Una intima e sentita commozione, così si può descrivere il sentimento che ha coinvolto gli intervenuti alla commemorazione dei tre ragazzi toscani trucidati dai fascisti il 6 gennaio del 1944, svoltasi sabato scorso presso il monumento a loro dedicato all’interno del curvone di Viale Mazzini.
Proprio davanti alla
stele posta in memoria di Giorgio Grassi, Pierluigi Bianchi e Luciano
Lavacchini, scolpita dal Maestro Alberto Spaziani, gente comune, membri dell’ANPI provinciale di
Frosinone, delle sezioni ANPI cittadine di
Frosinone e Ceccano, esponenti dell’associazionismo locale e di partito (era
presente l’Osservatorio Peppino Impastato, una delegazione del Partito Socialista, di Possibile
e del Partito Comunista Italiano)
si sono riuniti, come ogni 6 gennaio, per
commemorare i tre ragazzi trucidati dalla crudele mano fascista .
Il momento di riflessione sulla violenza nazifascista e sui risvolti
storico-sociali conseguenti -che l’associazione
Tre Martiri Toscani invita tutti a
condividere ogni 6 gennaio - è diventato un evento istituzionale estremamente significativo.
Anche quest’anno ha presenziato il sindaco Nicola Ottaviani, con la partecipazione della banda cittadina “Romagnoli”.
La cerimonia ha visto il puntuale intervento del Primo Cittadino, e i contributi
di Giovanni Morsillo, presidente dell’ANPI
provinciale, di Simone Campioni presidente
della sezione di Frosinone. A seguire sono intervenuti membri di associazione e
partiti. La banda Romagnoli, oltre ad eseguire l’Inno d’Italia, il Silenzio militare d’ordinanza , ha
suonato la Canzone
del Piave.
Proprio gli interventi della banda mi hanno indotto ad alcune riflessioni. La
Canzone del Piave, il Silenzio militare d’ordinanza - eseguito
da un trombettista solitario quando il sindaco Ottaviani ha deposto, insieme al
presidente provinciale dell’ANPI Giovanni Morsillo, una corona d’alloro davanti
al monumento -sono brani di guerra. Ma Giorgio Grassi, Pierluigi Bianchi, Luciano Lavacchini non erano
militari. Non volevano combattere. Furono costretti ad arruolarsi altrimenti i
loro genitori sarebbero stati arrestati dai fascisti.
Ma prima di raggiungere Cassino, sulla linea Gustav decisero che nessuna guerra avrebbe potuto toglierli la gioia di passare le feste con i
propri cari, nessuna difesa di linee strategiche avrebbe potuto devastare
in modo così profondo la loro vita. Per cui ad Aquino tentarono la fuga ma furono catturati. Non fu
un atto di guerra , ma un moto di
ribellione verso chi voleva togliere loro la possibilità di una vita normalmente
dignitosa in nome di una folle ubriacatura di sopraffazione, razzismo e crudeltà .
A pensarci ben neanche
i Partigiani furono contenti di prendere il fucile. Avrebbero tutti preferito
continuare la propria vita, fatta di lavoro, rapporti sociali,
familiari, normali . Ma la protervia , il delirio nazifascista li
costrinse a combattere, a difendere la libertà di vivere e progredire in pacifica
convivenza. Non erano soldati i Partigiani, a parte gli sbandati provenienti
dall’esercito in disfacimento dopo l’8 settembre. Furono costretti a diventare combattenti.
Purtroppo
quella libertà di condurre una vita
normale, dignitosa, serena, ancora oggi
non è conquistata. Quante persone vessate da un'esistenza precaria stanno patendo la stessa disperazione dei
ragazzi toscani per non poter passare le feste di fine d’anno in serenità!
Quante persone combattono per conquistare la possibilità di tirare avanti ogni
mese, cercando un lavoro, o resistendo contro lo spettro di un licenziamento! Non sono soldati, ma anche loro sono costretti
a combattere.
Sono i nuovi partigiani in lotta per la librazione da un invisibile giogo che tiranneggia
i "diversi", per censo, genere ed etnia.
Il guaio è che la maggior parte di questi nuovi partigiani non sanno come si condivide una lotta di liberazione. Ognuno vede nel suo compagno
di montagna un potenziale nemico. Non vuole dividere con lui il magro pasto
procurato dalla staffetta. Una dittatura
eterea che usa altre armi,oltre a quelle da fuoco, è riuscita ad insinuare il germe della guerra
fratricida fra Partigiani i quali non
sono consapevoli di stare dalla stessa
parte .
Ecco allora che lo stringersi attorno al monumento dei tre martiri
toscani, condividere l’indignazione la
costernazione per la barbarie fascista, può indurre la riflessione per cui
il compito dei Partigiani, vecchi e nuovi non è finito. Abbiamo bisogno ancora
di combattenti come Tarzan, Riccio,
Sparviero, Saetta, Ulisse, Tom , Enrico Giannetti, Vitaliano Corsi, Sergio Collalti, che insegnino
ai nuovI Partigiani l’importanza della condivisione della lotta.
Quelli di
allora non ci sono più. E allora tocca a chi ancora non ha perso la
consapevolezza dell’identità del nemico, prendersi la responsabilità di aiutare
i nuovi Partigiani nell' indirizzare la
loro lotta. L’incombenza tocca anche a noi che ogni 6 gennaio ci riuniamo per commemorare tre ragazzi ventenni caduti
sotto la mannaia nazifascista.
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