giovedì 29 marzo 2018

Morti sul lavoro ed immigrazione due pesi e due misure.

Luciano Granieri




Esiste una schema di collegamento  fra notizia e propaganda che da anni si ripete, sempre uguale, e che si è intensificato durante la recente campagna elettorale. Il paradigma è il seguente: ogni evento criminoso, o anche semplicemente di piccola delinquenza, commesso da un immigrato apre le edizioni di tutti i telegiornali, con ampi servizi e analisi sulla presunta invasione di irregolari.  Alla fine dei  Tg, i successivi talk show politici presentano come ospiti, i vari Salvini, Meloni, pronti a farneticare su espulsioni epurazioni e respingimenti. Negli stessi talk show il controcanto alla canea razzista e fascista è affidato a gente tipo Minniti o Di Maio, i quali dicono le stesse cose dei loro interlocutori, ma le ammantano di perifrasi un po’ meno crude. Il concetto è lo stesso: fuori gli immigrati dall’Italia perché delinquono di default. 

In occasione di fatti particolarmente efferati, come l’uccisione di  Pamela Mastropietro,  per la quale sono stati accusati due Nigeriani, il tam tam mediatico è stato assordante.  Tralasciando tutta la storia del decerebrato Luca Traini - che credeva di giustiziare la razza bianca facendo tiro al bersaglio su gente di colore , il cui gesto ha suscitato reazioni antifasciste e antirazziste bollate per lo più come  vecchia ferraglia ideologica  e represse dalla polizia -   abbiamo assistito, proprio negli ultimi giorni di campagna elettorale, alle ospitate della Meloni accompagnata in studio dalla mamma di Pamela Mastropietro, la ragazza barbaramente uccisa a Macerata.   Come se la vittoria alle elezioni del fascio-leghismo potesse far ritornare in vita Pamela. 

Non sappiamo cosa abbia mosso una madre presumibilmente distrutta dal dolore per la perdita così violenta della figlia ad essere co-protagonista di un episodio di squallida campagna elettorale, ma è un fatto che lo schema di collegamento  fra notizia e propaganda ha funzionato benissimo, visti  i successi elettorali di forze come la Lega e il M5S abili a cavalcare, l’una per tradizione, l’altra per convenienza il “dalli al nero”.  

Eppure esistono fenomeni  drammatici la cui portata di lutti e tragedie è molto più grave degli immigrati che delinquono.  Le stragi consumate nei luoghi di lavoro,ad esempio, con 617 vittime accertate nel 2017 e le 148, anzi 149 decedute dal gennaio 2018, non meriterebbero uguale  attenzione?  Perché non si usa lo stesso paradigma? Cioè apertura dei Tg su tragiche notizie  di fatti come quello accaduto ieri al porto di Livorno  -dove hanno perso la vita due operai, Nunzio Viola di  52 anni e Lorenzo Mazzoni di soli 25,   o  oggi dove a morire è stato un elettricista 56enne folgorato da una scossa mentre lavorava  alla manutenzione della linea ferroviaria -   approfondimenti sulle cause di queste stragi e,  a seguire, nei talk show proteste,  analisi e proposte per  mitigare questa piaga.  

Non si tratta di fare campagna elettorale, ma di ricordare a tutti i cittadini che la piaga delle morti sul lavoro esiste, è  più che mai purulenta e meriterebbe da parte dei politici, un impegno infinitamente superiore a quello profuso  per dare addosso agli immigrati. C’è  però un problema enorme. Se a discutere di immigrazione ci vanno Salvini, Meloni, Minniti e Di Maio, a condannare le morti sul lavoro chi ci mandiamo?  Renzi, Poletti, Bersani,   che hanno  distrutto ciò che rimaneva di un programma di diritti già devastato da predecessori di centro sinistra?  Oppure ci mandiamo i dirigenti sindacali della triplice, che hanno firmato  contratti capestro completamente sbilanciati a favore dei padroni come mai s’era visto nella storia sindacale?  

Questo è il punto, ed è anche la ragione per cui il mondo del lavoro ha definitivamente voltato le spalle ad una sinistra ormai composta da soli  imbroglioni. Ma la piaga delle morti sul lavoro resta e bisogna affrontarla. Forse mettendosi in mente che è ora di finirla con le grandi regalie   a chi un’occupazione  te la  elargisce e te la toglie  a proprio piacimento, come fosse un premio o un elemosina   e cominciare a pretendere che, il lavoro torni ad essere l’elemento su cui è basata la nostra Repubblica, così come sancisce l’articolo uno della Costituzione.  Se i rappresentanti del popolo non ci sentono è ora che il popolo capisca e si mobiliti.

Nessun commento:

Posta un commento