mercoledì 21 agosto 2019

Crisi parallele: Governo nazionale e Valle del Sacco. To be.....stopped

Luciano Granieri



Strani a volte sono i casi della vita. Il nove agosto scorso  sono stato invitato dal movimento RESTA di Serrone a partecipare ad un convegno sulla grave crisi ambientale che colpisce la Valle del Sacco. Proprio in quelle ore stava prendendo forma  la crisi di governo con Salvini che staccava la spina all’esecutivo  giallo-verde. Due eventi che in realtà non hanno nulla in comune, o non dovrebbero averlo, ma pensandoci bene sono il risultato di evoluzioni simili. 

Crisi   Valle del Sacco 1: la  prima area Sin
Nel 2005, a seguito dell’avvelenamento di alcune mucche stramazzate a terra senza vita dopo aver bevuto l’acqua del fiume ,   la Valle del Sacco assurse alle cronache nazionali. Si gridò subito all’emergenza ambientale che non doveva avere colore politico.  Esponenti sia di destra che di sinistra, si affollarono in convegni simposi e consulti  con sanitari ambientalisti ed associazioni.  La   zona venne qualificata come SIN (Sito d’interesse Nazionale per l’inquinamento) cioè lo Stato avrebbe dovuto  stanziare un po’ di soldi per la bonifica, ma dopo tanto clamore, nessuno si peritò di andare a controllare le fonti inquinanti, i cui maggiori responsabili pare fossero imprese  senza scrupoli,   ma guai a toccarle.

Crisi governo  1: La presa del  potere  del Caudillo con i fascisti
 Sul fronte della politica nazionale il 1994 fu l’anno della discesa in campo di Berlusconi.  Quello delle leggi ad personam,  del conflitto d’interesse dello sdoganamento dei fascisti. Si gridò all’emergenza democratica!  Al pericolo di una nuova dittatura tutte le forze, così dette, democratiche si mobilitarono in una sorta di novello CLN per ristabilire i principi democratici calpestati del  Ras di Arcore.  All’allarme di deriva autoritaria  si aggregò anche la Lega di Bossi che, in piena legislatura, disarcionò Berlusconi favorendo, con la desistenza,  la presidenza del consiglio   Dini, primo esempio di  governo tecnico sostenuto da tutti, ex comunisti del  Pds compresi.  Un esecutivo  di quelli lacrime e sangue tanto amato dalla UE. Non a caso fu proprio Dini a menare il promo fendente ai pensionati  trasformando il sistema previdenziale da retributivo a contributivo.



Crisi governo 2: La rivincita democratica, primo governo Prodi
 La mobilitazione contro lo spauracchio liberal fascista   berlusconiano  portò alla vittoria del Centro Sinistra a guida Prodi grazie anche all’appoggio di Rifondazione. Purtroppo però di legge sul conflitto d’interesse, neanche l’ombra,  né furono toccate più di tanto le norme  ad personam. Addirittura  il presidente della Camera  Luciano Violante dell’allora Pds,  nel suo discorso d’insediamento  dette un’impressionante lezione di  buonismo antifascista  invocando comprensione per i ragazzi di Salò. Giovani da capire perché in quel marasma, quando tutto stava precipitando, era normale che alcun  giovani si schierassero con i Partigiani,  ed altri con i Repubblichini. Il fascista Fini applaudì convinto. Nel 1997 lo stesso governo di emergenza democratica targato centro-sinistra vara la legge Treu . S’introduce il lavoro in affitto, si allarga l’uso dei  contratti a termine e a tempo parziale, una norma molto gradita dai padroni, evidentemente. 

Crisi governo 3: La costituzione secondo D’Alema
L’edizione successiva dell’esecutivo di centro-sinistra, questa volta a guida D’Alema, addirittura s’incarica di  scrivere una riforma costituzionale proprio con Silvio Berlusconi, quello accusato di attentare alla democrazia nel 1994.

Crisi Valle del Sacco 2: Arriva il SIR
Tornando alla Valle del Sacco si va avanti con continui avvelenamenti di acqua aria e suolo, ci si barcamena fra depuratori che non funzionano, urbanizzazioni selvagge  e insediamento d’industrie a Rischio Incidente Rilevante fino a che, nel 2013, il ministro Clini declassa la Valle da Sito d’Interesse  Nazionale a Sito d’interesse Regionale, ossia la bonifica si farà con i soldi della Regione. Altra mobilitazione generale contro l’emergenza ambiente.  Si presentano progetti di riqualificazione cui non viene dato seguito, intanto impianti destinati a bruciare scarti di auto, cementifici, ed ogni sorta di robaccia inquinante continua a martoriare aria, acqua e suolo.

Crisi governo 4: Emergenza  Democratica ma non troppo.
Nel 2001 grazie all’”efficacia” del Fronte   di Liberazione Nazionale  targato Prodi-D’Alema, rivince Berlusconi, con Fini , quello che aveva applaudito il discorso di Violante, a gestire  la mattanza del G8  di Genova . Stavolta l’emergenza democratica, pur invocata, è  meno sentita anche in presenza del massacro genovese  ,  tanto che la legislatura targata Arcore dura fino alla fine naturale del mandato fra veline, letterine e festini a luci rosse . La successiva vittoria del centro sinistra, con il Prodi Bis, dura solo due anni affossata dalla piccata e offesa reazione del Democristiano Mastella -  organismo politicamente modificabile,  transitante da destra a sinistra e viceversa  -  offeso per essere stato indagato per affari di corruzione.



Crisi governo  5: Non emergenza democratica ma sporca questione di soldi.
Ritorna l’emergenza democratica , come logico, nel 2008   a comandare è ancora  Berlusconi, che   questa volta cadrà non per la paura di una deriva autoritaria , ma per un diktat della UE. Già nel 2010, a causa dello strappo di Fini, il governo Berlusconi non aveva maggioranza, ma per la stabilità dei  mercati una crisi di governo era una iattura . Fu il presidente Napolitano  rinviando sine die la verifica dell’esistenza di una maggioranza  ,  che consentì a Berlusconi di fare campagna acquisti in campo avverso. Scilipoti , il pittoresco Razzi ed altri parlamentari dell’opposizione   passarono con il Cavaliere consentendo la sua  sopravvivenza. Che tuttavia non durò molto . Berlusconi   cadde per mano dello spread, arma con la quale comunità finanziaria e la UE tolsero di mezzo un premier diventato improvvisamente  pericoloso per i mercati. Non fu un’emergenza democratica ma quella dei conti a defenestrare il Cavaliere  e a consegnare   Palazzo Chigi a Mario Monti  - altro tecnico affamatore di popolo -  votato da tutti:  dal Pd a Forza Italia in una salvifica  alleanza pronta ad avvallare la devastazione sociale che, in nome del pareggio di bilancio (votato anche dalla Lega nel 2012) il professore   impose all’Italia.  Fu in questo periodo che cominciò ad avere successo il Movimento 5 Stelle raccogliendo l’insoddisfazione e la rabbia di una cittadinanza prostrata.

Crisi governoi 6: La non vittoria del Pd.
Gridando proprio all’inciucio il Movimento 5 Stelle riuscì a rendere parziale la vittoria della coalizione, a guida Pd, nelle elezioni del 2013.  Cominciò la scalata di Renzi il quale, prima vinse la segreteria Pd con il trucco delle primarie aperte ,  poi scalò la  presidenza del consiglio, facendo fuori il primo inquilino di Palazzo Chigi di quel governo, Enrico  Letta. Iniziò una vera e propria deriva  anti sociale: Jobs Act, con l’abolizione dell’art.18, aumento della precarietà del lavoro con il decreto Poletti, riforma della Rai che diventava strumento di propaganda del governo,  istruzione svenduta ai capitali privati  con  la buona scuola, ed infine Il decreto Minniti  -ordito dall’esecutivo Gentiloni fedele replica di Renzi  -nel frattempo disarcionato dalla sconfitta del refrendum costituzionale. Decreto  che regalava soldi alla Libia in cambio dell’impegno di carcerare e torturare gli immigrati per non farli partire.   Già  si  demonizzavano le Ong.


Crisi Valle del Sacco 3: La politica dell’incenerimento e delle discariche
Renzi fa danni anche nella Valle del Sacco. Nel piano sblocca Italia gli inceneritori rientrano nel  novero delle aziende di preminente interesse economico, per cui possono  essere installati senza Valutazione d’Impatto ambientale. Zingaretti coglie al volo l’occasione di favorire le lobby dell’incenerimento  e comincia a pianificare l’insediamento d’inceneritori in tutta la Valle del Sacco,  prevede di attivare i termovalorizzatori di  Colleferro, proposito bloccato dalla sollevazione popolare,  per questo tarda a redigere il piano rifiuti, scaduto nel 2012. Nel frattempo le discariche abusive arrivano a 27 nella provincia di Frosinone. L’ambiente non ha colore politico, ha quello  della monnezza  su cui fanno affari, non disturbati   da alcun colore politico, appunto le maggiori multi utility.

Crisi Valle del Sacco: 4 Schiuma, incendi e nuovo Sin
L’emergenza  continua . A dicembre 2018  il Sacco viene invaso da una fetida schiuma bianca. E’ ancora una volta allarme.   Si organizzano ronde per scoprire il folle inquinatore, ma nessuno si sogna di controllare gli impianti di depurazione della grandi aziende,  o di capire perché i depuratori urbani di Acea non funzionano, guai a disturbare i grandi interessi privati. Nel frattempo la Valle del Sacco e tornata ad essere Sito d’interesse Nazionale con lo stanziamento di 53 milioni di euro per la bonifica.Non si fa in tempo a respirare, non solo metaforicamente.  La  Mecoris, azienda che stiva,  tratta e ricicla rifiuti, va a fuoco. L’impianto situato a pochi metri dall’ospedale di Frosinone, invade la città con fumi tossici. Si strilla ancora una volta all’emergenza, salvo poi scoprire che la Mecoris  ha avuto l’autorizzazione  nel 2016 ad operare in una zona gravemente inquinata, da regione, provincia e comune di Frosinone che non si è nemmeno presentato alla conferenza dei servizi. Dopo un consiglio comunale tumultuoso con i cittadini infuriati, vari simposi e convegni, convocazioni delle   associazioni ambientaliste  da parte del sindaco leghista  e  del consigliere provinciale con delega all’ambiante,  si è giunti alla conclusione che, in fin dei conti, l’incendio non è stato così nocivo, i dati Arpa lo confermano. Quindi non è così grave  ignorare  quante siano  le aziende RIR (Rischio incidente rilevante) operanti nel territorio, quante quelle  ricadenti sotto la direttiva Seveso.  Non si sa nulla a partire da come saranno gestiti i fondi per  la bonifica. Ovviamente di andare a trovare e sanzionare chi inquina non se ne parla proprio…….. to be continued alla prossima emergenza.



Crisi governo 7: Il dittatore del libero Stato di Papeete Beach
Torniamo ai governi, arriviamo all’oggi. Questa volta l’esecutivo giallo-verde non cade per una mobilitazione sinceramente democratica contro il despota Salvini, traghettato al potere dall’insipienza dei 5 Stelle, ma dalla voglia del “Truce” di avocare a se   pieni ed insindacabili  poteri, senza le palle al piede di alleati di governo inaffidabili, opposizioni , ma soprattutto senza i vincoli   della tutela  democratica identificati nella Costituzione. Forte del consenso elettorale ottenuto alle Europee e dall’ulteriore possibile  plebiscito proveniente dai sondaggi,  il Capitano del Rosario   crede di avere podestà  su  tutto e tutti  anche  sul presidente del Consiglio Conte il quale, secondo lui,  dopo le   sue intimidatorie  esternazione proferite sui social  sulla volontà di staccare la spina per capitalizzare il consenso nelle urne,   doveva  intimorito   presentarsi  dimissionario al Presidente della Repubblica. Ma il premier  lo bugera riferendo in   Senato per rendere trasparente la crisi e costringendo la Lega a presentare la mozione di  sfiducia, poi ritirata, nel tentativo di evirare la catastrofe .  La mossa di Conte (vedi Mattarella) spiazza, e di fatto disintegra,  i propositi totalitari   di Salvini, il quale senza i soldi del ministero degli interni non può gestire tutto l’armamentario di propaganda che lo ha portato al successo, né firmare ordinanze contro le Ong. Si  staglia all’orizzonte l’ennesimo governo di emergenza democratica, con M5S, Pd, Leu , + Europa  , magari guidato da un altro famelico tecnico quale l’uscente governatore della Bce Mario Draghi. O forse no.... Alla fine nulla cambia. To be continued………alla prossima emergenza democratica. 



La verità è che nessuna crisi, né quella della Valle del Sacco, né quella di governo avrà mai una soluzione nelle attuali condizioni. Ci troviamo di fronte a due blocchi sociali:  una parte collaterale alle grandi banche,  alla comunità finanziaria  -che ha nella UE la massima espressione di governo basato sulle politiche di austerity - incarnata dal Pd. Dall’altra un corpaccione granitico di imprenditori incattiviti, astiosi contro ogni forma di solidarietà sociale, i nemici dei neri, degli zingari, dei gay,  delle tasse, quelli del “meno stato e più impresa” quelli dei "fascisti brava gente" , rappresentati  della Lega, Fdi e Forza Italia.  I cinque stelle? Possono stare sia di qua che di la è un’entità flessibile che prende posizioni in base a ciò che conviene alla    Casaleggio  Associati . I due blocchi, nonostante mostrino di combattersi , sono tutt'e due  funzionali    agli interesse dei grandi capitali.  Entrambi sono attivi nel trasferire ricchezza dai redditi di lavoro a quelli della finanza.  Se questo è,   le crisi, sia quella della Valle del Sacco,  che del governo non avranno  mai soluzione, o meglio a pagare saranno sempre i cittadini più deboli Allora  sarebbe il caso di mettere in campo un altro blocco sociale quello che una volta si raggruppava attorno a ciò  che oggi è considerata un’utopia ma che dovrebbe tornare realtà.  La realtà socialista.  E’ fondamentale rimettere in campo una prospettiva anticapitalista, oggi cancellata dai radar della politica, per trasformare il To be continued in To be…….stopped.


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