giovedì 13 agosto 2020

Da un Parlamento di nominati ad un Parlamento di servi

 Luciano Granieri


Perché mai  degli amministratori locali che hanno richiesto il bonus Inps per le partite Iva si sa tutto, nomi cognomi e malefatte, mentre si fa così fatica a conoscere le generalità dei deputati che hanno inoltrato la stessa richiesta?  

La scusa sul rispetto della privacy, avanzata  dal presidente dell’Inps Tridico, già consigliere di Di Maio, messo lì in nome del vecchio e consolidato  “spoils system”  - alla faccia del grillesco  “rivoltiamo il sistema” -  non regge, anzi. Il garante per la protezione dei dati personali, avendo autorizzato la pubblicazione dei nomi,  ha confermato che nel caso in cui sono  coinvolte persone destinatarie di  cariche pubbliche importanti, non solo non si applica la difesa della privacy, ma deve essere trasparente ogni notizia riferita ai redditi e situazioni patrimoniali. Lo  stesso garante ha inviato una richiesta d’informazione all’Inps, aprendo una istruttoria sulla metodologia, a dir poco, sospetta  seguita dall’istituto previdenziale rispetto alla diffusione  dei dati dei beneficiari del bonus. 

A seguito di questi accadimenti, quindi, il capo dell’Inps non poteva fare altro che cedere rendendosi disponibile a rivelare i nomi, qualora il Presidente della Camera Fico ne facesse richiesta.  Una situazione a dir poco kafkiana che sa tanto di tentativo maldestro e fallito di voler screditare l’intero Parlamento, e non i singoli membri così come fatto per le amministrazioni locali, allo scopo di supportare le ragioni del SI al referendum costituzionale sulla diminuzione dei parlamentari. 

Il postulato è: visto che il Parlamento è formato da gaglioffi senza scrupoli, diminuendo il loro numero si limitano le malefatte ai danni della collettività, e si risparmiano soldi. Sicuramente  non tutti i parlamentari sono gaglioffi, ma  resta il fatto che una buona parte di essi è quantomeno incapace, non in grado di portare avanti il mandato che i cittadini gli hanno conferito. Ciò non  dipende dal loro numero ma dal fatto che  non sono stati scelti dai cittadini.  Sono stati "investiti", invece, dai  capibastone di turno, i quali, grazie a leggi elettorali in cui non è prevista la preferenza  (neanche per il Brescellum che andrà in discussione dopo il referendum)  ma liste bloccate formate dalle segreterie, scelgono chi far eleggere in base al grado di fedeltà al padrone, formando così un Parlamento di nominati. 

Con la riduzione del numero dei posti disponibili e senza una legge elettorale che preveda le preferenze, il grado di fedeltà al capo dovrà essere ancora maggiore. Si passerebbe così da un Parlamento di nominati ad un Parlamento di servi, pronti a tutto pur di massimizzare il profitto di un seggio ottenuto  a prezzo finanche dell’umiliazione davanti al padrone, con la conseguente  totale delega del potere legislativo al governo. E allora non ci sarebbero più remore né scrupoli ad approfittare, senza vergogna, di certe odiose prerogative. Altro che richiesta del bonus Inps!

Dal momento che questa, e altre motivazioni, fra le quali lo schieramento sempre più ampio per il NO di personalità istituzionali ed esponenti del Pd -resisi conto, tardivamente ahimè,  della grande corbelleria compiuta nel barattare le sorti di un governo con una riforma costituzionale - stanno disgregando le ragioni del SI,  partito con un favore quasi plebiscitario, ora  ci si attacca ad  operazioni di bassa lega  tipo quella del bonus partite Iva. 

Operazioni misere come furono quelle messe in campo da Renzi all’epoca del referendum costituzionale del 2016. Ve lo ricordate il modo a dir poco fuorviante, se non truffaldino, in cui furono scritti i quesiti referendari, dove si sottintendevano tutti i vantaggi del votare SI? Oppure il coinvolgimento usurpato dei Partigiani veri  (quelli deceduti) e di Enrico Berlinguer che avrebbero votato SI? 

Escamotage da quattro soldi  che alla fine non hanno pagato.   Evidentemente gli Italiani non hanno l’anello al naso e capiscono quando si tenta di imbrogliare perché la forza delle motivazioni è debole ed insostenibile.  A Renzi andò male. A Di Maio e soci? Speriamo pure. Quindi votiamo decisamente NO.

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