sabato 10 marzo 2018

A quando un governo contro gli strozzini europei?

Luciano Granieri



Ore ed ore di sbattimento televisivo, fiumi e fiumi d’inchiostro versati sui giornali, una marea di analisi, opinioni, sentenze, previsioni , profuse generosamente da giornalisti, analisti, politologi, scienziati,  quanta energia sprecata per delle elezioni  inutili! 

E ancora non è finita, perché la canea si sposta sulle possibili combinazioni governative che una legge elettorale sciagurata lascia in uno  stucchevole limbo. A proposito di legge elettorale! Il risultato delle elezioni ha certificato ancora di più la dabbenaggine di coloro i quali si sono impegnati a mettere in piedi un dispositivo caotico. Un artificio  fatto apposta per far perdere i  5 stelle che invece , guarda un po’,  hanno trionfato. Solo per questo chi ha partorito un obbrobrio simile si dovrebbe dimettere dalla vita politica. 

Ma torniamo alla incomparabile noia della telenovela sul prossimo governo. Perché affannarsi tanto a capire chi guiderà l’esecutivo ed in base a quali programmi?  E’ tutto già deciso. Pierre Moscovici,  Commissario Europeo agli affari economici, si dice fiducioso  sul fatto che Mattarella faciliterà la formazione di un governo capace di confermare gli impegni presi dall’Italia con l’Europa.  Inoltre,  ha aggiunto in un’intervista  rilasciata al quotidiano la Repubblica, che in questa fase non è possibile varare misure sociali  a  causa  del probabile  aumento  del  debito e dello spread.  

A Moscovici, fa eco Valdis Dombrovoskis Vice Presidente della Commissione Europea, il quale ricorda come l’Italia, al pari di Croazia e Cipro,  presenti “squilibri macroeconomici eccessivi”, crescita molto al di sotto della media europea, bassa produttività e debito troppo alto. Per rispondere a tali criticità il nuovo governo deve  proseguire con le riforme neo liberiste, senza minimamente toccare quelle varate in passato,  in più,  aumentare    il programma di privatizzazioni che ad oggi appare insufficiente. 

Anche il presidente della Banca Centrale Europea ,Mario Draghi ha detto la sua sul quadro post elettorale italiano. In caso di nuove criticità di bilancio, l’intenzione della  BCE sarebbe quella di porre fine all’acquisto mensile dei bond  statali attraverso il Quantitative Easing. Ovvero se il futuro  governo avesse intenzione di cancellare le riforme fin qui acquisite, o mettere in discussione i trattati europei in vigore, il cash flow, assicurato dalla Banca Centrale attraverso l’acquisto di titoli di Stato  italiani - unico vero motore  della moderata crescita del Pil -  potrebbe esaurirsi.  Secondo Draghi  l’Italia, avendo il secondo debito pubblico più alto dopo la Grecia, deve mantenersi sui binari di una politica di bilancio responsabile.  

Ecco quindi belli che liquidati il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle e l’abolizione leghista della legge Fornero, due capisaldi della campagna elettorale che hanno decretato il successo di Di Maio, Salvini e soci. Mettiamoci che per ogni manovra, minimo 20miliardi dovranno servire a disinnescare le  clausole di salvaguardia sempre in agguato, e che dal 2019   il Fiscal Compact, da trattato intergovernativo,   diventerà legge europea  - con la conseguenza di costringere i governi a  reperire  almeno 50 miliardi a botta per ridurre il rapporto debito Pil, fino a potarlo al 60% nei prossimi vent’anni -diventa  impensabile immaginare una qualsiasi cosa che assomigli ad un reddito di cittadinanza,   all’abolizione della Fornero, o ancora all’introduzione della flat tax.  

A meno che il prossimo governo, a guida pentastellata o leghista che sia, non abbia intenzione di mettere in discussione tutta la dinamica del debito imposta dai vincoli Europei  da Maastricht in poi, e rompere la trappola innescata dai cravattari della UE.  Cravattari è la definizione giusta perché se dal 1980 ad oggi abbiamo pagato  3.400 miliardi di interessi  ed è rimasto  in piedi ancora  un  debito di  2.250 miliardi, significa che stiamo in mano agli strozzini. 

A occhio non mi pare che né la Lega né il Movimento 5 Stelle abbiano  contezza di ciò. Gli uni   erano contro l’euro, adesso non è l’opzione principale,  se la prendono con  l’Europa che accoglie gli immigrati, la UE che impone le quote latte e la misura minima delle zucchine.  Gli altri erano contro l’Europa dell’euro, da cancellare attraverso referendum, poi si sono addolciti contestando solo alcune parti dei trattati, adesso non si capisce  più quale sia la loro posizione in merito. 

Gli unici movimenti che avevano nel programma l’uscita dall’Europa dei mercati,  il rifiuto dell’imposizione del debito, e la fuoriuscita da questa tagliola, non attraverso   fascismi sovranisti e patriottardi, ma grazie all’internazionalizzazione del modello socialista, anticapitalista e antiliberista, hanno raccolto le briciole nelle urne.  Di questo hanno grandi responsabilità i partiti riformisti, da tempo traditori della classe popolare , e quelle formazioni, pure definitesi comuniste ,  che nella continua ricerca di uno strapuntino da Palazzo hanno sempre cercato di stringere accordi   con i citati traditori del popolo, e per questo si sono disintegrati. Rifondazione Comunista è un fulgido esempio.  

Partendo da queste considerazioni, a mio giudizio, per ricostruire una piattaforma su cui basare un fronte comunista condiviso, oggi dissolto , è necessario partire dal contrasto duro all’Europa della Troika, dei mercati, smontare pezzo per pezzo l’ipocrisia del debito, dietro la quale si nasconde l’obiettivo della comunità finanziaria di mercificare persino l’aria che respiriamo. 

Ignoro i futuri sviluppi politici italiani è un argomento che poco mi appassiona,  ma una cosa è certa o si rovescia la gabbia di Maastricht o ogni minimo intervento volto alla protezione sociale sarà impossibile, reddito di cittadinanza e abolizione della Fornero compresi.

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