venerdì 9 giugno 2017

Vorrei che Falcone e Montanari facessero chiarezza

Giorgio Cremaschi



Il patatrac del sistema elettorale finto tedesco, ah quanti guai in Italia a voler imitare la Germania, allontana la data delle elezioni. Questo forse depotenzierà l’urgenza della  PROPOSTA di Anna Falcone e Tommaso Montanari, ma permetterà un confronto più rigoroso su di essa, senza l’assalto soverchiante di tutti quelli che: “mamma mia come superiamo il 5%? “
Non basta affermare che una proposta di sinistra unita debba essere nuova perché essa effettivamente lo sia. Dal 2008 queste proposte si susseguono, spesso con le stesse premesse e gli stessi risultati, catastrofici. Le liste della sinistra unita hanno sempre fallito il loro obiettivo elettorale tranne che alle elezioni europee, dove la lista Tsipras ha superato lo sbarramento, salvo poi frantumarsi un minuto dopo il voto, come le precedenti esperienze sconfitte.
Quindi il primo elemento di novità della proposta dovrebbe essere quello di non ripetere le esperienze del passato e di porre condizioni e discriminanti affinché il nuovo sia davvero tale. Sinceramente, non trovo chiarezza sufficiente al riguardo nel testo di Falcone e Montanari.
Si parte dalla Costituzione, anzi dalla sua anima sociale e antiliberista affermata meravigliosamente dall’articolo 3, e si sostiene che si deve prima di tutto rispondere a quel popolo di sinistra che in nome di quell’anima ha votato NO il 4 dicembre. Benissimo, questo però significa esplicitare subito alcune discriminanti. Prima di tutto non possono essere interlocutori di questa proposta coloro che hanno votato SÌ, per capirci sono fuori Giuliano Pisapia e Romano Prodi. Il problema si pone però anche verso chi ha votato NO, ma prima ha sostenuto il Jobsact, la legge Fornero e soprattutto quella mina ad orologeria contro i principi sociali della Costituzione, quale è il nuovo articolo 81 che obbliga al pareggio di bilancio in ottemperanza al mostruoso Fiscal Compact.
Durante il governo Monti il parlamento quasi unanime ha costituzionalizzato quella austerità che giustamente Falcone e Montanari vogliono rovesciare. E se non sono solo buoni propositi, la rottura con l’austerità significa soppressione immediata delle misure che emblematicamente la realizzano. Chi le ha votate naturalmente può ammettere di essersi sbagliato e sostenere un programma che proponga di cancellare quelle misure, ma lo deve fare con rigore e sofferenza e non per furbizia.
Jeremy Corbyn ha riconquistato fiducia nel mondo del lavoro, dopo essere stato svillaneggiato dalle sinistre liberali e dai loro mass media, accettando il voto sulla Brexit e proponendo un programma secco di nazionalizzazioni. Questa parola da noi è tabù nei sindacati confederali e anche in buona parte della sinistra più radicale, eppure è proprio sul terreno delle privatizzazioni che si gioca la possibilità di arrestare e veder dilagare ancora le politiche economiche liberiste.
Alitalia e Ilva sono i primi banchi di prova, poi seguiranno le Poste, le Ferrovie, Enel ed Eni e naturalmente ciò che resta del sistema bancario. O torna l’intervento pubblico diretto nell’economia, o da noi va tutto in mano alle multinazionali, visto che la grande borghesia italiana non esiste più come classe autonoma dai poteri della globalizzazione. O il pubblico, o si e si svende ciò che resta del paese, questa è l’alternativa reale oggi e che scelta fa al riguardo la sinistra prefigurata da Falcone e Montanari?
Lavoro con diritti, scuola pubblica e stato sociale, ambiente, territorio e beni comuni sono dichiaratamente al centro della proposta di nuova sinistra. Anche qui possiamo solo dire giustissimo, ma dobbiamo però aggiungere: che misure concrete si vogliono subito attuare, che leggi si vogliono cancellare, che nuovi atti si vogliono varare? Naturalmente ci sono programmi decennali da individuare, ma il buongiorno si vede dal mattino, ad esempio dall’impegno a cancellare tutta la buona scuola e la controriforma della sanità, a quello a fermare tutte le grandi opere, a partire dalla famigerata Tav in Valle Susa. Non è solo questo che basta, ma è questo che serve per capire se si vuol fare sul serio.
Il bilancio delle spese militari dello stato italiano è in continua ascesa e Gentiloni si è impegnato quasi a raddoppiarlo per raggiungere quel 2% del PIL posto dagli accordi NATO. Si ribalta questa scelta nel suo opposto con il taglio delle spese ed il ritiro dalle missioni all’estero, o ci si accontenta di partecipare alla sfilata del 2 giugno con la spilla della pace? Anche qui le scelte programmatiche, che Falcone e Montanari pongono giustamente come discriminanti, se sono vere individuano già di che pasta e di quali persone dovrebbe essere composta la nuova sinistra.
Che alla fine dovrà misurarsi con la questione di fondo: le politiche del lavoro, dell’ambiente e dello stato sociale, in alternativa alla austerità e alle spese di guerra, sono realizzabili accettando i vincoli UE e NATO? Noi che abbiamo costituito Eurostop pensiamo di no, che senza la rottura con quelle istituzioni nulla di buono sia possibile per i poveri e gli sfruttati. Noi pensiamo così, ma siamo disposti ad accettare la sfida di chi invece pensa che quelle istituzioni siano positivamente riformabili. Chi crede a questo però deve essere disposto a rompere se poi dovesse verificare che il suo programma  è posto all’indice proprio da quelle istituzioni. E deve dirlo.
Chi ha votato NO il 4 dicembre non può dimenticare che tutta la governance europea si era spesa per il SI. Né può ignorare che la Costituzione del 1948 e i trattati di Maastricht e Lisbona sono formalmente e concretamente incompatibili. Si può non volere la rottura con la UE nel programma, ma si deve essere disposti a farla se le istituzioni comunitarie quel programma ti impediscono di realizzarlo. Tsipras tra il rispetto del referendum popolare e quello dei diktat della Troika ha scelto il secondo. La sinistra proposta da Falcone e Montanari è disposta a fare la scelta esattamente opposta?
Siccome nel testo di Falcone e Montanari non ho trovato risposte chiare a domande per me decisive per capire cosa essi vogliano fare, mi sono permesso alcune di quelle domande di formularle io. Mi permetto di suggerire ai due estensori dell’appello di parlarne esplicitamente nell’assemblea del 18 giugno. Magari si affermi l’opposto di quanto scritto qui, ma per favore si faccia chiarezza. E non si parli d’altro per favore, sappiamo tutti che i nodi sono questi e non si sciolgono coprendoli di grandi valori e buoni propositi.

NON SI PRENDONO IN GIRO I CITTADINI E NON SI UMILIA LA DEMOCRAZIA!

Coordinamento per la Democrazia Costituzionale



Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, frutto della unificazione del Comitato per il NO al Referendum sulla Costituzione e del Comitato contro l’Italicum, sono a fianco della CGIL in una battaglia di civiltà, che riguarda il mondo del lavoro e l’intera comunità nazionale. 
Sostenere la CGIL in questa forte azione che intende opporsi ad uno schiaffo alla democrazia è per noi -  impegnati da anni senza interruzione in difesa della Costituzione – un DOVERE.
Non è la prima volta che forze politiche al governo cercano di svuotare conquiste sociali e civili di grande portata.
Il referendum per l’acqua pubblica è stato disatteso.
Abbiamo poi sentito forze di governo - non per la prima volta, in realtà - invitare a non andare a votare per il referendum detto “delle trivelle”.
Ora ci troviamo in una situazione che non ha precedenti nella storia del parlamento repubblicano.
La CGIL ha raccolto milioni di firme per un referendum abrogativo dei VOUCHER, un referendum che probabilmente sarebbe stato vinto, perché diceva un chiaro NO alla precarietà e allo sfruttamento.
Per il timore di perdere un’altra volta il confronto referendario il Governo evita il referendum - già indetto per il 28 maggio – abroga le Leggi contestate e subito dopo (è molto veloce il Parlamento, quando vuole!), vergognosamente ed incostituzionalmente approva un’altra legge che reintroduce i voucher.
E’un imbroglio di proporzioni enormi ed è veramente penoso che ciò non venga con forza denunciato da coloro che hanno la responsabilità di informare la pubblica opinione.
La democrazia è violata ed il popolo sovrano preso in giro.
Occorre una risposta forte e chiara


Il 17 giugno in piazza San Giovanni con la CGIL
per la COSTITUZIONE
per la DEMOCRAZIA
per il LAVORO


giovedì 8 giugno 2017

Meglio un istruito tirato a sorte che un ignorante eletto.

Luciano Granieri


In questi giorni di leggi elettorali e coppe di campioni,  entrambe  naufragate non senza soddisfazioni personali, di stupidaggini ne sono venute fuori a bizzeffe. Lasciamo da parte il lato sportivo calcistico e occupiamoci di quello politico. Fra le tante amenità ascoltate  ho apprezzato due esternazioni. Una del nuovo segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo e l’altra del capo del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo.  Il diavolo e l’acqua santa, dove resta difficile capire chi sia il diavolo e chi l’acqua santa dopo i recenti selfie che il segretario Acerbo si è scattato davanti alla bara di Padre Pio. 

In un recente comizio elettorale tenuto a Frosinone dal candidato sindaco Stefano Pizzutelli, sostenuto dalla lista Frosinone in Comune, è intervenuto anche il neo leader di Rifondazione. Infatti sotto l’ala rassicurante della lista civica in appoggio del candidato sindaco Pizzutelli convergono elementi della sinistra ex extraparlamentare (SI, Possibile, e la stessa  Rifondazione). Nel suo intervento Acerbo ha detto molte cose, alcune condivisibili, altre meno. Una però mi ha colpito per l’esattezza dell’analisi. 

Ad un certo punto il segretario ha sostenuto con forza che quando in una formazione politica la  cultura ideologica è il faro da seguire, i militanti, i dirigenti e i candidati   di quel movimento sono molto preparati, forse sono i più preparati, perché, per tradurre in atti programmatici e di governo i dettami di una  cultura ideologica, è necessario studiare affondo le dinamiche politiche e sociali a cui questa si applica.  

La tesi è indubbiamente vera. Basta guardarsi indietro e constatare il disastro che ha prodotto la gestione deideologizzata,  privatistica della politica a vocazione iper maggioritaria inaugurata dal ventennio berlusconiano. L’avvento del partito liquido, dove a contare è il capo e il massimo dell’espressione democratica interna rimane la roulette  delle primarie, ha prodotto dei leader geneticamente modificati (Berlsuconi-Renzi) che nel corso degli anni hanno licenziato:  due leggi elettorali bocciate dalla Consulta, hanno eletto un parlamento, quello tutt’ora in carica, illegittimo perché incoronato  con una delle leggi elettorali incostituzionali di cui sopra. A questo aggiungiamo  quattro riforme costituzionali, due bocciate dal popolo sovrano, altre due approvate con la  maggioranza di due terzi di un parlamento di inetti . Le riforme approvare si sono rivelate devastanti sia sul piano politico sia su quello sociale .

 La modifica del titolo V  sugli enti locali fu concepita   dal centro sinistra per intercettare voti leghisti,  e l’iscrizione  in Costituzione dell’art.81, che introduce l’obbligo del pareggio di bilancio, è stato    votato per gentile richiesta dell’Europa, ma in stretto contrasto con l’art. 3 che promuove la rimozione di ostacoli di ordine economico per conseguire la piena realizzazione della persona umana. Per non parlare della riforma della pubblica amministrazione, anch’essa impallinata dalla Corte Costituzionale e altre leggi ancora.   Quelle sulla  (cattiva) scuola e il jobs act che, se non fosse stato per il disinteresse e l’insipienza di certi sindacati, sarebbero state mandate al macero da altrettanti pronunciamenti popolari. 

Il massimo dell’ignoranza dei leader,  prodotta dall’alienazione della cultura ideologica, si è manifestato con la  recente vicenda della legge elettorale alla tedesca. Renzi, Grillo, Berlusconi e Salvini, originariamente d’accordo su un  testo, non per la bontà dello stesso, ma perché in grado di promuovere elezioni anticipate,  a furia di  stravolgerlo, stirarlo  da una parte e dall’altra, a seconda delle convenienze, hanno finito per non capirci più un beneamato cazzo di ciò che stavano scrivendo . E la legge che doveva sancire un ampio accordo è finita nel cestino , fortunatamente dico io. 

Ma veniamo alle dichiarazioni di Grillo, che sottoscrivo pienamente come quelle di Acerbo. Nel corso di un comizio elettorale per le amministrative il comico penta-stellato ha sostenuto quanto segue. Considerato il disinteresse degli italiani per le votazioni, testimoniato dai dati dell’astensionismo sempre i crescita,  le prossime amministrazioni locali,  e il prossimo Parlamento, anziché eleggerli  li tiriamo a sorte. Così come si fa per i membri delle giurie popolari impegnate nei processi. 

Chi vuole partecipare al sorteggio si iscrive in un apposita lista  per sperare poi di vincere la poltrona. Tanto, conclude Grillo, nessuno può essere peggio degli attuali parlamentare e amministratori locali. Dimentica il simpatico Beppe che buona parte di questi è formato da suoi sodali. L’idea non è male ma andrebbe sviluppata meglio. Ad esempio per entrare nella lista degli aspiranti vincitori della riffa dovrebbe essere obbligatorio  superare esami  di cultura generale, di storia, di diritto costituzionale,  di scienze politiche,  così tanto per evitare di dare altro lavoro alla Corte Costituzionale. 

Ma anche agli elettori, prima di rilasciare il certificato elettorale andrebbe somministrato un test per vedere se ne sanno qualcosa di istituzioni democratiche. Tanto per evitare che coloro i quali  gridano piccati di non capire nulla di politica vadano a far danni dentro le urne.

 In buona sostanza, visto che oggi sono sparite le ideologie,  con esse la cultura ed un minimo di preparazione politica , in parlamento saranno destinati ad essere eletti solo   incapaci, come ampiamente dimostrato dal recente passato. Allora tanto vale reclutare un po’ di persone che hanno voglia di studiare, e tirare a sorte chi fra loro andrà a guidare la Nazione. Mi rendo conto che in questo modo si rinuncerebbe ad un esercizio democratico importante come quello del voto. Ma meglio rinunciare a votare  per avere in sorte una classe politica preparata, piuttosto che sottoscrivere, attraverso elezioni taroccate l'incoronazione di manipoli d'ignoranti come quelli guidati da Renzi, Berlusconi, Salvini e Grillo.

Rifondazione Comunista eletti gli organi direttivi per la Provincia di Frosinone

Segreteria Provinciale Rifondazione Comunista Frosinone.

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Domenica 4 giugno, si è riunito il Comitato Politico Federale del PRC con all’ordine del giorno l’ elezione dei nuovi organismi dirigenti della Federazione.  Questa è la fase conclusiva della campagna congressuale che ai diversi livelli ha ridefinito la struttura politica e la direzione del PRC. Questi passaggi fatti di confronto, elaborazione e sintesi delle posizioni è quanto di più vivido una organizzazione politica, basata sulla partecipazione attiva degli aderenti, possa nutrire.
Come dal Congresso Nazionale è maturata la scelta di eleggere Maurizio Acerbo segretario nazionale rinnovando gli organismi dirigenti, così anche il Comitato Politico Federale del PRC di Frosinone ha sancito la nuova segreteria provinciale composta da: Paolo Ceccano, segretario, Marina Navarra, Tedeschi Giovanni, Pede Luigi, Adriano Papetti e Nevia Borgia che è anche Presidente del Comitato Politico Federale.
I compagni incaricati hanno la consapevolezza della complessità della fase in cui si troveranno ad operare; la direzione della lotta politica è molto impegnativa in una realtà che vede il lavoro sempre più destrutturato e in brandelli i diritti, in una società sempre più divisa dove gli ultimi non sanno distinguere i primi e il disagio sociale si tramuta in odio razziale. L’impegno sarà un camminare con vento contrario e non da ora. Ma bisogna andare. 


mercoledì 7 giugno 2017

Ridiamo dignità alla zona nord della provincia di Frosinone

  Il COMITATO  “  SALVIAMO  L’ OSPEDALE DI  ANAGNI “  INVITA  ALLA  MANIFESTAZIONE DEL 10 GIUGNO PROSSIMO  ALLE  ORE  11.00 DAVANTI AI CANCELLI DELL’ OSPEDALE:

i cittadini di Anagni e della zona nord della Provincia di Frosinone
il  sindaco  e i consiglieri comunali di Anagni     
i   sindaci dei comuni del territorio firmatari della  delibera di riattivazione dell’Ospedale di Anagni
il  Presidente della  provincia
il  Presidente della  Regione Lazio e gli assessori alla  salute e all’ ambiente
gli onorevoli e  senatori  eletti dai cittadini del territorio e presenti in parlamento
il Direttore generale della Asl di Frosinone
 i  rappresentanti sindacali
i rappresentanti dei partiti e dei movimenti politici
tutti coloro che sono in grado di spiegare ai cittadini che cosa è e come verrà organizzato "l' Ospedale Ambientale" e in quale delibera regionale è riportato il finanziamento di 1 milione 600 mila euro per la sua realizzazione (tanto è dovuto in rispetto ai principi  di collaborazione  democratica  e di trasparenza  nelle  scelte e nelle  decisioni).

Il Comitato ha informato da tempo cittadini e istituzioni  delle  richieste che rispondono alle 
 REALI  ESIGENZE DI SOCCORSO E  ASSISTENZA  PER LA POPOLAZIONE  DI ANAGNI E DEL TERRITORIO.
Con la manifestazione di  sabato 10 giugno si chiederà la riattivazione dell'Ospedale di Anagni.
In particolare:
1)  un reparto di 20 posti letto di medicina generale con un proprio organico di medici e     infermieri
2)      un Pronto Soccorso presidiato da un organico medico dedicato all'Emergenza-Urgenza;
3)      una chirurgia elettiva ridotta che effettua interventi in Day surgery,
4)      una Unità Operativa di Anestesia e Sala Operatoria;
5)      un servizio di Radiologia per indagini radiologiche con trasmissione di immagine collegata in rete allo specialista di turno;
6)      un servizio di Laboratorio per indagini laboratoristiche in Pronto Soccorso.

Tutti i cittadini sono invitati sabato 10 giugno 2017 alle ore 11.00 davanti ai cancelli dell’Ospedale di Anagni per chiedere l'immediata attivazione presso l'Ospedale di Anagni dei servizi elencati.

Il COMITATO  “ SALVIAMO  L’ OSPEDALE DI  ANAGNI “

Appello contro un subdolo stato di polizia.

Sergio Cararo della Carovana delle Periferie


Con questo appello intendiamo lanciare un serio segnale di allarme sullo stato delle libertà democratiche e dell’agibilità politica e sociale nel nostro paese.
Stiamo verificando sempre più spesso l’uso di misure repressive contro attivisti sindacali, sociali, politici, semplici lavoratori impegnati nei conflitti che investono la società.
Si tratta di misure unilaterali di polizia, eredità perdurante del codice penale del ventennio fascista, tese ad annullare l’agibilità in un territorio, una città, un terreno di lotta vertenziale.
In particolare vengono utilizzati sempre più spesso provvedimenti repressivi - talvolta senza neanche un processo – che comminano sia pene detentive che forti sanzioni economiche.
E’ accaduto recentemente ad attivisti sociali e sindacali a Bologna e in Calabria, ai lavoratori di una azienda partecipata del Comune di Roma. Accade sistematicamente contro attivisti dei movimenti di lotta per la casa, ai disoccupati napoletani o attivisti del movimento No Tav, a Torino e in Val di Susa.
E’ importante cogliere l’obiettivo di queste misure repressive, solo apparentemente e momentaneamente “più leggere” di quelle adottate negli anni delle “leggi d’emergenza”.
C’è un nesso palese tra estensione dei provvedimenti repressivi e conseguenze della crisi economica che produce disoccupazione di massa, sfratti, chiusura di aziende, aumento vertiginoso delle disuguaglianze, brusche precipitazioni in condizioni di povertà per milioni di persone.
Tutti gli indicatori del disagio sociale sono in rapida crescita, ma è scomparso il ruolo costituzionale della politica: trovare soluzioni, mantenere la coesione sociale, contrastare la crescita delle disuguaglianze sociali.
Vincoli di bilancio e Trattati Europei concorrono alla deresponsabilizzazione del soggetto pubblico e alla distruzione dei sistemi di welfare. Le esigenze sociali di ogni ordine e grado, anche quelle minime, si trovano di fronte sempre più spesso solo le forze dell’ordine.
I “Decreti Minniti” su migranti e “decoro urbano”, ormai commutati in legge, sono l’unica risposta a questo scenario. Il governo attuale e quelli che seguiranno, sanno benissimo che per rispettare i parametri imposti da Bruxelles dovranno aumentare le misure “lacrime e sangue”, colpire ancora più pesantemente lavoratori, pensionati, famiglie. Una torsione particolarmente inaccettabile è poi quella diretta contro i migranti che introduce, nei fatti, un doppio standard giuridico e penale verso gli immigrati.
Consapevole del lavoro sporco che dovrà fare, il governo ha creato un “sistema di deterrenza” per scoraggiare ogni protesta sociale e neutralizzare i soggetti più attivi. Una repressione preventiva non riservata solo agli attivisti ma diretta soprattutto a lavoratori, disoccupati, senza casa, migranti.
Sanzioni per migliaia di euro o restrizioni di polizia (fogli di via, obblighi di dimora, divieti di accesso ad alcune zone o città), che effetto devono produrre su un lavoratore Lsu, su un operaio di una fabbrica in via di chiusura, su una lavoratrice di un supermercato a part time o un giovane disoccupato?
Il dogma della cosiddetta “legalità” sta entrando apertamente in contraddizione con ogni richiesta di giustizia e uguaglianza sociale.
Il 4 dicembre, un referendum popolare ha difeso la Costituzione e il suo impianto democratico da un attacco ispirato da questa filosofia. Ma non ha fermato il “programma politico” che ne doveva derivare.

Questo stillicidio quotidiano di denunce, provvedimenti restrittivi, sanzioni economiche, sta configurando un vero e proprio stato di polizia, forse meno appariscente di quello turco, ma animato dalla stessa filosofia.
Riteniamo dunque urgente mettere in campo una vasta mobilitazione democratica nel paese contro questo clima politico e le leggi di polizia adottate.
Si impone - e rapidamente - un cambio di passo. A cominciare da una amnistia e dalla depenalizzazione per i reati connessi alle lotte sociali e sindacali.

Infine diventa urgente mettere in campo nel paese una vasta campagna democratica e popolare per abrogare il Decreto Minniti, diventato legge.

primi firmatari
prof. Paolo Maddalena
Giorgio Cremaschi
Fabrizio Tomaselli
Carlo Guglielmi
Ugo Boghetta
Nicoletta Dosio
prof. Ernesto Screpanti
Luigi Di Giacomo
Franco Russo
Sergio Cararo
Francesco Valerio Della Croce
Nella Ginatempo
Stefano zai
Beppe Corioni
Roberto Pardini




martedì 6 giugno 2017

Un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza

Anna Falcone,  Tommaso Montanari     fonte : Il manifesto del 6 giugno 2017


Siamo di fronte ad una decisione urgente. Che non è decidere quale combinazione di sigle potrà sostenere il prossimo governo fotocopia, ma come far sì che nel prossimo Parlamento sia rappresentata la parte più fragile di questo Paese e quanti, giovani e meno giovani, in seguito alla crisi, sono scivolati nella fascia del bisogno, della precarietà, della mancanza di futuro e di prospettive. La parte di tutti coloro che da anni non votano perché non credono che la politica possa avere risposte per la loro vita quotidiana: coloro che non sono garantiti perché senza lavoro, o con lavoro precario; coloro che non arrivano alla fine del mese, per stipendi insufficienti o pensioni da fame.
La grande questione del nostro tempo è questa: la diseguaglianza. L’infelicità collettiva generata dal fatto che pochi lucrano su risorse e beni comuni in modo da rendere infelici tutti gli altri.
La scandalosa realtà di questo mondo è un’economia che uccide: queste parole radicali – queste parole di verità – non sono parole pronunciate da un leader politico della sinistra, ma da Papa Francesco. La domanda è: «E’ pensabile trasporre questa verità in un programma politico coraggioso e innovativo»? Noi pensiamo che non ci sia altra scelta. E pensiamo che il primo passo di una vera lotta alla diseguaglianza sia portare al voto tutti coloro che vogliono rovesciare questa condizione e riconquistare diritti e dignità.
Per far questo è necessario aprire uno spazio politico nuovo, in cui il voto delle persone torni a contare.
Soprattutto ora che sta per essere approvata l’ennesima legge elettorale che riporterà in Parlamento una pletora di “nominati”. Soprattutto in un quadro politico in cui i tre poli attuali: la Destra e il Partito Democratico – purtroppo indistinguibili nelle politiche e nell’ispirazione neoliberista – e il Movimento 5 Stelle o demoliscono o almeno non mostrano alcun interesse per l’uguaglianza e la giustizia sociale.
Ci vuole, dunque, una Sinistra unita, in un progetto condiviso e in una sola lista. Una grande lista di cittadinanza e di sinistra, aperta a tutti: partiti, movimenti, associazioni, comitati, società civile. Un progetto capace di dare una risposta al popolo che il 4 dicembre scorso è andato in massa a votare “No” al referendum costituzionale, perché in quella Costituzione si riconosce e da lì vorrebbe ripartire per attuarla e non limitarsi più a difenderla.
Per troppi anni ci siamo sentiti dire che la partita si vinceva al centro, che era indispensabile una vocazione maggioritaria e che il punto era andare al governo. Da anni contempliamo i risultati: una classe politica che si diceva di sinistra è andata al governo per realizzare politiche di destra. Ne portiamo sulla pelle le conseguenze, e non vogliamo che torni al potere per completare il lavoro.
Serve dunque una rottura e, con essa, un nuovo inizio: un progetto politico che aspiri a dare rappresentanza agli italiani e soluzioni innovative alla crisi in atto, un percorso unitario aperto a tutti e non controllato da nessuno, che non tradisca lo spirito del 4 dicembre, ma ne sia, anzi, la continuazione.
Un progetto che parta dai programmi, non dalle leadership e metta al centro il diritto al lavoro, il diritto a una remunerazione equa o a un reddito di dignità, il diritto alla salute, alla casa, all’istruzione.
Un progetto che costruisca il futuro sull’economia della conoscenza e su un modello di economia sostenibile, non sul profitto, non sull’egemonia dei mercati sui diritti e sulla vita delle persone.
Un progetto che dia priorità all’ambiente, al patrimonio culturale, a scuola, università e ricerca: non alla finanza; che affronti i problemi di bilancio contrastando evasione ed elusione fiscale, e promuovendo equità e progressività fiscale: non austerità e politiche recessive.
Un simile progetto, e una lista unitaria, non si costruiscono dall’alto, ma dal basso. Con un processo di partecipazione aperto, che parta dalle liste civiche già presenti su tutto il territorio nazionale, e che si apra ai cittadini, per decidere insieme, con metodo democratico, programmi e candidati.
Crediamo, del resto, che il cuore di questo programma sia già scritto nei principi fondamentali della Costituzione, e specialmente nel più importante: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3).
È su questa piattaforma politica, civica e di sinistra, che vogliamo costruire una nuova rappresentanza. È con questo programma che vogliamo chiamare le italiane e gli italiani a votare.
Vogliamo che sia chiaro fin da ora: noi non ci stiamo candidando a guidarla. Anzi, non ci stiamo candidando a nulla: anche perché le candidature devono essere scelte dagli elettori. Ma in un momento in cui gli schemi della politica italiana sembrano sul punto di ripetersi immutabili, e immutabilmente incapaci di generare giustizia ed eguaglianza, sentiamo – a titolo personale, e senza coinvolgere nessuna delle associazioni o dei comitati di cui facciamo parte – la responsabilità di fare questa proposta. L’unica adeguata a questo momento cruciale.
Perché una sinistra di popolo non può che rinascere dal popolo.
Invitiamo a riunirsi a Roma il prossimo 18 giugno tutti coloro che si riconoscono in questi valori, e vogliono avviare insieme questo processo.

Adesioni:



Sinistra - Acerbo (PRC): "D'accordo con Anna e Tomaso. Costruiamo dal basso la lista della sinistra popolare che ha votato NO"

Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea, dichiara:

"Condivido l'appello di Anna Falcone e Tomaso Montanari per costruire dal basso una lista unitaria della sinistra, una lista del popolo del NO che il 4 dicembre ha sconfitto Renzi nel referendum. Come sottolineano
Anna e Tomaso una lista della sinistra che si riconosce nella Costituzione e si batte contro le disuguaglianze crescenti non può che darsi un programma di netta rottura con le politiche neoliberiste di destra portate avanti dal Pd.
L'appello prende atto del fatto che ormai destra e Partito Democratico sono indistinguibili e che c'è da costruire uno spazio politico nuovo riunendo partiti, movimenti, liste unitarie, esperienze territoriali. Chi come noi da anni propone di aggregare un polo della sinistra autonomo e alternativo rispetto al PD non può che dare il benvenuto a questo appello e condividere l'invito a ritrovarci il 18 giugno a Roma per una grande assemblea che dia inizio al percorso".


Grazie a Maurizio Acerbo e al PRC. Anche il PCI risponde all'appello a firma del segretario, Mauro Alboresi;

Il Partito Comunista Italiano risponde si all'appello lanciato da Tommaso Montanari ed Anna
Falcone e sarà presente all'iniziativa nazionale promossa per Domenica 18 Giugno.

Non può non essere condivisa l'esigenza di mettere in campo una proposta politica radicale, alternativa alle politiche imperanti, una diversa agenda per l'Italia, capace di arrestarne il declino, di rispondere al precipitare della condizione materiale dei più.

L'affermazione del no al voto referendario del 4 Dicembre scorso ha aperto una nuova fase, che va sostanziata innanzitutto assumendo la centralità dell'applicazione del dettato costituzionale.

Tutte le forze politiche, sociali, associative che si sono riconosciute nel no e che condividono tale esigenza debbono proporsi l'obbiettivo della massima unità.

E' la gravità della situazione con la quale si è chiamati a fare i conti che detta l'agenda.

Non serve un nuovo demiurgo, una logica politica che è per tanta parte alla base del processo involutivo in corso, anche e soprattutto sul terreno del rapporto tra rappresentanza e rappresentatività, serve fare leva sul noi, non sull'io, sul coinvolgimento delle tante e tanti che non intendono rassegnarsi alla situazione data, presentata come immutabile.

Tutto ciò parla anche e soprattutto alla sinistra, che deve e può ritrovare le ragioni profonde del suo essere, della propria unità, fuori dalla logica del “pensiero unico” che l'ha largamente permeata e che è per tanta parte alla base della sua crisi politica e culturale.

Noi ci siamo.

 aderiscono anche sinistra italiana, possibile  e lista tsipras di seguito i link ai rispettivi comunicati:


Intervento di Anna Falcone presso il comitato 4 dicembre (allora comitato provinciale democrazia costituzionale) di Frosinone.

video di Otello Martini.


lunedì 5 giugno 2017

Gli insegnamenti della vicenda “voucher”

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


La cosiddetta “truffa” consumata sui voucher, insegna agli operai e a tutti i lavoratori, che non è più tempo di lasciarsi cullare dalle illusioni riformiste.
Governo e rappresentanze parlamentari borghesi sono coerenti quando approvano provvedimenti che difendono il profitto capitalistico o difendono i privilegi delle classi proprietarie. Governo e rappresentanze parlamentari borghesi, in testa il PD, sanno benissimo che le gravi difficoltà in cui si dibatte il capitalismo italiano non possono vedere altra via d’uscita che la riduzione alla fame e lo sfruttamento più crudele della massa lavoratrice.
Invece i capi della CGIL hanno immobilizzato le grandi masse con l’illusione che il governo della classe capitalista potesse mettere a rischio i profitti e i mezzi per ottenerli. Far credere alle masse degli operai, dei disoccupati, dei precari, che essi possono guardare con fiducia nell’operato dei governi borghesi, ha il significato di volerli mantenere nell’inganno e nella passività.
Questa fiducia è una causa dei mali della classe operaia, che si deve togliere di mezzo al più presto, perché possa risalire la china e giungere alla liberazione dalla schiavitù salariale.
I lavoratori salariati non devono attendersi nessun aiuto dall’intervento dello Stato e dei partiti borghesi. La classe operaia, gli sfruttati, nulla hanno da sperare da questo o da quell’altro ministro borghese, da questo o quel politicante borghese o piccolo borghese. Essi non possono fare affidamento che in sé stessi.
Ogni decreto, ogni legge non sono che pezzi di carta per tutti i capitalisti, la cui volontà può trovare un limite solo nella forza degli stessi lavoratori e non mai nelle corti costituzionali o nei supremi tribunali dello Stato borghese.
Chi dalla tribuna parlamentare o in un comizio di piazza si vale della sua autorità, del suo prestigio, per far credere alle masse che la soluzione della crisi generale del capitalismo possa essere trovata al di fuori del rovesciamento di questo sistema e dell’edificazione del socialismo, si merita il titolo di traditore.
La disfatta politico-sindacale dei capi CGIL - sia sull’art. 18, sia sui voucher - che ora si vuole mascherare con il prossimo comizio romano e lo spalleggiamento – che confina con la complicità – di quegli esponenti politici che si preparano alle elezioni politiche e cercano un pubblico, sono due facce della stessa medaglia: la crisi profonda dell’opportunismo e del riformismo.
Stiano in guardia i lavoratori da qualunque intervento dello Stato nelle loro lotte contro la classe dei capitalisti. La verità che deve guidarli è che dalla classe capitalista otterranno sempre tanto quanto sarà grande la loro forza concentrata nella lotta di classe, è che ogni conquista politica o socialedev’essere accettata solo come acconto. 
I capi della CGIL – accompagnati dai “nuovi” socialdemocratici che spacciano per socialismo l’intervento pubblico dello Stato borghese – vogliono ribadire l’illusione che il ritorno dei voucher dipenda dal voltafaccia di uomini di governo e da contingenze politiche, mentre la questione sostanziale è nel regime capitalistico dello sfruttamento del lavoro umano.
Oggi che il numero dei disoccupati va crescendo continuamente e che la classe dei capitalisti non ha scrupolo alcuno nel gettare sul lastrico a migliaia i lavoratori e le loro famiglie, un’altra parola d’ordine deve correre tra le fila della classe operaia e delle masse lavoratrici sue alleate, la quale non possa lasciare dubbio alcuno nell’animo dei lavoratori.
Non si è monotoni se si ripete che tutti i problemi inerenti alla vita delle masse lavoratrici del nostro paese devono trovare espressione politica e organizzativa in un movimento di fronte unico proletario e sulla sua base di ampio fronte popolare, per l’abbattimento del barbaro ordine capitalista, per il nuovo Potere di democrazia popolare.

domenica 4 giugno 2017

Il comitato democrazia costituzionale presenta una legge d'iniziativa popolare sulla partecipazione dei cittadini

Luciano Granieri




Il comitato democrazia costituzionale ha  redatto  una proposta di legge di iniziativa popolare  finalizzata a rendere  maggiormente effettivo l’esercizio della sovranità popolare, così come sancito dall’articolo 1 della Costituzione. Per esercitare questo diritto è necessario modificare profondamente le  norme sulla partecipazione dei cittadini  alle deliberazioni amministrative, sia  locali che nazionali. 

Il ricorso allo strumento dei referendum, ad esempio, così come oggi regolamentato, è   difficoltoso ed economicamente gravoso.  Complicate sono le modalità di raccolta firme per promuovere sia  consultazioni referendarie che le leggi di iniziativa popolare. 

La  proposta di legge d’iniziativa popolare in questione come si legge nel comunicato diffuso da Alfiero Grandi e Domenico Gallo, del comitato democrazia costituzionale,  affronta diversi argomenti. Non solo innovazioni profonde per facilitare e rendere meno costose la raccolta delle firme ma anche un'iniziativa per rendere il voto degli italiani all'estero effettivamente personale e segreto, mentre oggi questo come abbiamo constatato direttamente non è affatto garantito. Ci sono anche altri argomenti come la possibilità di ricorrere più facilmente allo strumento referendario a livello locale. La lettura della RELAZIONE ILLUSTRATIVA e del testo renderà più chiaro il significato, secondo noi importante di questa proposta”.  Alcuni punti della legge d’iniziativa popolare, relativi alle modalità di raccolta delle firme e al  voto degli  italiani all’estero,  erano inseriti nel Ddl elettorale  in discussione alla Camera.   Della raccolta delle firme – si legge nel comunicato di Grandi e Gallo- si occupava il Ddl elettorale presentato alla Camera dall'on. Mazziotti, poi accantonato con la bocciatura organizzata dal Pd, mentre del voto degli italiani all'estero si occupa un emendamento presentato da Forza Italia. Questo per confermare che alcuni capitoli del Ddl possono influire sulla discussione sulla legge elettorale.

Per questo- prosegue il comunicato-  abbiamo ritenuto di procedere in questa fase al deposito del titolo della proposta di legge di iniziativa popolare e di procedere rapidamente alla stesura del Ddl, cosa effettivamente avvenuta nel corso della stessa giornata.
Tuttavia poiché abbiamo ritenuto necessario procedere per gradi, per ora le firme che compaiono in calce alla presentazione in Cassazione sono a titolo personale e solo dopo l'approvazione dei direttivi e dell'assemblea nazionale del 24 giugno procederemo, se ci sarà il necessario accordo, a usare le sigle dei nostri Comitati.

I firmatari della proposta di legge  sono: Pietro Adami, Bianca Maria Sarasini, Alfiero Grandi, Alfonso Gianni, Antonio Pileggi, mentre pur essendo d'accordo non hanno potuto firmare fisicamente per varie ragioni Massimo Villone, Mauro Beschi, Mauro Volpi, Domenico Gallo.

Ci auguriamo che l'iniziativa abbia il necessario consenso e a questo segua un impegno per la raccolta delle firme a sostegno

Cogliamo l'occasione per aggiungere che riteniamo necessario sostenere una legge di iniziativa popolare promossa da un arco importante di associazioni, meglio nota come promossa da Emma Bonino e don Colmegna sull'immigrazione che propone esplicitamente di cancellare il reato di immigrazione clandestina (Bossi-Fini), e di introdurre elementi correttivi della rigidità della vigente disciplina” conclude il comunicato


Più democrazia, più sovranità al cittadino.



PROPOSTA DI LEGGE
DI INIZIATIVA POPOLARE



Più democrazia, più sovranità al cittadino.
Potenziamento delle forme di sovranità del cittadino. Referendum, partecipazione, misurazione della qualità dei servizi, trasparenza.



RELAZIONE

Onorevoli parlamentari! - L'esercizio della sovranità popolare è un principio sancito dal primo articolo della Costituzione il quale afferma solennemente che “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Una parte di tale sovranità si esercita anche attraverso gli strumenti di democrazia diretta. La loro promozione a livello comunale, provinciale, di città metropolitane e nazionale rappresenta la principale modalità di estensione della sovranità del cittadino a partire dall’ambito istituzionale a lui più prossimo. Affinché tali strumenti possano essere realmente efficaci, è necessario che siano vincolanti nell’esito, che il ricorso a forme di democrazia diretta non sia lasciato solo a organizzazioni che dispongono di fondi consistenti e reti di amministratori autenticatori e che si possano mettere a disposizione del cittadino tutte le informazioni necessarie per poter decidere. La semplificazione e la digitalizzazione delle procedure di sottoscrizione e vidimazione dei quesiti referendari, sia a livello locale sia sul piano nazionale, sono indispensabili per rendere effettivo il diritto del cittadino alla “seconda scheda” e a partecipare, decidere e controllare tra un passaggio elettorale e l’altro. La trasparenza e la conoscenza dei dati e delle informazioni dell’attività delle pubbliche amministrazioni, comprese le misurazioni della qualità dei servizi erogati, rappresentano un prerequisito per l’esercizio della democrazia, sia essa diretta che rappresentativa.

Le città acquisiscono sempre più un ruolo decisivo nel governare le grandi sfide del nostro tempo, i servizi pubblici essenziali, le migrazioni, la qualità dell’aria e dell’ambiente, il cambiamento climatico, la povertà, il welfare locale, lo sviluppo economico-finanziario, la mobilità e altre ancora. Un nuovo federalismo municipale con un maggiore coinvolgimento del cittadino nell’esercizio della sovranità può offrire un riferimento politico con cui potenziare la democrazia e la fiducia nelle istituzioni repubblicane. Nuovi ed effettivi strumenti di iniziativa popolare, di proposta, di correzione delle politiche pubbliche, di valutazione e conoscenza dell’attività delle amministrazioni pubbliche accrescono la sovranità del cittadino assicurandogli mezzi per perseguire e raggiungere i fini.

I partiti e le oligarchie di potere hanno spesso vissuto l’uso degli strumenti di democrazia diretta come un elemento di rottura del loro ruolo di unica intermediazione politica tra l’elettorato da conquistare e le istituzioni. Per questo motivo si è prodotto negli anni un insieme di ostacoli al concreto funzionamento degli istituti di democrazia diretta e la normativa si è dimostrata lacunosa. Spesso gli istituti di democrazia diretta si sono rivelati inefficaci sul piano giuridico oppure, a livello locale, del tutto assenti.

La misurazione della qualità dei servizi ha l’obiettivo di migliorarla sia attraverso l’apprendimento da eventuali lacune e disservizi emersi dalle rilevazioni che dai conseguenti interventi risolutivi, accrescendo così il benessere e la qualità della vita dei cittadini, l'attrattività delle città e lo sviluppo del Paese. La qualità dei servizi percepita dai cittadini - customer satisfaction- e quella effettiva, misurata scientificamente grazie a precisi indicatori, va adeguatamente comunicata così da garantire al cittadino, a fronte del dovere di pagare tributi e tariffe, il diritto a una adeguata qualità dei servizi, diritto che l'ordinamento italiano configura prevedendo l'applicazione di standard di qualità e di indennizzi nel caso di mancato rispetto di questi. Il diritto alla conoscenza delle informazioni sulla qualità dei servizi è dunque una pre-condizione per esercitare il diritto suddetto. La conoscenza dei risultati delle misurazioni e dei monitoraggi permette inoltre di valutare efficienza, efficacia, impatto e sostenibilità dell’azione dell’Amministrazione e delle società partecipate.




ILLUSTRAZIONE


La presente proposta di legge è costituita da quattro articoli.

L’articolo 1 prevede l’obbligo per gli enti locali di inserire nel proprio statuto referendum propositivi, abrogativi e confermativi, così come la possibilità di confermare o meno un nuovo statuto o modifiche di parti di questo mediante il ricorso al referendum confermativo. Le consultazioni referendarie non sono sottoposte ad alcun quorum. L’articolo prevede l’introduzione di forme di democrazia deliberativa e l’obbligo di attivare procedure, anche telematiche, per la presentazione, ammissione e sottoscrizione di istanze, petizioni, proposte di iniziative popolari e referendum, con il limite di un mese dalla presentazione per il loro esame da parte dell’amministrazione. Un comitato di garanti dovrà esaminare i quesiti referendari. L’articolo prevede inoltre l’intervento del Prefetto qualora suddetto comitato non fosse nominato dal comune entro i termini stabiliti. È poi introdotto l’obbligo di invio, a tutti i cittadini, delle informazioni utili alla partecipazione a iniziative referendarie. Viene sancito l’obbligo per i Comitati promotori di pubblicare i propri bilanci, prevedendo al contempo agevolazioni fiscali per le donazioni a essi destinate. L’articolo 1 prevede per l’ente locale l’obbligo di pubblicare i dati economico-finanziari delle Società partecipate con cadenza trimestrale, raffrontati con budget ed esercizio precedente. La cadenza trimestrale consente di rilevare tempestivamente variazioni significative rispetto a quanto programmato (budget) nell’ottica di garantire la funzione di controllo del cittadino non solo a consuntivo ma anche nel corso dell’esercizio societario. Nell’articolo si afferma il diritto di voto locale referendario per tutti i cittadini dell’Unione Europea residenti e per gli extra-comunitari residenti da almeno 3 anni. Viene eliminato il divieto di coincidenza dei voti referendari con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. Il Testo Unico degli Enti Locali prevede già “l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti”, qualità percepita/soggettiva, la presente proposta di legge estende l’obbligo anche alla misurazione della qualità effettiva/oggettiva dei servizi erogati. L’articolo esplicita la possibilità di agire con iniziativa referendaria anche su tariffe e tributi di scopo locali garantendo le necessarie coperture, e sulle società partecipate.

L’articolo 2 prevede che, a tutti i livelli istituzionali, nazionale, regionale, locale, dell’Unione Europea, le sottoscrizioni alle liste elettorali e quelle per richiedere un referendum - eccetto l’ambito della UE - o per una iniziativa legislativa popolare, possano essere raccolte in modalità digitale. Prevede, al fine di rimuovere le discriminazioni oggi esistenti, la sostituzione del meccanismo dell’autenticazione di firme da parte di un pubblico ufficiale con quello della attestazione della loro regolarità da parte di cittadini che abbiano i requisiti per la elezione a consigliere comunale, indicati dai comitati promotori. È vietata l’imposizione di tributi al comitato promotore. Si abolisce l’obbligo della vidima dei moduli e di presentare i certificati elettorali dei firmatari. Prevede agevolazioni fiscali per le donazioni ai Comitati promotori. Prevede un preventivo giudizio di ammissibilità del quesito referendario da parte della Corte costituzionale al raggiungimento di 50 mila firme. L’articolo 2 introduce inoltre l’ammissione dei rappresentanti dei Comitati promotori alle operazioni di conteggio e verifica delle firme presso la Corte di cassazione. Prevede l’invio in forma cartacea o elettronica da parte del Ministero dell’Interno di un libretto informativo contenente l’oggetto del referendum, nonché gli argomenti del Comitato promotore e dei soggetti che si oppongono. Introduce l’obbligo di accorpamento della data del voto referendario con quella di eventuali scadenze elettorali. Si stabilisce che tutte le regioni debbano consentire lo svolgimento di referendum, e delle altre forme di esercizio della sovranità popolare, nel rispetto dei principi contenuti nella presente legge. La normativa relativa alla fase della sottoscrizione delle liste elettorali di candidati, a ogni livello istituzionale, viene modificata prevedendo due fasi distinte. La prima, relativa al deposito delle sole liste prima dell’inizio della fase di sottoscrizione, la seconda, relativa alla presentazione delle liste stesse corredate delle firme. Si evita così che i cittadini sottoscrivano liste “in bianco” e che i nomi dei candidati vengano individuati all’ultimo minuto. Anche per la sottoscrizione delle liste elettorali di candidati è previsto il diritto all’uso di tecnologie dell'informazione e della comunicazione digitale e telematica. In merito al voto degli italiani all’estero, la proposta riduce gli spazi del voto per corrispondenza e i conseguenti problemi verificatisi con un voto che non sempre è stato “personale, libero e segreto”.

L’articolo 3 prevede l’obbligo di pubblicare lo stato di consistenza del patrimonio immobiliare in modalità georeferenziata e un portale denominato "Qualità dei servizi” suddiviso per singoli servizi erogati comprendente misurazioni di qualità, monitoraggi economico-finanziari e informazioni sugli interventi previsti e attuati. Il portale deve presentare informazioni e misurazioni della qualità effettiva e percepita di tutti i servizi erogati da un'amministrazione e dalle eventuali società controllate, utili anche a rilevarne l’andamento nel tempo. Le informazioni dovranno essere comunicate con forme adeguate, anche semplificate e sintetiche, dando conto ai cittadini degli obiettivi, dell’attività e dei risultati dell’amministrazione.
L’articolo 4 prevede lo “Spazio della partecipazione”, ossia un ambiente telematico multicanale delle pubbliche amministrazioni dedicato alle istanze di accesso civico e alla raccolta e sottoscrizione di petizioni, proposte di iniziativa popolare e referendum. E’ previsto inoltre che i siti delle pubbliche amministrazioni debbano garantire una facile consultazione delle proprie piattaforme telematiche e assicurare l’accesso ai dati a coloro che necessitino di tecnologie informatiche assistive. L’articolo prevede infine che i siti delle pubbliche amministrazioni debbano pubblicare il bilancio in forma chiara e aggregata e schede descrittive dell’attività dell’organo esecutivo degli enti pubblici. Le pubbliche amministrazioni devono altresì adottare l’Agenda pubblica degli incontri dei pubblici decisori e garantire semplificazione e potenziamento dei sistemi di ricerca e di archivio.

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