venerdì 30 ottobre 2020

Risposte immediate, non ambiguità e silenzi. Il Paese non regge

Ufficio stampa Rete dei Numeri Pari 




30 ottobre 2020 -
 La protesta dei cittadini e delle cittadine che scenderanno in piazza in queste ore
 per chiedere garanzie e certezza di diritti, è quanto mai giusta e opportuna in un Paese in cui il Governo e l'opposizione non si sono mostrati all'altezza della drammatica crisi che stiamo vivendo.


Una crisi che sta colpendo innanzitutto i ceti popolari e i ceti medi e che allo stesso tempo colpisce anche quei corpi sociali intermedi che sono la spina dorsale del Paese e ne garantiscono la tenuta democratica: associazioni, cooperative sociali, comitati, sindacati, parrocchie e tutti quei soggetti sociali quotidianamente impegnati a garantire sostegno e diritti a milioni di persone che in questi 12 anni di crisi hanno visto peggiorare la loro condizione materiale ed esistenziale. Una crisi che poteva e doveva essere affrontata in tutt'altro modo, mentre abbiamo assistito a un dibattito vergognoso e irresponsabile per tutta l'estate, tra chi parlava solo di ripartenza e chi negava addirittura l'esistenza del virus.

Da marzo aspettiamo interventi concreti ed efficaci. L’abbiamo chiesto durante gli incontri avuti lo scorso maggio con la Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministro del Mezzogiorno e la Ministra per le Infrastrutture. Avevamo chiesto e continuiamo a chiedere interventi immediati per garantire il diritto all’abitare, un reddito universale di base, assunzioni di personale medico e paramedico, maggiori investimenti sulle politiche sociali e nel contrasto alle mafie, cambiamenti nel trasporto pubblico e nella didattica, investimenti nella riconversione ecologica delle attività produttive e nella filiera energetica per garantire il diritto al lavoro e la sostenibilità ecologica, la sospensione di qualsiasi malsana idea di ulteriore regionalizzazione della sanità causata dalla secessione dei ricchi voluta da Confindustria e spacciata come “autonomia differenziata”, maggiore sostegno agli enti locali e alle reti sociali impegnate nel contrasto alla povertà e alle mafie, con particolare attenzione a Campania e Sicilia che sono 2 tra le 4 Regioni più povere d’Europa. Ma niente di tutto questo è stato fatto e oggi ne paghiamo le conseguenze.

Manca una riforma della sanità territoriale che metta in condizioni i nostri medici di basi di lavorare meglio; mancano le assunzioni per decine di migliaia di medici e infermieri necessarie per far funzionare al meglio il nostro Sistema Sanitario Nazionale, depotenziato da 36,7 miliardi di tagli fatti in un decennio con la responsabilità di tutte le forze politiche che si sono alternate al Governo; mancano decine di migliaia di automezzi per il trasporto pubblico mentre invece si è continuato a parlare di grandi e inutili opere che non servono a garantire il lavoro, la salute dei cittadini e sostenibilità ecologica; manca una riforma del welfare che garantisca servizi accessibili e di qualità; manca una misura di sostegno al reddito che rispetti quanto indicato all’interno dei Social Pillar europei; mancano scuole adeguate e interventi nel sistema scolastico che mettano in condizione famiglie e corpo docenti di garantire a tutti e tutte il diritto allo studio; mancano politiche industriali in grado di ripensare l’obsolescenza delle nostre attività produttive e che garantiscano lavoro di qualità e il diritto alla salute per le comunità. 

Queste sono le cause della crisi. Sono queste mancate scelte e questi mancati interventi che determinano l'aumento dell’impatto del virus nelle comunità, l’esplosione delle disuguaglianze e della povertà, la crescita del potere della criminalità e del welfare sostitutivo mafioso. L’esplosione della rabbia sociale che vediamo in queste ore ne è la diretta conseguenza. Di questo si deve discutere e a questi problemi bisogna dare risposte. Pensare di continuare a spostare l'attenzione, facendo finta di non vedere quelle che sono le cause della crisi, rischia di portare la nostra democrazia a una crisi irreversibile.

Come cittadini e cittadine abbiamo fatto non solo la nostra parte ma molto di più, mettendo in campo attività di mutualismo e solidarietà che hanno colmato il vuoto dello Stato. Oggi non possiamo continuare ad accettare l'assenza di risposte e di misure istituzionali efficaci in una situazione in cui è evidente il fallimento delle scelte del Governo in questi sei mesi. Se non si interviene subito, a pagare il dramma della crisi e gli errori nelle scelte politiche sarà la stragrande maggioranza della popolazione. Non possiamo più andare avanti così! A rischio è la tenuta democratica e non si potrà raccontare ogni esplosione di rabbia sociale come qualcosa di organizzato dalla criminalità organizzata. È questa l'unica lettura da non fare e da non dare se non si vuole aiutare la criminalità organizzata a capitalizzare la crisi e l'esplosione di disuguaglianze e povertà nel nostro paese.

Il governo deve mettere in campo misure immediate di sostegno a tutti i cittadini e alle attività economiche che vengono penalizzate. E visti gli errori del passato, se l'unica strada per frenare la crescita dei contagi e la pressione sugli ospedali è il lockdown lo si faccia subito senza ulteriori esitazioni. Se anche questa volta ci sentiremo dire che non ci sono le risorse, ricorderemo a Governo e opposizione che i soldi ci sono, perché in questo paese c'è chi continua a guadagnare da questa crisi. È arrivato il tempo di ricordare a tutti che nel nostro paese l'unica cosa sacra non è la proprietà privata, come affermato in maniera sgrammaticata da ex Ministri e Prefetti, ma "l'intangibilità della dignità umana" così come stabilito dalla nostra Costituzione. L'unica illegalità che la nostra Carta non tollera è la povertà, che è sempre un crimine di civiltà. I soldi ci sono, si tratta di ridistribuirli e se necessario - come già avvenuto in altri Paesi - si introduca una patrimoniale sulle grandi ricchezze. La solidarietà è il valore della nostra civiltà. Questo chiediamo oggi come reti sociali a Governo e Parlamento perché la cooperazione e la solidarietà - non la competizione - sono l'unica strada per uscire della crisi e massimizzare i risultati per tutte e tutti.

Nessun commento:

Posta un commento