lunedì 20 maggio 2019

Un decreto incostituzionale da respingere

Coordinamento per la Democrazia Costituzionale



Fonti di stampa riportano la bozza di un “decreto legge” che il Consiglio dei Ministri si appresta a deliberare su proposta del Ministro dell’interno, recante “disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”.

Fermo restando che costituisce una grave scorrettezza annunziare un “decreto legge” e pubblicarne il testo prima che la procedura sia stata portata a termine, trattandosi di un espediente rivolto a condizionare la libertà di autodeterminazione del Governo e del Presidente della Repubblica, quello che allarma non è la violazione del galateo istituzionale, ma i contenuti gravemente incostituzionali che fanno apparire il decreto come un atto sovversivo dei valori che la Costituzione ha posto a fondamento della Repubblica italiana.

Innanzitutto gli invocati presupposti di straordinaria necessità ed urgenza sono frutto di una evidente falsificazione ideologica della realtà dal momento che la pressione migratoria dei flussi provenienti dal Mediterraneo si è  ridotta negli ultimi due anni del 98%, mentre, sotto il profilo dell’ordine pubblico, l’unica urgenza deriva dalla recrudescenza dei crimini d’odio per i quali non viene proposta alcuna forma di contrasto.

Nel merito, l’art. 1 del decreto introducendo una sanzione inconcepibile per tutte le imbarcazioni che si trovino in condizione di effettuare operazioni di soccorso in acque internazionali, impone nella sostanza di pagare un “riscatto” variante da 3.500 a 5.500 euro per ogni naufrago tratto in salvo. In pratica la norma pone un divieto di salvataggio dei naufraghi in alto mare, malgrado un richiamo apparente al rispetto della Convenzioni internazionali sul diritto del mare. Si tratta di una disposizione che non può avere altro effetto che quello di favorire la morte per annegamento dei profughi che tentano di attraversare il Mediterraneo con mezzi di fortuna. 

Una normativa simile non è mai stata emanata negli ordinamenti democratici; soltanto nella Germania dell’est sono state emanate delle disposizioni che favorivano l’uccisione di coloro che tentavano di passare irregolarmente la frontiera. Tali normative non hanno impedito la condanna dei responsabili politici di quello Stato, confermata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (con la sentenza Krenz del 22 marzo 2001).

Le modifiche al Codice della Navigazione, con il conferimento al Ministro dell’interno di competenze specifiche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e del codice di procedura penale, con l’attribuzione alla Procura distrettuale della competenza per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, si prestano ad una censura di incostituzionalità per la loro palese irragionevolezza.  Così come si prestano alle medesime censure le norme che introducono modifiche al codice penale, alle disposizioni a tutela dell’ordine pubblico ed al Testo unico di pubblica sicurezza, dove vengono addirittura raddoppiate le sanzioni previste dal legislatore fascista.

Costituisce, inoltre, una novità assoluta ed inconcepibile l’istituzione di un Commissario straordinario del Governo, proposto dal Ministro dell’interno, che intervenga nell’organizzazione degli uffici giudiziari, che in base all’art. 110 della Costituzione spetta al Ministro della Giustizia. 

Le norme in parola realizzano un’anomala concentrazione di poteri in capo al Ministro dell’Interno, che è anche il Capo di un partito politico, turbando gravemente i delicati equilibri istituzionali che presidiano le competenze statuali in materia di giustizia, difesa e sicurezza. Esse difficilmente potrebbero passare il vaglio di legittimità della Corte costituzionale; tuttavia di fronte a delle disposizioni che mettono in pericolo la vita di centinaia o migliaia di persone, le garanzie dell’ordinamento devono essere anticipate: è necessario che nel Consiglio dei Ministri si giunga ad una votazione per distinguere le responsabilità di ciascuno      ed è fondamentale il ruolo di controllo del Presidente della Repubblica che può rifiutarsi di emanare un provvedimento così oltraggioso per i valori repubblicani, come avvenne in passato per il c.d. “decreto Englaro”.   

Massimo Villone, Silvia Manderino, Alfiero Grandi, Mauro Beschi, Domenico Gallo, Antonio Pileggi, Alfonso Gianni, Pietro Adami, Antonio Esposito, Giovanni Palombarini, Maria Agostina Cabiddu, Armando Spataro, Giovanni Russo Spena, Livio Pepino, Francesco Baicchi, Antonio Caputo.

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