Lunedì 23 agosto ore 13,15 inizia il secondo turno per gli operai della Fiat Sata a Melfi. Gli ingressi sono presidiati. Molte persone appoggiate da alcune delle più importanti forze sindacali sono fortemente determinate a non fare entrare alcuni operai. Protestano contro il decreto numero 435/2010 Rgl emesso dal tribunale di Melfi ritenuto lesivo dei loro diritti. Dall’altra parte c’è chi proprio grazie alla legittimazione conferitagli da quel decreto pretende di entrare e raggiungere regolarmente il posto di lavoro. Questi ultimi allo scopo di ottenere il loro obbiettivo e scardinare la resistenza dei riottosi spalleggati dalla maggior parte dei sindacati, si sono fatti accompagnare da Digos, Carabinieri e ufficiale giudiziario. Ore 13,30 sale la tensione, all’inizio sembra che gli operaio riescano a forzare il blocco e ad entrare. Ma subito dopo i tornelli vengono bloccati e non riescono a raggiungere la loro postazione in catena. Vengono parcheggiati in una saletta della vigilanza mentre iniziano le trattative con le forze dell’ordine.....Prima di continuare nella descrizione di un evento che sembra tipico delle lotte operaie anni 70’ giova qualche precisazione. I riottosi, spalleggiati dai sindacati, che bloccano gli ingressi non sono operai li convenuti per picchettare le entrate e non fare entrare loro compagni contrari allo sciopero. Sorpresa delle sorpresa questi sono dirigenti Fiat che SUPPORTATI DAI SINDACATI SERVI DEI PADRONI, vogliono impedire agli operai, iscritti alla Fiom, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli di raggiungere il loro posto di lavoro. I tre, essendo stati licenziati ingiustamente come riconosciuto dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Melfi, che ha condannato la Fiat per comportamento antisindacale, pretendono in forza del decreto ingiuntivo 435/2010 emesso dai magistrati , di essere reintegrati al loro posto. Ma sono costretti ad avvalersi del supporto delle forze dell’ordine e dell’ufficiale giudiziario per ottenere quanto loro dovuto. Uno scenario surreale in cui da una parte ci sono gli operai con polizia e carabinieri al fianco, dall’altra i padroni supportati da alcuni fra i maggiori sindacati. E’ PROPRIO VERO LA LOTTA DI CLASSE NON E’ PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA. Neanche l’esito ultimo è lo stesso. Di solito la storia finiva con la polizia che caricava e manganellava gli operai. A rigor di logica questa volta le forze dell’ordine avrebbero dovuto manganellare i dirigenti Fiat che ostacolavano il naturale corso della giustizia, Ciò non è accaduto le forze dell’ordine si sono limitate a verbalizzare i fatti.. Si sa le capocce dei padroni sono delicate E ALLORA FORSE AD USARE IL BASTONE DOVRA’ PENSARCI QUALCUN’ALTRO. Fuor di Metafora, diventa sempre più necessario e doveroso partecipare alla manifestazione del 16 ottobre indetta dalla FIOM . Anche AUT invita tutti i lavoratori, ma anche i sinceri democratici e i fautori della legalità a stare in piazza PER GRIDARE CON FORZA CHE AVERE UN LAVORO DIGNITOSO E’ UN DIRITTO SANCITO DALLA COSTITUZIONE.
UNA ESTRATTO DELLA LETTERA INVIATA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
"Ill.mo Presidente
ci rivolgiamo a Lei, quale massima carica dello Stato e supremo garante della Costituzione, per sottoporre alla sua attenzione una vicenda, la cui eco da diversi giorni ha raggiunto tutti gli organi della stampa nazionale, che non lede soltanto i nostri diritti di cittadini e di lavoratori ma colpisce direttamente i diritti collettivi e generali degli operai e dello stesso sindacato a cui siamo iscritti. Siamo i tre operai, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, iscritti alla Fiom-Cgil, licenziati dalla Fiat-Sata di Melfi in occasione di uno sciopero indetto unitariamente da tutte le sigle sindacali facenti parte della RSU aziendale. Per l'azienda, ci saremmo resi responsabili di un reato avendo deliberatamente ostruito il transito a dei carrelli (Agv) che servono la linea di produzione all'interno dello stabilimento. In verita', non vi e' mai stato alcun blocco dei predetti carrelli da parte nostra e men che mai puo' ritenersi sussistente alcuna fattispecie delittuosa a nostro carico, cosi' come comprovato dalle testimonianze di tutti i lavoratori presenti in occasione dello sciopero innanzi detto e da tutta la RSU unitaria. Non si tratta soltanto della nostra versione dei fatti, la quale potrebbe risultare viziata dalla carita' di parte, ma di cio' che ha stabilito il Tribunale di Melfi, in funzione di Giudice del lavoro, adito dalla Fiom-Cgil ai sensi e per gli effetti dell'art.28 della legge 300 del 1970. In pratica, il magistrato ha riconosciuto l'antisindacalita' della condotta posta in essere dalla Fiat-Sata, ordinandole conseguentemente di reintegrarci immediatamente nel nostro posto di lavoro. Tuttavia sebbene il decreto del Tribunale di Melfi, depositato in cancelleria in data 9 agosto 2010 a conclusione del giudizio recante il numero 435/2010 Rgl, per espressa previsione di legge, abbia immediata efficacia esecutiva e non sia revocabile fino alla conclusione del giudizio di opposizione, l'azienda in un primo momento ci ha comunicato la reintegra sul posto di lavoro e, successivamente, con un telegramma, ci ha dato notizia della sua volonta' di non avvalersi delle nostre prestazioni lavorative. Oggi, alla ripresa del lavoro dopo le ferie estive, nel momento in cui ci siamo recati in azienda per riprendere regolarmente (come peraltro annunciato alla Fiat Sata) il nostro lavoro, quest'ultima ci ha comunicato che avremmo potuto avere accesso allo stabilimento unicamente al fine di svolgere le nostre prerogative sindacali ma intimandoci di sostare, durante il turno di lavoro, presso la saletta adibita alle attivita' sindacali ai sensi dell'art.27 dello Statuto dei diritti dei Lavoratori .
Ci rivolgiamo a lei, presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi" Signor presidente per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare La decisione della Fiat Sata "di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione della legge in uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi
Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli
Ci rivolgiamo a lei, presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi" Signor presidente per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare La decisione della Fiat Sata "di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione della legge in uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi
Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli
La Risposta di Napolitano
"Cari Barozzino, Lamorte e Pignatelli, ho letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi
e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi alla Fiat Sata di Melfi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro sulla base della decisione del Tribunale di Melfi".
Anche per quest'ultimo sviluppo della vicenda
è chiamata a intervenire, su esplicita richiesta vostra e dei vostri legali, l'Autorità Giudiziaria: e ad essa non posso che rimettermi anch'io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate. Comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità "percepire la retribuzione senza lavorare". Il mio vivissimo auspicio - che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della FIAT - è che questo grave episodio possa essere superato, nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell'attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell'evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale".
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