Il re ormai è nudo: la pratica dell’incenerimento rivela tutta la sua perversa logica, lasciando sul nostro terreno non solo ceneri inquinate, ma anche vacanza di posti di lavoro e di sicurezza ambientale.
La settimana scorsa abbiamo evidenziato il rischio di licenziamento di addetti della Gaiagest, società controllata al 95% da GAIA spa che si occupa della gestione degli inceneritori di Colleferro, con conseguente ricaduta negativa in termini di sicurezza degli impianti. Il verbale della nuova riunione sindacale interna del 19 ottobre 2011 pone l’accento su altre criticità, segnalate da tempo dalla nostra associazione.
“[…] La direzione aziendale ha evidenziato come la EP Sistemi e Mobilservice, a causa di intervenuti fattori di criticità d’origine legislativa (cessazione di incentivi statali alla produzione di energia da fonti rinnovabili) e commerciale (prezzi di conferimento del Cdr non compatibili con i costi di produzione), hanno già riscontrato Risultati Operativi negativi e che le previsioni per l’intero anno in corso confermano tale condizione. Pertanto - ha sostenuto la direzione aziendale - dette società, nel tentativo di scongiurare la cessazione delle attività, debbono necessariamente ridurre i costi di gestione degli impianti, anche per quanto riguarda la gestione operativa affidata alla società Gaiagest […]”. La direzione ripropone in termini netti la necessità di licenziamenti con cassa integrazione in deroga, al fine di contenere i costi di gestione. Nel verbale si parla, al momento, di 25 addetti su un totale di circa 90. Come già argomentato in modo circostanziato qualche tempo fa, meno addetti significa necessariamente meno sicurezza. Le motivazioni economiche addotte, seppur note e denunciate da tempo dalle associazioni ambientaliste, non finiscono mai di stupire: senza sovvenzioni pubbliche (com’è noto, prelevate direttamente dalle tasche degli utenti attraverso il meccanismo del CIP6), gli inceneritori sono destinati al fallimento. Inoltre, l’assimilazione dei rifiuti a merci, come tali sottoposti alle regole del mercato, contrasta con i principi dettati dalle normative europee sui rifiuti, secondo cui essi, per evidenti ragioni ambientali, devono percorrere il minor numero di chilometri fino al conferimento. In realtà, i rifiuti finiscono dove costa meno smaltirli.
Cerchiamo di trarre qualche altra considerazione:
1. Il CIP6 non sarebbe mai dovuto esistere. Classificare gli inceneritori come produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili è un attentato alla logica. I cittadini pagano il 7% della loro bolletta per mantenere in vita impianti nocivi alla loro salute, al loro ambiente, all’economia nazionale.
2. Fino a ieri i prezzi di conferimento del Cdr non rappresentavano un problema: presso gli impianti di Colleferro era possibile conferire in maniera pressoché indiscriminata, con conseguente continuità di produzione, pagando per Cdr anche ciò che non era conforme e che altrove sarebbe costato di più. Oggi i controlli dovrebbero essere più ferrei. Inoltre uno dei maggiori fornitori, l’AMA (tra l’altro, proprietario per il 40% di una delle due linee di incenerimento), non garantisce le quantità di Cdr stabilite. Scoppia dunque l’emergenza produttiva e si utilizza quasi esclusivamente Cdr proveniente extraregionale. La situazione economica determinata dall’abolizione del CIP6 e dall’aumento del costo di conferimento del Cdr, ora a norma di legge, produce in ultima analisi un evidente ricatto occupazionale. Ricatto che in linea di principio potrebbe essere rivolto anche agli enti autorizzativi dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico da installare a monte della discarica di Colle Fagiolara, che dovrebbe produrre cospicue quantità di Cdr (circa il 25% delle 125.000 tonnellate di rifiuti annui in ingresso), soluzione in fondo di comodo per lo smaltimento dei rifiuti via incenerimento, in netto contrasto con le direttive europee. I posti di lavoro sono preziosi, specie in periodi di difficoltà economica. Ma non si barattano con la salute o con danni ambientali. Ma è proprio impossibile conciliare piena occupazione e salvaguardia ambientale?
In realtà, l’occupazione sarebbe salvaguardata in modo strutturale, anche se apparentemente meno diretto, abbandonando l’incenerimento e praticando un ciclo virtuoso del trattamento dei rifiuti, incentrato sulla raccolta domiciliare porta a porta con destinazione al riciclo e riuso e la gestione della frazione umida in impianti di compostaggio. Questo dovrebbe essere l’obiettivo, realistico e possibile, della Regione e di Lazio Ambiente SpA, la società che potrebbe acquisire Gaia e le sue strutture. Purtroppo però questo profilo di soluzione alla controversia occupazionale non sembra interessare le parti in causa.
Colleferro, 04.11.2011
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