sabato 18 agosto 2012

Ilva. Accordo Truffa

Luciano Granieri


 Venerdì scorso  presso  la prefettura di Taranto ha avuto luogo l’atteso vertice fra i ministri dell’ambiente Corrado Clini, dello sviluppo economico  Corrado Passera, il Presidente della regione Nichi Vendola, autorità provinciali ,comunali , portuali , sindacati  e i vertici dell’Ilva. L’incontro era necessario  per trovare una soluzione, non ai problemi degli operai, che rischiano la loro salute e il posto di lavoro, né a tutta la cittadinanza di Taranto, che flagellata dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica metallurgica, si ammala, muore di cancro, ma alla proprietà  privata dell’ex Italsider  perseguitata dal solito giudice ammalato di protagonismo.  Questo è il quadro che emerge ascoltando gli esiti dell’incontro riportati nella conferenza stampa tenuta dal ministro Clini .  In una prefettura blindata, circondata da una zona rossa off limits, presidiata  delle forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, si è deciso il nuovo piano industriale dell’Ilva. Fuori si animava  la protesta del comitato  di “Cittadini e Operai liberi e pensanti “e di altri movimenti,  orfani del loro apecar  inibito all’uso da parte delle forze dell’ordine che lo avevano equiparato a mezzo di offesa più letale di un  F-35. A proposito, avete notato che quando un membro del governo si muove si moltiplicano   zone rosse  e falange armate di protezione . Vorrà dire qualcosa?  Forse. Ma torniamo al tema.  Quanto deciso nel vertice è una truffa bella e buona  . Vediamo perché. Innanzitutto secondo quanto annunciato dal ministro Clini il governo non farà ricorso alla Corte costituzionale contro la decisione del Gip di Taranto  Patrizia Todisco di bloccare la produzione , ma si cercherà di appianare i conflitti con la magistratura entrando nel merito delle singole prescrizioni .  In questo  modo si eviterà  uno scontro fra governo e magistratura. Non  è esattamente così.  Questa ritirata strategica  eviterà all’esecutivo una figuraccia. La Corte costituzionale giammai avrebbe dato ragione al governo  in quanto i reati imputati alla proprietà chiamano in causa la violazione dell’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute   e dell’art.  41 secondo comma  che sancisce che “l’iniziativa privata  non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza…” E’,  guarda caso,  il comma che Berlusconi e Tremonti volevano cancellare.  In  merito agli aspetti più propriamente tecnici, Il ministro Clini ha annunciato che  i vertici Ilva si impegneranno a rispettare le prescrizioni inserite nella Nuova Autorizzazione Integrata Ambientale che il ministero dell’ambiente redigerà entro il 30 settembre, in sostituzione di quella già notificata all’Ilva dal precedente ministro Prestigiacomo nel 2011, a patto che la produzione possa continuare. La nuova Aia recepirà anche le prescrizioni del Gip di Taranto e del tribunale del riesame. Nel merito  la proprietà  si impegna a stanziare altri 56 milioni di euro in aggiunta ai 90 già promessi per la messa a norma degli impianti.  Niente di nuovo però.  Questa cifra i Riva la dovevano sborsare già dal  2011 per ottemperare ad alcune prescrizioni presenti  nella vecchia Aia.  E’ come se un automobilista colto in flagrante infrazione  evitasse il ritiro della patente con la promessa di pagare una vecchia multa.  Seguendo la stessa logica i vertici Ilva si impegnano ad adottare  le migliori tecnologie disponibili (Best Available  Techniques)  per la produzione del ferro e dell’acciaio, giova ricordare che gli impianti di Taranto sono obsoleti, usano una tecnologia vecchia di 50 anni. Anche in questo caso  si tratta dell’impegno a rispettare una norma in vigore già da  due   anni  la direttiva UE 2010/75, completamente ignorata fino all’intervento della magistratura.  Veniamo ai parchi  minerari. Queste sono grandi aree che si estendono per ottanta ettari e contengono cumuli  di minerali,  da cui si diffonde nella città, e in particolare nel quartiere limitrofo Tamburi, pulviscolo altamente nocivo.  Per evitare il sollevarsi di questo vento malefico l’aera dei parchi minerari andrebbe interamente coperta come accade nella acciaierie  Cinesi,  ma dove li prendono i soldi quei poveracci dei Riva per apportare questa modifica?  Meglio  riproporre l’imbroglio già propinato con successo alla regione Puglia. Le aeree dei parchi minerari saranno circondate da barriere frangivento e i cumuli di minerali verranno cosparsi da un gel speciale che limiterà la dispersione delle polveri. Questa soluzione non è nuova è già stata adottata da anni ed è  risultata fallimentare . Infatti gli ugelli della macchine che cospargono il gel si intasano perché la sostanza collosa si indurisce. Il risultato è che solo il 20% delle polveri viene trattenuto, il resto PM10 e PM 2,5 volano liberi nei cieli tarantini. Però se la soluzione è stata accettata dalla regione Puglia, perché non dovrebbe andare bene anche per il ministro Clini?  Un’altra problematica affrontata nel vertice riguarda le emissioni dei camini .  La soluzione trovata prevede la riduzione della produzione nei giorni di vento in modo da evitare che la diossina  possa inquinare la città trasportata dal maestrale.  Del resto le emissioni  del  camino E312 ammontano, secondo una rilevazione del 2011, a  0,3 ng/m3,  rispettano quindi  le direttive  della legge europea che pone il limite a 0,4. Ma  i veleni  che contaminano , acqua, terra, capi di bestiame e uomini non vengono dall’alto , si generano  per lo più dal basso.  In particolare la maggior parte della diossina  dei fumi e delle polveri inquinanti proviene dagli elettro filtri   non sigillati  posti alla base dell’agglomerato ,oltre che dagli impianti a terra. Dunque anche la soluzione di limitare la produzione durante le giornate ventose è una solenne presa in giro. Infine l’Ilva  sostiene di aver ridotto già da ora i cicli di produzione per limitare l’inquinamento, altra balla colossale.  Molti operai raccontano invece che il ritmo di produzione è aumentato da 17 a 44 colate giornaliere. L’intento è chiaro, ed è quello di evadere la più presto le commesse in sospeso  per poi abbandonare baracca e burattini  e lasciare il tutto nelle mani della procura. La quale  potrà anche decretare la chiusura dell’impianto, a quel punto alla famiglia Riva non potrà fregare di meno , perché tutto il sangue dei lavoratori sarà stato succhiato.  Alla luce di quanto scritto è evidente che l’accordo uscito dalla prefettura di Taranto è l’ennesima  truffa ordita dalla grande imprenditoria  assecondata dal governo dei banchieri  con la complicità di sindacati di regime e amministrazioni locali ai danni dei lavoratori, dei cittadini di Taranto e del resto della Nazione. Altro che conflitto fra lavoro e salute. Qui la soluzione da adottare è una sola. L’Ilva deve cessare la produzione.   La proprietà dovrà  essere obbligata   a  finanziare la bonifica delle zone limitrofe , mare compreso,  a pagare  la messa a norma degli impianti, o ancora meglio la loro riconversione in siti produttivi  di diversa natura, ad esempio per la produzione di energie rinnovabili ,  a risarcire i parenti  delle vittime dell’inquinamento , ad assicurare lo stipendio ai dipendenti  dello stabilimento di Taranto e dell’indotto, fino a quando il processo di bonifica e riconversione non sarà terminato. Dopo di che, la famiglia Riva dovrà lasciare  senza  alcuna contropartita gli impianti riconvertiti allo Stato che provvederà a reintegrare le maestranze e a consegnare la gestione dello stabilimento ai lavoratori stessi.  Si dirà che in un regime capitalista  questa strada è irrealizzabile.  E’ vero allora cominciamo con rovesciare il regime capitalista. 

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