venerdì 5 gennaio 2018

C'è bisogno di aria usciamo dalla camera a gas di una campagna elettorale asfissiante

Luciano Granieri




Uno dei momenti in cui  la barbarie, e l’indecenza prendono in ostaggio le dinamiche sociali si materializza  durante le campagne elettorali. 

  Ciò avviene da quando i partiti  si sono trasformati, da strumento di partecipazione  politica per i  cittadini , in comitati d’affari. La ricerca del consenso non si basa sulle idee ma sul marketing. Il candidato diventa un prodotto da magnificare, la sua “mission” è quella di promettere  mirabilie al fine di vendere la propria effimera merce .  Di conseguenza le campagne elettorali sono infarcite da lucenti, quanto mirabolanti, spot  in cui l’interesse dei cittadini - la tutela dei quali dovrebbe essere il primo obiettivo di chi si candida -  diventa l’ultima opzione, anzi spesso viene ignorata e disattesa. 

Un esempio eclatante di barbarie elettorale è la vicenda dello  Ius Soli. Un provvedimento  di dignità,  una norma sacrosanta, indispensabile  per  un Paese che accampa  la pretesa di dichiararsi civile, sacrificata sull’altare degli interessi dei comitati d’affari presenti  in Parlamento. Questi  hanno valutato  l’approvazione dello Ius Soli come un pericolo per la cattura del consenso. Una sciagura messa in piedi  dalla falsa narrazione, diffusasi  come un virus, della  paura per  l’immigrato  protagonista di una fantomatica quanto epocale invaisone. Non è il primo e non sarà l’ultimo provvedimento di civiltà sacrificato alle ragioni dell’ottenimento dello scranno.  Fra i banchi della maggioranza o fra quelli della minoranza non fa differenza basta stare nel Palazzo.  

I famigerati programmi devono essere flessibili . Se il sondaggio indica che lo Ius Soli fa perdere voti si cancella dalla lista. Se la liberalizzazione della vendita delle armi fa acquistare voti si,  pone come primo  punto programmatico. E’ il mercato bellezza!  I  fiori non si vendono più?  Si tolgono dalla produzione, se viceversa i cannoni mostrano l’interesse della clientela  si aumenta la loro costruzione.   
A occhio e croce i propositi sono gli stessi in capo agli schieramenti che offriranno la loro mercanzia il 4 marzo prossimo. Si  pianificano elemosine mortificanti  a favore della marea di gente alle prese con una vita   precaria: redditi definiti con le più disparate perifrasi,( di cittadinanza, di dignità, di  marciapiede), si è tutti concordi nell’aiutare delinquenti  in Libia, in Niger per ricacciare indietro  o imprigionare gli immigrati prima che questi ,affogando nel Mediterraneo, possano mostrare al mondo la nostra inciviltà .  Sterminiamoli a casa loro . 

Ancora, tutti promettono di eliminare la legge Fornero, ma nessuno, ossequioso ai dettami della  stabilità finanziaria,  lo farà. E poi il lavoro. E’ il punto principale del programma di ogni aggregazione, ma nessuno se la sente di andare oltre al già sperimentato sistema fallimentare di  foraggiare le grandi aziende in cambio di qualche posto di lavoro in più, magari precario. E le tasse? Altro stucchevole mantra per cui  i liberali veri  vogliono abbassarle ai ricchi, mentre i liberali riformisti pure, oltre  naturalmente  a  promettere l’ennesimo inasprimento alla lotta all’evasione, che puntualmente si concretizza con condoni e rottamazioni di cartelle esattoriali.  

Come si vede siamo in presenza di un  giro di promesse, limitato, asfittico. Aria! C’è bisogno di aria. C’è bisogno di un partito che abbia il coraggio di uscire dagli invalicabili confini dati, e programmare un  piano che guardi lontano, non all’oggi per il domani.  E quali sono i confini dati? Semplice sono le ferree barriere imposte dal capitalismo. Se non si prende minimamente in considerazione di sovvertire l’ineluttbilità dell’accumulazione capitalista, si rimarrà sempre prigionieri di un giogo asfittico, chiuso e malsano . 

Il capitalismo, la libera concorrenza, il libero mercato, il liberismo (quante citazioni a sproposito della parola libero!)  sono male piante che andrebbero estirpate. Se qualcuno da una parte accumula capitali, evidentemente  dall’altra  parte ci sarà gente  che non avrà il necessario per vivere. Se si consente ai capitali di rimpinguarsi a dismisura attraverso la speculazione finanziaria, è inutile promettere la rivalutazione del lavoro come veicolo di dignità e promozione sociale. Esso rimarrà sempre una forma di schiavismo, magari mitigato da  qualche elemosina tipo reddito di cittadinanza.  

Si dirà: c’è la globalizzazione che grazie al progresso tecnologico  ha unificato il mondo trasformandolo in un grande villaggio globale, ha unificato i mercati, basta un clic e si possono sposare capitali da un lato all’altro del pianeta in pochi secondi, un processo, secondo molti, che non può regredire,  è il segno della post modernità . Siamo sicuri? Il motore della globalizzazione comprende un complesso intreccio fra mezzi di comunicazione e di trasporto che guarda caso sono in mano al capitale. E’ possibile collettivizzare questi mezzi ed espropriarli alle mega lobby finanziarie?  

La velocità di comunicazione non consente solo di trasferire capitali in un battibaleno ma anche di organizzare rivolte sociali in poco tempo, di diffondere l’idea che alla globalizzazione del mercato debba sostituirsi la globalizzazione dei diritti. 

Per essere più concreti: c’è qualcuno che ha il coraggio di proporre l’abolizione della proprietà privata, solido caposaldo su cui si basano le dinamiche capitaliste? La casa è di chi la abita, il campo è di chi lo coltiva, la fabbrica è di chi ci lavora, gli elementi  e i servizi fondamentali alla vita, come acqua, salute ed istruzione sono di chi ne usufruisce.  Pensare un rapporto di produzione fuori dal capitalismo, consentirebbe di togliere di mezzo Acea, ad esempio, che ci tiranneggia facendo profitti sull’acqua. Fuori dal capitalismo le fabbriche e le fonti generatrici di servizi sarebbero di proprietà dei lavoratori, i quali riacquisterebbero, oltre che la dignità di concorrere  al benessere della collettività ,  un potere politico vero. Il diritto alla salute e all’istruzione sarebbe veramente nella disponibilità di tutti ,    non solo dei più ricchi. 

Sono consapevole del fatto che un tale prospettiva non può essere spesa in una campagna elettorale come quella in corso,  non può imporsi come strumento di dignità in una canea di voci indegne pronte a promettere qualsiasi cosa pur di ottenere la poltrona. Un programma basato sul rovesciamento del capitalismo non può camminare solo su dinamiche nazionali , ma investire processi di internazionalizzazione di condivisione globale. Ci provarono i No Global,  poco meno di vent’anni fa. Il capitalismo si sentì talmente minacciato da reagire con una violenza inaudita (vedi il G8 di Genova).  

Con ciò non considero inutile una candidatura alle prossime elezioni, ma questa deve  costituire un primo passo. Un  atto utile, nella  misura in cui si utilizza il mega  palcoscenico  elettoral-mediatico,  per denunciare gli imbrogli del libero mercato, per affermare che una sinistra o è anticapitalista o non è .  Poi però c’è bisogno di una grande operazione culturale, utile a riacquistare  credibilità  verso il proprio blocco sociale ormai disperso in rivoli approdati all'estrema destra leghista  e al  grillismo. Un percorso lungo che abbisogna di applicazione, convinzione, in breve, l'applicazione della politica quella vera e non  l'opprimente vociare del marketing elettorale .

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