I went down to St. James Infirmary Sono
andato all’ospedale St.James
Saw my baby
there
li
ho visto la mia piccola
She was
stretched out on a long white table
distesa su un lungo tavolo
bianco
So cool, so
sweet, so fair così fredda, così dolce così bella
Let her go, let her go,
God bless her lasciala andar via, lasciala ander via Dio
benedicila
Wherever she may be ovunque lei sia
She can look this wide world over
lei può cercare in questo
vasto mondo
But she’ll never find a sweet man like me
ma non potrà mai trovare un uomo dolce come me
When I die bury me in straight lace shoes quando morirò seppellitemi con le scarpe
lucide
I wanna a box-back coat and a
Stetson hat voglio
una giacca coi risvolti e un cappello Stetson
Put a twenty-dollar gold piece on
my watch chain mettete venti dollari in
pezzi d’oro nella catena del mio orologio
So the boys’ll all know that I
died standing pat così che i ragazzi
penseranno “anche da morto sa il fatto suo
Questo è il testo del brano
St.James Infirmary. Un pezzo dalle origini incerte, pare venisse dall’Irlanda, le cui note devono aver risuonato per diverso tempo, agli inizi del ‘900, lungo le venti
miglia del porto di New Orleans , nei locali di Storyville. Un blues che Louis
Armstrong rese famoso avendolo inciso a
Chicago nel 1928 e che in seguito entrò nel repertorio di mille altri musicisti
non solo di jazz.
Parla di un povero
cristo, alcuni alludono ad un giocatore d’azzardo fallito, comunque un
poveraccio, che mestamente si reca a vedere la sua donna morta all’ospedale di St.James (che non si trova
a New Orleans ma probabilmente ci si riferisce
a un ospedale aperto a Londra prima dell’invasione normanna per
ricoverare “quattordici sorelle lebbrose nubili”). Qui di fronte alla sua “piccola” così dolce e
così bella distesa su un lungo tavolo bianco, il povero ma orgoglioso, e un po’
guascone , ragazzo immagina come dovrà essere il suo di funerale.
Lui abituato
a girare scalzo come i vagabondi di New Orleans
pretende di essere seppellito calzando delle scarpe lucide, indossando
un’elegante giacca coi risvolti e un cappello Stetson, e prega qualcuno
affinchè gli metta venti dollari in pezzi d’oro nella catena del suo orologio,
in maniera che quella eleganza sfoggiata nella bara, possa testimoniare una vita
diversa da quella vissuta.
Probabilmente St.Jame Infirmary sarà risuonata spesso nei funerali di New
Orleans eseguita delle bands che suonavano per dar lustro al defunto anche se
poverissimo. Il funerale a New Orleans era una cerimonia in
cui, così come nelle occasioni festose, le varie bands tendevano a mettere in mostra
le abilità dei solisti, in particolare i cornettisti, che davano fondo ai polmoni
nel soffiare dentro i propri strumenti blues a profusione. La cerimonia funebre
non era propriamente triste ma era la semplificazione del come la vita era
considerata dai neri rispettosi del
principio racchiuso nelle parole “piangere alla nascita ed esultare alla morte”.
Guardando la fila di camion militari, con dentro le bare delle vittime di Bergamo decedute per il Covid-19, diretti
al tempio crematorio di Serravalle Scrivia, ho provato desolazione e tristezza. La manifestazione della morte sottratta all’emotività di chi rimane in vita. Non un figlio, non un genitore, non una
sorella o fratello che potesse piangere e rinnovare la vita del proprio caro
ricordando momenti del vissuto insieme, ma solo un mesto saluto da lontano
imposto dalle ferree regole della distanza sociale. Neanche la possibilità, di
esultare alla maniera dei neri di New Orleans, di confessare al proprio
caro quei sentimenti rimasti segreti, di ipotizzare il riscatto nella morte di ciò che non si è
potuto essere in vita.
E allora ho
immaginato , d’appresso a quei lugubri camion, la presenza di un carretto con
sopra una band, magari capitanata da King Oliver e Luis Amstrong insieme, suonare le note di St. James Infirmary per dar lustro a qui defunti. Un modo per lenire il mondo di tristezza che mi ha colto nel
vedere quei feretri. Una tristezza
infinita che deve per forza spingerci a concepire un sistema di vita completamente
diverso da quello che abbiamo vissuto finora. Lo dobbiamo a loro, a chi ahimè sarà destinato a lasciarci nelle prossime ore e a tutti noi.
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