sabato 21 luglio 2018

Il condominio della Valle del Sacco

Marina Navarra*





Intervenire sulla vicenda della Valle del Sacco è molto complicato e a volte   frustrante. Sono decenni che noi “Popolo Inquinato”, oltre che a subire un decadimento  della qualità della vita  a causa della devastazione ambientale a cui è sottoposto il nostro territorio, siamo costretti a sorbirci analisi, valutazioni,  rapporti, proposte, da politici e istituzioni,  senza che nulla cambi.  O, se si rileva un cambiamento, è peggiorativo .  

Così   ampia  è la letteratura inerente la Valle del Sacco che spesso  annovera  soluzioni da libro dei sogni, fanta-grottesche , come quella dell’aeroporto Frosinone-Ferentino. Si disse che la costruzione di un scalo civile in piena Valle del Sacco, avrebbe contribuito a ridurre l’inquinamento atmosferico perché gli alberi piantati ai margini dell’area aeroportuale avrebbero, non solo assorbito l’inquinamento   prodotto dal combustibile  dagli aerei, ma anche tutte le emissioni nocive che le fabbriche li intorno rilasciavano nell’aria.  Come se bastasse piantare un po’ di verde attorno alla Viscolube, tanto per non fare nomi,  per eliminare le mefitiche emissioni derivate dal trattamento degli oli  industriali. Una soluzione fanta-grottesca,  se non fosse costata ai contribuenti ciociari qualcosa come quattro milioni e mezzo di euro per finanziare la  società deputata alla costruzione di un opera irrealizzabile. 

Ne abbiamo sentite tante , veramente tante.  Voglio quindi  anch’io   proporre una lettura un po’ fantasiosa . Immaginiamo un condominio, un grande palazzo in cui alcune famiglie, per risparmiare sulla donna ( o l’uomo) delle pulizie, non puliscono il proprio appartamento. Affidano il compito alla ditta per le pulizie generali  pagata da tutti i condòmini   che interviene solo un giorno a settimana   e si occupa di tutto il palazzo . Per risparmiare sulla monnezza, le succitate famiglie lasciano pure  i rifiuti dentro casa per poi affidarli  sempre alla stessa ditta. Immaginate come si potrà stare in un appartamento del genere!  Pavimenti sporchi, letti sfatti, polvere da tutte le parti, avanzi di cucina, monnezza dappertutto. Già perché l’intervento settimanale della ditta condominiale non riesce a rimuovere la sporcizia e l’immondizia che viene prodotta ogni giorno.  Senza contare  il rischio sanitario che, gli incauti  e sprovveduti  inquilini dell’appartamento, corrono, vivendo sempre a contatto con la sporcizia. 

Ebbene la Valle del Sacco è esattamente come l’appartamento di quel condominio.  La velocità di inquinamento dell’acqua, dell’aria, il devastante assalto al territorio operato da  inceneritori e discariche, non riescono ad essere neutralizzate dagli ipotetici interventi previsti dalla qualificazione SIN della zona. Interventi pagati da tutti noi condòmini del palazzo  in cui vivono gli untori.  

Fortunatamente non esiste un condominio come quello descritto, nessuno è capace di ridurre il proprio alloggio in una discarica, proprio perché è casa sua. Ecco.  Allora perché non consideriamo tutti noi “popolo inquinato” e” popolo inquinante” la Valle del Sacco come casa nostra?  Detta ideologicamente perché non consideriamo la Valle del Sacco uno spazio socialmente condiviso, dove è possibile vivere belle esperienze come fare una passeggiata lungo il fiume, oppure fare  addirittura il bagno nel  Sacco? Come l’inquilino del famigerato condominio s’incazza e protesta contro quelli che, non pulendo il loro appartamento,  appestano tutto il palazzo, perché anche noi come popolo inquinato non c’incazziamo contro chi ci avvelena acqua terra, aria, cioè la roba nostra?  

Ho parlato prima di esperienza. L’esperienza è un valore.   Fare un tuffo rigenerante d’estate  in acque pulite e fresche ci fa stare bene. Così come fare una passeggiata lungo il fiume sotto gli alberi, respirando aria buona,  è rilassante, ci fa stare bene. E  stare bene non è un valore?  Certamente  non è un valore d’uso, o di scambio monetizzabile  , ma non tutti i valori sono monetizzabili!...... O si?  Questo è l’altro guaio. Scaricare nel fiume inquinanti senza trattarli genera, grazie al risparmio sui costi di depurazione e smaltimento, un enorme valore monetizzato, ma distrugge irreparabilmente il valore dell’esperienza. Sempre per tornare all’ideologia, il capitalismo questo fa:  elimina completamente i valori d’esperienza per trasformarli tutti, compreso il respirare od il bere, in valori d’uso. 


Le vicende della Valle del Sacco dimostrano anche che  alienare il valore d’esperienza , o meglio, di sopravvivenza,  accolla alla collettività  ingenti costi monetizzabili.  Già nel rapporto ISPRA del 2012 (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)  si evidenziava come il danno ambientale per il solo SIN del Fiume Sacco era pari a 660 milioni di euro. Se aggiungiamo i costi sanitari, tutto ciò gravava sulla collettività per più di un miliardo di euro. A fronte di queste cifre fa sorridere la notizia che il 31 marzo scorso ci ha annunciato in pompa magna  il consigliere regionale Mauro Buschini.   Il prode Alatrese informava  come,  grazie alla sua battaglia, Il  Mise, aveva  sbloccato 36 milioni????? di euro per gli interventi di bonifica. 

Al di là dell’esiguità dei fondi, il riferimento alla bonifica da la misura di come in Regione non abbiano  capito nulla. Non si può dare inizio alla bonifica se prima non si eliminano completamente le fonti inquinanti. E’ come il condominio di prima, se l’inquilino non la smette di insozzare il suo appartamento ogni giorno, l’intervento settimanale della ditta di pulizie sarà  insufficiente quanto inutile. Del resto  se alla fine di aprile il presidente Zingaretti, riconfermato alla guida della Regione Lazio, nei  10 punti fondamentali dell’azione di governo per i prossimi anni non ha inserito il risanamento della Valle del Sacco, si può capire quale sia la considerazione regionale per il nostro territorio . 

Qualcuno potrà obiettare che sono in mala fede, nel senso che se il risanamento della Valle del Sacco non è una priorità del governo regionale significherà che i trenta denari  spuntati da Buschini avranno risolto il problema. Però se consideriamo con attenzione i dati  dal  2005 a oggi,  da quando cioè è iniziato lo psicodramma  del SIN che diventava SIR e poi ridiventava SIN,  il  Sacco è ancora qualificato,  a seconda dei tratti,  come “pessimo” o “scarso” . Parliamo dei livelli qualitativi stabiliti dall’Unione Europea . Unione che pretende una qualificazione tra il “buono” e l’”ottimo per tutti i corsi d’acqua  presenti  nei Paesi UE. A causa di questa inadempienza,  noi, POPOLO INQUINATO, pagheremo una multa  salata .  

A gennaio di quest’anno l ‘ISPRA    ha rilevato,   per l’ennesima volta, livelli inaccettabili di HCH (esaclorocicloesano), oltre alla presenza anomala  di altri inquinanti,  nelle acque del fiume,  e ha denunciato la presenza di ben 20 fonti di contaminazioni attive sin dalla prima segnalazione dell’emergenza (2005).  Strano, visto che noi “popolo inquinato”  abbiamo pagato un depuratore per il trattamento delle acque reflue e di scarto industriale più di 20 milioni. Strano fino ad un certo punto. Visto che l’impianto ad oggi, dopo stucchevoli rimpalli di responsabilità,  fra consorzio Asi e  Regione, è ancora inattivo. 

Perché è inattivo? Io un’idea ce l’avrei….può essere che sbagli. Secondo me se attivassero il depuratore domani, tempo due giorni e questo sarebbe fuori uso. Infatti le acque afferenti all’impianto dovrebbero subire una pre-depurazione da parte delle aziende interessate per non creare disfunzioni al sistema di filtraggio. Siccome, per il valore di monetizzazione a cui abbiamo fatto riferimento prima,  i depuratori aziendali sono di fatto inattivi o assenti ,  è meglio che certa melma non arrivi al mega impianto costato 20 milioni pena la sua distruzione. 

A questa situazione si aggiunge la drammatica criticità  sanitaria . Per chi ha la vocazione comunitaria, ma la memoria corta,  voglio ricordare che l’Italia insieme ad altri 53 Paesi,  nel 2010 ha firmato l’accordo Health 2020, un protocollo, messo a punto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità  in base al quale: “lo Stato  s’impegna a procedere al rafforzamento dei sistemi sanitari, alla salvaguardia della salute pubblica, a migliorare la capacità e preparazione per la gestione delle emergenze, nonchè ad attivare un adeguato sistema di sorveglianza dello stato di salute della popolazione,  laddove situazioni di crisi, o di grave deterioramento dell’ambiente abbiano provocato danni e la diminuzione dei livelli di benessere e salute”. La chiusura di ospedali nella Valle del Sacco (Anagni- Ferentino- Ceprano-Ceccano) il depauperamento delle prestazioni sanitarie attraverso l’accorpamento dell’ospedale di Frosinone con quello di Alatri, tutto fanno tranne che rispettare l’accordo dell’Oms. 

Ma, accordo dell’Oms a parte, il fatto che rapporti epidemiologici rilasciati da organizzazioni di ricerca sanitaria, (S.E.N.T.I.E.R.I) ed ERAS, indichino che le cause di morte nella Valle del Sacco  per tutte le malattie, siano più che doppie rispetto alla media Italia, dovrebbero, dal lato sanitario spingere a potenziare le strutture pubbliche anziché finire di distruggerle. Recente è il provvedimento  di chiusura del punto di primo soccorso ad Anagni ed  il trasferimento dell’unità centrale del   118 a Latina. 

E’ vero il mio intervento è  inserito nell’ambito degli Stati Generali dell’Ambiente e Risanamento della Valle del Sacco, quindi si esige da me una proposta concreta per contribuire alla risoluzione del problema. Per quanto mi riguarda la soluzione è semplice. Basta guardare a ciò che sta facendo la Regione e seguirne l’esempio.  Al contrario però

La Regione Lazio non ha ancora un piano sulla gestione dei rifiuti e le strutture disposte sul territorio regionale sono inceneritori e discariche tali da implementare un  sistema di trattamento dell’immondizia altamente inquinante? Ebbene si realizzi un piano rifiuti incentrato  sul riciclo e riuso,  sostituendo gli impianti inquinanti, con strutture finalizzate al trattamento della plastica  e della carta. Si operi un controllo più stringente sui Comuni affinchè questi si attivino per  aumentare il tasso di raccolta differenziata.  Si obblighino  le strutture deputate allo smaltimento rifiuti (vedi la Saf) ad investire sugli impianti per il trattamento della differenziata . 

La  Regione parla di bonifica quando ancora i soggetti inquinanti non sono stati rimossi? Ebbene si proceda alla totale eliminazione dei punti inquinanti, si attivi il depuratore costringendo le aziende a pre depruare i loro  liquami prima di conferirli all’impianto.  Dopo,   solo dopo, questa operazione si attivino i processi di bonifica. 

Qualcuno potrebbe obiettare che queste soluzioni sono impraticabili perché, come detto prima, vanno contro la monetizzazione del valore d’uso.  Allora rimettiamo al primo posto il valore dell’esperienza. Come? Facciamoci sentire. Insomma !  Gli inquilini del condominio si sono incazzati contro le famiglie che tenevano sporchi i loro appartamenti e noi “POPOLO INQUINATO” non possiamo incazzarci contro il “POPOLO INQUINATORE”?

*testo dell'intervento effettuato nel corso degli Stati Generali dell’Ambiente e Risanamento della Valle del Sacco

Due documenti a cura di Luciano Granieri risalenti al 2010 da allora nulla è cambiato







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