Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 27 dicembre 2011

Freddie in Terrassa

Luciano Granieri

Roma, teatro Olimpico. E’ una memorabile serata  di  primavera del 1982 .  Sul palco cinque straordinari musicisti hanno appena finito di far saltare il pubblico sulle poltroncine concludendo una scintillante esecuzione di  One of a Kind.  Fra quegli appassionati c’era anche il sottoscritto ed  un estasiato Nino  Manfredi,   che seduto per caso accanto a me, esprimeva tutta la sua passione e ammirazione per quei  cinque musicisti .  Al chetarsi  degli applausi,  all’improvviso,  un amplificatore emette un fischio acuto,  effetto larsen si dice in gergo tecnico. Un dei cinque musicisti, il trombettista, si volge verso la cassa acustica e mentre con  la tromba prende la stessa nota acuta del fischio, con il piede batte il quattro e il quintetto attacca  ad improvvisare un blues che ha come semplice tema quella nota riportata dall’effetto larsen. Abbiamo assistito all’esecuzione di un pezzo   che evidentemente non sarà  mai più eseguito  perché basato sull’improvvisazione pura scaturita da un semplice rumore uscito dagli apparati acustici. Questa è l’esaltazione della musica jazz. Ah  dimenticavo.  I cinque musicisti protagonisti di questa straordinaria performance erano:  Harold Land al sax tenore, Billy Child al pianoforte, Herbie Lewis  al contrabbasso, Steve Houghton alla batteria.  Il trombettista alla testa del gruppo che ha dato il la (ma forse era un do) all’improvvisazione era l’incredibile  FREDDIE HUBBARD, uno dei più talentuosi  interpeti del panorama jazzistico  degli ultimi  sessant’ anni. E’ proprio con questo musicista, la cui performance del teatro Olimpico ha segnato profondamente  la mia militanza  di "jezzemane", che voglio chiudere l’anno jazzistico  di Aut,  e aprire il prossimo.  Infatti  dedicherò due post (questo ed  un secondo che uscirà all’inizio di gennaio)   ad un concerto tenutosi nel 1991 a Barcellona in occasione del festival jazz di Terrassa il cui protagonista è il trombettista di Indianapolis, questa volta alla testa di un quintetto composto da:  Donald Braden al sax tenore,  Benny Green al pianoforte, Jeff Chambers al contrabbasso, Louis Hayes alla batteria.  Freddie Hubbard è senza dubbio un virtuoso del suo strumento, talmente virtuoso che ogni tanto  eccede nel  mostrare la sua straripante tecnica  rendendo le sue esibizioni un po’ freddine.  Resta il fatto  che  questa sua caratteristica lo ha fatto diventare  un icona per tutti i trombettisti che  calcano  palchi   e jazz club di mezzo mondo, in particolar modo dopo la sua morte sopravvenuta nel 2008 .  Ricordo una chiacchierata con Fabrizio Bosso, uno dei musicisti  italiani più affermanti nel panorama jazzistico internazionale. Il trombettista piemontese  alla mia domanda su quali fossero i musicisti che lui apprezzava di più non ebbe dubbi nel rispondere che, pur riconoscendo la grandezza di Miles Davis o la liricità di un Chet Baker, i migliori erano, soprattutto per la grande valenza tecnica,  Freddie Hubbard, appunto, e Woody Shaw. Nei brani che seguono relativi al festival jazz di Terrassa, Freddie offre una prestazione eccellente. Nei suoi assoli  non eccede mai in inutili virtuosismi , la sua straordinaria  tecnica pur emergendo da  ogni nota, riesce a non occultare le altre doti di sensibilità e originalità armonica e timbrica ben presenti nel suo bagaglio artistico.  Anche il gruppo che lo accompagna è tecnicamente ben attrezzato. Del resto ogni ensemble che ha suonato con  Freddie Hubbard   nel corso della sua carriera, doveva per forza di cose comprendere  musicisti eccellenti per essere all’altezza della sua straripante tecnica . Freddie sosituiì Miles Davis nel leggendario quintetto composto da Shorter, Hancock, Williams e Carter e fu una delle stelle degli Art Blakey’s Jazz Messanger . Con lui hanno  suonato, fra gli altri,  jazzisti del calibro di , Oscar Peterson,  Dexter Gordon, Sonny Rollins  McCoy Tyner e altri trombettisti. Ricordo una formidabile incisione di Hubbard per la "Pablo"dal titolo  “Alternate Blues” in cui con, Dizzy Gillespie  e Clark Terry, ci offre  delle tracce una più esaltante dell’altra.  Tornando al  concerto del festival la Terrassa, cui si riferiscono le immagini.  In questo primo intervento  propongo tre pezzi: Il primo è  “Bolivia” di Cedar Walton, un pianista che spesso ha suonato con Freddie. Il brano è composto da due sequenze ritmiche di 16 battute che si alternano l’un l’altra.  Ogni volta che si passa dal tempo "afro" allo swing, l’esecuzione ha un sussulto di groove potentissimo. Pregevoli gli assoli  tanto di Freddie, quilibrato e sofisticato nel fraseggio , quanto di Braden e Green, straripante invece la batteria di Louis Hayes, vera spina dorsale del brano. Hayes , detta il passaggio fra una fase  ritmica  e l’altro e si produce in una assolo conclusivo impressionante per velocità e precisione.  Segue “God Bless the Child”. Lo standard, reso famoso da Billy Holiday, segna un momento di elevato livello emotivo. Freddie Hubbard esegue l’introduzione e successivamente il tema, avvicinandosi e allontanandosi dal microfono  creando una suggestione timbrica molto particolare. Questa tensione si scoglie poi nelle successive battute più tipicamente blues in cui Benny Green al piano offre una prestazione magistrale carica di blue notes.  Si conclude il contributo con il brano “Off Minor” di Thelonius Monk.  Qui oltre alle splendide sortite solistiche di Hubbard e Green, si apprezza la fluidità di fraseggio di Donald Braden al tenore, in particolare nelle battute dove si esprime non accompagnato dal resto del gruppo. Aggiungo un ultima notazione interessante. I video sono introdotti dai quadri del pittore impressionista olandese Karen Appel, un connubio  fra pittura e musica che spesso ha trovato spazio  su Aut. Buona visione. And
GOOD VIBRATIONS


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