Roma, teatro Olimpico. E’ una memorabile serata di primavera del 1982 . Sul palco cinque straordinari musicisti hanno appena finito di far saltare il pubblico sulle poltroncine concludendo una scintillante esecuzione di One of a Kind. Fra quegli appassionati c’era anche il sottoscritto ed un estasiato Nino Manfredi, che seduto per caso accanto a me, esprimeva tutta la sua passione e ammirazione per quei cinque musicisti . Al chetarsi degli applausi, all’improvviso, un amplificatore emette un fischio acuto, effetto larsen si dice in gergo tecnico. Un dei cinque musicisti, il trombettista, si volge verso la cassa acustica e mentre con la tromba prende la stessa nota acuta del fischio, con il piede batte il quattro e il quintetto attacca ad improvvisare un blues che ha come semplice tema quella nota riportata dall’effetto larsen. Abbiamo assistito all’esecuzione di un pezzo che evidentemente non sarà mai più eseguito perché basato sull’improvvisazione pura scaturita da un semplice rumore uscito dagli apparati acustici. Questa è l’esaltazione della musica jazz. Ah dimenticavo. I cinque musicisti protagonisti di questa straordinaria performance erano: Harold Land al sax tenore, Billy Child al pianoforte, Herbie Lewis al contrabbasso, Steve Houghton alla batteria. Il trombettista alla testa del gruppo che ha dato il la (ma forse era un do) all’improvvisazione era l’incredibile FREDDIE HUBBARD, uno dei più talentuosi interpeti del panorama jazzistico degli ultimi sessant’ anni. E’ proprio con questo musicista, la cui performance del teatro Olimpico ha segnato profondamente la mia militanza di "jezzemane", che voglio chiudere l’anno jazzistico di Aut, e aprire il prossimo. Infatti dedicherò due post (questo ed un secondo che uscirà all’inizio di gennaio) ad un concerto tenutosi nel 1991 a Barcellona in occasione del festival jazz di Terrassa il cui protagonista è il trombettista di Indianapolis, questa volta alla testa di un quintetto composto da: Donald Braden al sax tenore, Benny Green al pianoforte, Jeff Chambers al contrabbasso, Louis Hayes alla batteria. Freddie Hubbard è senza dubbio un virtuoso del suo strumento, talmente virtuoso che ogni tanto eccede nel mostrare la sua straripante tecnica rendendo le sue esibizioni un po’ freddine. Resta il fatto che questa sua caratteristica lo ha fatto diventare un icona per tutti i trombettisti che calcano palchi e jazz club di mezzo mondo, in particolar modo dopo la sua morte sopravvenuta nel 2008 . Ricordo una chiacchierata con Fabrizio Bosso, uno dei musicisti italiani più affermanti nel panorama jazzistico internazionale. Il trombettista piemontese alla mia domanda su quali fossero i musicisti che lui apprezzava di più non ebbe dubbi nel rispondere che, pur riconoscendo la grandezza di Miles Davis o la liricità di un Chet Baker, i migliori erano, soprattutto per la grande valenza tecnica, Freddie Hubbard, appunto, e Woody Shaw. Nei brani che seguono relativi al festival jazz di Terrassa, Freddie offre una prestazione eccellente. Nei suoi assoli non eccede mai in inutili virtuosismi , la sua straordinaria tecnica pur emergendo da ogni nota, riesce a non occultare le altre doti di sensibilità e originalità armonica e timbrica ben presenti nel suo bagaglio artistico. Anche il gruppo che lo accompagna è tecnicamente ben attrezzato. Del resto ogni ensemble che ha suonato con Freddie Hubbard nel corso della sua carriera, doveva per forza di cose comprendere musicisti eccellenti per essere all’altezza della sua straripante tecnica . Freddie sosituiì Miles Davis nel leggendario quintetto composto da Shorter, Hancock, Williams e Carter e fu una delle stelle degli Art Blakey’s Jazz Messanger . Con lui hanno suonato, fra gli altri, jazzisti del calibro di , Oscar Peterson, Dexter Gordon, Sonny Rollins McCoy Tyner e altri trombettisti. Ricordo una formidabile incisione di Hubbard per la "Pablo"dal titolo “Alternate Blues” in cui con, Dizzy Gillespie e Clark Terry, ci offre delle tracce una più esaltante dell’altra. Tornando al concerto del festival la Terrassa , cui si riferiscono le immagini. In questo primo intervento propongo tre pezzi: Il primo è “Bolivia” di Cedar Walton, un pianista che spesso ha suonato con Freddie. Il brano è composto da due sequenze ritmiche di 16 battute che si alternano l’un l’altra. Ogni volta che si passa dal tempo "afro" allo swing, l’esecuzione ha un sussulto di groove potentissimo. Pregevoli gli assoli tanto di Freddie, quilibrato e sofisticato nel fraseggio , quanto di Braden e Green, straripante invece la batteria di Louis Hayes, vera spina dorsale del brano. Hayes , detta il passaggio fra una fase ritmica e l’altro e si produce in una assolo conclusivo impressionante per velocità e precisione. Segue “God Bless the Child”. Lo standard, reso famoso da Billy Holiday, segna un momento di elevato livello emotivo. Freddie Hubbard esegue l’introduzione e successivamente il tema, avvicinandosi e allontanandosi dal microfono creando una suggestione timbrica molto particolare. Questa tensione si scoglie poi nelle successive battute più tipicamente blues in cui Benny Green al piano offre una prestazione magistrale carica di blue notes. Si conclude il contributo con il brano “Off Minor” di Thelonius Monk. Qui oltre alle splendide sortite solistiche di Hubbard e Green, si apprezza la fluidità di fraseggio di Donald Braden al tenore, in particolare nelle battute dove si esprime non accompagnato dal resto del gruppo. Aggiungo un ultima notazione interessante. I video sono introdotti dai quadri del pittore impressionista olandese Karen Appel, un connubio fra pittura e musica che spesso ha trovato spazio su Aut. Buona visione. And
GOOD VIBRATIONS
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