lunedì 30 aprile 2018

Quando l’allievo diventa il maestro

Fred Kaplan
traduzione Luciano Granieri,  fonte slate.com




Un nuovo cofanetto propone  l’ultimo tour di Miles Davis e John Coltrane insieme. Una testimonianza destinata a cambiare i tradizionali giudizi su ognuno di loro.

La scomparsa di grandi musicisti è fonte di ricerca  per le case discografiche , le quali pubblicano  incisioni  rare che risultavano perdute  per diverse buone ragioni. Alcune volte queste riscoperte risultano essere delle vere e proprie gemme . Raramente gettano una nuova luce su un artista o su un’era. Questa è la meraviglia e la delizia di “The Final Tour” -Un cofanetto di quattro CD dei concerti live tenuti in Europa dal Marzo 1960, dal quintetto del trombettista Miles Davis con  John Coltrane- nessuno di questi  era mai stato pubblicato prima negli Stati Uniti.

Il tour ebbe inizio poco più di un anno dopo che il gruppo aveva realizzato Kind of Blue, uno dei più grandi album di jazz  inciso in studio, oltre ad essere  il più popolare di tutti i tempi, avendo venduto più di quattro milioni di copie. La band del Final Tour, per lo più, era la stessa dell’album, così come gli stessi  erano i  brani, ma la musica – il modo in cui i pezzi furono suonati- risultò radicalmente diversa. Tale espressione fu talmente  scioccante da far  riconsiderare il giudizio che fino ad allora i due musicisti avevano suscitato. E colmò alcuni spazi  che fino ad allora credevamo fossero rimasti vuoti nella storia del jazz indicando la nuova strada che il jazz avrebbe preso in quegli anni fondamentali.

La versione standard della cosiddetta  storia di Miles & Trane, recita per lo più così. Nel 1959, raggiunse il culmine dell’innovazione con Kind of Blue, rompendo gli schemi   determinati dai chorus  del be bop,  definiti  dal suo ultimo mentore Charlie Parker, in favore  di una musicalità più pacata, riflessiva, lirica, costruita attorno a scale e ritmi più liberi. Subito dopo la seduta  Coltrane si estranea dal gruppo alla ricerca di un suo nuovo e personale sound –mentre Miles, non possedendo al momento idee originali-  decide di ripercorrere  per i cinque anni a venire   un bop carico di blues,  perfezionando brani che aveva inciso alla metà degli anni ’50.

Ma The Final Tour  -vol.6  della collana Columbia “Bootleg Series” delle sessioni  di Miles rimasterizzate, con un eccellente suono, dalle registrazioni originali – riporta  chiaramente   una storia incompleta . Rivela  come la via d’uscita  che Miles  s’era imposto verso un cul de sac, gli stava mostrando che il futuro del jazz  stava ribollendo  verso lo   stile emergente di Coltrane al sax tenore.  

Nello specifico  Miles – contravvenendo stranamente  alla sua immagine di sperimentatore indefesso della musica  e sovvertitore delle forme – osteggiava il cambiamento. Da 15 anni era sulla scena jazzistica di New York, in questo periodo aveva preso parte, o aveva condotto personalmente ,  diverse rivoluzioni  - il Be Bop durante il periodo con Parker, il jazz da camera di Birth of the Cool,  le collaborazioni orchestrali con Gil Evans e Gunther Schuller ed infine il trionfo modale di Kind of Blue  - e, come molti rivoluzionari che invecchiano,  non emozionava più  i seguaci impegnati a coltivare  la propria ribellione.

Coltrane aveva la stessa età di Miles – entrambi erano nati nel 1926 – e ricopriva chiaramente un ruolo subalterno all’interno del sodalizio . Miles, uno straordinario talent-scout, lo fece emergere dall’oscurità  di un Club di  Philadelphia nel 1956 per aggregarlo a quello che sarebbe stato il  "classic  quintet”. A parte una breve esperienza con il gruppo di  Thelonius Monk,  Coltrane  rimase come sideman di Miles, fino a quando non si pose alla guida di un proprio gruppo in più di una dozzina di sedute  ( in particolare Blue Train, SoulTrane  e, subito dopo Kind of Blue ,Giant Steps) . 
La sua evoluzione verso il free jazz era stata plasmata ed affinata dai personali esperimenti di Miles nella destrutturazione dell’armonia , ma dal 1959 Coltrane volle prendersi la libertà di  assumere   una direzione ed una velocità che andasse oltre le inclinazioni del suo mentore.

Era un periodo di grandi transizioni nella cultura americana, jazz compreso. Alla fine dell’anno il quartetto di Ornette Coleman aveva fatto grande scalpore al Five  Spot. Un divo del jazz    giù nel   Bowery di New York    suonava  una musica che  abbandonava  non solo le variazioni di accordi, ma apparentemente, ogni tipo di struttura. A Miles non piaceva lamentandosi con un giornalista diceva: “Senti solo cosa ha scritto e come lo suona, se consideriamo la sua tenuta psicologica, l’uomo sembra corroso dentro” Al contrario, Coltrane andava al Five Spot quasi tutte le sere, pietrificato, e parlava con il gruppo per ore, Coleman gli diede alcune lezioni sull’improvvisazione costruita al di fuori degli accordi  . (Pochi anni più tardi Coltrane inviò a Coleman un assegno di 50 dollari, l’equivalente odierno di più di 300 dollari per ogni lezione).

Tensioni si stavano creando  fra Miles e Trane anche prima del tour europeo del 1960. Dopo una sessione in club di quel periodo, Miles si lamentò che gli assoli di Coltrane erano troppo lunghi. Trane replicò che c’era ancora molto di più da dire e non sapeva come smettere di suonare. Miles  lo aggredì  con la sua voce roca apostrofandolo “Togliti quel corno dalla bocca”.

Coltrane non voleva andare in tour con Miles nel 1960. Era determinato a lasciare il gruppo e mettersi in proprio , ma Miles prevalse. Così il tour fu un evento importante  - la prima volta che Miles suonò in Europa da leader.


La serata di apertura  del 21 marzo si tenne al teatro Olympia di Parigi. Il concerto costituisce anche il primo Cd del cofanetto. Il set comincia con “All of you” il brano di Cole Porter, che Miles  aveva già inserito  , con Coltrane come sideman nel suo  album “Round About Midnight” (registrato nel 1955 un anno dopo che la canzone fu composta). Miles interpreta  con uno swing vigoroso ma lirico le frasi di Sinatra su un elegante contributo della sezione ritmica –Wynton Kelly al piano, Paul Chambers al contrabbasso,  Jimmy Cobb alla batteria – ognuno dei quali  aveva suonato in Kind of Blue. Erano vestiti in modo   molto elegante come si addice ad un set continentale (Le foto dell’opuscolo dell’album ritraggono la band fuori dal teatro in eleganti smoking).

Poi Coltrane entra con il suo assolo incomincia con spirito simpatico,  con un tono più duro ma con  un fraseggio gentile  . Nel secondo chorus si lancia in piccole e molto veloci terzine. Dal quinto chorus si scatena in un  vulcano di note – accordi su accordi – scale che si ammassano a mucchi, così dense, così feroci, cosi veloci. Pochi anni dopo il critico Ira Gitler aveva descritto lo stile di Coltrane come “trapunte  di suono” ma queste erano tempeste di suono,  implosioni di pura energia. Per quattro minuti suona un intero chorus sperimentando sulla multi fonia (l’emissione di due o più note allo stesso tempo), quindi ritorna alla tempesta , o languisce in un singolo accordo, trasformandolo in una dozzina di modi diversi  in pochi  secondi come se stesse smussando tutti gli angoli di un prisma.

Ancora alla fine di ogni chorus, isola alcune frasi dalla melodia, ma non le suona fuori dal contesto perché, anche attraverso tutta la concitazione del fraseggio  ( e questo diventa sorprendentemente chiaro ad un ascolto ripetuto)  mai  abbandona la struttura della   canzone, rimane ancorato ad alcuni appigli  armonici e ritmici. Può sembrare che stia alimentando il  caos, ma è l’esatto contrario di ciò che appare.

Molti anni dopo il tenor sassofonista Branford Marsalis,,dopo aver ascoltato  l’album bootleg del concerto di Stoccolma del 1960, che si svolse  la sera successiva al concerto di Parigi, sperimentò ciò che lui definì  più tardi “una delle peggiori serate   della mia vita”. “Il modo di suonare di Coltrane  -ricordò in un’intervista concessa al New York  Time  Magazine - fu massicciamente intenso, volevo smettere di suonare, non avrei avuto altro da dire. Avrei potuto scordarmi, anche se avessi ricominciato da capo, di arrivare a quel livello”.

Ma nel 1960 nessuno aveva mai  sentito niente del genere, certamente non i  Europa .  Ed alcuni fra gli spettatori,  che mai avrebbero pensato di trovarsi in una serata diversa  dall’intensità tipica delle atmosfere di  Kind of Blue ,  resero esplicito il loro disappunto, mormorando, gridando, o come si potè sentire chiaramente fischiando-l’equivalente del locale fare buu,  quando l’assolo finì.

In un intervista    nel backstage durante l’intervallo del concerto di Stoccolama,  un locale DJ di jazz,  avendo notato  come  alcuni critici giudicavano  il suo nuovo sound  “non bello” e “arrabbiato” chiese a Coltrane : “Ti senti arrabbiato?” Coltrane replicò in tono gentile e conciliante: “No assolutamente - e aggiunse – la ragione per cui esprimo cosi tanti suoni, in modo tale da poter sembrare arrabbiato,  è perché  sto provando molte cose in una volta sola,vedi?  Queste cose non le ho messe in ordine . Ho una borsa intera piena di cose,  dentro la quale sto cercando di lavorare per ricavare quella essenziale”. (L’intervista di sei minuti può essere ascoltata nell’ultima traccia dell’ultimo CD del cofanetto).

Coltrane passò il resto della sua breve vita  (morì di cancro al fegato nel 1967 all’età di quarant’anni) in un ossessiva , e anche spirituale ricerca finalizzata a  “cogliere l’essenziale” lavorando  attraverso ogni fessura   di ogni suono immaginabile (I viaggi più affascinanti si possono ascoltare nella sua sessione live del 1961 al Village Vanguard, che recano le tracce più evidenti dei concerti Europei degli anni precedenti e della futura opera del 1964 A Love Supreme , ma nel mezzo ci furono anche gli splendidi album di ballads con Duke Ellington ed il quartetto del cantante  Johnny Hartman.)

Miles Davis era un tipo d’artista notevolmente differente. Egli anche nutriva  un irrequieto appetito per un sound innovativo, ma una volta che lo aveva  trovava rapidamente  ne ricavava la caratteristica  essenziale, abile in qualche modo nel  trovare l’unico accordo, anche l’unica nota, che funzionava  all’interno della sua “borsa di cose”  eliminando il resto.

Questo contrasto nel carattere e nello stile era ciò che rendeva la loro collaborazione così eccitante, così ricca di tensione creativa . Ciò si può rilevare in tutti i loro album ma in particolar modo emerge dai concerti europei del 1960. Miles ed il resto del gruppo   all’inizio  non lo seguivano ,  proponevano  le frasi standard , mentre Coltrane partiva per la tangente, cavalcando il suo magico tappeto.  Più tardi durante il tour, a Stoccolma e Copenhagen, il fraseggio di Miles divenne più avventuroso, più veloce e breve. Una volta  il  suo sound inconfondibile     poteva essere descritto come “un camminare su gusci d’uovo”.   Ebbene in Europa ne ruppe un po’. Cobb cambiò più drasticamente il ritmo della  batteria , insistendo sui piatti, modificando il beat. Kelly  prese degli assoli più lunghi con accordi estesi  a tutte le scale del pianoforte.

Quattro anni sarebbero passati prima che Miles trovasse un altro sassofonista che gli consentisse di proiettarsi agilmente nel futuro riprendendosi  la  corona di principe oscuro  della rivoluzione nel jazz. Era Wayne Shorter, di sette anni più giovane, un seguace di Coltrane che combinava alcuni dei toni duri di Coltrane con un approccio compositivo più sofisticato. Shorter completò il nuovo gruppo    “il secondo grande quintetto" sarebbe stato il suo nominato , con musicisti più giovani come il pianista Herbie Hancock, il contrabbassista Ron Carter, il batterista Tony Williams, fra i dieci ed i venti anni più giovani del loro leader, a loro agio sia nello stile tradizionale che in quello radicale seguendo e assecondando Miles  nella creativa fusione di entrambe. (Un eccitante tour europeo del 1967 del quintetto è stato pubblicato sette anni fa  come “Bootleg Series vol 1”)

Alla fine del decennio  Miles sperimentò la fusione fra il jazz ed il rock elettrico, fra l’entusiasmo di molti e la costernazione di altri, e mai cessò  di cercare nuove cose fino alla sua scomparsa, morì nel 1991 a 65 anni.

Ascoltando i concerti del 1960 con il vantaggio di sapere cosa sarebbe venuto dopo arricchisce l’esperienza dona alla musica un ulteriore splendore. Era il baratro di un nuovo decennio  con Coltrane sul viale del tramonto fuori dalla band e ai margini della scena . Era il “vecchio nuovo” ed il “nuovo nuovo” , l’incontro e lo scontro. Era un ingranaggio scintillante e devastante della storia . Ancora oggi non esiste  nulla di simile.
                                                                                                                                                                        




Nessun commento:

Posta un commento