sabato 16 luglio 2011

Quel pasticciaccio brutto della Multiservizi

Marisa Ci


Per far conoscere a tutti lo stato di disagio accusato dalle lavoratrici Multiservizi  di Frosinone, società nata per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (10 anni di l.s.u 5 anni di Multiservizi, un risparmio da parte degli enti enorme) precisiamo che  oggi ci ritroviamo a fare i conti con la  cassa integrazione  in base a un accordo stipulato dalle parti sindacali non a tutela dei lavoratori ma a tutela di uno staff dirigenziale. L’ente Multiservizi  non rispetta l’accordo con le parti sindacali firmato alla Federlazio,  la manovra della cassa integrazione non rientra in quell’accordo le ore di cassa integrazione richieste non sono sufficienti a coprire tutti i lavoratori.
I dipendenti  Multiservizi in cassa integrazione passano da 30 ore settimanali   a 24, vale a dire da  850 euro al mese si andrà  a percepire uno stipendio di circa 650.  L’ elemosina pone 240 famiglie  davanti a un baratro senza scelta: o te magni sta minestra o ti butti dalla finestra. I politici del territorio devono attuare una politica diretta all’ occupazione non al privilegio. No  alle assunzioni parentopoli,  no agli appalti degli amici no alle consulenze costose no alla aumento mensa trasporto asilo .
Il lavoro è un diritto del cittadino. lo Stato deve impegnarsi a far si che ogni persona, uomo o donna, trovi un occupazione da cui trarre i mezzi di sostentamento di indipendenza economica, che è condizione essenziale per la libertà
Rinfreschiamo  le memorie a chi soffre di patologie come ....magna magna..uno a te tutto a me ....non te preoccupà ci pensa papà anche se sei ciuccio farai il dirigente .........eccccc state  tutti de ciocca.
Art.1 della costituzione italiana ....l’ Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro la sovranità appartiene al popolo
Donne in rivolta!!!! Lunedì 18 luglio ore18 consiglio comunale tutti a sostenere i lavoratori Multiservizi partecipate.
Lunedì  18 luglio alle ore 18 tutti al consiglio comunale sosteniamo i lavoratori della Multiservizi a rischio posto di lavoro per volontà politica. Partecipiamo..... la protesta riguarda tutti i cittadini protestiamo insieme contro il sistema politico sflagellante no alle assunzioni parentopoli no ai privati no al servilismo.

Campioni del Mondo

Luciano Granieri

Gli eventi dell'estate ciociara non comprendono solo la musica. In strada nelle piazze si incontrano poeti, attori, danzatrici, narratori, che animano performance contaminate  fra  teatro, musica, danza, poesia . E' ciò che è accaduto venerdì 15 luglio  durante la serata  "SI GRAZIE" organizzata dal circolo "Il Cigno" di Legambiente di Frosinone per ringraziare (un po' in ritardo  magari) gli elettori che hanno consentito la vittoria del "SI" ai referendum. La serata si è svolta alternando momenti di danza, con la danzatrice del ventre, Martina Zago, momenti di riflessione, in cui l'attore SANDRO MORATO e Giovanna Dongiovanni hanno proposto alcune letture, performance musicali con due eccellenti chitarristi Marcello Iannotta e Giacomo Tiberia. Il gran finale ha avuto protagonista l'incredibile Guglielmo Bartoli accompagnato alla chitarra da Federico Palladini.  Guglielmo è un attore? Si anche, un artista di strada? Anche, un fine narratore? Sicuramente. Un tale  funambolo della parola  è tutto questo e anche di più. Ascoltandolo mentre narra le sue storie l'ironia ti avvolge e spesso ti lascia senza fiato per il troppo ridere. Ma alla fine nei    suoi  esilaranti racconti  rimane  un velo di amarezza.  Nella conclusione di un suo pezzo Guglielmo dice "Campioni del mondo, ma alla fine abbiamo perso" .Ecco tornando ai referendum. SIAMO CAMPIONI DEL MONDO nella consultazione referendaria, MA ADESSO VEDIAMO DI NON PERDERE.


Un Macigno grande 70 milioni di Euro si abbatte su famiglie e lavoratori

Unione Sindacale di Base


Il Governo vara una manovra lacrime e sangue da oltre 70 miliardi di euro, che si abbatte come un macigno su famiglie, lavoratori, pensionati e precari.
























Con questa manovra il Governo sceglie ancora una volta di andare a mettere le mani nelle tasche di coloro che vivono di lavoro dipendente, attraverso un taglio netto delle retribuzioni dei lavoratori, un taglio che vedremo già nei prossimi mesi attraverso la riduzione delle detrazioni fiscali per i figli a carico, per le spese per gli asili nido e per tutte le altre detrazioni. Che colpisce ulteriormente la spesa sanitaria introducendo il ticket sulle ricette, sulle prestazioni specialistiche e sul pronto soccorso. Che blocca i contratti dei dipendenti pubblici fino al 2017, che allunga ulteriormente la vita lavorativa legandola alla speranza di vita.

Ma fare un dettaglio di una "manovra" di queste dimensioni vuol dire fare un elenco sterminato di voci, magari diviso tra "tagli" e nuove tasse. Non è invece difficile individuare i soggetti sociali che vengono brutalmente derubati:  tutti quelli che lavorano (o hanno lavorato) tanto e guadagnano già poco. Lo abbiamo detto tante volte, magari per tagli molto meno drammatici. Stavolta invece la dimensione della sforbiciata è tale da mettere seriamente a rischio le possibilità di sopravvivenza di milioni di famiglie. C'è imbarazzo persino in alcuni grandi giornali decisamente padronali che titolano esplicitamente sull'"attacco alle famiglie". Perché è proprio evidente: il governo che si nasconde dietro l'esaltazione dei valori familiari ogni volta che deve affrontare temi civili, distrugge il sistema di tutele pensato e costruito negli anni per "proteggere" i redditi del "nucleo fondamentale" della società.

L'attacco più feroce è diretto contro le agevolazioni e deduzioni fiscali di ogni tipo. E, ancora una volta si tratta di "tagli lineari". Ovvero di riduzioni proporzionali per ogni voce, senza distinguere affatto tra cose indispensabili e cose forse superflue. Si tratta quindi di un aumento delle tasse che, in virtù della linearità, peserà molto di più su coloro che hanno già poco. Non c'è bisogno di essere dei geni o degli economisti per capire che se togliamo 100 euro al mese a tutti faremo molto male a chi ne guadagna 1.000, mentre chi ne guadagna 10.000 praticamente non se ne accorgerà nemmeno.

Mentre, come era naturale, non sono toccati dai tagli né i banchieri né gli speculatori che sono stati gli artefici della crisi che poi viene chiesto a noi di pagare. Così come non sono assolutamente toccati i privilegi della casta politica, che dall’alto degli oltre 18.000 euro mensili, benefit a parte, si permette di decidere sulle nostre vite. Il grave poi è che tutto questo, si verifica con il silenzio complice dell’opposizione parlamentare e con il silenzio assenso dei sindacati collaborazionisti.

Di fronte a questa ennesima rapina organizzata, non può che rafforzarsi l’idea che l’unica soluzione è QUE SE VAYAN TODOS

Firenze 15 Luglio 2011

COSTRUIRE CORRENTE ROSSA!

Nota del Coordinamento di Corrente Rossa (Spagna)

Nei giorni 9 e 10 luglio si è riunito il Congresso straordinario di Corrente Rossa (Corriente Roja) (1), nel pieno di un cambio di fase politica, tra l'irruzione del 15M e del 19J [le mobilitazioni di massa in Spagna del 15 maggio, gli Indignados, e le manifestazioni del 19 giugno, ndt], la lotta delle masse popolari greche e l'approfondirsi della crisi europea, e nel mezzo delle rivoluzioni che scuotono il Medio Oriente e il Nord Africa.
La crisi della Spagna è parte della crisi europea, segnata dal processo di saccheggio e bancarotta dei cosiddetti Paesi periferici, nel quadro di una profonda crisi mondiale del capitalismo comparabile solo con la Grande Depressione degli anni Trenta del secolo scorso.
"In realtà siamo entrati in una situazione sconosciuta anche ai più anziani militanti, caratterizzata da una onda depressiva di lunga durata, marcata da grandi scontri di classe, rivoluzioni, controrivoluzioni e modifiche nelle relazioni internazionali" così recita il documento politico approvato dal Congresso straordinario.
 
Sotto lo slogan "Davanti alle nuove sfide, più che mai costruire Corrente Rossa", ai delegati di tutto lo Stato, in rappresentanza di più dell'80% dei militanti presenti al V Congresso (2), si sono uniti invitati e osservatori, tra cui una delegazione di attivisti siriani, e poi compagni del sindacalismo di base di ogni parte del Paese. Significativa la partecipazione di compagni giovani, tanto per il numero come per la qualità degli interventi.
Nei due giorni del Congresso straordinario, delegati, invitati e osservatori hanno affrontato un impegnativo ordine del giorno che prevedeva i seguenti punti: situazione internazionale e rivoluzioni in Medio Oriente e Nord Africa; nuova situazione politica e compiti di Corrente Rossa; emendamenti al documento organizzativo; stato organizzativo di Corrente Rossa; risoluzioni sulla formazione e le finanze del partito.
 
In relazione alle rivoluzioni arabe, l'incontro ha ratificato la posizione già espressa da CR di appoggio alle medesime e di contrapposizione all'intervento imperialista.
Per quanto riguarda la situazione politica, si è analizzata la nuova fase in cui siamo entrati, discutendo una proposta operaia e socialista per uscire dalla crisi, con un programma che prevede la caduta del regime monarchico bipartitista spagnolo, cioè "ciò che chiamano democrazia e non lo è", nella battaglia per un piano di riscatto dei lavoratori e delle masse popolari, in difesa del posto di lavoro, del salario, dei servizi pubblici e sociali, rivendicando il mancato pagamento del debito e l'esproprio delle banche. E ancora: contro la Ue, l'Europa imperialista, difendendo una Europa dei lavoratori e delle masse popolari e la lotta per gli Stati Uniti socialisti d'Europa.
 
Si è trattato, senza dubbio, di un congresso vincente. Ha dimostrato che Corrente Rossa si è rafforzata con l'intervento nei processi di mobilitazione di massa del 15 maggio e del 19 giugno e con la sua battaglia in solidarietà con le rivoluzioni del Nord Africa e del Medio Oriente contro le dittature e contro l'intervento imperialista.
La sfida che deve affrontare ora Corrente Rossa è quella di costruirsi come una organizzazione rivoluzionaria in una situazione sociale convulsa, in cui la catastrofe economica in cui siamo immersi non lascia spazio per mezze misure, mentre la crisi del regime trascina i partiti borghesi e le burocrazie sindacali.
Questa nuova fase pone grandi compiti a Corrente Rossa, che è pienamente cosciente che dalla attuale crisi potrà emergere una soluzione positiva e strategica per i lavoratori e le masse popolari solo se si costruirà una organizzazione rivoluzionaria che ponga nel movimento delle masse e insieme ad esso la prospettiva socialista e rivoluzionaria che è necessaria per vincere. Gli obiettivi che Corrente Rossa ha davanti a sé nella sua costruzione sono molto grandi e il Congresso straordinario ha saputo affrontarli con fermezza, entusiasmo e audacia.
 
Oggi più che mai: costruiamo Corrente Rossa!
 
 
 
(traduzione dallo spagnolo di Francesco Ricci)
 
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Note del traduttore

(1) Di Corrente Rossa, fin dalla sua fondazione, hanno fatto parte anche i militanti spagnoli della Lit-Quarta Internazionale. Fino a qualche mese fa organizzati in un partito (Prt-Ir) che è stato di recente sciolto in quanto tale (i militanti rimangono affiliati alla Lit) per meglio contribuire ai prossimi passi nella costruzione di Corrente Rossa come partito rivoluzionario.
(2) Il rapporto percentuale tra il congresso straordinario e il precedente congresso ordinario evidenzia l'entità ridotta della recente scissione da Corrente Rossa dell'ala guidata da Nines Maestro, fino a pochi mesi fa la principale figura pubblica di CR, uscita da Corrente Rossa dopo aver inutilmente tentato di imporre all'organizzazione posizioni di sostegno a Gheddafi e ad Assad (Siria) contro le rivoluzioni delle masse popolari arabe. Per intenderci, si tratta delle identiche posizioni (contro le quali abbiamo polemizzato in vari articoli pubblicati sul nostro sito e sul nostro giornale) sostenute in Italia da alcune micro-sette neostaliniste: nella forma più esplicita sicuramente dalla Rete dei Comunisti di Sergio Cararo e Pierpaolo Leonardi (che è anche tra i principali dirigenti del sindacato Usb).

“CONTRO I VU CUMPRA’ SOLO GUERRA TRA POVERI. COLPIRE CHI LI SFRUTTA”

 Rifondazione Comunista Grottammare



Dalla lettura dei giornali locali si apprende in questi giorni che la vera emergenza dell'estate 2011 non è la crisi finanziaria che ha aggredito l'Italia a forza di speculazione, né la crisi occupazionale che lascia senza lavoro ormai più dell'8% degli italiani e quasi il 30% dei giovani, né ancora il fatto che solo un italiano su cinque potrà partire per le vacanze estive, né il continuo aggravarsi della crisi che da anni flagella il Piceno, mietendo posti di lavoro di settimana in settimana.
No, l'emergenza che scuote il dibattito politico piceno è quella dei vu cuprà delle spiagge rivierasche.
Alcune sigle di categoria dei commercianti avevano minacciato nei giorni scorsi manifestazioni eclatanti contro gli ambulanti, ottenendo in questo modo ascolto da più parti politiche: si è pensato anche all'impiego di vigilantes privati, cioè figure che se impiegate per compiti repressivi sono abusive quanto i vu cumprà stessi, come ha sostanzialmente riconosciuto anche il Prefetto. Ma non è bastato. La stampa ci ha quindi riferito che sulla costa picena è in azione una "vera e propria task force", composta da cinque pattuglie dei carabinieri coadiuvate talvolta dalla polizia municipale, con tanto di supporto di una motovedetta dell'Arma e persino di un elicottero, alla ricerca di quattro pericolosi ambulanti carichi di borsette ed occhiali. Sembra una barzelletta di pessimo gusto, ma è realtà.
Premesso che nessuno vuole negare la natura abusiva del fenomeno delle vendite in spiaggia, non risponde ad alcuna logica l’aggressività di questa campagna contro i vu cumprà, quasi che fossero il capro espiatorio di una politica e di uno stato incapace di dare risposte vere ai bisogni delle persone. Anzi, in un momento di così grave flessione dell’economia, ci pare una evidente follia anche soltanto l'idea di sprecare tanti soldi e tante energie per inseguire degli individui sfruttati, anziché colpire le reti criminali che li sfruttano e che forniscono loro le merci.
La nostra piena solidarietà va invece a tutti i commercianti che lavorano onestamente, oggi schiacciati come tutti i lavoratori da una crisi originata ai piani alti del capitalismo finanziario, industriale, politico. Lo stesso sistema di potere economico che possiede e incentiva quei grandi centri commerciali che, non solo d'estate, indeboliscono proprio il piccolo commercio peggiorando sistematicamente anche le condizioni di chi ci lavora, sia come dipendente che come piccolo commerciante. Per questo crediamo che la politica e le rappresentanze di categoria del commercio locale dovrebbero investire meglio il loro tempo e le risorse economiche per migliorare l'offerta del nostro territorio, accrescendo la qualità dei prodotti e dei servizi che vendiamo ai turisti, anziché ingaggiare una patetica guerra tra poveri rincorrendo i malcapitati venditori di calzini on tanto di armi ed elicotteri. La gravità del momento non permette più farse simili.

Islanda, quando il popolo mette la mordacchia all’economia finanziaria.

Paolo Ferrero


Non ne parla nessuno, ma il popolo islandese, ha compiuto in questi anni una vera e propria rivoluzione, sia sul piano della democrazia che sul piano economico. Una rivoluzione simile a quella avvenuta in Argentina ma ancora più radicale.

Ne faccio qui di seguito un rapido riassunto fatto di copia e incolla di vari articoli apparsi su internet, in modo  che tutti voi possiate informarvi, far conoscere ai vostri amic@ e compagn@, magari documentarvi di più, per spiegare di come si può battere un capitalismo finanziario che ci vien presentato come onnipotente e naturale.


L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una media città spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.




La Landsbanki fu la prima banca a crollare e ad essere nazionalizzata in seguito al tracollo del conto IceSave.

Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.
Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.
A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.
Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate, era espressione della sinistra e, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.




I cittadini islandesi non erano disposti ad accettare le misure imposte per il pagamento del debito.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.
Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.
Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.
La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.




I Cittadini islandesi hanno votato per eleggere i membri del Consiglio costituente.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.
In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').
Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.
Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

L'Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale.




Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.
Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.
In conclusione
La rivoluzione islandese ha quindi un risvolto di partecipazione democratica che rappresenta l’applicazione della democrazia partecipativa alla vita di una intera nazione (sia pure di soli 300.000 abitanti) e un risvolto di rivolta contro il neoliberismo che ha concretamente rovesciato i dettami neoliberisti. Nei fatti gli islandesi hanno praticato una “ristrutturazione del debito”, pagando i debiti delle banche insolventi ai cittadini islandesi e sostanzialmente non restituendo i debiti al resto del mondo. Nonostante l’Islanda non abbia l’esercito non è stata invasa da  eserciti stranieri. Ovviamente non è possibile generalizzare questo esempio in modo meccanico, però io credo che la strada che gli islandesi hanno segnato è la strada giusta: bisogna mettere la mordacchia al capitale finanziario!

giovedì 14 luglio 2011

Una nuova Onda Granda

Luciano Granieri


Come  ogni estate si rinnova l’appuntamento con il concerto di Cisco.  E’ une evento rigenerante, ai piedi del palco ci si ritrova a cantare  a ballare a pugno alzato  .  In questi frangenti  si percepisce  forte l’idea di cosa significhi “venire da lontano e di andare lontano.  “L’Onda granda” del cambiamento  investiva ancora più forte una piazza ,quella di Boville, già scossa dal vento nuovo che si è alzato a seguito dei referendum e della amministrative.  Nei concerti di  Cisco però si ha la consapevolezza che il vento nuovo sia sempre spirato.  Si è convinti che  - cantando  a Las Barricadas, come un inno di lotta, saltando insieme sotto le coinvolgenti vibrazioni di  “Una perfecta  excusa “  -  la ragioni di quel comunismo basato sulla massima “ Da ciascuno secondo le proprie possibilità a ciascuno secondo i propri bisogni” , siano vincenti   e ne sia improrogabile l’affermazione .  Nel susseguirsi dei brani, fra l’altro si snocciola la NOSTRA STORIA,  ovvero la  narrazione (per usare un termine vendoliano) delle lotte operaie e studentesche,  della lotta partigiana, del contrasto della gente comune  alla mafia, del disagio delle periferie, della voglia di combattere per difendere i diritti dei paesi del sud del mondo e di  tutta  le persone  cui la prerogativa di una vita dignitosa è annientata dalla finanza internazionale.  Ebbene si,  ci siamo goduti questa festa e i video che seguono pur con un audio non eccellente lo possono testimoniare. Oltre a descrivere le emozioni  che il concerto ci ha riservato ci fa piacere sottolineare  come un vento nuovo sia spirato anche nello stile musicale di Cisco. La band impeccabile come al solito ha sfoderato   un inaspettato Rock solido perentorio e coinvolgente.  Sugli scudi Andrea Faccioli alla chitarra , dallo stile fluido e scattante. Su i  suoi arpeggi si sono inserite  le performance  solistiche di Simone Copellini alla tromba (eccezionale la sua sortita al flicorno su “Ebano”)  e dello straordinario violinista Patrick Wright . Una equilibrata  sezione ritmica composta da Bruno Bonarrigo  al contrabbasso e Marzio del Testa  alla batteria, ha tessuto il tappeto su cui si sono sviluppate armonie e melodie, il tutto arrangiato dalla sapiente sensibilità musicale del maestro  Francesco Magnelli  alle tastiere. Poi lui ,Cisco, la sua voce è inconfondibile potente a Boville era veramente in splendida  forma abilissimo a prenderci da lontano e ad accompagnarci nell’  andare lontano.
Buona Visione.





Assemblea degli azionisti TIAA-CREEF

Evalyn Segal


Next week I am going to Charlotte, NC, and I want to bring your voice with me. You see, financial giant TIAA-CREF is having its shareholder meeting in Charlotte, but the company refuses to talk about the Israeli occupation.

That's why I am asking you to sign this open letter to TIAA-CREF CEO Roger Ferguson before Tuesday and ask him to divest from companies such as Caterpillar, which manufactures the bulldozers used to demolish tens of thousands of Palestinian homes, and Veolia, which operates buses in a segregated highway in the West Bank. Segregation! I am old enough to have witnessed myself segregation in the South. I did not like it then and I do not like it now.

I have been proud to be a Jew all my life, but after visiting Israel three times and the West Bank once, I've seen the effects of the Israeli occupation with my own eyes, and what I have seen harms not only Palestinians but also Jews everywhere.

I started investing in a TIAA-CREF pension fund back in the 1970's, and now as a retired professor, I draw almost half of my income from TIAA-CREF. I do not want to have my retirement money contributing to injustice. That's why I am asking you to sign this open letter to Mr. Ferguson.

Together with other TIAA-CREF participants, I filed a shareholder proposal asking TIAA-CREF to talk with companies that profit from the Israeli occupation and ask them to stop profiting from human rights violations. TIAA-CREF decided not to include that proposal on the ballot.

I also wrote TIAA-CREF personally to express my concerns. All I got was a brief letter from them saying no, and that profit was their only concern.

TIAA-CREF has already divested from Sudan because of the genocide in Darfur. And yet the company says that the case in Palestine is different because the genocide in Darfur was recognized as such by the US government.
Is TIAA-CREF waiting for a full-fledged Palestinian genocide before deciding to divest? How many more Palestinians need to be made homeless before TIAA-CREF takes action? And if the company can only take its cues from our government, does it mean that it was in favor of segregation when such a practice was legal in the US? It is certainly in favor of segregation today if it keeps on profiting from the Israeli occupation and its Jewish-only roads and settlements. And it is doing this with my hard-earned money.

Please, sign the letter to Ferguson.


Thanks.






 


Evalyn Segal, Ph.D.



La prossima settimana andrò a Charlot NC e voglio portare con me la vostra voce . Vedete, il gigante finanziario TIAA-CREF ha organizzato l’assemblea degli  azionisti a Charlotte  e la compagnia si rifiuta di parlare dell’occupazione di Israele .
Eco perché vi sto chiedendo di firmare questa lettera aperta all’amministratore delegato Roger Ferguson prima di martedì prossimo chiedendogli di disinvestire dalle compagnie come la Caterpillar che costruisce i bulldozer  usati per demolire decine di migliaia di case palestinesi  e Veolia che gestisce gli autobus in autostrada  segregata della Cisgiordania. Segregazione!  Sono vecchio abbastanza  per essere stato io stesso testimone della segregazione nel sud . Non mi piaceva allora, non mia piace ora . Sono stato fiero di essere ebreo per tutta la vita ma dopo aver visitato Israele per tre volte e la Cisgiordania per una volta  ho visto con i miei occhi l’effetto dell’occupazione israeliana  e quello che ho visto danneggia non solo i palestinesi  m a anche gli ebrei  in tutto il mondo. Iniziai a investire nei fondi pensione TIAA-CREF dal 1970. E oggi come professore in pensione  quasi la metà del mio reddito è composta dai fondi pensione TIAA-CREF. Non voglio avere soldi sotto forma di fondi pensione  contribuendo all’ingiustizia  è per questo che vi chiedo di firmare una lettera aperta a Mr. Fergusson . Insieme agli altri azionisti di TIAA-CREF.  Ho presentato una proposta agli azionisti chiedendo a TIAA-CREF di contattare le aziende che traggono profitto dalla occupazione israeliana  e chiedere loro di smettere di fare profitti  dalle violazione dei  diritti umani. TIAA-CERF  ha deciso di non porre tale proposta a votazione. Ho anche scritto personalmente a TIAA-CREF per esprimere le mie preoccupazioni . Tutto ciò che ho ottenuto è stata una breve lettera che rifiutava la proposte e aggiungeva che la loro unica preoccupazione era il profitto. TIAA-CREF ha già disinvestito dal Sudan a causa del genocidio in Darfur. E ancora la compagnia ha sostenuto che il caso della Palestina è differente perché il genocidio in Darfur è stato riconosciuto come tale dagli Stati Uniti .  Forse TIAA-CREF aspetta un vero e proprio genocidio palestinese prima di cedere?  Quanti palestinesi ancora di più dovranno rimanere senza casa prima che TIAA-CREF prenda una posizione . E se la compagnia non può che prendere spunto dal nostro governo vuol dire che questa era a favore della segregazione fin da quando questa era legale negli Stati Uniti . Ed è certamente a favore anche oggi della segregazione  se continua a trarre profitto dall’occupazione israeliana  delle  sue strade per soli ebrei  e dagli insediamenti . E sta facendo tutto ciò con i miei sudati soldi .

Per favore firmate l’appello a Fergusson

per firmare l'appello cliccare sulle frasi in verde del testo in inglese

mercoledì 13 luglio 2011

Aeroporto Ferentino- Frosinone: O si vince o si perde

Luciano Granieri

Torna l’incubo dell’aeroporto Ferentino- Frosinone. Questa volta l’assalto della società Aeroporto di Frosinone del consorzio Asi è ultimativo e di spessore. Il baraccone messo in piedi dall’ex presidente della provincia di Frosinone Francesco Scalia, oggi rilanciato dall’attuale amministrazione provinciale  capeggiata da  Antonello  Iannarilli , si presenta bene armato della variante urbanistica approvata dalla provincia sui 300 ettari destinati alla costruzione dello scalo, e dalla valutazione ambientale strategica. Dunque tutto è pronto  per dare il via all’ennesimo saccheggio della Valle del Sacco? Sembrerebbe di si ma la popolazione interessata dagli espropri e anche quella che semplicemente non vuole vendere terra  e aria alla speculazione NON CONDIVIDE  e sembra finalmente pronta ad agire. Chi segue il nostro blog sa che questa battaglia ha accompagnato l’iter dell’aeroporto sin dall’inizio  mettendo in campo  una contrapposizione a singhiozzo, ora partecipata, ora ignorata una pratica conflittuale che non ha prodotto molto. Volantinaggi, manifestazioni  non hanno impedito il progredire del progetto. Molto di più in questo senso hanno ottenuto ENAC , ENAV e ministero della difesa che hanno bocciato senza appello  non la fattibilità ma la semplice idea di un Aeroporto civile in quella zona.  Possibile che ci dobbiamo farci  superare dal ministro La Russa?  Assolutamente no.  Ecco perché  Comitati contrarti all’aeroporto di Ferentino- Frosinone  , cittadini comuni , amministratori si sono riuniti martedì 12 luglio presso il palazzo dello sport di Ferentino.  Si  doveva decidere quali azioni di contrasto predisporre e con quali modalità, tenendo presente che ormai si è al round finale. O SI VINCE  O SI PERDE senza appello.  All’assemblea erano presenti   fra gli altri   , Marco Maddalena del Comitato cittadini No Aeroporto Ferentino Frosinone,   IL Prof. Francesco Bearzi della Rete per la tutela della Valle del Sacco,  Riccardo Copiz del WWF di Frosinone,  Lorenzo Parlati presidente regionale di  Legambiente,  Francesco Raffa assessore all’ambiente dei comune di Frosinone, Fabio Magliocchetti di Legambiente Ferentino. 




Adf come la regione Lazio, che è entrata nella società con un milione e trecento mila euro di denari, pubblici pare non tengano in alcun conto degli autorevoli pareri negativi fin qui espressi.   In breve ci si è chiesti a chi giova costruire un’opera la cui fattibilità è stata bocciata da tutti gli enti  tecnici e amministrativi?.    Evidentemente a nessuno  non ai cittadini,sia a quelli che devono cedere le loro proprietà per un tozzo di pane (salvo accordi diretti sottobanco), sia a quelli che devono subire patologie a seguito di rumori ed emissioni nocive, nonché vedere i propri denari sperperati in una siffatta idiozia.  Alla luce di quanto è emerso dalle analisi  dei documenti  (Variante Urbanistica e Valutazione ambientale strategica)  la costruzione dell’aeroporto è necessaria perché giustifica la qualificazione  a zona edificabile ,con una rapporto area/cubatura maggiore,  dei 60 ettari annessi alla zona aeroportuale  su cui è possibile costruire e produrre un business di centinaia di milione di euro , inoltre lascia in pasto alla speculazione edilizia tutta l’area dell’attuale stazione ferroviaria , in quanto il nuovo scalo ferroviario verrà trasferito presso l’ aeroporto.  In buona sostanza tutto questo ambaradam serve semplicemente per dare in  pasto ai soliti palazzinari nuove aeree da edificare e consentire loro di produrre profitti milionari sulla pelle dei cittadini. Ma è possibile costruire un aeroporto senza i necessari pareri positivi di Enac Enav.  Certamente si, ma i costi dei servizi  e del personale necessario non avranno contributi da tali enti e  saranno totalmente a carico della proprietà, ovvero di Adf che ha come azionisti, la Regione Lazio, la Provincia di Frosinone, il comune di Ferentino e quello di Frosinone e dunque a carico nostro. Ma esiste la possibilità che comunque tale struttura produca guadagni che in qualche modo possano tornare nelle tasche dei cittadini? Da escludere categoricamente il traffico sarebbe talmente esiguo che non solo non produrrebbe profitto ma costituirebbe una voragine dentro la quale sparirebbe una montagna di denaro pubblico. Dunque l’affare non s’ha da fare. Per questo nell’assemblea di Ferentino si è deciso di intensificare la lotta nelle piazze sia di Ferentino che Frosinone allo scopo, oltre che di protestare apertamente anche di informare i cittadini delle reali deleterie conseguenze di questo Aeroporto. Inoltre accanto alla mobilitazioni si svilupperà un’azione legale. Lorenzo Parlati di Legambiente propone ,di ricorrere alla corte dei conti affinchè verifichi  la valenza finanziaria dell’opera,  e Francesco Raffa suggerisce un bel ricorso al TAR per giudicare la legalità dell’operazione. Noi di Aut, suggeriamo di fare pressione sui comuni di Ferentino e Frosinone, affinchè attraverso consigli comunali aperti informino e verifichino la disponibilità dei cittadini a subire una tale privazione di diritto alla salute.Il programma elettorale del sindaco Marini, non prevedeva la consultazione dei cittadini in merito a qualsiasi decisione si fosse dovuta prendere sull’aeroporto? Sarà il caso che il sindaco tenga fede al programma per cui è stato eletto e apra le consultazioni quartiere per quartiere e tenga conto della decisione della cittadinanza anche se questa determinasse l’uscita del comune di Frosinone da Adf?  LA LOTTA SI FA DURA ED E’ ORA CHE I DURI COMINCINO A LOTTARE.

Assemblea no Aeroporto Ferentino Frosinone

No Aeroporto Ferentino FrosInone


L’Assemblea pubblica tenutasi ieri a Ferentino, presso la sede del Comitato Ponte Grande, promossa da Comitato No Aeroporto, Legambiente, Retuvasa e WWF, ha visto una folta partecipazione dei cittadini minacciati di esproprio per la costruzione dell’aeroporto, nonché dei rappresentanti di numerose associazioni, comitati e partiti politici.

La relazione introduttiva del Prof. Francesco Bearzi, coordinatore provinciale Retuvasa, ha richiamato quella dell’Ente Nazionale Aviazione Civile, resa pubblica nel corso della conferenza dei servizi regionale del 04.11.09, concernente il progetto di uno scalo regionale a Frosinone. L’ENAC esprime una valutazione negativa a tal punto da sottolineare l’inopportunità di approfondimenti e revisioni progettuali. Insuperabili infatti quasi tutte le motivazioni ostative, relative alla sostenibilità economica, alle rotte di volo, alla sicurezza, alla compatibilità con la presenza della scuola elicotteristica di volo dell’A.M., alla sostenibilità ambientale (su quest’ultimo punto in coerenza con le argomentazioni da anni sostenute dagli ambientalisti). Le valutazioni dell’ENAC si estendono logicamente al progetto oggi presentato dalla società AdF, sostanzialmente identico al precedente, salvo che per il numero dei passeggeri/anno previsti, che quasi si dimezzano, passando da 5 milioni a 2-2,5 milioni, con evidente aggravio dell’insostenibilità economica. Ma il territorio da espropriare rimane lo stesso, 300 ettari oggetto di Variante ASI per l’attuazione dell’area intermodale, di cui 240 agricoli, ove è presente qualche centinaio di residenti.

Il dubbio è dunque che il progetto aeroportuale intermodale, legato allo spostamento del terminal ferroviario di Frosinone e all’interporto, finisca per aprire a ben altro, ovvero a un’operazione che usa l’aeroporto semplicemente come cavallo di Troia. I terreni espropriati a prezzi calmierati verrebbero destinati a strutture commerciali e a servizi con una moltiplicazione dei valori immobiliari; le aree lasciate libere al quartiere Scalo di Frosinone sarebbero disponibili per edifici residenziali. Il giro d’affari potrebbe ammontare ad alcune centinaia di milioni di euro, con il pericolo di infiltrazioni della malavita organizzata che si annida in tali operazioni urbanistiche.  

Un gigantesco consumo dei suoli, un inutile appesantimento di un comprensorio già sottoposto all’azione di innumerevoli fattori di pressione ambientale, la creazione di una ingiustificata rendita fondiaria, lo sradicamento e l’impoverimento di centinaia di persone che verranno allontanate da quel territorio: questo lo scenario, condiviso dalle Associazioni organizzatrici e dall’assemblea.

Riccardo Copiz (WWF Frosinone) ha sottolineato l’inconsistenza di molteplici passaggi della Valutazione Ambientale Strategica complementare alla Variante ASI per l’area intermodale, esposti a facili obiezioni.

Marco Maddalena, coordinatore del Comitato No Aeroporto, ha sottolineato la necessità della mobilitazione di massa intorno a un programma operativo, che contempli tra l’altro il ricorso al TAR contro la Variante ASI e l’intera procedura aeroportuale, le osservazioni di associazioni e singoli a Variante ASI e VAS annessa, l’azione oppositiva in consiglio e commissioni competenti regionali, manifestazioni pubbliche a Ferentino e Frosinone. A partire dalle sue proposte si è sviluppato un intenso dibattito, moderato da Fabio Magliocchetti. Hanno dato il loro contributo Lorenzo Parlati, Francesco Raffa e Vittoria Cova per Legambiente, Francesco Notarcola per Coordinamento associazioni Frosinone, Anna Natalia per Anagni Viva, Paolo Iafrate per Oltre l’Occidente, Alessandro Compagno per DAS Anagni, Giulio Martino e Mauro Lamesi per Italia Nostra, Franco Sisti, l’Avv. Plinio Bianchi, Letizia Roccasecca e Domenico De Carolis per CODICI, l’Avv. Manuela Maliziola per Lega Consumatori, Giancarlo Canepa per “Il Cartello”, Giovanni Pizzuti per Centro studi Tolerus di Ceccano.

Sono intervenuti anche i rappresentanti di diverse forze politiche, offrendo concreto impegno alla mobilitazione civica contro l’aeroporto. Tra essi il presidente regionale dei Verdi Ferdinando Bonessio, il dirigente provinciale SEL Domenico Belli, il segretario IdV giovani di Ferentino Manuel D’Onofri. Analogo impegno è stato espresso in messaggi pervenuti agli organizzatori dal consigliere regionale Ivano Peduzzi e dal responsabile PRC-FdS Gaetano Alibrandi; dal circolo de La Destra di Anagni, attraverso il segretario Valeriano Tasca.

Le associazioni CODICI e Lega Consumatori, oltre all’Avv. Alberto Floridi di Anagni, hanno offerto ai cittadini interessati dall’esproprio assistenza legale per la redazione delle osservazioni da presentare contro la Variante Urbanistica.

L’Assemblea si è conclusa con l’impegno all’organizzazione delle iniziative concordate, tra cui a breve una seconda assemblea organizzativa a Frosinone, vista anche la richiesta in tal senso dei molti frusinati presenti.
Ferentino, 13.07.11

martedì 12 luglio 2011

Dieci anni da Genova

Luciano Granieri


Dieci anni fa,  come oggi, mancava   una settimana al G8 di Genova. In quei straordinari e maledetti giorni  emerse  la voglia da parte di singole presone di mettere in comune le proprie aspirazioni e desideri sepolti  da decenni di melassa mediatica  e nichilismo indotto . Emerse la condivisione e l’organizzazione di una lotta finalizzata ad ottenere il diritto di  decidere autonomamente come vivere, sottraendosi  ai diktat  con cui le regole della finanza  internazionale e del mercato  condizionavano le scelte di Nazioni, non più sovrane,   e ne affamavano le popolazioni . Quelle regole che favorivano e purtroppo ancora oggi favoriscono i profitti, il fare soldi con i soldi, deprimono lo stato sociale e la dignità della gente comune, e sono condivise dalle caste politiche  che hanno il compito di implacabili mastini impegnati  nel difendere con la violenza e la sopraffazione  il privilegio globale di pochi contro la sacrosanta dignità di molti. Prima di Genova questo grande processo di unione e solidarietà fra classi  riuscì  per un certo periodo a sopraffare con le rivolte operaie e studentesche degli anni ’70 le prerogative egoistiche di una èlite capitalistica imprenditorial- finanziaria  vorace e accattona. La contro rivoluzione, mascherata da lotta al terrorismo,  con le forze dell’ordine e i barbari neo fascisti  in prima linea non si fece attendere reprimendo nel sangue  i  tentativi di rivolta .   Dopo un trentennio di assopimento delle coscienze  ottenuto  attraverso gli story telling Reganiani e Tatcheriani,  di cui Berlusconi è stato grande continuatore e  maestro, qualcuno ha scoperto il gioco. I  movimenti si sono riorganizzati, partendo dalle rivendicazione degli anni settanta  hanno allargato il campo del conflitto . Da lotta nazionale di liberazione si passò a lotta globale di liberazione  uno  tsunami che da Porto Alegre a Seattle a Genova investì le coscienze e costruì una dinamica di lotta molto più ampia contro la potenza globale delle multinazionali . Anche questo nuovo risorgimento presto dovette trasformarsi  in resistenza  subendo  l’aggressione violenta  e bestiale delle forze dell’ordine e dei fascisti che questa volta occupavano i posti di comando all’interno della prefettura .  In quei giorni a Genova si consumò una mattanza feroce , si uccise deliberatamente si picchiò fino alla sfinimento  si costruirono prove false . In quei giorni a Genova  non  esistevano più diritti umani e civili.  Dopo dieci anni da quel macello, la speranza  e la condivisione   di un nuovo   progetto di comunità basato sulla difesa dei beni comuni e contro lo sfruttamento del capitalismo riemerge con forza attraverso il risultato dei  referendum,  delle lotte contro la TAV  e contro altre aggressioni locali al territorio  e ai beni comuni (vedi aeroporto di Frosinone-Ferentino) anche questo tentativo di riorganizzazione è contrastato con la violenza e la diffamazione, vedi la manifestazione No Tav.  Continua dunque la lotta.  Per rivivere quei drammatici eventi a 10 anni di distanza proponiamo in post  diversi il film (BELLA CIAO)  realizzato dal ACOIRIS TV. Sono nove video che invitiamo a vedere perchè il passato possa servire da lezione per il futuro.

Oltre ai video pubblichiamo testimonianze e racconti di chi c’era e di chi commentava .






Segue con altri due post

lunedì 11 luglio 2011

FERMIAMO LA TAV ISRAELIANA “MADE IN ITALY”

La Coalizione Stop That Train



Un nuovo treno ad alta velocità collegherà Tel Aviv e Gerusalemme. Questa nuova linea ferroviaria, il “Treno A1”, attraversa i confini ufficiali dello Stato israeliano penetrando nella Cisgiordania occupata, confiscando terre palestinesi per un progetto di trasporto israeliano dedicato esclusivamente ad israeliani. Ad essere colpiti saranno i residenti dei due villaggi di Beit Surik e Beit Iksa, che, già privati di gran parte della terra agricola e isolati da Gerusalemme a causa della costruzione del Muro, vedranno le loro proprietà nuovamente sottoposte a confisca.
La realizzazione del progetto A1 rappresenta una palese violazione della Legalità Internazionale, in quanto, percorre 6,5 chilometri attraverso la Cisgiordania occupata, contravvenendo alla normativa internazionale sui Diritti Umani, tra cui la IV Convenzione di Ginevra, che vietano lo sfruttamento delle terre da parte della potenza occupante.
Il progetto dell’A1 si inscrive inoltre nella politica israeliana di lungo periodo che mira ad attuare il trasferimento forzato della popolazione palestinese, diventando parte di un sistema infrastrutturale coloniale e di apartheid, che mentre provvede alle necessità della popolazione israeliana, nega quelle della popolazione palestinese.
Tra le aziende private, il progetto prevede il coinvolgimento dell’italiana Pizzarotti S.p.A. Un coinvolgimento che è complice nel violare la Legalità Internazionale, facendosi partecipe dei crimini di guerra commessi da Israele.
Per questo in Italia è nata la CoalizioneStop That Trainche mette insieme oltre60 organizzazioni, associazioni, reti, movimenti, ONG, e che ha dato vita ad una mobilitazione contro il progetto e il coinvolgimento della Pizzarotti S.P.A.
La Coalizione Stop That Train chiede:
  • ALLA AZIENDA PIZZAROTTI S.P.A DI RITIRARSI IMMEDIATAMENTE DAL PROGETTO
  • Al governo nazionale, ai governi locali e ai consigli cittadini di porre fine ai contratti con la Pizzarotti S.p.A., e a non stipularne di nuovi se non risolverà il contratto per la costruzione della A1
  • Alle persone di coscienza, di avviare effettive campagne di disinvestimento rispetto a titoli ed istituti finanziari collegati alla Pizarotti S.p.A

Frignuitte, Toto' e la Fontana di Trevi

Luciano Granieri




Oggi è possibile vendere la fontana di Trevi. Frignuitte è un soggetto molto particolare  , come Totò   nel famoso  film : “Toto’truffa” ci prova.  In una bella giornata di sole  monta un piccolo gazebo vicino alla fontana. Davanti alla postazione mettono in mostra i loro sensualissimi corpi due “ombrelline” che tengono in mano un cartello con su scritto: “Vendesi Fontana di Trevi: TRATTATIVA RISERVATA”.  Ogni  giorno il gazebo si affolla di curiosi, qualcuno palpa le “ombrelline” . Finalmente unna bella mattina si avvicinano a Frignuitte due miliardari Italo-Canadesi.  I Fratelli  Lecce. Questi si trasferirono in Canada dalla Val di Comino quando erano ancora in fasce. I genitori  giravano per Toronto a vendere gelati con un camioncino. Dopo decenni e decenni di lavoro da quel camioncino è nata e si è sviluppata  la “Lecce’s  Ice Cream  Corporation”  una delle più grandi catene per la vendita di gelati in  tutto il Canada. Mr. Tom Lecce e Mr. Anthony Lecce, quella bella mattinata d’estate s’intrattenevano  sotto il gazebo di Frignuitte  a contrattare il prezzo per acquistare la fontana di Trevi, la location ideale per costruire la “Marvellous Trevi Fontain Ice Cream and pie” . Nei pressi della fontana sarebbero sorti  immensi  Ice Cream Store con annessi  Pies  Store e yougurterie.  Vicino ai bordi del  capolavoro del Bernini  suggestivi tavolini in pietra viva   avrebbero consentito ai turisti di consumare un buon gelato rimirando uno dei più bei monumenti  del mondo.  La trattativa per l’acquisto si fece quanto mai serrata. Frignuitte chiedeva 130 miliardi di Euro, i Lecce ne offrivano 80. A sera l’accordo fu raggiunto sulla base di 100 miliardi di euro con pagamento a mezzo bonifico che i Lecce avrebbero dovuto effettuare per l’intero importo il giorno dopo.  Affare fatto ma Frigniutte , come Totò, non possedeva la fontana. “Nun te preuccapà statte cuntiente” La versione ciociara di “Don’t Worry be Happy”  .  Frignuitte contatta il ministero dei beni culturali, la presidenza del consiglio e il ministero dell’economia chiedendo in prestito la fontana per un anno allo scopo tentarne la vendita a un prezzo da definire. Qualora l’operazione non si fosse conclusa, Frignuitte avrebbe restituito la fontana  riconoscendo un intreresse sul prestito del bene di un milione di Euro. Berlusconie Tremonti  considerando che come minimo avrebbero  guadagnato il milione di euro di interesse, concessero  in prestito la fontana a Frignuitte il quale, verificato di aver incassato i 100 milioni di euro dai Canadesi mise a disposizione il sito ai fratelli Lecce. I lavori cominciarono, ma nel frattempo squadre di camerati , pagate sottobanco da Frignuitte, (per una spesa di circa 50 mila euro) iniziarono a sabotare i cantieri, a insozzare la piazza. Inoltre Frignuitte,  riuscì a corrompere dirigenti e funzionari del servizio idrico, affinchè  chiudessero i rubinetti della fontana  in modo da lasciarla a secco. Dopo un anno i Lecce si ritrovarono con la fontana priva d’acqua, scrostata e sporca , la piazza sudicia e  i cantieri che ancora dovevano partire. Fu allora che Frignuitte si offrì di riacquistare la fontana al prezzo di 60 milioni di euro, un importo inferiore ai cento pagato dai Lecce, ma ormai il monumento era  in degrado e dunque  il compenso offerto era più che onesto . Gli Italo-Canadesi per non perdere ulteriori soldi accettarono. Frignuitte ritornò in possesso della fontana e  la restituì  allo stato estinguendo il suo debito. Morale della favola:  Frignuitte,  dopo aver incassato 100 milioni di euro per la vendita di  un bene che non possedeva, dopo aver speso  un milione di euro di interessi da corrispondere allo stato per il prestito della fontana, più  altri 300.000 euro per pagare guastatori,   ombrelline,  e corrompere funzionari affinchè mandassero in malora il monumento in modo da costringere i Lecce a rivenderglielo ,  60 milioni di euro per tornare in possesso del  bene ,  realizzò un profitto  per un operazione fondata sul nulla di  38 milioni e seicentocinquantamila  mila euro. Altro che Totò.  Questo racconto  potrebbe essere la sceneggiatura di un film  comico basato su sgangherate truffe  e invece accade veramente. Frignuitte nella realtà è una grossa società finanziaria che specula vendendo AZIONI ALLO SCOPERTO . La  Fontana di Trevi  nel film rappresenta   titoli azionari  sovrani in questo caso emessi dall’Italia.  La grossa società finanziaria (Frignuitte nel film) dopo aver venduto a 100 titoli dello Stato italiano,  che non possiede,  ( Fontana di Trevi nel film)  a degli investitori (I fratelli  Lecce nel film ) chiede in prestito le stessa azioni oggetto della vendita  alla banca che le detiene (lo Stato nel film ) . In molti casi  la grossa società finanziaria e la banca fanno parte dello stesso gruppo. Dopo di chè sempre la società finanziaria (Frignuitte) fa in modo, una volta ceduto il titolo che questo si deprezzi. Coinvolge agenzie di rating (camerati nel film) affinchè declassino il titolo, corrompe amministratori , politici, economisti (dirigenti del servizio idrico nel film ) affinchè adottino politiche economiche inconsistenti  finalizzate a sfiduciare l'affidabilità della nazione che ha emesso il titolo sovrano e ridurla al fallimento . Raggiunto lo scopo la grande società finanziaria (Frignuitte) compra a 60  i titoli presi  in prestito  e venduti  a cento  agli investitori (fratelli Lecce)  realizzando un profitto di circa 38. A seguito di queste ripetute azioni speculative sui titoli sovrani molte nazioni fra cui la Grecia e in questi  giorni l’Italia sono costrette, per salvarsi, a imporre ai  propri cittadini  manovre lacrime e sangue che servono a reperire quei soldi che le società finanziarie, le banche, le agenzie di rating, gli economisti e i politici sottraggono in modo truffaldino alla comunità. E’ una pratica comune nella dinamica del potere del mercato e di un capitalismo sempre più vorace che divora stati , istituzioni e persone . Oggi per riparare a questi disastri si sta  parlando di ricette insane.  In Italia tutti insieme responsabilmente, la malandata maggioranza e l’inconsistente opposizione,  concorrono a ordire una manovra che ridurrà sul lastrico famiglie su famiglie , solo per compiacere quei mercati finanziari che hanno prodotto il disastro. L’unica vera azione responsabile, sarebbe quella di non pagare il debito ai malfattori che lo hanno creato attraverso le loro truffaldine speculazioni . In un periodo di crisi, si deve agire affinchè non solo si evitino speculazioni sui titoli sovrani ma si esentino gli stati a restituire gli interessi, perché quei soldi servono alla sopravvivenza delle popolazioni.



SUL BIOTESTAMENTO

Giuseppina Bonaviri

“Vorrei morire come sono vissuta, con dignità, e guardando in faccia le cose. E se dovessi cadere nell’incoscienza, che sia solo per il breve tempo di un sospiro. Questo è il mio testamento biologico. Quello che non potrò mai lasciare se approverete la legge così come la state votando”.


Dopo una pausa di circa due anni, ritorna al voto in parlamento, in questi giorni, nel silenzio più assoluto dei media, il dibattito sul cosiddetto testamento biologico. Alla Camera, la maggioranza sta andando verso la decisione di negare il diritto di rifiutare trattamenti come l’alimentazione e l’idratazione forzata, dunque escludendone il carattere terapeutico e dandone potere decisionale al medico, non al paziente. L'argomento è delicato, sarebbe bene evitare contrapposizioni troppo aspre e pure volendo lasciare libertà di scelta alle singole coscienze, ogni singola forza politica dovrebbe ora esprimere una sua posizione ufficiale, chiara.

In queste ore, alla Camera, stanno decidendo la legge sul bio-testamento legge che non ci consentirà di decidere del nostro destino, di stabilire se e quando una vita è degna di essere vissuta.

Questa è la situazione. Dimostriamo ai nostri Parlamentari, con una mobilitazione di coscienze lucide e serene che anche Frosinone, città europea, sa esprimersi.

domenica 10 luglio 2011

ENZA PERNA 
(dal periodico Torresette dell´8 luglio 2011)

Domenica 10 Luglio 2011 ore 17:58 “No entry”. Un nuovo divieto imposto ai ragazzi provenienti da Torre Annunziata. L’ ultimo codice che non si trova nei libri di scuola guida, ma solo nella vita di tutti i giorni, quella torrese però. Non è un pettegolezzo, magari lo fosse, ma è pura realtà. E’ accaduto ai 65 giovani dell’Oratorio Salesiano dell’istituto Mazzarello. Un “no” secco all’entrata dell’acquapark “Isola Verde” di Pontecagnano. Motivazione? Erano di Torre Annunziata. Come ogni estate, le suore salesiane, ed un’equipe di animatori, accompagnano i loro ragazzi ai parchi acquatici. Ragazzi, o meglio, bambini, visto che la loro età oscilla tra i 6 e i 13 anni. Verrebbe da dire un gruppo ben “scortato”, visto che ora dobbiamo parlare in termini malavitosi. Sì, perché queste persone, dato che parliamo di esseri umani e non animali, giusto per rammentarlo, non sono state accettate all’ingresso del parco acquatico, dopo una regolare prenotazione e diverse conversazioni telefoniche avvenute tra suor Aurelia, organizzatrice dell’escursione ed il gestore del parco. I due si sono messi in contatto più volte per definire i dettagli della giornata. «Devo dire - spiega la suora - che già dalla prima telefonata ho avvertito una certa resistenza. Il gestore era un po’ restio nell’accettare persone di Torre Annunziata. Dopo mille rassicurazioni da parte mia, sono riuscita a persuaderlo». «Va bene suora - rispose -, la sua bella voce è riuscita a convincermi, vi aspetto giovedì 30 giugno». «Una cosa assurda, convincere una persona a farci entrare - continua suor Aurelia -, ma tenendo a cuore i nostri giovani, ci siamo, per così dire, “sottomessi”. Meritavano una giornata di divertimento. Li conosciamo tutti e di loro ci possiamo fidare. Prima di partire i nostri ragazzi hanno subìto il cosiddetto “lavaggio del cervello” da tutti noi. Volevamo fargli fare bella figura e sfatare il mito che la popolazione torrese è tutta contaminata. Contenti e sicuri di aver avuto il consenso, siamo partiti. Al nostro arrivo - continua il racconto la suora - la sbarra però è rimasta chiusa. Ovviamente sono scesa dal bus che ci ha accompagnati per farmi riconoscere, ma la ragazza all’entrata e diversi dipendenti mi hanno detto che avevano avuto l’ordine di non fare entrare il gruppo di Torre Annunziata. A quel punto mi sono imposta. Volevo parlare con colui che ha accettato la mia prenotazione. Hanno trovato mille scuse. La cosa più assurda, e che mi ha fatto davvero male, è che mentre altre persone accedevano al parco acquatico, la ragazza mi diceva che i motori degli scivoli si erano guastati e per questo non potevamo entrare». «Andate più avanti, lì accettano tutti» - ci hanno detto. «Dopo questa frase infelice - spiega ancora suor Aurelia -, ce ne siamo andati all’Aqua Farm. Lì ci siamo divertiti ricevendo elogi da parte del personale per il comportamento impeccabile tenuto dai ragazzi». Se non è discriminazione questa, allora cos’è! Paura del diverso? Perché, noi siamo diversi? E chi erano queste persone messe alla porta? Ragazzi che hanno avuto una vita difficile, che hanno conosciuto le crudeltà della vita in tenera età, che hanno imparato a vivere in maniera civile frequentando l’Oratorio. Ragazzi dagli occhi vivaci, sorrisi pieni di vitalità, che con le loro t-shirts con su scritto “Estate Ragazzi”, provano a riscattarsi, tentano di crescere in maniera “sana”. Ogni giorno trascorrono i loro pomeriggi all’insegna dei discorsi positivi e importanti della vita: amore, rispetto, coraggio, paura. Tutti insieme come una grande famiglia. Sono talmente spaventosi? La “signoria” dell’Isola Verde ha ignorato tutto questo. In realtà non sono stati gli unici. Un episodio del genere dovrebbe smuovere chi di dovere, non si può star fermi a guardare mentre veniamo messi alla porta dagli altri Comuni come se fossimo degli appestati. Questo è un discorso che riguarda la nostra società. Se non c’è sinergia tra istituzioni, oratori e famiglie, i nostri ragazzi rischiano di essere abbandonati a loro stessi. Messi da parte proprio come i progetti che l’istituto Mazzarello propone e che aspettano di essere sostenuti. Ma i bambini non aspettano, crescono in fretta. Dovranno essere sempre mortificati ed etichettati come “quelli di Torre Annunziata”? Se c’è un po’ di orgoglio, dignità da parte di chi ci dovrebbe rappresentare, questo accaduto non può restare un caso impunito. Ma se questo “se” dovesse persistere ancora, allora è giusto che qualcun altro venga messo alla porta, perché è chi accetta la discriminazione che va discriminato. E poi, come ha detto un bambino salesiano, “non si può vivere bene senza coraggio e con la paura”.