domenica 13 ottobre 2019

Per una solidarietà non ipocrita con il popolo curdo del Rojava,

Luciano Granieri



L’aggressione fascista del dittatore Erdogan contro i Curdi  del Rojav,a nel nord della Siria, ha suscitato  rabbia e indignazione  presso gran parte degli organi istituzionali internazionali. Da tutte le nazioni europee, compresa l’Italia, si sono levate denunce e moniti al dittatore turco, affinchè fermasse l’invasione. Contemporaneamente cittadini, associazioni, movimenti, organizzazioni sindacali e politiche  sono scese in piazza, o si apprestano a farlo,   per protestare contro  l’aggressione turca. 

Tutte manifestazioni sacrosante, ma che devono necessariamente avere un seguito. Alla   solidarietà  e deve seguire l’appello inequivocabile alle istituzioni nazionali ed  internazionali ad agire, ad andare oltre l’indignazione contro Erdogan. 

In primo luogo urge revocare immediatamente l’autorizzazione, da parte della Farnesina, all’esportazione di armi in Turchia.  Negli ultimi 4 anni il valore di tali armamenti è stato di 890 milioni di euro, 360 per il solo 2018. 

A livello europeo è ineludibile l’annullamento degli accordi con la Turchia sulla gestione dell’immigrazione, interrompendo conseguentemente  i relativi finanziamenti  della  UE a favore di  Erdogan. Sei miliardi sono stati già stanziati altri 3,6 miliardi stanno per essere inviati. 

Quindi  pressare il Consiglio europeo affinchè ridefinisca  gli accordi di Dublino, prevedendo l’obbligo da parte dei Paesi membri di accogliere un numero di migranti proporzionale  al numero di abitanti degli Stati, pena il blocco della ridistribuzione dei fondi. In questo modo, oltre a inviare un segnale  umanitario e solidaristico forte -quale una Unione che si vuole basata su principi di pace e solidarietà deve dare - si eviterebbe di stipulare accordi con dittatori senza scrupoli come Erdogan , o con milizie delinquenziali come quelle dei trafficanti libici , in modo da  non dover cedere a ricatti di sorta. 

Ma soprattutto sono necessarie prese di posizioni contro un accadimento chiaro ed inequivocabile in cui   un regime dittatoriale, quello turco -che mette in galera gli oppositori politici, i giornalisti – sta impunemente aggredendo  la   Repubblica del Rojava,   l’unico esempio di democrazia reale rimasto in Medio Oriente e forse nel mondo. 

In quelle terre vige Il cosiddetto  confederalismo democratico”. Il progetto  su cui doveva basarsi  l’unificazione curda  nato nel sud est della Turchia e promosso da Abdullah Ocalan, leader del partito dei lavoratori curdi PKK, poco prima che venisse catturato ed incarcerato. 

Un esempio di repubblica basata sulla gestione popolare diretta dell’economia, del territorio, delle istituzioni, sulla difesa  popolare organizzata nelle  milizie territoriali. La parità di genere è  il primo requisito per una corretta gestione delle organizzazioni politiche e sociali. Senza un ruolo primario delle donne, vittime millenarie di un’oppressione patriarcale - per i  Curdi del Rojava - è  una mistificazione parlare di democrazia. Così come non si può realizzare un compiuto assetto democratico senza il perseguimento dell’uguaglianza sociale, il riconoscimento e il rispetto delle differenze religiose.  

La repressione dei governi turchi contro i Curdi, dal 1984 ad oggi, che poterà alla distruzione di migliaia di villaggi e a 40 mila vittime, costringerà la prosecuzione del confederalismo democratico nel nord della Siria . 

Tale organizzazione della società si è rilevata talmente efficace da consentire ai Curdi del Rojava di sconfiggere i terroristi di Daesh, con le milizie territoriali composta al 40% da donne con comandi misti donne-uomini. 

Il confederalismo democratico è un esempio di assetto politico, sociale ed economico, indigesto per i potentati finanziari che governano i Paesi dell’Unione Europea dell’intero occidente e delle petrol-monarchie. Ecco perché è molto forte il dubbio che, al di la dell’indignazione di facciata, l’azione della Turchia possa essere quanto meno tollerata  - visto che, insieme con il riattivarsi delle incursioni  terroristiche di Daesh, potrebbe inferire un duro colpo ad un modello democratico, basato veramente sulla partecipazione  popolare.  

Ecco perché ancora più chiaramente e fermamente è necessario ribadire e rilanciare un’azione che vada oltre l’indignazione e si schieri senza se e senza ma a fianco della resistenza Curda.


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