venerdì 17 novembre 2017

Colleferro 18 novembre: in piazza contro gli inceneritori e le menzogne.

Marina Navarra

Responsabile ambiente Federazione Provinciale di Frosinone Partito della Rifondazione Comunista .



La Federazione Provinciale di Frosinone del Partito della Rifondazione Comunista , Sinistra europea, aderirà alla manifestazione “Rifiutiamoli “ che si terrà sabato 18 novembre a Colleferro, a partire dalle ore 15,00, con concentramento in Corso Filippo Turati (altezza Murillo).

 E’ necessario  che  venga detta una parola definitiva  sulla chiusura degli inceneritori di Colleferro, così come rivendicato  anche dall’Assemblea Permanente Rifiutiamoli. Bisogna  smetterla con lo stillicidio di impegni menzogneri, assunti dalla Regione Lazio e dal  Comune di Roma, principali azionisti dei due impianti.

Dopo la prima straordinaria manifestazione, a cui aderì  anche la nostra Federazione,  che portò in  piazza a Colleferro, in un afoso pomeriggio di luglio, ben 6.000 persone,  i due enti gestori degli impianti annunciarono uno cambio di rotta sulla strategia dello smaltimento rifiuti.

L’assessore all’ambiente della Regione Lazio, Mauro Buschini, annunciò  la sostituzione degli inceneritori  con una nuova impiantistica mirata al riciclo e al recupero di materia .  Tutto ciò avrebbe dovuto comportare la redazione di un Piano Regionale dei Rifiuti non basato sull’incenerimento, quindi la ridefinizione del  piano industriale di Lazio Ambiente Spa.  Il destino dell’esangue, società di proprietà della Regione , infatti  è legato  alla vendita  dei propri asset  ai  privati e gli inceneritori rigenerati e funzionanti sono i gioielli di famiglia necessari a valorizzare maggiormente l’offerta.

Dal 3 agosto 2017, data in cui Buschini promise la svolta, nulla delle procedure che abbiamo indicato è stato realizzato. Inoltre le dichiarazioni rilasciate dall’amministratore delegato di Lazio Ambiente Spa  Gregorio Narda, non lasciano adito a dubbi. Il manager ha ribadito che dal  gennaio  2018 la società eserciterà la sola gestione degli  inceneritori, altro che riconversione!

Uguali menzogne arrivano dal Comune di Roma proprietario, attraverso AMA, del 40% di uno degli impianti di Colle Sughero.  L’assessore all’ambiente di Roma Capitale, Pinuccia Montanari, il 13 settembre scorso  illustrò il  piano per la riduzione e la gestione dei materiali  Post-consumo di  Roma capitale  2017-2021. Un progetto  che non prevede l’utilizzo di discariche ed inceneritori e quindi esclude  la riaccensione del camino  di Colleferro.  C’è un piccolo  (grande) problema contabile però.  La  quota azionaria del 40% che Ama detiene su uno degli inceneritori è parte  del proprio capitale, e la sua dismissione comporterebbe il pagamento di una fidejussione di 11milioni di euro alle banche.  Quindi l’attuazione del piano promesso dall’assessore Pinuccia Montanari , avrebbe qualche difficoltà ad essere      realizzato, pena il quasi fallimento di AMA.

Ciò detto è chiaro  come, alla volontà di procedere nel piano di revamping, si aggiungono una montagna di menzogne per tenere buoni  i cittadini della Valle del Sacco. La misura è colma, perciò  è fondamentale essere in  piazza sabato 18 novembre a  Colleferro, non solo per ribadire che la salute delle persone viene prima delle speculazioni finanziarie , ma anche perché siamo stanchi di essere presi in giro, da amministratori che ancora credono di poter impunemente  somministrare  al  popolo qualsiasi menzogna.

Rifiutiamo il degrado ambientale e  le bugie. Rifiutiamoli.

je so pazzo! ovvero Il re è nudo!

Umberto Baldocchi Coordinamento Democrazia Costituzionale


Difficile dire cosa riuscirà a decidere davvero l’assemblea convocata d’emergenza a Roma per sabato 18 novembre dai giovani dell’ OPG di Napoli,  Je so pazzo. Difficile dire se riuscirà ad autogestirsi in modo efficace ed innovativo, cioè in modo democratico.   Forse un miracolo è ancora possibile.   Ma, comunque vadano le cose,  credo che due cose almeno questa convocazione le metta in chiaro.  

Prima cosa. Questi giovani saranno certamente  “radicali”,  ma nulla hanno a che fare con la “sinistra che c’è” ( un tempo si sarebbe detto col “socialismo reale”, cioè col “socialismo che c’è”), ma non hanno neppure a che fare, fortunatamente, con la sinistra “che ancora non c’è”, ma vorrebbe far finta di esserci.    Lo deduco dalle loro parole,  ingenue e semplificanti, ma anche libere e chiare. Non direi che nelle loro parole non ci sia “testa” né consapevolezza. Né tanto meno che c’è soltanto da ridere. Direi che c’è invece la  medesima   “ingenuità” sconcertante e inesorabile che si trova spesso nelle domande e nelle intuizioni a bruciapelo  dei bambini.   Come quella del  bambino della nota favola,  che è l’unico a trovare il coraggio incosciente di gridare che “il re è nudo”.  Ho riascoltato il discorso semplice, ma lineare, della rappresentante dei giovani dell’ OPG occupato:  la denuncia dettagliata dei diritti sociali negati non è condotta in nome della lotta anticapitalistica o antimperialista, o della “rivoluzione sociale”, ma in nome della democrazia, senza attributi.  Quale è il problema centrale che essi denunciano?  Stupefacente, ma anche semplicissimo, anche se nessuno mi sembra lo abbia mai denunciato: il fatto è che  da anni manca una vera “rappresentanza democratica” dei cittadini, dato che da anni o forse decenni ( dal 2006 il Parlamento si è “autoblindato” grazie note leggi elettorali anticostituzionali) le forze politiche non si fanno più carico dei problemi concreti del Paese in generale, ed, in particolare, della massa  ormai debordante degli “esclusi sociali”.  Per questo, dicono i giovani,  bisogna restituire alla parola democrazia il suo senso esatto, cioè il potere al popolo. Bisogna cioè fare in modo che non i partiti già esistenti ma  i “comuni cittadini” utilizzino “ il diritto di associarsi liberamente” in nuovi raggruppamenti, partitici o no,  “per concorrere  con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Niente di più, ma anche niente di meno dell’art. 49. Perché i cittadini comuni non dovrebbero  presentare una lista elettorale che nulla  ha a che fare coi partiti esistenti e presenti in Parlamento? 

      Se si eccettua il movimento 5 stelle, da quanti anni i cittadini non entrano in Parlamento attraverso una nuova associazione o un nuovo partito? Da quanti anni gli oligarchi del parlamento sbarrano la strada a nuova partecipazione civile imponendo persino la scelta dei singoli deputati con le liste bloccate? I “nuovi partiti” che nascono anche in queste ore sono solo una nuova versione dei “vecchi partiti”, sono cioè partiti finti, sottoprodotto finale  di suddivisioni strategiche e riaccorpamenti spasmodici dei gruppi parlamentari che cambiano in continuazione etichetta, per non rispondere mai di ciò che hanno fatto. Sono partiti che  esistono in una realtà puramente virtuale e mediatica,  quella degli studi televisivi,  che accreditano l’idea  che vi sia anche troppa…democrazia.  Questi giovani ci ricordano allora  che la sovranità appartiene al popolo, non ai partiti, secondo l’articolo 1 e che essa può essere tale solo se è esercitata dai cittadini. Ce lo eravamo dimenticato.  Un grazie dunque è dovuto a chi ce lo ha  ricordato.
     
Se i giovani di Je so pazzo terranno fede a questo impegno, a quello di restituire la sovranità ai cittadini, saranno nei fatti il popolo della  Costituzione, comunque decidano di chiamarsi. E allora si salveranno i valori profondi e essenziali della “sinistra”, quelli che la “sinistra che c’è”- salvo lodevoli ma isolate eccezioni-  ha da tempo nei fatti messo da parte. Si potrà salvare la nobiltà della politica, che è l’equità vera, l’eguaglianza, il lavoro come fonte di dignità e non solo di reddito,  il rispetto rigoroso del merito, la partecipazione civile, la libertà di pensiero,  di parola e di coscienza, il coraggio della critica, lo sforzo di comprensione dell’altro, il dovere della solidarietà, spesso barattati con la retorica della solidarietà e la pratica del trasformismo. Forse l’errore più grosso del “Brancaccio” è stato proprio quello  di pensare che questi valori possano essere difesi soltanto insieme alla   “sinistra che c’è”.

Secondo punto.  Questi giovani si rivolgono non a coloro che “non ce l’hanno fatta”, a quelli che “sono rimasti indietro”, ma  alla massa degli esclusi, dall’operaio disoccupato cinquantenne al brillante laureato che lavora nel call center magari grazie al Jobs Act. A questi esclusi quale linguaggio riservano i partiti al potere ( di centro, di destra e di sinistra)? Mi riferisco qui all’altra testimonianza registrata. Il linguaggio del potere  è quello solito del “ricatto” del debito sovrano ( non pubblico, ma sovrano!) e delle privatizzazioni.  Prima vengono i debiti,  il rendimento dei bond sul mercato, poi- PIL e banche permettendo-  migliorando i conti, ci sarà forse spazio per recuperare gli “esclusi”, o  gli “scartati” per usare un termine più forte, quello che può permettersi Papa Francesco. E’ la voce di questi “esclusi” quella da riportare in Parlamento. Forse sarà un tuono più che una voce, se tutto questo riuscirà.   Quale sinistra “anticapitalista” ha mai usato questo linguaggio, ha mai denunciato apertamente il ricatto del debito pubblico? Quale sinistra ha mai fatto appello a tutti gli “esclusi”?
  Questi i motivi per cui varrà la pena votare una lista di democrazia costituzionale , che si chiami Popolo della Costituzione o in qualsiasi  altro modo, se riuscirà a superare gli ostacoli terribili che la nuova legge elettorale ha disseminato  dietro di sé per difendere le caste .   Ostacoli che non devono scoraggiare  ma che devono essere ben conosciuti.
Un incoraggiamento sincero allora a chi ha promosso l’iniziativa ed  a chi sarà sabato 18 a Roma.   Un unico suggerimento, quello che proporrei se fossi presente:  se volete sul serio ricostruire una democrazia vera, dovete fare quello che mai i partiti politici italiani hanno voluto fare sinora, applicare il metodo democratico a voi stessi, sempre e comunque, senza se e senza ma, come impone  l’art. 49 della Costituzione.  E’ questo l’unico modo per non tradire le buone intenzioni e per non diventare uguali in tutto e per tutto ai partiti che hanno umiliato la democrazia.   Tutto deve passare attraverso la discussione,la trasparenza,  il confronto delle idee, lo sforzo di comprensione della realtà, la valorizzazione delle competenze degli altri, a partire da quelle dei Comitati del NO che saranno presenti.  La vera politica è dialogo e confronto aperto.  Non vi preoccupate dei leader, anche se essi sono importanti. Preoccupatevi invece della democrazia interna. Perché i leader veri nasceranno di lì, non dal marketing elettorale o dai consigli elargiti  dai  “guru” americani.  La  “leadership” di Renzi   è un esempio perfetto delle cose da non fare.   Non dimenticate poi il 4 dicembre e la ricorrenza del referendum costituzionale. Potrebbe essere quella l’occasione di un prossimo incontro, organizzato con maggior serenità.

giovedì 16 novembre 2017

Per una nuova politica che non sia un gioco per èlite annoiate

Ivano Alteri

Luciano Granieri


La politica non è un gioco di società per élite annoiate. Per noi di qua sotto, essa è un'assoluta necessità; poiché qui da noi serve come il pane, per non essere affamati, umiliati e offesi.

Il Potere che si nasconde dietro il ceto politico odierno (complice, rassegnato o impotente, con rare eccezioni) ha progressivamente eroso la rappresentanza dei nostri diritti ed interessi, svuotando le istituzioni democratiche della nostra presenza, mentre cercava di rendere legale ciò che era, e resterà per sempre, inaccettabile. Fino ad ora, la protezione della Costituzione Repubblicana ha impedito che l'arbitrio si facesse definitivamente legge; e noi abbiamo impedito a nostra volta che tale protezione venisse meno, combattendo e vincendo la battaglia referendaria del 4 Dicembre 2016.

Ma noi, qua sotto, non intendiamo più limitarci a difenderci; noi, qua sotto, conosciamo bene la differenza che passa tra l'essere calpestati e il sentire soltanto il calpestio da lontano. A noi, qua sotto, non basta più soltanto resistere alle aggressioni predatorie. Neanche ai nostri avi politici è bastato. La loro Resistenza, infatti, è servita non soltanto ad abbattere il tiranno, ma anche a scrivere la Costituzione democratica per l'edificazione di un paese di uomini e donne liberi. La nostra odierna resistenza deve ora sfociare nell'applicazione integrale di quella Costituzione, per rendere effettiva la libertà che essa enuncia.

Noi di qua sotto vogliamo che la Repubblica rimuova gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. C'è un'élite disposta ad assumere la guida politica di tale volontà? C'è un'élite determinata ad aiutare questa nostra volontà a darsi nuova rappresentanza politica?

Questo è quanto occorre a noi di qua sotto. Per noi vincere significa invertire le politiche fin ora seguite, ripristinare i nostri diritti, preservare gli interessi dei più, combattere ad armi pari contro l'oppressore.  La nostra vittoria può consistere soltanto nel riprenderci la dignità di uomini e donne di fronte a chi pensa di poterci calpestare impunemente.

Di altre vittorie, noi di qua  sotto non sappiamo che farcene.

“Fermare la destra” è un obiettivo politicista e ingannevole che lasciamo agli imbonitori; a noi interessa far camminare le nostre istanze, riconquistarci gli strumenti democratici per la lotta, guadagnarci la vita oltre la sopravvivenza. Fare l'unità del ceto politico non rientra nelle nostre preoccupazioni quotidiane, visti gli stenti, la frammentazione e la solitudine in cui siamo costretti a vivere noi. Impedire alla destra di vincere e poi vedere le sue stesse politiche applicate dai nostri sedicenti rappresentanti, è una vittoria che abbiamo già visto e non ci interessa. Vincere le elezioni non è il nostro cruccio e non è la nostra vittoria. Il nostro cruccio è: “per fare cosa?”; la nostra vittoria è costruire il mondo  enunciato dalla Costituzione. E per farlo, noi di qua sotto ci sentiamo tutti indispensabili.

Per noi di qua sotto, cittadini della Provincia di Frosinone, è indispensabile che i beni comuni come l'acqua tornino nella nostra disponibilità, cioè pubblici; perché anche le fatture di Acea (e di altre utenze necessarie) sono un ostacolo economico al pieno sviluppo della persona umana. Esse sono altresì oltraggiose, poiché continuano a contenere la “remunerazione del capitale”, nonostante la contraria volontà da noi espressa chiaramente col referendum del 2011.

Per noi di qua sotto, abitanti di questa Provincia, è fondamentale disporre di un servizio sanitario che assicuri la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. Prerogativa ostacolata dalle politiche nazionali e da un piano aziendale regionale che ha appaltato alla gestione privata l’intero comparto della diagnostica e della prevenzione e che concede un numero di posti letto inferiore alla quota stabilita dalla legge, nonostante l’inquinamento della nostra terra determini un’allarmante ascesa delle patologie tumorali e cardio-respiratorie.

Per noi di qua sotto, membri di questa comunità in grave crisi economica e sociale, è vitale la pianificazione di un modello di crescita economica inclusivo e sostenibile, che non passi più dalla speculazione fondiaria e finanziaria, ma si basi sulle straordinarie risorse archeologiche, naturalistiche e culturali nella disponibilità del territorio, per proteggere il nostro habitat e la nostra memoria, e trarre lavoro e ricchezza dalla loro valorizzazione.

Di questo discuteremo nell'assemblea fissata per il giorno 22 novembre, alle ore 17,30, presso la Saletta delle Arti (Saletta Gualdini), Via G. Matteotti 2, Frosinone, alla quale sono invitate tutte le associazioni, i cittadini ed eventuali élite interessate. Preghiamo astenersi i sedicenti “apolitici”.

Alternativa al Brancaccio

Ex Opg Occupato Je so' Pazzo


IERI SERA ABBIAMO PARLATO DI ELEZIONI… NE È VENUTA FUORI UN’IDEA DA PAZZI E ABBIAMO REGISTRATO QUESTO VIDEOMESSAGGIO: CHI CI STA A REALIZZARLA?


Non badate alla forma, è un messaggio improvvisato, alla buona, ma che viene fuori dalla pancia e dal cuore. Vogliamo che sia chiaro e arrivi forte a voi tutti, lavoratori, studenti, disoccupati, giovani, italiani e immigrati, donne: ci siamo stancati di subire, di scegliere il “meno peggio” o di sentirci tagliati fuori. A Marzo si andrà a votare… 
Nessuno si farà carico dei bisogni popolari.
Nessuno parlerà di disuguaglianze sociali, di diritti negati, di democrazia sui territori.
Nessuno racconterà la parte propositiva e solidale, che vive dappertutto nella penisola.
NESSUNO CI RAPPRESENTA, FACCIAMOLO NOI! Dal nord al sud, nelle città e nelle province, il popolo che ogni giorno subisce decisioni scellerate, che produce la ricchezza di cui pochi beneficiano, che ogni giorno migliora i contesti in cui viviamo.

Da troppo tempo ormai la sinistra è lontana dal popolo, si perde in inutili accrocchi invece di risolvere i problemi reali delle persone. L’annullamento dell’assemblea che sabato avrebbe dovuto dare seguito al percorso del Brancaccio, per cui tante e tanti avevano profuso impegno in buona fede, è stata l’ennesima dimostrazione. Noi che siamo stati cacciati dal Brancaccio, vogliamo accogliere tutti, dare modo a tutte quelle forze pulite, alle assemblee territoriali, di riaprire una strada.
Questo paese sta diventando depresso, cattivo, risentito. Incontriamoci, dimostriamo che la lotta ci dà un senso, ci dà speranza!
Trasformiamo il teatrino elettorale in una dichiarazione di esistenza di tutti gli esclusi. 


SABATO MATTINA ALLE 11 A ROMA ASSEMBLEA POPOLARE!

A breve indicazioni sul luogo preciso. Forza che sto paese lo cambiamo!



mercoledì 15 novembre 2017

Il comitato 4 dicembre per La Costituzione di Frosinone raccoglierà le firme a sostegno delle leggi d’iniziativa popolare sulla scuola e sulla rimozione del pareggio di bilancio in costituzione.


Il comitato 4 Dicembre per La Costituzione di Frosinone, emanazione locale  del  Comitato Democrazia Costituzionale, aderisce alla campagna per la raccolta firme finalizzate alla presentazione di due proposte di d’iniziative popolare. La prima: “Per la Scuola della Costituzione” riguarda un modello di istruzione completamente opposto a quanto pianificato dalla legge 107. La seconda ,”sull’articolo 81 della Costituzione” intende riformare la legge 1/2012 con la quale si è imposto  il pareggio di bilancio  in Costituzione ed  il rispetto dei vincoli fiscali sanciti  dalla  Ue.  Come membri del Comitato Democrazia Costituzionale, con la quale abbiamo condiviso e vinto la lotta per difendere la Costituzione dal malsano assalto della Riforma Renzi –Boschi, non potevamo che condividere l’impegno affinchè  queste due norme possano arrivare   in Parlamento. Uno degli obiettivi primari del nostro movimento è quello di adoperarci affinchè i principi della Carta del ‘48 siano completamente attuati . La legge d’iniziativa popolare “Per la Scuola della Costituzione”  soddisfa pienamente il dettato costituzionale. Essa  promuove una scuola plurale, laica, inclusiva, finalizzata alla realizzazione  della persona, e alla rimozione degli ostacoli sociali, culturali e di genere che limitano la  libertà e l’eguaglianza.  Si fonda sulla libertà d’insegnamento. E’ democratica, in quanto consente la partecipazione al suo governo di docenti, educatori, personale ausiliario, tecnico e amministrativo, genitori e studenti.  Rilancia ed amplia i poteri degli organi collegiali.  Una  prima versione della legge denominata “ Per una Buona Scuola per la Repubblica” redatta nel 2006, raccolse 100.000 firme ma non entrò mai nelle aule  parlamentari. Nel settembre del 2014, insieme alla    “Buona Scuola”   , il testo   arrivò all’esame delle  commissioni istruzione di Camera e Senato, ma fu subito cassato in favore della norma governativa. Dopo l’approvazione della legge 107 i comitati hanno continuato a lavorare sul dispositivo  redigendo l’attuale proposta sulla quale ci impegneremo a raccogliere le firme affinchè possa tornare all’esame del Parlamento. Uguale necessità s’impone per la proposta d’iniziativa popolare sull’articolo 81 della costituzione. Un testo che intende ripristinare il ruolo attivo della Repubblica nella gestione del sistema economico, restituendo ad essa gli strumenti di politica fiscale,dopo che l’introduzione dell’euro  ha rimosso quelli di  politica monetaria. La legge 1/2012, che ha introdotto  il pareggio di bilancio in Costituzione, sancendo la supremazia   dei  principi finanziari sui fini sociali, rende  di fatto impossibile per la Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana così come prevede l’art. 3 Cost. E’ dunque  un nostro impegno , per soddisfare il proposito di rendere effettivo il rispetto dei principi costituzionali, raccogliere la firme affinchè due leggi  in grado di ripristinare il rispetto della Carta, stravolto dalla legge 107 sulla scuola e dalla  legge 1/102 sul pareggio di bilancio, possano arrivare in aula ed essere  discusse. La campagna di raccolta firme inizierà dal 18 gennaio del 2018. Nel mese di dicembre il Comitato 4 Dicembre per  la Costituzione di Frosinone organizzerà delle assemblee informative sulle proposte d’iniziative popolari le cui date verranno comunicate in seguito. Invitiamo  tutti coloro che hanno condiviso la nostra battaglia referendaria e che hanno a cuore la difesa e il rispetto dei principi costituzionali a supportarci in questa nuova  azione di ubbidienza civile ed istituzionale.

Frosinone li 15/11/2017

Dionisio Paglia,  Luciano Granieri

Portavoce del Comitato 4 dicembre per la Costituzione della Provincia di Frosinone.

martedì 14 novembre 2017

Lui canta

Sabrina Cold Mountain
traduzione di Luciano Granieri



La sua voce
carota rugosa
blandisce il silenzio per
avanzare in disparte

Sazia l’aria con tenere parole
sospese in un dolce sciroppo canoro

Solletica  il mio orecchio come una soda pop effervescente
si  insinua, fonte dentro di me, come un espresso macchiato

Risorgendo verso l’alto  raccogliendo le stelle dorate

di una notte d’estate rischiarata da una luce urbana

domenica 12 novembre 2017

25 miliardi già persi e altri 38 a seguire. Un’emorragia sociale

Marco Bersani




Una nuova perdita va ad aggravare ulteriormente l’impatto già pesantemente negativo che i derivati hanno avuto sin qui sui conti pubblici
 Grazie ai derivati sottoscritti dallo Stato, nel 2016 ci siamo giocati un altro miliardo. Come conferma il Rapporto sul Debito Pubblico 2016 del ministero dell’Economia e delle Finanze, uno swap da 2 miliardi di euro, grazie ad una clausola contenuta nel contratto e favorevole alla banca contraente, è stato da quest’ultima chiuso anticipatamente, con un esborso da parte dello Stato di 1,017 miliardi di euro.

Questa nuova perdita va ad aggravare ulteriormente l’impatto già pesantemente negativo che i derivati hanno avuto sin qui sui conti pubblici: solo nel quinquennio 2011-2015, fra interessi netti pagati alle banche e altri oneri connessi, lo Stato ha perso infatti 23,5 miliardi di euro.
Non sembra molto consolante l’incipit con cui il Rapporto si apre e che così recita: «(..) la gestione del debito pubblico del Tesoro è allineata alle raccomandazioni delle principali istituzioni finanziarie multilaterali (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale) e alla prassi seguita dai gestori del debito pubblico dei paesi avanzati».
O forse dice la verità, ovvero che il debito pubblico è l’alibi per proseguire le politiche liberiste di espropriazione della ricchezza collettiva a tutto vantaggio dei grandi interessi finanziari.
Anche perché la clausola che ha permesso questa nuova perdita di un miliardo è la medesima che ha consentito a Morgan Stanley nel 2012 la chiusura anticipata di 13 contratti derivati, in seguito alla quale l’allora governo Monti aveva versato 2,7 miliardi e oggi la Corte dei Conti ha rinviato a giudizio per danno erariale (3,9 miliardi) la banca medesima, gli ex-ministri Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, il Direttore del Tesoro Vincenzo La Via e la dirigente Maria Cannata.
Vale la pena ricordare quanto afferma la Corte dei Conti in merito a questi contratti: «Evidenziavano profili speculativi che li rendevano inidonei alla finalità di ristrutturazione del debito pubblico – l‘unica consentita dalla normativa per operazioni in derivati – non essendo ammissibile per lo Stato, investitore pubblico, assumersi rischi rilevantissimi».
Stiamo ragionando al passato, per quanto gravido di conseguenze economiche e sociali? Certo che no.
Perché il medesimo Rapporto ci informa che al 31 dicembre 2016 il valore di mercato degli strumenti derivati sul debito tuttora attivi era negativo per 37,9 miliardi, a fronte di un valore nozionale di 143,5 miliardi.
A poco vale la considerazione che «un valore di mercato negativo oggi non significa automaticamente un valore di mercato negativo alla scadenza dei contratti», come si affretta a rassicurare il Tesoro. Il dato di fatto è che ad oggi abbiamo già perso quasi 25 miliardi e siamo sulla strada giusta per perderne in futuro altri 38.
Qualcuno ha idea di quanti posti di lavoro socialmente utili ed ecologicamente orientati si potrebbero creare con 63 miliardi destinati alla riconversione del modello produttivo e sociale invece che essere destinati ad ingrassare le lobby finanziarie e le grandi banche?
Con quei soldi si potrebbe mettere mano al riassetto idrogeologico del territorio, rinnovare tutte le infrastrutture idriche, ridare funzione di servizio pubblico universale alla sanità e all’istruzione del nostro paese.
Sembrerebbe un tema strategico fondamentale per una campagna elettorale che parli il linguaggio della dignità, ma non sembra delinearsi all’orizzonte alcuna ridiscussione del terreno di gioco prestabilito: la sacralità del debito, l’oggettività dei parametri di Maastricht, l’obbligo del pareggio di bilancio e del Fiscal Compact.
Un compito invece mai così urgente e necessario che chiama i movimenti sociali e le realtà autorganizzate ad un vero salto di qualità politico e sociale. Occorre cambiare il presente per non mandare in fumo il futuro.
fonte "il manifesto" 11/11/2017