembre allora la presa in giro è doppia perché gli abitanti di Anagni chiesero già a suo tempo di spendere quelle risorse per assumere altri medici e infermieri, quindi fatti fessi 2 volte”. – e conclude – “Questi movimenti sono sintomatici di una programmazione assente che risponde più a logiche politiche che alle reali esigenze del territorio. E al di là delle tante parole che vengono spese da Zingaretti e dai vertici della ASL, per dire che in provincia va tutto al meglio, non si possono non vedere gli innumerevoli cortocircuiti amministrativi che portano ad altrettanti ricorsi in sede giuridica. Una situazione di deriva che è per ora arginata, solo dalla buona volontà di quegli operatori che continuano a fare i salti mortali per dare un minimo di dignità e credibilità al sistema sanitario. ” video tratto da Cioceconleali web tv
Avvertenza: Per facilitare la fruizione del testo, individuiamo come: Me1 e Me2 i protagonisti del confronto dialettico interiore. Me1
Domenica si vota per il rinnovo del Consiglio Provinciale di
Frosinone. Si presentano tre liste “Insieme
si vince”, “A difesa del territorio”,
“Frosinone popolare”. Ignoro quali siano
le differenze programmatiche dei tre schieramenti, ma che importanza ha? Dopo un po’ di teatro, fatto di finte contrapposizioni, e battaglie elettorali,
finirà tutto in un gran mischione. A conclusione delle immancabili trattative segrete sulla distribuzione delle poltrone, saranno tutti in maggioranza
e nessuno farà opposizione, neanche per finta. Tutto ciò alle spalle del popolo, che
infatti non vota, ma subirà inerme le decisioni dell’ente Provincia. Alle urne
andranno, non i cittadini , ma sindaci e consiglieri comunali. Elezioni di
secondo livello le chiamano.
Me2
Di che ti lamenti! Nella riforma costituzionale era inserita
l’abolizione delle Provincie. Tu e i
tuoi amici professoroni avete votato No. E mo’ tenetevi la Provincia non elettiva.
Me1
Suvvia! Abbiamo votato No perché, per una Provincia non
elettiva che usciva, entrava un Senato, non votato dal popolo, ma dai sindaci e dai consiglieri regionali.
Un assise che aveva l’aria di diventare
la stessa accolita di "inciucisti" che si
trova nei Consigli Provinciali. Non è colpa mia se si toglie una gamba ad un
tavolino, sicuri che questo verrà gettato via dal referendum popolare e poi il
popolo non lo butta. Il tavolino adesso
rimane, pure zoppo . Così come è stato presuntuoso e maldestro
approvare una legge elettorale solo per la Camera, certi che la vittoria referendaria del Si avrebbe
sancito l’abolizione dell’elezione popolare per i Senatori. Così non è stato e
adesso ci troviamo nei casini. Con una legge elettorale (in odore di essere
bocciata dalla Consulta), per la Camera ed un'altra, molto diversa, per il Senato.
Me2
Ma tu che parli tanto del diritto di voto, ti faccio una
domanda, e rispondi sinceramente. Nessuno ti conosce meglio di me e quindi non mentire, ti scoprirei immediatamente. Se si votasse domani, tu per chi
voteresti?
Me1
E va bene lo ammetto, andrei al seggio e rifiuterei la scheda. Ma farei mettere a verbale il mio rifiuto dal presidente di seggio. Fra, fascisti, democristi
e fanculisti, non saprei chi scegliere. Nessuno
mi rappresenta, anzi, tutti sono lontani anni luce dalla mia concezione di
partecipazione politica.
Me2
Ah lo sapevo! E allora di che vai blaterando? Parli di diritto al voto per la Provincia, per il Senato e poi manco voti? E’ una palese contraddizione.
Me1
Un momento! Non farla
così facile…….
Me2
Io non la faccio facile, sei tu che la fai sempre difficile.
Se non voti che ti frega del Senato
elettivo?
Me1
Ti spiego cercando di farla semplice. Il diritto di eleggere
qualsiasi assemblea che abbia potere di regolare la vita delle persone, sia a
livello locale che nazionale, è sacrosanto. Ma deve essere assicurata anche la possibilità di
scegliere fra molteplici soluzioni. A me piace il rosso. Come faccio a votare se mi si propone solo il bianco, il
nero, e il giallo? Se il rosso non è rappresentato, il cittadino che lo preferisce,
o si tura il naso e si accontenta di votare
un colore non suo , o rinuncia ad esprimersi. E’ chiaro?
Me2
Eh si…. il rosso, il
rosa, il fucsia, così facciamo l’arcobaleno e nessuno governa.
Me1
Ma insomma, se la sovranità appartiene al popolo e ad una
parte di esso piace il rosso, perché non può votarlo? Parlando seriamente la
democrazia è partecipazione, come diceva il "cantore", va oltre l’atto del voto.
Intanto è necessaria una legge elettorale proporzionale per cui anche chi preferisce
il rosso può eleggere uno con le stesse affinità cromatiche . Poi sarebbe
auspicabile che i vari schieramenti ottengano il consenso dei cittadini sulla
base dei programmi. Oggi chi più soldi ha, più può strillare nelle televisioni, sui
giornali e soffoca la proposta di chi finanze ne ha meno. Ritorniamo al finanziamento pubblico
dei partiti con un controllo stringente
sul loro corretto utilizzo. Imponiamo ai partiti di finanziarsi con il tesseramento dei militanti e di rendere
pubblico il loro bilancio. Poniamo un tetto, molto basso, ai finanziamenti
privati, in modo da evitare che fondazioni farlocche, grosse aziende e potentati finanziari foraggino
comitati elettorali, i quali, poi, dovranno obbligatoriamente sdebitarsi. Assegniamo gli
stessi spazi di divulgazione elettorale a tutti, in modo che tutti abbiano la
possibilità di dire cosa intendano fare per i cittadini, senza privilegiare quelli che controllano l’informazione pubblica
e privata. Facciamo che il consenso si ottenga con la proposta politica e non
con il marketing…….
Me2
Uffa che noia! Sei il solito comunista!
Me1
Hai ragione, sono il solito comunista, vedi che alla fine ci
ritroviamo!
Manifesto per la dignità universale. Primo: demolire da cima a fondo tutto il sistema finanziario, che depreda la vita fin nelle sue basi elementari, geni e cellule».
il manifesto, 5 gennaio 2017 (c.m.c.)
La povertà non è un fatto di natura ma il prodotto di società ingiuste perché inegualitarie e predatrici . In piedi, umanità contro il furto della vita.
L’impoverimento
La povertà è il risultato dei processi di esclusione umana, sociale, economica e politica fra gli esseri umani (e tra le comunità umane) tipici delle società ingiuste fondate sull’ineguaglianza e l’appropriazione predatrice della vita.
Prima di essere economica, politica o sociale, la povertà è «culturale», cioè è parte dei processi che operano nell’immaginario collettivo concreto, evolutivo delle persone, dei gruppi sociali e dei popoli. È parte della maniera di «vedere l’altro». Gli impoveriti crescono nelle nostre teste.
L’impoverimento non casca dal cielo. Non si nasce poveri, come si nasce donna o uomo, alti o bassi, bianchi o neri, ma si diventa impoveriti.
L’immaginario, la visione non sono sufficienti per fabbricare l’esclusione. Su questa incidono le scelte, i valori, le istituzioni e le pratiche collettive che fanno di una comunità umana un possibile luogo e spazio sociale generatore o no, chi più e chi meno, di esclusione.
Un furto, di che cosa?
Il furto della vita. Quando in passato la legge stabiliva che solo le persone aventi un reddito superiore a una certa somma potevano votare ed essere eletti a «governare il paese» o, come in Svizzera fino al 1972, le donne erano escluse dal diritto di voto, la legge legalizzava la privazione per tante persone del potere di essere cittadino attivo, di partecipare alla vita politica. Erano impoverite sul piano civile e politico. Il furto aveva luogo ancor prima della loro nascita.
La forma più avanzata di furto della vita, alla nostra epoca, è stata legalizzata nel 1980 allorché la Corte suprema degli Stati Uniti ha autorizzato la brevettabilità del vivente a scopo di lucro, seguita nel 1998 dall’Unione europea. La brevettabilità del vivente significa che è possibile per una persona o un’impresa diventare proprietario esclusivo di un microbo, di una molecola, di una specie vegetale, animale e persino di un gene umano per un periodo da 18 a 25 anni (rinnovabile) e farne l’uso che vuole in nome della conoscenza e della potenza tecnologica. La brevettabilità si traduce in una mercificazione del vivente secondo processi di appropriazione fondati sulla rivalità e l’esclusione.
Così, per esempio, nel campo dei semi, un gruppo sempre più ristretto d’imprese private mondiali si è impadronito del potere di decisione, controllo e uso del capitale biotico del pianeta privando la stragrande maggioranza dei suoi abitanti della garanzia universale pubblica del diritto alla vita (all’alimentazione, alla salute e alla conoscenza….).
Peraltro milioni di contadini sono stati espropriati ed espulsi dalle loro terre in Asia, in Africa ed in America latina e costituiscono il grosso del «popolo mondiale degli impoveriti» e degli affamati. I brevetti sui semi obbligano a pagare un prezzo di mercato per avere accesso a quei beni e servizi essenziali per la vita , quindi, strumentali al diritto alla vita. E ciò costituisce un furto.
A non altro si pensa quando si parla di furto legalizzato nel caso della mercificazione dell’acqua potabile e della privatizzazione dei servizi idrici, compreso il trattamento delle acque reflue.
E che dire delle legislazioni introdotte negli ultimi anni anche nei paesi ricchi detti «sviluppati» in materia del lavoro che hanno stravolto, il mondo del lavoro e la condizione umana e sociale dei lavoratori? Tutti abbiamo sempre riconosciuto il legame fondamentale tra lavoro, reddito,benessere, dignità, da un lato, e diritti sociali, civili e politici, dall’altro. E sappiamo che, nel contesto attuale, il licenziamento è l’anticamera dell’entrata nei processi di impoverimento e di esclusione sociale.
Perché allora, come è successo in queste ultime settimane la Corte europea di giustizia e la Corte di cassazione italiana hanno sentenziato che il licenziamento per soli motivi di redditività (per fare più profitti) è legittimo? Con le loro sentenze, contrarie alla lotta centenaria per la difesa della dignità umana, le due Corti si sono iscritte tra i soggetti produttori d’impoverimento e, quindi, partecipanti al furto della vita.
Che fare?
Analisi dettagliate specifiche e rigorose consentono di identificare nei vari campi i soggetti, i processi ed i meccanismi dell’impoverimento in quanto furto della vita. Lo stesso dicasi delle tendenze emerse in favore della concezione ed entrata in funzione di nuove forme di investigazione, valutazione e condanna del furto come atto criminale rispetto alle regole scritte o vissute del diritto internazionale.
Caso particolarmente rilevante e prezioso l’operato di Tribunali internazionali sui crimini dell’umanità o in materia ambientale. Il che significa che il furto può essere combattuto e condannato ed anche eliminato. In Europa, nel campo dell’acqua, sono oggi i tribunali locali – la magistratura di base, autonoma, libera – che dichiarando illegittima la cessazione dell’erogazione dell’acqua o dell’elettricità per insolvenza o morosità, consentono di arrestare il furto, indipendentemente dall’azione dei cittadini stessi.
La giurisprudenza, però, per quanto importante, non è sufficiente. Il furto della vita, rappresentato dall’ineguaglianze e l’esclusione fatte sistema, è l’atto più grave che gli esseri umani abbiano operato e possono fare all’umanità.
Altrettanto forte e sistematica deve essere la lotta contro di esso. Cinque secoli fa, l’uguaglianza rispetto al diritto alla vita fu all’origine di Utopia, l’opera di Tommaso Moro cui, in Occidente, si continua a fare riferimento per valorizzare la costruzione di un altro mondo. Personalmente preferisco ricordare che l’uguaglianza fu alla base della rivoluzione francese e della dichiarazione universale dei diritti umani più di duecento anni fa e della rivoluzione bolscevica contro lo zarismo proprio cent’anni fa.
L’uguaglianza ha ispirato le lotte per il diritto alla vita negli ultimi cinquant’anni in America latina e in Africa e, recentemente, la «primavera araba». Non bisogna mai arrendersi, per la memoria e nel rispetto dei milioni di vittime che sono morte nel passato per difendere la dignità umana , la liberta per tutti, la giustizia e la fraternità.
Oggi, proprio quando il mondo sembra ulteriormente sprofondato nelle barbarie in nome del denaro, non è ammissibile la dispersione degli sforzi. Il fattore più critico alla base di quel che sta succedendo strutturalmente è il sistema finanziario creatosi nel corso degli ultimi quarant’anni.
L’obiettivo principale, integrante tutto il resto, deve essere la demolizione di detto sistema. Tutto vi si rapporta: il tempo, lo spazio, la conoscenza, la tecnologia, i desideri, le cupidigie, la violenza, il potere, la negazione dei diritti, lo sgretolamento delle comunità umane, l’asservimento dell’umanità.
Anche se sembra irrealizzabile, è essenziale promuovere una coscienza ed una volontà coordinate di azioni contro i derivati, la finanza algoritmica al millesimo di secondo, la speculazione e i paradisi fiscali, il segreto bancario, l’incompetenza e la furfanteria delle banche, le grandi concentrazioni bancarie e la banca totale, l’esistenza e il potere delle agenzia di rating, gli inciuci tra soggetti finanziari e organismi dediti al governo delle attività e servizi pubblici quali gli ospedali, l’educazione, l’università, la ricerca scientifica, contro la finanziarizzazione criminale dell’economia, per la ricostruzione delle casse di risparmio pubbliche locali e la separazione tra attività di risparmio e attività di reddito e la loro regolazione funzionale, contro l’indipendenza politica della Bce e delle altre banche centrali, per una nuova generazione di finanza cooperativa e mutualistica, per le monete locali e la demonetizzazione dei beni e servizi pubblici essenziali per la vita, per il primato del potere politico eletto e partecipato sul dominio oligarchico di soggetti finanziari privati mondiali.
Le politiche cosiddette di riduzione e di eliminazione della povertà condotte da quasi mezzo secolo dai gruppi dominanti a livello nazionale e internazionale sono fallite e restano una beffa malvagia nei confronti degli impoveriti.
Una beffa ancor più malvagia se si pensa che l’arricchimento sempre più scandalosamente elevato dei supermiliardari rispetto ai 3,6 miliardi di persone appartenenti alla metà della popolazione mondiale la più povera, legittimato dalle politiche dei dominanti, induce quest’ultimi ad esaltare i miliardari filantropi come i benefattori dell’umanità(Warren Buffet, Bill Gates, i fratelli WalMart…)!
Nessuna delle misure sopra menzionate a proposito della messa fuorilegge del sistema finanziario attuale figura nelle proclamazioni dell’Onu sulla povertà (vedi l’agenda post-2015 sui Sustainable Development Goals -SDG) o nei programmi «antipovertà» dell’Unione europea. Esse/i sono la prova, se necessario, dell’allineamento e sottomissione totale degli Stati agli interessi e priorità dei gruppi oligarchici mondiali.
In piedi, esseri umani. La povertà è un furto, a opera di un sistema mondiale ingiusto.
In piedi, umanità, insieme. Questo è l’augurio, «Un manifesto 2017 per la dignità universale».
«Il dominio
incontrastato del pensiero neoliberista e mercantilista, la diffusissima idea
che tutto si riduca a denaro, il declino inarrestabile del livello culturale
dei cittadini, l’indifferenza della gente, gli effetti devastanti della
disoccupazione, della distruzione delle risorse naturali, della recessione e
della sempre peggiore qualità della vita, mi hanno indotto
a ritenere necessaria una ricostruzione, il più possibile aderente alla realtà,
del sistema economico-finanziario nel quale viviamo, cercando di capire le sue
origini, le cause del suo dispiegarsi in maniera tanto generalizzata, le
ragioni per le quali si è radicato nell’immaginario collettivo come un dato
ineluttabile e immutabile, e i suoi effetti, tanto favorevoli per pochi e tanto
dannosi per molti».
Paolo Maddalena.
Decostruire
gli assunti fondamentali del neoliberismo divenuto ormai, nelle nostre società
occidentali, pensiero unico dominante e restituire spazio e dignità al concetto
di cittadinanza attiva e partecipata: sono questi i principali intenti del
denso, appassionato volume di Paolo Maddalena, giurista impegnato da anni nella
difesa del principio fondamentale della proprietà collettiva dei beni comuni.
In queste pagine la difesa degli assunti costituzionali e delle prerogative dei
cittadini prende la forma di una critica aspra al modello di società espresso
dall’odierno capitalismo finanziario globale, che ha sradicato l’economia dalle
sue basi materiali e si è fatto sovrano anche rispetto ai governi. Maddalena
individua la causa fondamentale dell’attuale, profonda e persistente crisi
dell’economia globale nella sostituzione dell’economia dello scambio con
l’economia della concorrenza. Secondo questa visione divenuta imperante, vince
il più forte, con buona pace dei concetti giuridici di giustizia ed equità; il
pubblico deve cedere il posto al privato; lo Stato deve deregolamentare,
spacchettare, liberalizzare; tutto confluisce nel mercato globale e tutto viene
mercificato – anche ciò che, per sua
natura, non può avere un valore di scambio e non può essere oggetto di
commercio, poiché è di appartenenza collettiva (pensiamo ad esempio all’idea
che ai beni paesaggistici e culturali di proprietà dello Stato si possa anche
solo assegnare un «prezzo»). In virtù di questi presupposti, lo sfruttamento
delle risorse naturali e del lavoro dell’uomo è arrivato a forme assolutamente
insostenibili. In questo quadro, la menzogna del neocapitalismo, la crescita
infinita, si rivela in tutta la sua illusorietà. La ricchezza non si è
ridistribuita ma concentrata, generando squilibri drammatici. Come ormai molti riconoscono,
anche tra gli economisti, occorre una «decrescita» che indirizzi le attività
produttive verso la soddisfazione innanzitutto dei bisogni primari,
tralasciando la soddisfazione dei desideri indotti; occorre che la ricchezza
prodotta sia effettivamente ridistribuita attraverso opportune politiche; occorre infine riequilibrare la potenza economica dei
privati con quella degli Stati, facendo in modo che la quantità della ricchezza
privata non superi la quantità della ricchezza collettiva.
AUTORE
Paolo
Maddalena
Poche parole
sull'Autore: docente universitario fino al 1971, successivamente magistrato
alla Corte dei conti e poi nel 2002 eletto alla Corte costituzionale fino al
2011.
Studi sul
diritto ambientale.
Scrive libri:
Il territorio bene comune degli italiani … Prefazione di Salvatore Settis
(2014).
Impegnato
attivamente nel Coordinamento Democrazia Costituzionale – contro il referendum
sulla legge di revisione costituzionale
Renzi Boschi.
Contrasto alla povertà, maggiore attenzione alle tematiche
sociali, una più equa distribuzione
del reddito per ridurre le
diseguaglianze fonte dei cosiddetti populismi. Questi, per il governo Gentiloni, sono i primi obbiettivi da conseguire , oltre
che una maggiore attenzione alla questione meridionale. Il Presidente del Consiglio la ha
dichiarato nel discorso di presentazione del suo Renzi-bis, tenuto alle Camere nel dicembre scorso dopo il disastro referendario.
Ma dagli
atti immediatamente seguenti all’insediamento dell’ esecutivo , sembra di
capire che i poveracci non siano quelli più duramente colpiti dalla disuguaglianza sociale, ma i banchieri. Infatti il fondo di 20 miliardi, necessario al salvataggio delle banche, contenente i 6,5 miliardi destinati al Monte Paschi di Siena, è stato approvato in 24 ore. Alla faccia della lentezza del bicameralismo
perfetto!
Del piano di salvaguardia
sociale, consistente nello stanziamento di 4 miliardi , necessari all’edificazione
di asili per la
prima infanzia, alla diffusione di scuole a tempo pieno, soprattutto al sud, e alla strutturazione di servizi per persone
disabili, ancora non vi è traccia. Né è stato predisposto il preventivato piano nazionale contro la povertà. Il “Rei” (reddito
d’inclusione per chi si trova in povertà assoluta), uno degli elementi del suddetto piano, (valore un 1milardo e 300mila
euro) è oggetto di una legge delega approvata alla Camera in
luglio e in attesa di essere
votata al Senato. Purtroppo a Palazzo Madama il passaggio del testo non è
ancora stato calendarizzato, campa cavallo!
Se poi i requisiti per accedere
al futuro Rei, saranno così stringenti come per il Sia (Sostegno d’Inclusione
attiva), misura di emanazione comunale , hai voglia a morire di
fame!!! Infatti per usufruire di questa tutela, oltre a dover denunciare un reddito al di sotto della soglia di povertà
assoluta, è necessario che nel nucleo familiare ci sia un minore o una donna
incinta. Come se un povero nella cui famiglia non vivano minori o donne incinte si ritrovi improvvisamente ricco.
La banche in difficoltà, invece, possono
accedere ai 20 miliardi, frutto del sangue dei contribuenti, senza particolari
requisiti. Anzi. Il fatto che istituti così malconci e disastrati,
come Monte Paschi, Veneto Banca,
Banca popolare di Vicenza, abbiano
denunciato buona parte dei propri guadagni in Stati e Staterelli dove si pagano imposte esigue, o non si pagano
proprio tasse , è un ottimo viatico per l'utilizzo di denaro pubblico. In realtà il vizietto dell’offshore è comune a
moltissime banche, quasi tutte.
Unicredit, ad esempio, l’anno scorso, ha allocato il 15% dei propri utili pre-tasse in Irlanda e
in Lussemburgo.
Per tornare al Monte Paschi di Siena, giova ricordare che la
banca “too big to fail” possiede società in Lussemburgo, in Irlanda e nel Delaware,
rifugio statunitense tax-free. Gli utili
pre-tasse registrati in paradisi fiscali
lo scorso anno sono stati 107 milioni di euro. Ma a sorprendere ancora
di più è sapere che la Mps Preferred Capital I Llc, compagnia del gruppo con base fiscale nel Delaware, nel
2015 ha realizzato 44,9 milioni di euro di utili, non avendo a busta paga alcun dipendente. Strano
vero? Ma no, è un vero miracolo
economico!
Dunque è del tutto normale
che, per salvare i poveri banchieri si
stanzino in un battibaleno 20 miliardi di denaro pubblico, e si rinunci, senza
colpo ferire, alle entrate fiscali che questi poveracci preferiscono evadere , ricorrendo
ai rassicuranti lidi dei paradisi fiscali. Allo stesso modo è del tutto normale che, se hai un reddito inferiore alla soglia di povertà e chiedi di accedere al sostegno d’inclusione attiva, senza dimostrare la
presenza nel tuo nucleo familiare di una donna incinta o un minore, sei un vero parassita della società. Del resto per Gentiloni, per il Presidente Mattarella e per tutti burocrati al soldo de capitale finanziario i poveracci veri sono i banchieri! Siamo noi proletari che ancora non l'abbiamo capito e forse mai lo capiremo.
I ricorsi antiitalicum sollevano una serie di problemi di attuazione della Costituzione che è giusto conoscere. L'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre non è una garanzia, che la costituzione non possa correre altri pericoli, per questo ci devono essere dei punti fermi per ogni Parlamento, che metta mano ad una legge elettorale e a una revisione costituzionale. Di seguito alcuni estratti da una delle memorie presentate e per la precisione quella degli avvocati Felice Besostri e Angelo Iannaccone del Foro di Milano intervenuti ad adjuvandum nel procedimento aperto dal Tribunale di Torino.
FeliceC. Besostri
LA SOVRANITA’
APPARTIENE AL POPOLO- estratti dalla memoria per la P.U. degli intervenienti
nel procedimento n. 163/2016 Reg. Ord. in discussione il 24 gennaio 2016
Ciò a tutela del ruolo del Parlamento di concorrere a
determinare la vita politica nazionale, nella forma di governo parlamentare
razionalizzato delineata dal Costituente quando ha disposto:
- che in
Italia “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei
limiti della Costituzione” (art. 1, c. 2 Cost.);
- che
tutti i poteri dello Stato derivano dal popolo direttamente, come il
Parlamento, o indirettamente quando sono eletti dal Parlamento (Capo dello
Stato) o al Parlamento rispondono (Governo);
- che
persino il potere/ordine indipendente (potere giudiziario - Magistratura)
emette le sue sentenze in nome del popolo italiano;
- che
l’espressione più alta della partecipazione è costituita dal procedimento
elettorale;
- che il
Parlamento è il cuore del sistema democratico costituzionale;
- che la
governabilità non deve interferire in alcuna maniera sulle modalità di
costituzione del Parlamento, né sulle Sue funzioni; bensì che essa possa
ottenersi semplicemente inibendo l’uso incostituzionale della questione di
fiducia, che consente al Governo di assommare in sé anche la funzione
legislativa;
- che la
governabilità, stricto
sensu, possa ottenersi in via piana - come sostenuto da Mortati in
Costituente - dando una durata prefissata al Governo che abbia ricevuto la
fiducia delle Camere (anche riunite, come proponeva Tosato) o con l’istituto
della sfiducia costruttiva ovvero intervenendo sulla costituzione dei gruppi
parlamentari vincolandoli a liste di candidati presentate nelle elezioni delle
Camere e restringendo i mutamenti della loro composizione successivamente alla
loro costituzione all’inizio della legislatura e prevedendo un trattamento
differenziato per i parlamentari non iscritti come nel Parlamento Europeo.
Soltanto a titolo esemplificativo si è voluto accennare a soluzioni, che
assicurino la stabilità degli esecutivi senza dover necessariamente distorcere
l’uguaglianza del voto e la rappresentanza ;
- che
l’effige della governabilità nasconde, negli ultimi decenni, la sostanza di un
Governo che svolge la funzione esecutiva con atti di legge, cioè, alterando e
cancellando la gerarchia delle fonti, ed usa il Parlamento come paravento per
coprire politicamente con un tale Organo collettivo (rispetto alla occhiuta
opinione pubblica), le proprie scelte - operate nei singoli gabinetti
ministeriali, piuttosto che in Consiglio dei ministri - in merito al miglior
reperimento, allocazione ed impiego delle risorse pubbliche, scelte sulle quali
il Parlamento non ha alcuna voce in capitolo;
- che
“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni
senza vincolo di mandato” (art. 67 Cost.) e, pertanto, se vuole rappresentare
la nazione, il mandato gli deve essere conferito attraverso un procedimento
elettorale conforme a Costituzione: è importante sottolineare che la
rappresentanza della Nazione spetta ad ogni membro del Parlamento e non
all’organo parlamentare. Alla stessa stregua la Nazione è rappresentata dal
corpo elettorale e da ogni membro dello stesso;
- che
l’esercizio della sovranità presuppone che la legge elettorale sia conforme
alla Costituzione, altrimenti non sarebbe esercitata nelle forme e nei limiti
della Costituzione;
- che il
corpo elettorale, al pari del Parlamento, del Governo e del Capo dello Stato
debba essere qualificato come organo costituzionale ;
- che la
sovranità è indivisibile e pertanto quella in capo al popolo appartiene al
singolo elettore come appartenente al Corpo elettorale, ed anche “nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2 Cost.);
-analogamente, che ciascun membro del Parlamento, possa e
debba agire per esso.
---------------------------- il contributo di Umberto Baldocchi
Gent. dott. Felice Besostri e altri
grazie di tutti i contributi ed anche della memoria per il procedimento per l' Italicum di fronte al Tribunale di Torino.
Credo che ciò che sta avvenendo nel sentire civile degli Italiani sia qualcosa di straordinario, anche se pochi lo sottolineano. Mi dispiace che il presidente della Repubblica non abbia colto questo aspetto al di là del risultato del voto referendario. Perché non si dice che il numero assoluto dei NO alla DEFORMA COSTITUZIONALE che era nel 2006 attorno ai dodici milioni è, dieci anno dopo, passato a diciannove milioni e di voti, in larghissima proporzione giovani? Perché queste persone sono andate a votare, mentre la "disaffezione politica" cresce?
Mi permetterei di precisare due cose prendendo spunto dalla memoria presentata. E' essenziale ribadire che la rappresentatività è preliminare essenziale rispetto alla "governabilità" nella legge elettorale, ed è noto che la governabilità in una repubblica parlamentare si ottiene con le misure semplicissime da voi indicate che richiederebbero minime modifiche costituzionali ( es. sfiducia costruttiva ecc.).
Ma, prima di tutto, è necessario BANDIRE i sistemi ibridati ( non misti come il Mattarellum) che alterano ope legis un proporzionale coi marchingegni volta per volta necessari per far perdere una parte e consentono di "vincere" alla minoranza più forte che sarà sempre interessata ad avere la massima frammentazione possibile del resto del parlamento. Ed è necessario rendersi conto che un proporzionale coi dovuti accorgimenti - mai usati nella cosiddetta prima repubblica- può essere il sistema migliore per spingere i cittadini ad aggregarsi ed a cercare denominatori comuni e non elementi di distinzione e contrapposizione
In secondo luogo nella legge elettorale non basta tener conto del sistema elettorale ma bisogna tener conto anche delle condizioni di eleggibilità. La disciplina delle ineleggibilità e incompatibilità è essenziale per impedire le caste politiche. E' evidente che se un capocordata può presentarsi in dieci collegi per poi sceglierne uno, il vero formatore della classe politica diventa il salotto televisivo di Bruno Vespa che può selezionare i capilista che avranno possibilità di "guidare" il voto. E' anche evidente che è troppo facile riciclare nelle province i sindaci non rieletti o nei comuni i consiglieri provinciali e regionali.... E' in questo modo che si crea la casta e si esclude la società civile.
Ricordo che nelle repubbliche medioevali studiate da Sismondi esisteva l'istituto del divieto per cui chi aveva ricoperto una carica pubblica per un quinquennio doveva poi stare per un altro quinquennio in stand by fuori dalle cariche.