sabato 7 ottobre 2017

Un altro autunno di occasioni perdute?

Intervista a Fabiana Stefanoni
sulla situazione sindacale e sullo sciopero generale

Redazione web Partito di Alternativa Comunista



La situazione sociale in Italia non accenna a migliorare: eppure Cgil, Cisl e Uil non rilanciano azioni di lotta e, anzi, appoggiano il governo persino nei suoi tentativi di ridimensionare ulteriormente il diritto di sciopero nei trasporti. Al contempo, il sindacalismo conflittuale e “di base” ha, anche quest’anno, deciso di organizzare due date separate di sciopero generale. Alcuni sindacati sciopereranno il 27 ottobre (Cub, Si.Cobas, Slai Cobas, Usi-Ait) mentre altri il 10 novembre (Usb, Confederazione Cobas, Unicobas). Ne parliamo con Fabiana Stefanoni, responsabile sindacale di Alternativa Comunista.
Anche questo autunno il sindacalismo di base si presenterà diviso in occasione dello sciopero generale. Un film già visto che si ripete, non credi?
Purtroppo sì. Esattamente un anno fa, all’indomani del tragico omicidio di Abdel Salam durante un picchetto di sciopero, avevamo criticato la decisione dei dirigenti dei sindacati conflittuali di dividere il fronte di classe proclamando due date di sciopero generale separate e contrapposte, una il 21 ottobre e una il 4 novembre: quest’anno il film sembra ripetersi più o meno identico. Eppure nulla è più urgente della costruzione di un grande sciopero unitario e di massa al fine di respingere al mittente gli attacchi del governo e dei padroni: il governo prepara l’ennesima finanziaria lacrime e sangue e, soprattutto, minaccia di ridimensionare ulteriormente il diritto di sciopero, già fortemente limitato nei cosiddetti “servizi essenziali”, dalla scuola alla sanità ai trasporti.
Secondo te perché i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil non vogliono proclamare uno sciopero generale? 
I dirigenti di Cgil, Cisl e Uil hanno i loro “buoni motivi” burocratici per non proclamare uno sciopero generale, in particolare dopo la firma dell’Accordo della Vergogna (1) e l’intesa del 2016 con Confindustria sulla cogestione delle crisi aziendali. La burocrazia di questi grandi apparati sindacali mira solo a garantirsi una buona convivenza col governo e coi padroni, rinunciando ormai persino a mimare il conflitto sociale… e per fortuna in qualche caso i lavoratori cominciano a capirlo, come dimostra ad esempio lo straordinario risultato del referendum in Alitalia (2).
Eppure la situazione sociale economica in Italia, al di là della propaganda governativa che si inventa grandi miglioramenti, resta disastrosa: il tasso di disoccupazione è tra i più alti d’Europa (superiore all’11%, oltre il 35% quella giovanile!), i salari e gli stipendi non servono nemmeno a sopravvivere, i lavoratori sono indebitati fino all’osso e la privatizzazione dei servizi pubblici aumenta drasticamente le loro spese. Contemporaneamente, mentre la sanità e l’istruzione sono devastate dai tagli, il governo regala decine di miliardi alle banche e, sotto forma di incentivi e ammortizzatori, alla grande industria. Per i capitalisti, così come per i politici corrotti che li rappresentano, saltano sempre fuori carote d’oro, mentre ai proletari vengono riservate solo bastonate.
Le statistiche parlano, infatti, di un calo di fiducia nei sindacati. Cosa pensi delle affermazioni di Di Maio del M5S?
Di Maio, come tutto il M5S, dopo essersi presentato come forza “antisistema” di opposizione, si appresta a governare per conto della borghesia, come già stanno facendo nelle giunte che controllano, a partire da Roma. Approfitta della giusta e comprensibilissima sfiducia dei lavoratori nei confronti di apparati burocratici chiusi nella difesa dei loro interessi di bottega per attaccare indistintamente i diritti sindacali. Non solo: mentre critica i sindacati, annuncia una “manovra shock” per favorire le imprese, cioè “l’abbassamento del costo del lavoro”. E’ quello che hanno fatto tutti i governi fino ad oggi, da Prodi a Berlusconi, da Monti a Renzi a Gentiloni: abbassare il costo del lavoro significa colpire i salari degli operai. Del resto, non è l’unico aspetto con cui il M5S si presenta in continuità con gli altri partiti borghesi: razzismo, maschilismo, corruzione (come dimostrano le vicende in cui è coinvolta la sindaca Raggi). Ultimamente il M5S ha calato completamente la maschera: auspichiamo che gli attivisti sindacali e gli operai che hanno riposto fiducia in questo movimento-partito ne comprendano finalmente la natura borghese e reazionaria.
Ma torniamo al tema dello sciopero generale. Se è chiaro, come dici, che le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil non hanno interesse ad alzare il livello dello scontro di classe, come spieghi invece la decisione del sindacalismo “di base” di rinunciare all’occasione di proclamare uno sciopero generale unitario?
 Tanto è forte l’esigenza dei lavoratori e delle lavoratrici di organizzare a una forte risposta di lotta e di classe all’attacco del governo e dei padroni quanto sono deboli le argomentazioni portate dai dirigenti dei sindacati conflittuali per giustificare questa scelta masochistica. La direzione di Usb ha accampato scuse risibili (una riunione internazionale alcuni giorni dopo…) per non convergere sulla data del 27 ottobre, al contempo i dirigenti dei sindacati che hanno proclamato lo sciopero il 27 ottobre hanno fatto di tutto evitare una data comune con Usb. Tra gli argomenti usati da qualcuno c’è un ragionamento solo apparentemente corretto: affermano che, firmando il famigerato accordo della vergogna, i dirigenti di Usb e della Confederazione Cobas hanno tradito la lotta. E’ innegabile: la firma di quell’accordo è stata un fatto gravissimo, che ha indebolito la capacità di resistenza di tutta la classe lavoratrice. Ma ritenere che questo possa giustificare l’idea di scioperi separati e contrapposti è un’assurdità.
Come si deve costruire, a tuo avviso, uno sciopero generale?
 Possiamo prendere ad esempio quello che fanno i sindacati di base di altri Paesi. Vediamo quello che succede in questi giorni in Francia o in Catalogna ad esempio. Le lavoratrici e i lavoratori francesi stanno preparando in questi giorni la terza giornata di sciopero unitario contro il governo Macron e contro la riforma del lavoro (due giornate di sciopero sono già state organizzate a settembre). In Catalogna i sindacati di base e conflittuali hanno promosso, il 3 ottobre, una grande giornata di sciopero generale unitario contro la repressione del governo centrale e della guardia civile, a sostegno delle masse popolari catalane. L’appello a proclamare lo sciopero generale è stato lanciato a tutti i sindacati, per quanto complici o opportunisti siano giudicati i loro dirigenti. Ed è giusto che sia così: lo sciopero generale deve presentarsi, per sua stessa natura, come lo sciopero di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici contro il nemico di classe (sciopero generale, appunto). Solidaires (il più grande sindacato di base francese) ha scioperato con la Cgt francese (l’equivalente della nostra Cgil, per intenderci), ovviamente su piattaforme diverse, ma pur sempre lo stesso giorno: lo scopo era organizzare un’azione incisiva e di massa, per respingere la riforma del lavoro. In Catalogna, i grandi sindacati burocratici (Comisiones obreras e Ugt) si sono invece sfilati, per loro decisione e non per esclusione altrui, dallo sciopero generale (proclamato invece dai sindacati di base presenti in Catalogna, dalla Cgt ai Co.Bas): lo sciopero è riuscito lo stesso, con adesioni pari all’80% nelle principali fabbriche e centinaia di migliaia di lavoratori in piazza.
Quello che sembrano non capire i dirigenti sindacali di casa nostra (mi riferisco ora al sindacalismo “di base”) è che non si deve confondere la costruzione del proprio sindacato – che spesso, per essere coerente e di lotta, deve passare per rotture e profonde differenziazioni – con le azioni di sciopero e di lotta: nella costruzione di queste ultime bisogna sempre sforzarsi di cercare la massima unità d’azione. Occorre sempre dimostrare ai lavoratori degli altri sindacati di essere disposti a lottare al loro fianco contro i padroni e il governo, indipendentemente dalle sigle e dalle bandiere: è anzi questo il miglior modo per smascherare la politica opportunista dei loro dirigenti e sottrarli alla loro influenza. Questo è tanto più valido in relazione alla costruzione di uno “sciopero generale” degno di questo nome.
Hai descritto scenari, quello catalano e quello francese, che appaiono molto differenti da quello cui assistiamo qui in Italia…
In realtà in Italia assistiamo a uno scenario contradditorio. Da un lato i sindacati conflittuali stanno proclamando scioperi unitari e incisivi nelle fabbriche e nelle vertenze di categoria: dai trasporti (pensiamo al riuscito sciopero del 2 ottobre nel comparto aereo e aeroportuale) all’industria, dalle telecomunicazioni al telemarketing. Dall’altro lato, quando si tratta di unificare tutte queste vertenze in una grande azione unitaria di sciopero generale… si spezzettano le date. C’è una palese contraddizione, che a mio avviso si può spiegare solo con una grande distanza dei dirigenti delle confederazioni sindacali non solo dai lavoratori e alle lavoratrici nei luoghi di lavoro (che capiscono istintivamente la necessità di lottare e scioperare uniti per sconfiggere il nemico di classe), ma anche spesso dai loro stessi attivisti.
Al di là del fatto scontato che le dinamiche della lotta di classe sono imprevedibili, è evidente che i risultati nell’immediato sono molto negativi. Prima di tutto, si perde l’occasione di convogliare il malcontento sociale in una grande azione di sciopero generale: ne approfitteranno non solo il governo e i padroni, ma anche le varie organizzazioni populiste e fasciste (pensiamo solo alla recente gravissima aggressione di un picchetto di sciopero alla Sda di Carpiano). In secondo luogo, si rischia di svuotare di significato lo stesso concetto di “sciopero generale”: i lavoratori e gli stessi attivisti del sindacalismo conflittuale lo percepiranno come un momento distinto dallo scontro di classe in cui sono impegnati quotidianamente, quasi fosse un mero momento propagandistico del proprio sindacato, anziché – come dovrebbe essere - la più forte e incisiva azione di lotta nello scontro politico con governo e padronato.
Concludo dicendo che, da questa ennesima triste storia, possiamo forse trarre un insegnamento: è necessario e urgente costruire dal basso, col protagonismo diretto e decisionale dei lavoratori e degli attivisti sindacali che lottano, un ampio fronte unico delle lotte, che possa imporre ai dirigenti sindacali quell’azione incisiva e unitaria che serve urgentemente alla classe lavoratrice per vincere. E’ quello che, ad esempio, stiamo cercando di fare impegnandoci nel rafforzamento del Fronte di Lotta No Austerity.

(1) Si veda questa intervista: http://www.alternativacomunista.it/content/view/2219/78/
(2) Per i dettagli su questa lotta straordinaria rimandiamo a questo articolo di M. Bavassano: http://www.alternativacomunista.it/content/view/2449/1/

ALMENO METTIAMO UN CONFINE ALLA SOVRANITA DEI PARTITI

Mario Zorzetto

Nella legge elettorale elettori ed elettrici commissariati in tutto ? Eppure la Costituzione è dalla nostra parte





L'unico modo per formare correttamente la volontà generale è quello della partecipazione all'attività legislativa di tutti i cittadini, come accadeva nellapolis greca: l'idea che un popolo si dia rappresentanti che poi legiferano in suo nome è la negazione stessa della libertà.

La sovranità non può essere rappresentata per la medesima ragione per cui non può essere alienata; essa consiste essenzialmente nella volontà generale, e la volontà non si rappresenta: o è essa stessa o è diversa, non c' è una via di mezzo. I deputati del popolo non sono dunque, né possono essere, i suoi rappresentanti, ma soltanto i suoi commissari
Secondo J.-J. Rousseau,( Il contratto sociale III, 15 ) “….”

Quindi in attesa di realizzare una democrazia più partecipata… (qualcuno ci sta provando con un certo successo ma anche molti ostacoli e critiche  più o meno giustificate)…  cosa ne pensate, come elettori ed elettrici, almeno di porre un confine tra sovranità popolare e sovranità rappresentata dai partiti nella legge elettorale? FI,PD a maggioranza renziana, Lega, Ap, Verdiniani vogliono praticamente autonominarsi nei seggi di Camera e Senato.…. almeno nella legge elettorale che è la più importante dello Stato dopo la Costituzione, vogliamo definire un confine ragionevole secondo Costituzione? Perché i partiti  che rappresentano meglio le oligarchie e sono espressione di oligarchie sociali e di classi economiche abbienti  favoriscono i collegi uninominali e le liste bloccate?  

I Partiti per piazzare i loro candidati non devono andare oltre il confine di una sovranità popolare in cui l’elettore deve avere la libertà di scegliere lista e candidato tra più candidati e il responsabile/amministratore della lista deve avere la sovranità di indicare agli elettori quali candidati (lista) e quali preferisce (due capilista di genere differente). Passa la differenza che c’è tra il significato di indicare e quello di imporre. Ecco i commissari di Rousseau. Vogliamo lottare in tutti i modi e farlo capire ai nostri parlamentari nei loro terminali di Camera e Senato?.....vogliamo chiedere di scegliere i nostri parlamentari  in un  sistema bicamerale proporzionale omogeneo senza premio e collegi plurinominali con liste non bloccate almeno per tendere ad esso?.  

Una politica dell’autarchia elettorale, incostituzionale per sentenza della nostra Corte, ha prodotto gran parte della politica elettorale “pattume” dell’ultimo ventennio, Camere disomogenee, illegittime  e piene di voltagabbana (oltre 560 cambi di casacca nell’ultima legislatura) che hanno fatto passare leggi che altrimenti non sarebbero passate e ci hanno portato al referendum costituzionale e ai ricorsi ….non dobbiamo neanche farlo per una questione di colore politico    ma per rispetto della nostra dignità(libertà di scelta)  di elettori ed  elettrici, non c’è sovranità elettorale senza sostanziale libera scelta dei candidati. Questo criterio di confine delle sovranità, equilibrato e  nella 1° repubblica abbastanza scontato, ….oggi non lo è più… dobbiamo lottare con una campagna del No…”Non votate quei partiti che  calpestano il confine della nostra dignità elettorale”


ROUSSEAU, LA CRITICA DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
L'unico modo per formare correttamente la volontà generale è quello della partecipazione all'attività legislativa di tutti i cittadini, come accadeva nellapolis greca: l'idea che un popolo si dia rappresentanti che poi legiferano in suo nome è la negazione stessa della libertà.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XV, pagg. 908-909)
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venerdì 6 ottobre 2017

PREMIO NOBEL ALL’ICAN, ACERBO (PRC-SINISTRA EUROPEA): «SMACCO PER GOVERNO ITALIANO»

Maurizio Acerbo Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista -Sinistra Europea-




«Salutiamo con grande gioia il conferimento del Premio Nobel all’ICAN, - dichiara Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea - , rete che ha promosso e coordinato la mobilitazione disarmista internazionale, consentendo l’adozione da parte della Conferenza ONU, lo scorso 7 luglio, del Trattato di proibizione delle armi nucleari-TPAN. Le potenze nucleari e tra loro i paesi aderenti alla NATO non hanno voluto finora aderire al trattato. Il plauso all’ICAN da parte di esponenti di governo italiani e europei è una vera e propria ipocrisia se non si traduce in fatti concreti. 
Nonostante il ripudio della guerra sancito dalla nostra Costituzione, infatti, il governo italiano non è tra i 122 che si sono espressi a favore dell’adozione del trattato in sede ONU e nemmeno successivamente ha deciso di ratificarlo per fedeltà alla linea della NATO e degli USA. Appena due settimane fa centrodestra e centrosinistra hanno votato contro le mozioni parlamentari che chiedevano di rimuovere dalle basi di Ghedi e di Aviano le bombe nucleari B-61, che saranno utilizzate sui nuovi e costosissimi cacciabombardieri F-35.  

La speranza dei popoli del pianeta è che questo Nobel serva a riportare al centro dell’agenda politica internazionale  la questione del disarmo nucleare. Questo premio incoraggia l’impegno in tutto il mondo per il bando delle armi atomiche e suona come una evidente presa di distanza dalla politica bellicista del presidente Trump. Il governo italiano esca dalla colpevole ignavia e si schieri con nettezza per il disarmo nucleare. Come invocava il presidente Sandro Pertini: “svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai”».

Di seguito segnaliamo il link ad un articolo relativo ad   un appello al governo, promosso da  molti movimenti disarmisti, affinchè  aderisse, ial Trattato di proibizione delle Armi Nucleari -TPAN adottato dalla Conferenza ONU lo scorso 7 luglio. Come si vede l'appello è stato ignorato. ndr

martedì 3 ottobre 2017

Appello finale Assemblea CDC del 2 ottobre 2017



1.      La partita che si sta giocando sulla legge elettorale è una partita sulla Costituzione perché il modello di democrazia consegnatoci dai Costituenti e convalidato dal referendum del 4 dicembre 2016, è fondato sulla centralità di un Parlamento rappresentativo attraverso il quale trova espressione il principio supremo che la sovranità appartiene al popolo, per cui “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.). Un Parlamento che fosse nuovamente eletto con un sistema elettorale incostituzionale e con parlamentari nominati dall’alto non offrirebbe alcuna resistenza ai ricorrenti tentativi di stravolgimento della Costituzione.
2.      Malgrado due pronunce della Corte Costituzionale, che hanno pesantemente censurato il porcellum e l’italicum facendo sorgere la necessità che il Parlamento intervenga per far sì che sia restaurato un sistema elettorale omogeneo per le due Camere e coerente con la Costituzione, il disegno di riforma elettorale attualmente in discussione ripropone il carattere oligarchico e manipolativo della volontà popolare che viziava i precedenti sistemi.
3.      Ancora una volta una ristretta oligarchia, composta dal capo o dai capi dei principali partiti, potrà determinare la composizione delle Assemblee parlamentari, assegnando il seggio ai propri fedelissimi ed espropriando gli elettori della possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Inoltre si potranno tenere fuori dal Parlamento le minoranze sgradite ostacolando la nascita di nuove formazioni politiche.  Con il nuovo sistema quasi due terzi dei seggi verranno attribuiti sulla base di liste bloccate, mentre per la quota eletta con il maggioritario, la minima possibilità di scelta insita nel collegio uninominale verrà annullata mediante il meccanismo del voto unico al candidato di collegio e alle liste collegate. La volontà degli elettori, inoltre, viene ulteriormente manipolata attraverso una formula che favorisce coalizioni di facciata destinate a sciogliersi dopo il voto, a scapito delle formazioni non coalizzate e della pari dignità dei cittadini elettori.
4.      Chiediamo che siano ricostruite le condizioni di legittimità democratica del Parlamento: che il prossimo Parlamento non sia eletto un’altra volta con una legge elettorale incostituzionale, che sia consentito a tutti i cittadini elettori di scegliersi liberamente i propri rappresentanti, che sia eliminato ogni meccanismo che manipoli la volontà degli elettori (come il voto unico) o che possa alterare la volontà espressa dal voto popolare. Ribadiamo con forza le richieste formulate nella Petizione popolare presentata alle Camere su iniziativa del CDC: abolizione del premio di maggioranza, dei capilista o dei listini bloccati, delle pluricandidature. Occorre quindi un sistema sostanzialmente proporzionale, che può essere compatibile sia con il voto di preferenza sia con i collegi uninominali.
5. Facciamo appello alle elettrici ed agli elettori a mobilitarsi perché siano garantite la scelta libera e diretta dei parlamentari da parte dei cittadini e la rappresentatività delle Camere.
6. Invitiamo a partecipare alla campagna i Comitati territoriali. Promuoviamo la tenuta di incontri pubblici nazionali e locali, nei quali chiedere alle forze politiche e ai loro rappresentanti nei territori di pronunciarsi contro il sistema elettorale in discussione e a favore di un sistema conforme alla Costituzione e pienamente democratico.

firma l'appello SU CHANGE.ORG

  

Personale resoconto dell'assemblea nazionale del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale

Luciano Granieri




Dalle note di stampa e d’informazione che danno conto dell’assemblea nazionale  del Comitato per la Democrazia Costituzionale tenutasi ieri a Roma presso l’auletta dei gruppi parlamentari della Camera, si sottolinea come i “professori” e  i “costituzionalisti” siano tornati a far sentire la loro voce per il ripristino della legalità costituzionale. Quella stessa legalità per la quale il popolo ha respinto sonoramente il tentativo sovversivo di manomissione della Costituzione, e la Corte Costituzionale ha rilevato principi di incostituzionalità sulle leggi elettorali del Porcellum  e dell’Italicum, quest'ultimo  franato innanzi alla Consulta ancora prima di  produrre i suoi effetti nefasti. 

A quell’assemblea ha partecipato anche il sottoscritto, pur non essendo né costituzionalista né  professore, ma un onesto cittadino che proprio non vuole rinunciare al sacrosanto  diritto costituzionalmente riconosciuto di “concorrere  con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.Prerogativa  che la deforma renziana e le due leggi elettorali in questione, non potevano riconoscere. 

La  platea dei relatori è stata  robusta per sapienza istituzionale,  consapevolezza del pericolo di derive autoritarie ancora ben presente. Ma soprattutto si trattava di quel gruppo di giuristi e costituzionalisti che hanno condotto la battaglia referendaria, sia nelle piazze che nei tribunali. Gustavo Zagrebelsky -che ha iniziato i lavori con un ricordo di Stefano Rodotà-  Alessandro Pace, Massimo Villone, Gaetano Azzariti, Felice Besostri, Roberta Calvano, Michele Prospero, Lorenza Carlassare, Domenico Gallo, cui si è aggiunto il prezioso contributo, del Presidente dell’Anpi  Carlo Smuraglia, hanno reso palese  una realtà incontrovertibile. Cioè che la vittoria contro la riforma costituzionale  è stato solo l’inizio di una mobilitazione generale contro i tentativi di espropriare i cittadini del loro diritto di partecipare alle dinamiche decisionali. 

Come è evidente  si tratta delle stesse persone capaci di portare la battaglia referendaria, fuori dalle dispute personalistiche e di bottega,  sostanziandola con il merito, smascherando il guazzabuglio prodotto dai maldestri neo costituzionalisti Renzi e Boschi.  I temi toccati sono stati molteplici e il risultato dell’assemblea è riassunto  in un  APPELLO pubblicato in altra parte del blog. Ma il filo rosso degli interventi si è snodato su due tematiche principali: Il contrasto all’ennesima legge elettorale incostituzionale prevista in votazione alla Camera il  10 ottobre prossimo (il cosiddetto Rosatellum 2.0), e il rapporto fra sistemi elettorali e la Costituzione. 

Il Rosatellum 2.0, se  approvato, rischia di essere la terza legge incostituzionale licenziata da un Parlamento, per altro eletto con una legge anch’essa incostituzionale. Pure  questa, come le precedenti (Porcellum Italicum),  contempla liste bloccate  rendendo impossibile ai cittadini eleggere il proprio rappresentante. Il dispositivo prevede l’elezione di un terzo del  Parlamento  con sistema maggioritario in collegi uninominali e due terzi eletto con un  proporzionale riferito a collegi plurinominali con liste  decise dai partiti, elemento già rigettato dalla Consulta nei precedenti pronunciamenti sul Porcellum e sull’Italicum. Quindi anche questa legge a seguito di impugnazione rischia la bocciatura della Corte .

 Non è previsto il voto disgiunto per cui sulla scheda, che sarà unica, l’elettore  non potrà esprimere un voto diverso fra il candidato al collegio uninominale e una delle liste a lui collegate nel proporzionale.  C’è  la possibilità di candidarsi sia in un collegio uninominale che in una lista proporzionale.  E’ evidente come tale escamotage sia fatto apposta per garantire seggi sicuri ai nominati più servizievoli. 

Sono previste coalizioni, ma sono finte. Si tratta di raggruppamenti di partiti che si mettono insieme senza un programma comune e che ad elezioni avvenute possono sciogliersi liberamente. I voti espressi solo   per il candidato  uninominale senza l’indicazione del partito  di riferimento nel raggruppamento proporzionale, vengono ridistribuiti fra le forze della finta coalizione secondo un sistema che attribuisce il  numero maggiore, di quelle preferenze  orfane, al partito che ha ottenuto più voti. E’ chiaro l’intento di favorire  gli schieramenti più forti. 

E’ prevista una soglia di sbarramento al 3% della parte proporzionale se ci si presenta da soli e dell’8% se si tratta di una coalizione. Attenzione! I voti dei partiti che non raggiungono il 3% vengono comunque assegnati al movimento che nel raggruppamento ha ottenuto più voti. Assisteremo così al proliferare di microassembramenti la cui potenzialità di essere eletta sarà zero, ma che venderanno il loro 1-2%  in cambio di qualche incarico dirigenziale  in società partecipate od in organismi amministrativi di II livello. 

L’intento di questa legge è chiaro: ha lo  scopo di tagliare fuori il Movimento 5 Stelle e i raggruppamenti che si consolideranno alla sinistra del Pd. Ebbene un sistema  elettorale deve assicurare la definizione di un buon Parlamento rappresentativo del corpo elettorale  e non favorire o penalizzare  i diversi schieramenti.  Già solo per questo, andrebbe rigettata. 

E’ convinzione di molti che anche il Rosatellum 2.0 possa finire impallinato dal voto segreto  perché inviso  a diversi parlamentari componenti dei partiti che in linea teorica dovrebbero sostenerlo. Su questo aspetto, però, è di diverso avviso Felcie Besostri. L’avvocato, promotore dei ricorsi contro l’Italicum, sostiene che  diffondere una certa sicurezza sull’affossamento della legge è un pretesto per limitare,  se non annullare, la mobilitazione contro di essa, salvo poi approvarla a ridosso delle elezioni rendendo impossibili, per mancanza di tempo,  eventuali impugnazioni innanzi alla Consulta. 

Come sostenuto dalla Professoressa Carlassare alcuni giuristi sottolineano che nella Costituzione non sia indicato un preciso sistema elettorale, per cui non si vede come il  maggioritario o premi di maggioranza,   possano definirsi non coerenti con la Carta. Riassumo per punti  le ragioni in base alle quali questa posizione è stata bollata quanto meno come fallace. 1) Con premi di maggioranza non si realizza la eguaglianza del voto inscritta  nell’art.48. 2) Il cosiddetto voto utile cui si appellano gli esponenti dei partiti più grandi, che ricorre in particolar modo in presenza  di premi di maggioranza,  è in contrasto   anch’esso con l’art 48. Nel quale si stabilisce che il voto  deve essere libero non condizionato da distorsioni premiali. 3) Il candidato sottratto alla libera scelta dei cittadini ma imposto dai partiti  confligge con  l’art.49 dove si stabilisce che i partiti sono il tramite attraverso i cui i cittadini concorrono a determinare la politica nazionale. Cioè il partito deve essere un veicolo di partecipazione e non un organismo che impone i suoi diktat agli elettori chiamati solo a certificarne le decisioni. Insomma per dirla con Zagrebelsky il cittadino deve esercitare la sua prerogativa di poter governare, e non essere governato, ossia diventare oggetto GOVERNABILE. 

All’assemblea hanno partecipato ed assistito anche esponenti politici: Roberto Speranza e  Federico Fornaro Mdp, Nicola Fratoianni Sinistra Italiana, Maurizio Acerbo Rifondazione Comunista, Anna Falcone e Tomaso Montanari di Alleanza Popolare per la Democrazia e l’Eguaglianza. Da loro non è arrivato nulla di particolarmente utile al dibattito. Si sono limitati a parlottare, a confabulare,  ad accordarsi, chissà su quali reconditi motivi anche se tanto reconditi non sono. E’ vero la Falcone e Montanari all’epoca della battaglia referendaria erano a me  più vicini, ora hanno passato il Rubicone hanno altri interessi oltre a quello di difendere la legalità istituzionali. Una scelta legittima,  forse necessaria,  e degna di essere considerata, ma è  decisamente un’altra cosa che impone altre analisi da affrontare in altra sede.

lunedì 2 ottobre 2017

L’ONU intraprende un primo passo concreto affinché Israele sia ritenuto responsabile per le violazioni dei diritti umani dei palestines

Palestinian BDS National Committee


Zeid Ra’ad Al Hussein, Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, stringe la mano ai delegati prima dell’apertura della trentaseiesima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, nella sede europea delle Nazioni Unite. Grazie a: Laurent Gillieron/AP



27 settembre 2017 — Informazioni pubblicate oggi dai media hanno rivelato che l’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani due settimane fa ha iniziato a inviare lettere a 150 aziende in Israele e nel mondo, avvertendole che potrebbero essere aggiunte a una banca dati delle aziende complici che fanno affari nelle colonie illegali israeliane basate nella Cisgiordania palestinese occupata, compresa Gerusalemme Est.
Le lettere hanno ricordato a queste aziende che le loro attività nelle e con le colonie illegali israeliane sono in violazione di “diritto internazionale e contrarie alle risoluzioni dell’ONU”. Inoltre hanno chiesto che queste aziende rispondano con chiarimenti riguardo a tali attività.
Secondo funzionari israeliani di alto livello, alcune delle aziende hanno già risposto all’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani dicendo che non rinnoveranno i loro contratti o non ne firmeranno di nuovi in Israele. “Questo potrebbe trasformarsi in una valanga”, ha detto con preoccupazione un funzionario israeliano.
Delle 150 aziende, circa 30 sono ditte americane e un certo numero sono di nazioni che includono la Germania, la Corea del sud e la Norvegia. La metà restante sono aziende israeliane, compreso il gigante farmaceutico Teva, l’azienda telefonica nazionale Bezeq, l’azienda di autobus Egged, l’azienda idrica nazionale Mekorot, le due maggiori banche del paese Hapoalim e Leumi, la grande azienda militare e tecnologica Elbit Systems, Coca-Cola, Africa-Israel, IDB e Netafim.
Le aziende americane che hanno ricevuto le lettere includono Caterpillar, Priceline.com, TripAdvisor e Airbnb.
A quanto riferito, l’amministrazione Trump sta cercando di impedire la pubblicazione della lista.

Omar Barghouti, co-fondatore del movimento BDS, ha commentato:
Dopo decenni di deprivazione dei palestinesi e di occupazione militare e apartheid da parte di Israele, le Nazioni Unite hanno intrapreso un primo passo concreto e pratico per assicurare che Israele sia ritenuta responsabile per le sue continue violazioni dei diritti umani dei palestinesi. I palestinesi accolgono calorosamente questo passo.
Speriamo che il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU sia inflessibile e pubblichi la sua lista completa delle aziende che operano illegalmente nelle, o con, le colonie israeliane sulla terra palestinese rubata, e che elaborerà questa lista come richiesto dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU nel marzo 2016.
Può essere troppo ambizioso aspettarsi che questa misura coraggiosa dell’ONU concernente la responsabilità possa “fare scendere dal piedistallo” Israele, come il leader anti-apartheid sudafricano, arcivescovo Desmond Tutu ha richiesto una volta. Ma se attuata correttamente, questa banca dati dell’ONU sulle aziende che sono complici in alcune delle violazioni di diritti umani da parte di Israele può presagire l’inizio della fine dell’impunità criminale di Israele.

Il Comitato Nazionale BDS palestinese (BNC) è la più grande coalizione della società civile palestinese. Guida e sostiene il movimento globale di Boicottaggio, Divestimento e Sanzioni. Visitate il nostro sito Internet e seguiteci su Facebook e Twitter @BDSmovement.

Traduzione di BDS Italia