domenica 19 agosto 2012

I minatori, avanguardia delle lotte in Africa ed Europa

Patrizia Cammarata

Sono passati cent’anni da quando, nell’aprile 1912, in Siberia, il regime zarista represse con il sangue la manifestazione dei minatori in sciopero delle miniere d’oro di Bodajbo (distretto dell’oro del fiume Lena).
In questi giorni , agosto 2012, dopo cent’anni, altri proletari, ancora minatori, in Sudafrica, sono massacrati dalla bande armate del capitale a servizio del “governo democratico” e “progressista” dell’African National Congress, sostenuto dagli stalinisti del cosiddetto Partito Comunista Sudafricano.

Una repressione feroce
I 34 morti ufficiali (ma cifre ufficiose parlano di un numero più alto), i 78 feriti e i 259 arresti davanti ai pozzi di Lonmin, terza impresa produttrice mondiale di platino, riportano il pensiero non solo all’eccidio dei minatori in Siberia del 1912, ma anche all'eccidio del 1960 a Sharpeville: la township nera dove incominciò la lotta all'apartheid.
Mandela e la retorica progressista, come si vede, non solo non hanno liberato il proletariato nero sudafricano dallo sfruttamento capitalistico ma nemmeno dalla discriminazione razzista, che si diceva conclusa con la "fine dell'apartheid". Razzismo, sfruttamento e repressione continuano, solo con forme diverse e con veste “democratica”.
Quando Mandela assunse il potere, la borghesia bianca, il 13% della popolazione, possedeva l'86% delle terre e il 90% della ricchezza nazionale. Mediamente, i bianchi guadagnavano dieci volte più dei neri. Il primo piano di "riforme" economiche fu il “Recostruction and Development Program” il cui nucleo più importante erano le spese governative per l'educazione. Due anni dopo, nel 1996, partì il “Growth, Employment and Redistribution Strategy”: che significava l'ulteriore liberalizzazione dell'economia, con nuove privatizzazioni.


L'apartheid non è finito
La filosofia di Mandela e dell’African National Congress, (nonché della gran parte della sinistra sudafricana, dagli stalinisti ai riformisti) era, ed è, che il Sudafrica progredirà con un lungo processo di riforme, non con una rivoluzione. Questa politica si è rivelata fallimentare: nei settore chiave dell’economia sudafricana vige lo strapotere dell’economia privata, continua una enorme disuguaglianza di reddito, un alto tasso di disoccupazione fra i giovani.
Il proletariato e le masse popolari sudafricane hanno conquistato, con un drammatico tributo di sacrifici e sangue, la fine dell'apartheid formalizzato e le libertà democratiche formali, ma il capitalismo non è stato messo in discussione e per questo l'oppressione e lo sfruttamento dei lavoratori continua in un Paese che detiene l'80% delle riserve minerarie mondiali di platino e possiede enormi giacimenti di diamanti, petrolio, carbone, e altre ricchezze naturali.
La realtà è che Mandela in Sudafrica (così come i vari Morales in Bolivia, Chavez in Venezuela, ecc.), al di là dell'immagine che viene diffusa anche dalla sinistra riformista nostrana, con le loro politiche non solo non liberano dal giogo dello sfruttamento e dalla repressione gli operai, i contadini poveri, le masse popolari sfruttate, ma viceversa danno vita a governi che gestiscono lo sfruttamento delle multinazionali e lasciano inalterata l'oppressione imperialista su quei Paesi.

Costruiamo un'altra direzione in tutti i Paesi!
E’ necessario, in Sudafrica come in Europa, la costruzioni di partiti rivoluzionari che non tradiscano e di sindacati di classe che non concertino con i padroni.
In Sudafrica i lavoratori sono organizzati dal tradizionale sindacato Num, legato a doppio filo con l'African National Congress e il nuovo Amcu (Association of Mineworkers and Construction Union) i cui militanti, la maggior parte poverissimi e analfabeti, in questi giorni hanno ripetuto ai megafoni d’essere "pronti a morire" pur di non recedere dalle loro richieste.
Il Partito di Alternativa Comunista (sezione italiana della Lit- Lega Internazionale dei Lavoratori) è impegnato quotidianamente nella lotta contro il capitalismo e per una prospettiva socialista, per un governo dei lavoratori, l’unico che potrà porre fine a miseria e sfruttamento. In queste settimane altri lavoratori, altri minatori sono in lotta e stanno subendo la repressione del capitale: i minatori spagnoli stanno dando vita a imponenti manifestazioni, con la solidarietà e la partecipazione attiva degli altri lavoratori e dei giovani, contro i tagli del governo Rajoy e le politiche della Troika. Corriente Roja (sezione spagnola della Lit) ha partecipato in prima fila alle mobilitazioni ed è stata la principale promotrice della manifestazione “La Madrid operaia sostiene i minatori“ organizzata dalla sinistra di classe e del sindacalismo alternativo, che ha visto una presenza di venticinquemila lavoratori a Madrid in luglio. Questa è la Lit, l'Internazionale che contribuiamo a costruire.
Nell’apparentemente lontano 1912, in Siberia, la notizia del massacro dei minatori in sciopero suscitò l’indignazione della classe operaia della Russia, tanto che Lenin ricordò in seguito: “Anni di reazione (1907-1910); anni della ripresa (1910-1914). All’inizio la ripresa è incredibilmente lenta, in seguito, dopo i fatti della Lena del 1912, diventa un po’ più rapida” e poi affermò: “L’eccidio della Lena segna la trasformazione dello stato d’animo rivoluzionario delle masse in uno slancio rivoluzionario delle masse”. Anche il sangue versato dai minatori sudafricani in lotta non sarà stato versato invano: è necessario che questo massacro ricordi al proletariato africano, europeo e di tutto il mondo qual è il suo compito, quale è la vera posta in gioco nello scontro mortale tra sfruttati e sfruttatori; e possa indicare come traditrici tutte quelle direzioni riformiste e centriste, in Africa, in Europa e in ogni continente, che svendono le ragioni degli oppressi e la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo mascherando i loro appetiti burocratici dietro illusioni di impossibili riforme di questo sistema marcio fino al midollo.
Facciamo conoscere la lotta dei minatori sudafricani, così come quella dei minatori delle Asturie! Sono il segnale di una nuova vampata di lotta che segue le rivoluzioni ancora in corso in Nord Africa e Medio Oriente. E prendiamo l'esempio da queste lotte per un vero autunno caldo anche in Italia!

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