sabato 21 marzo 2020

Emergenza Covid-19 a Frosinone. Urge sospendere il piano di riequilibrio economico e finanziario.

Luciano Granieri





Per la prima volta da quando esiste l’Unione Europea il patto di stabilità e crescita è stato sospeso. Cioè quel numeretto "3% "che definiva il limite del debito in rapporto al Pil oltre il quale uno Stato non poteva andare, è scomparso, svaporato, annientato dall’emergenza Covid-19. Ciò significa che ogni Paese dell’Unione può spendere quanto necessario  per fronteggiare un’emergenza sanitaria devastante, senza curarsi di quanto sforerà sul debito concordato con la Ue. E’ cosa buona e giusta anzi e necessaria e dimostra che il Re è nudo,  rende  cioè evidente come le regole  del mercato, sul quale di fatto si fonda l’ Unione Europea, non siano in grado  di salvaguardare automaticamente anche le  persone,oltre che i profitti,  sconfessando  sonoramente  i postulati della vulgata liberista. 

Tutto perfetto se non fosse che l’istituzione democratica più vicina ai cittadini, cioè il municipio, dalla magnanimità europea è rimasta esclusa. Giova infatti ricordare che dal  2012 i Comuni devono rispettare rigorosamente il patto si stabilità interno, ossia la logica del pareggio di bilancio trasferita dall’Europa  agli enti locali, anche se il loro concorso alla determinazione dell’enorme debito pubblico italiano  è esiguo non supera l’1,8%. 

Come ricorda Marco Bersani nel suo articolo sul “manifesto" di oggi” Comuni d’Italia, tra pazienti zero e interessi sul debito" l’obbligo di rispettare il patto di stabilità interna, sacrificando ogni funzione sociale e svendendo ai privati proprietà e servizi pubblici, ha ridotto i Comuni a semplici enti esattoriali,  controllori del conflitto sociale e,  oggi,  a feroci persecutori di chi si mette a correre nei parchi. In un quadro di tale depauperamento delle casse comunali,  l’impatto con il Covid-19  rischia di mettere definitivamente in ginocchio i municipi. Per cui come si è sospeso il patto di stabilità e crescita a livello europeo, parimenti si dovrebbe sospendere il patto di stabilità interna, oltre che prevedere una immediata moratoria  del pagamento degli interessi sul debito,  da cui ricavare risorse immediate per  far fronte all’emergenza socio-sanitaria in atto. 

Considerando la situazione del  Comune di Frosinone, ad esempio,  sarebbe oltremodo salvifico chiedere l’immediata sospensione del piano di riequilibrio economico e finanziario cui l’ente è sottoposto dal 2013, evitando l’ottenimento di avanzi primari da qui al 2022 per 6milioni di euro circa.  Inoltre sarebbe fondamentale una  moratoria sull’ulteriore pagamento di circa un milione di euro l’anno, per trent’anni, ( durata della dilazione a rischio d’incostituzionalità) a saldo del debito di 28milioni di euro risultato del riaccertamento dei residui attivi e passivi operato dal Comune nel 2015.  Ammanco non certo procurato dai cittadini. 

L’ideale sarebbe che fosse il sindaco Nicola Ottaviani,  con la sua giunta,  a farsi carico di potare la  richiesta alla Corte dei Conti ma, com’è noto, proprio la scusa del predissesto  ha consentito al Primo Cittadino di porre in essere quell’ampio piano di privatizzazione di beni e servizi vero obiettivo della sua consiliatura.  E' chiaro, dunque, che chi ci guida  ha interesse a mantenere  lo status quo, sordo a certe rivendicazioni.  Tocca quindi alla collettività avanzarle   e magari trasferirle  a quei consiglieri d’opposizione  che ultimamente hanno dato dimostrazione di essere   più vicino ai cittadini. 

Chiudendo i bilanci alla pari, o addirittura a debito, e sgravati di un ulteriore rata di un milione all’anno si potrebbero liberare risorse per ridurre  un peso fiscale già   pesante  per i frusinati , che diverrà insostenibile a seguito della crisi determinata dal Coronavirus.  Si potrebbe potenziare la rete sociale di supporto agli anziani, ai malati, e a chi li deve accudire,  ripristinare un minimo di aiuto pubblico annientato dalle pesanti politiche di austerity imposte dal sindaco in nome del rispetto del piano di riequilibrio economico e finanziario.

 Gioverebbe molto a questa causa anche annullare l’insana operazione di "rent to buy"  messa in piedi dalla giunta Ottaviani per acquisire il palazzo della Banca d’Italia che impone il pagamento di 153 mila euro di canone annuo (per dieci anni)  con il rischio di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano visto che i due milioni di euro necessari per perfezionare l’acquisto fra nove  anni sembrano un pio desiderio, più che una posta di bilancio. 

Insomma la tragedia Coronavirus ha evidenziato il fallimento delle politiche liberiste deleterie alla salvaguardia della vita delle persone, un’evidenza che dovrebbe imporre dei cambi paradigmatici potenti sull’azione politica delle istituzioni   anche e soprattutto a livello locale. Il  guaio è, purtroppo, che certe  amministrazioni non hanno orecchie per sentire,  dunque bisogna organizzarsi collettivamente dal basso ed agire in questo senso, per adesso da casa, attraverso interventi in rete,  poi, quando sarà tutto finito, speriamo presto, dalle piazze.

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