Francesco Cossiga è morto martedì 17 agosto a 82 anni. Inizialmente non volevamo aggregarci al cordoglio unanime, all’esaltazione del politico coraggioso, intrepido picconatore la cui furia distruttiva era finalizzata alla ricostruzione di una nuova fase . Tralasciamo l’analisi approfondita di quella ricostruzione. Diciamo solo che nacque dal soffocamento dei conflitti sociali di cui Kossiga, da ora lo scriveremo con il ‘k’, fu assoluto artefice . Quella ricostruzione determinò una pace sociale basata sulla presa di coscienza, indotta dal processo di svuotamento dei partiti come movimenti di massa, che il capitalismo, il liberismo e il mercato erano gli unici agenti regolatori delle comunità . Tutto si sottometteva a questi principi assoluti, anche la delegittimazione dei lavoratori come soggetto sociale. Dunque non era nostra intenzione scrivere neanche una riga sulla morte di questo accanito anticomunista. Ma il giudizio bypartizan di GRANDE SERVITORE DELLO STATO tributato da parlamentari di entrambi gli schieramenti e da membri delle istituzioni lascia perplessi se non addirittura sconcertati. Proprio in questo tribolata fase in cui maggioranza e opposizione si accusano a vicenda di non rispettare il dettato costituzionale si concorda unanimemente nell’indicare come esempio di fedeltà allo Stato e alle sue istituzioni una persone che ha agito non solo al di fuori ma contro la Costituzione e gli organismi internazionali. Come valutare altrimenti l’operazione Gladio di cui il pikkonatore è stato protagonista? Come qualificare il piano, ordito da Kossiga, di proscrizione verso una parte di cittadini affidato a una struttura armata clandestina, se non contrario a qui principi costituzionali ai quali egli stesso aveva giurato fedeltà? L’Operazione Gladio non era altro che la pianificazione di un agguato contro una parte della società e della popolazione. Un piano teso a contrastare anche attraverso la guerriglia e la guerra civile un eventuale espressione della sovranità popolare contraria al potere granitico della Democrazia Cristiana e favorevole al Partico Comunista. Chi più di Kossiga era pronto, qualora se ne fosse presentata la necessità, a smantellare CON LA VIOLENZA quella sovranità popolare di cui oggi i Berluscones si riempiono la bocca? E che dire dello scempio che Kossiga fece del diritto costituzionale di manifestare liberamente le proprie idee, nella sua funzione di ministro dell’interno del terzo governo Andreotti? Proprio quell’esecutivo carratterizzato della famosa solidarietà nazionale frutto di uno scandaloso inciucio astensionista dell’allora Partito Comunista. Era il 1977 una anno di aspro conflitto sociale. In questo contesto il nostro Fedele Servitore aizzava Polizia e Carabinieri contro manifestanti e università occupate con una ferocia implacabile . La violenza inaudita scaricata dalle forze dell’ordine contro cortei e manifestazioni portò alla morti assurde del militante di lotta continua Francesco Lo Russo a Bologna e di Giorgiana Masi uccisa a Roma durante una manifestazione celebrativa per la vittoria del referendum sul divorzio. Ma quel Kossiga fu anche connivente con la violenza fascista che provocò la morte di un altro militante di Lotta Continua, Walter Rossi a Roma. Queste violenze e aggressioni non furono casuali ma frutto di un progetto politico di cui Kossiga fu protagonista. Un piano volto alla leggittimazione della repressione violenta, che trovò ulteriore applicazione attraverso le affrettate archiviazioni e gli insabbiamenti dispensati a man bassa dai magistrati attenti più ai “pericoli” di un eventuale esito positivo delle lotte che al dovere costituzionale di applicare le leggi. Non c’e che dire il ministro Kossiga in quel frangente non andò per il sottile, per nulla pago della indiscriminata operatività dei suoi manganelli sugli autonomi, ma anche su studenti e operai cercò di semplificare ulteriormente la repressione vietando per il mese di maggio del 77’ qualsiasi manifestazione pubblica in palese contrasto con il dettato costituzionale. Non solo, ma rese più raffinata l’azione aggressiva nei confronti dei cortei infiltrando all’interno di questi poliziotti in borghese che avevano il compito di provocare ad arte quei disordini che successivamente i loro colleghi avrebbero sedato a suon di manganellate. Purtroppo al pikkonatore fedele servitore dello stato i capelli bianche e la macchie sulla pelle vennero nell’ interiorizzare la sua corresponsabilità nell’uccesione di Aldo Moro. Per le morti di Giorgiana Masi e Walter Rossi nessun risentimento, furono necessarie a far rispettare la legge. Si può dunque definire un tale soggetto Fedele Servitore dello Stato? Certamente no....o forse si? Infatti se si concepisce lo Stato come un organismo che viene a patti con la mafia, insabbia e depista indagini a favore di un oligarchico blocco di potere affaristico ecclesiastico , calpesta i diritti. Li delegittima per rimuovere la tutela costituzionale a quella parte di società che si pone come ostacolo alla straripante voracità di un elite capitalsitica che non tollera impedimenti alla sua onnipotenza, allora Kossiga può definirsi il UN PRECURSORE DELLA FIGURA DEL BUON SERVITORE DELLO STATO. Detto questo possiamo provare pietà per la morte dell’uomo, ma non riusciamo a dolerci per la scomparsa di un tale sobillatore anticomnista. Kossiga è morto ? Pace all’anima sua.
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