sabato 20 agosto 2011

La contro manovra con il contributo del Vaticano

 Luciano Granieri.

OTTO PER MILLE: IL 35% DEI CONSENSI E L'85% DEI SOLDI

Il capitolo più sostanzioso dei trasferimenti finanziari tra lo stato italiano e la chiesa è rappresentato dall'otto per mille: è di un miliardo di euro l'anno. Solidarietà? No vengono impegnati per lo più per far funzionare la chiesa. Il diabolico meccanismo  in cui c'entra anche lo zampino di Tremonti  prevede che le quote non espresse  ( quelle cioè di coloro che decidono di non devolvere ad alcuna confessione  religiosa l'otto per mille) restino all'erario ma vengano ripartite a tutte le confessioni religiose in base alla firme ottenute da ognuna. In questo modo la chiesa con il 35% dei consensi, ottenuti anche attraverso martellanti campagne pubblicitarie, si accaparra l'85% dei soldi. L'articolo 49 della legge istruttiva dell'otto per mille prevede che ogni tre anni si valuti l'andamento del gettito, per evitare eccessi in ribasso o in rialzo, e in tal caso modificare l'aliquota. Negli ultimi anni gli incassi della Cei sono quintuplicati. dai 210milioni, in euro del 1990 al miliardo di oggi.  Dunque dovrebbe scattare il meccanismo dell'art. 49  per limitare l'eccesso al rialzo. Quindi  se proprio non si può evitare l'otto per mille è necessario  dimezzarlo come prevede la normativa.
Da qui si può recuperare una cifra di almeno  1 miliardo di euro nei due anni in cui si sviluppa la manovra


ESENTI DALL'ICI CI COSTA 500 MILIONI L'ANNO.

Niente ICI per gli immobili di proprietà ecclesiastica che non siano "esclusivamente" impegnati in attività commerciali. Si salvano la maggior parte dei conventi riciclati in alberghi, dove però si prega!!!.Inoltre l'Ires ridotta al 50% per  gli enti assistenziali produce un mancato introito per i comuni pari a 900milioni di euro l'anno.   Questi soldi possono essere tranquillamente recuperati  reintroducendo l'ICI e   l'Ires al 100% in tutto   fanno per il biennio 2012-2013  2miliardi e 800milioni 

SCUOLE PRIVATE: I SOLDI SI TROVANO SEMPRE 

Stando solo al 2011 la legge di stabilità ha versato nelle casse delle scuole private 245milioni di euro . Poi ci sono i "buoni scuola" regionali. Solo la Lombardia del cattolicissimo Formigoni ha regalato alla Chiesa 45milioni di euro. Abolendo queste regalie si possono recuperare almeno 600milioni di euro. 

NON SI NEGA UN CONFORTO SE A PAGARE E' LO STATO

I cappellani di ospedali, carceri e dei militari sono scelti dalla diocesi ma assunti e retribuiti da Stato e Regioni. I più numerosi sono negli ospedali e costano allo Stato 50milioni di euro l'anno. Per le carceri 15milioni. Quelli militari 11milioni. Nel computo delle spese per i sacerdoti militari non sono calcolate le pensioni degli ex cappellani, piuttosto alte trattandosi di ufficiali a tutti gli effetti: quella dell'ordinario- generale di corpo di armata  - come il cardinal Angelo Bagnasco, ordinario militare prima di essere nominato presidente della Cei - si avvicina a 4mila euro al mese. Calcolando il taglio di queste spese per gli anni 2012-2013 si avrebbe un risparmio di 152milioni di euro

CATTOLICI E INFORMATI, AIUTI PER 14 MILIONI 

I contributi diretti alla stampa cattolica nel 2010 sono stati 14milioni di euro. Quasi la metà va ad Avvenire, il quotidiano della Cei. Ma anche il Cittadino, controllato dalla diocesi  di Lodi si  tratta bene 2milioni e 530mila euro . Dal momento che non si è mai visto uni Stato che finanzia la stampa estera tagliando questa anomala  regalia è possibile recuperare  28milioni di euro.

I BUFFI DEL VATICANO 

Indovinate che ha pagato il debito contratto dal Vaticano nei confronti  Acea  per il mancato pagamento delle bollette dell'acqua (50milioni di euro)  ?    BRAVI NON ERA DIFFICILE . LO STATO dunque tutti noi cittadini.

Tirando le somme: Il contributo alla manovra da parte della Chiesa può stimarsi in almeno
4miliardi  e 580milioni di euro.

Sarebbe un bel po' di sangue da togliere alla macelleria sociale . Ma sia da una parte che dall'altra i voti dell'elettorato cattolico sono una dote ambita e dunque GUAI A TOCCARE LA CHIESA.




L'obiettivo è quello di raccogliere 100.000 firme online per poi passare alla raccolta cartacea, tramite banchetti, di altre 500.000 firme. La richiesta? Il pagamento, anche da parte dello Stato Vaticano, di ICI, IRPEF, IRES, IMU, TASSE IMMOBILIARI E DOGANALI, MA ANCHE GAS, ACQUA E FOGNE.

Il provedimento, soprattutto considerando il periodo di gravi crisi economica e finanziaria in cui versano l'Italia ed il resto del mondo, appare oramai sacrosanto e non più prorogabile. Se la Chiesta cattolica vuole conservare credibilità e dimostrare di conoscere anche solo lontanamente lo spirito cristiano, non può rimanere sorda alle richieste di equità sociale e fiscale avanzate dagli stesse fedeli e da frange sempre più large della popolazione.

"‎(Matteo 10, 7-10):
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento». Parola del Signore, Amen".



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La scuola è cara

 Mittente La scuola è di tutti,
Comitato genitori, insegnanti, ausiliari, operatori delle scuole dell'infanzia
e primaria
c/o L.go Paleario 7
03100 Frosinone
c.a. Genitori, insegnanti, sindacati, cittadini

Si segnala con la tabella di seguito pubblicata le nuove tariffe mensa che il Comune di Frosinone ha  previsto per l'a.s. 2011-12. Le novità sono due: un aumento che va dal 39% fino a infinito e  l'impossibilità di recuperare pasti non consumati. 
Da una prima  lettura sembra  che: 


a) gli aumenti vanno del 39% al 49% a seconda della fascia di reddito e sempre  che il bambino non salti alcun pasto.

b) gli aumenti salgono ad ogni salto del pasto e possono arrivare fino al 100%  se il bambino si assenta il 30% durante l'anno, sempre dopo aver pagato le  rette, e superano il 100% in caso di assenze superiori al 30% e tendere ad  infinito;

c) viene introdotto il 50% di riduzione per il secondo o terzo ecc. bambino.  In caso di due bambini il costo totale resterebbe pressoché invariato rispetto  all'anno precedente; se invece ci fossero tre figli allora, finalmente, si  risparmierebbe.     

d) non è specificato cosa significhi comunque "dal 2° figlio in poi". Quale  figlio sarebbe conteggiato per primo: il più grande, quello che paga di più,  quello iscritto per primo o altro?

e) come si conteggiano i mesi che hanno giorni di vacanze, visto lo schema  rigido delle rette? I mesi utili per la mensa sono da ottobre a maggio (8) ma i  giorni sono 156 che in media fanno 19,5 giorni al mese. Le fasce con isee  minore hanno un aumento fino al 49%! Alla faccia del centrosinistra.   

f) Le quote dei pasti dei bambini che hanno pagato ma sono assenti  non vanno  alla ditta, che invece come l'anno scorso sarò pagata a pasti realmente  scodellati consuma, bensì al Comune a far cash....

Faccio un esempio con un isee tra 5 a 10 mila euro. Se un bambino si segna per 5 volte alla settimana per 8 mesi pagherà €.600 se  mangia o non mangia. (Con 156 giorni a 2.75 - come l'a.s. 2010-11 - avrebbe 
speso €.429, e se si fosse assentato una media di 3 volte a mese avrebbe speso  €.363).   
Se a tutto ciò aggiungiamo che ad oggi solo 5 delle 12 linee  di trasporto  scolastico comunale  sono state assicurate, con  rette aumentate; che i  rimborsi libri sono andati ad una esigua fascia di famiglie; che le classi sono  affollate; che i collaboratori scolastici saranno ancora meno; allora ci si  appresta a vivere un anno di montagne russe. Buon divertimento!


Si propone un incontro per giovedì 25 agosto per redigere  una prima nota di richiesta incontro con l'Amministrazione.
Chi fosse interessato risponda a questa nota.  

Ciao Paolo Iafrate 339-3848905         



Maria Zavaglia, sarta, comunista

di Roberto  "GRAVITA' ZERO"


Dalle finestre di casa mia si vede il Monte Bianco. Quando è sereno, e qui accade abbastanza spesso, mi affaccio e guardo la cima imbiancata di neve, laggiù, lontano. Verso sud.
E oltre il Monte Bianco, lo so, c’è l’Italia.
Diciassette anni, quasi diciotto, ormai. E non è che non ci torni, di tanto in tanto, ma non è la stessa cosa. Non è come abitarci, viverci, guadagnarsi lì il pane.
Eppure.
Eppure non c’è verso, non ci stacca mai completamente. Mio figlio con me parla italiano, anche se per lui la lingua del gioco è il francese. E quasi sempre, quando compro il giornale, ne compro uno italiano. Poi in Italia ci sono ancora i miei, mia sorella, qualche amico che rivedo sempre più di corsa, sempre meno spesso.
E ci sono i miei morti.
Ci pensavo, l’altro ieri. Pensavo a mia nonna, la madre di mio padre. Si chiamava Maria, ma per noi nipoti era nonna Ninin, che poi era il vezzeggiativo con cui si rivolgeva a noi. “El me ninin” mi diceva, quando mi prendeva in braccio. E quel vezzeggiativo le era rimasto appiccicato. Non che fosse sempre così tenera, mia nonna. Anzi, era nota per aveva un carattere di ferro. E nonostante avesse affibbiato a suo marito, mio nonno, il soprannome autorevole di “sindich”, tutti sapevamo che in realtà in casa comandava lei.
Pensavo a cosa avrebbe detto dell’Italia di oggi. A quanto le sarebbe pesato constatare, dopo una vita intera passata a lottare, quanto poco certe cose fossero cambiate dai suoi tempi. Credo che in fondo per lei sia stata una fortuna morire in un momento in cui era ancora verosimile sperarci, a un possibile cambiamento. Pensavo che mi piacerebbe scrivere di lei e della sua vita. Raccontare ad altri quello che so.
Giorni fa ho scoperto che era possibile andare a scovare, nell’Archivio di Stato in rete, le notizie riportate sui fascicoli della polizia politica durante il ventennio.
Incuriosito, ho voluto dare un’occhiata e, come mi aspettavo, eccola lì. Mia nonna. Maria Zavaglia, nata nel 1903. Professione: sarta. Colore politico: comunista. Sarta, comunista: cose del secolo scorso. Quasi più nessuno lo è, ormai. E insieme a lei, anche loro schedati come oppositori del regime nel Casellario Politico Centrale, i suoi amici. Quelli che mi ricordo ancora come miti pensionati che incontravo per strada da bambino e da cui a volte ricevevo in dono una caramella, e quelli che conosco solo dai racconti che mi faceva mia zia. Ognuno con data, luogo di nascita e residenza, e poi mestiere, fede politica, provvedimenti presi: Impressore tipografo, comunista, confinato. Impiegato, comunista, internato. Architetto, anarchico confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera. E così via.
Mi sono reso conto allora che in fondo di loro e delle loro vite, di quella di mia nonna, so davvero poco. Mia nonna era schedata a partire dal 1923, fino al 1943, anno nel quale le annotazioni nel Casellario si interrompono. Vent’anni passati a far parte di una minoranza osservata, seguita, scrutata e catalogata. Vent’anni in cui lottare ogni giorno per mantenersi salda nelle proprie convinzioni in mezzo a una folla di altri esseri umano ostili o, al massimo, indifferenti. Vent’anni di cui mi rimangono pochi racconti e ricordi di seconda mano. Frammenti. Quella volta che nascose in casa sua Bordiga, di passaggio da Milano e in viaggio verso non so dove. Quella volta che aiutò a fuggire dall’Italia un compagno, reduce dalla guerra di Spagna. Quella volta che si rifiutò di mandare a scuola mio padre vestito da balilla. Quella volta che fu spedita dal partito lontano, nel sud, a portare un qualche messaggio urgente. Frammenti isolati, dettagli svaniti, scolorati nella piccola leggenda familiare. Niente di cui valga la pena scrivere.
Dovremmo ricordare di più. Dovremmo ricordare meglio.
Dalle finestre di casa mia, stamattina, il Monte Bianco non si vedeva. Le alpi, e dietro di loro, l’Italia, erano avvolte da una pesante coltre scura di nubi. Eppure, dopo averle guardate così tante volte, posso immaginarmele benissimo. Il triangolo candido della cima del Bianco, L’Aiguille du Midi immediatamente a sinistra e poi, in una lunga cresta digradante, il Dente del Gigante e le Grandes Jorasses. Ancora più a sinistra, l’ombra scura del Dru, e l’altro grande triangolo dell’Aguille Verte. E altri ancora, che mi sono meno familiari. Dietro di loro, in un piccolo cimitero di montagna, quasi abbandonato, le ossa di mia nonna riposano di fianco a quelle del nonno. Due nomi, le date, e sulla lapide del nonno una strofa di una poesia di Heine, la sua preferita. In famiglia era lui il poeta, il sognatore. Mia nonna invece era l’anima concreta, solida, affidabile. Certo, anche lei amava leggere, e le poesie le sapeva apprezzare. Ma a nessuno di noi è venuto in mente di mettercene una, sulla sua lapide.
Invece ora, pensandoci, mi è venuto in mente che a volte può capitare che a scriverci l’epitaffio migliore sia proprio il nostro nemico. A saperlo avrei potuto chiederlo a mio padre, di farle scrivere, quelle due parole del secolo scorso così fuori moda. Giusto sotto il nome: Maria Zavaglia, sarta, comunista. Lei ne sarebbe stata orgogliosa.

venerdì 19 agosto 2011

Lettera Aperta A Debora Serracchiani Sul Progetto TAV

NUOVA ALABARDA



Prima di scrivere noi a Debora Serracchiani, leggiamo cosa scrive Debora Serracchiani, assieme ad altri europarlamentali, al presidente della Commissione UE Barroso e al commissario ai Trasporti Kallas.


 "Caro presidente Barroso, Caro commissario Kallas, dopo gli sfavorevoli eventi recentemente accaduti durante le ultime settimane, che hanno visto gruppi minoritari locali che provavano ad ostruire, anche con la violenza, l\'inizio del progetto n.6 di priorità della TEN-T fra Torino e Lione nella regione italiana del Piemonte, esattamente nella zona di Maddalena di Chiomonte, Val di Susa, noi, membri italiani del Parlamento Europeo denunciamo fortemente quei fatti inaccettabili, che fanno ritardare il progetto ed hanno causato varie lesioni, principalmente fra le forze di sicurezza. Malgrado quelle difficoltà, le autorità italiane, su un impegno bipartitico, hanno voluto rispettare le disposizioni precedentemente prese con l 'UE per quanto riguarda l 'apertura del cantiere entro il 30 giugno 2011 e conseguentemente cominciando con la perforazione del traforo come da progetto.Durante il congresso intergovernativo a Roma il 6 luglio 2011, sia i governi italiani che francesi hanno evidenziato e confermato la loro forte compiacenza a continuare con questo progetto.Noi membri italiani del Parlamento Europeo siamo completamente convinti che questo progetto debba essere realizzato e ci impegniamo per sostenere lo sviluppo del trasporto e delle infrastrutture che contribuiscono 
all 'ammodernamento dell 'Italia, in questo caso specifico, ma in generale dell 'Europa complessivamente.Di conseguenza, per i motivi suddetti ed in considerazione della revisione imminente di reti di trasporto transeuropee, che, come recentemente dichiarato dalla Commissione, vederà PP6, chiamato come  "Corridor " mediterraneo, come parte integrante della struttura finanziaria pluriennuale seguente, noi, membri italiani del Parlamento Europeo vogliamo confermare il nostro appoggio importante per questa causa importante  


".Questa lettera è stata redatta il 7/7/11 dagli europarlamentari Carlo Fidanza ed Antonio Cancian (PDL) e Debora Serracchiani (PD), poi sottoscritta da altri 42 eurodeputati italiani di PDL, PD, Lega e UDC.


Forse è anche per i contenuti di questa ignobile missiva che il signor Kallas ha risposto, nei termini che vedremo, il 25 luglio scorso ad una interrogazione presentata dall’eurodeputata della Sinistra Europea Sabine Wils sull’utilizzo da parte della forze dell’ordine di gas lacrimogeni nel corso della sgombero del presidio No Tav dalla Maddalena.
Ecco il testo della risposta (la traduzione è nostra).


"A nome della commissione.
Le informazioni ottenute dalla commissione sia dai funzionari italiani che dalla stampa non corrispondono a quanto esposto dalla signora Delegata.
Le informazioni pervenute alla Commissione sui deprecabili avvenimenti del 3 luglio 2011 indicano che un gruppo di militanti e manifestanti violenti, la maggior parte dei quali provenienti da altre parti d’Italia e dall’estero, hanno trasformato una peraltro pacifica dimostrazione in uno scontro violento con la polizia. Tra i poliziotti vi sono stati la maggioranza dei feriti, dal momento che gli attaccanti hanno usato pietre, massi, molotov e bottiglie piene di ammoniaca. Con questo presupposto di fondo la Commissione è del parere che l’interrogazione della signora Delegata non deve trovare risposta.
Negli ultimi 6 anni il Commissario ha condotto faticose iniziative in collaborazione con il governo italiano per far coincidere maggiormente il progetto Lione Torino alle volontà della popolazione locale. Questa intensa attività ha portato al completo ridisegno di gran parte del progetto. La Commissione è peraltro stata informata del fatto che oggi 10 dei 14 comuni, direttamente coinvolti dal progetto, caldeggiano la realizzazione di questa nuova opera ferroviaria.
Quindi la Commissione non vede alcun motivo per sollevare obiezioni sulla correttezza e moderazione delle azioni degli amministratori italiani.
Rimane come conclusione che la Commissione intende mantenere il finanziamento EU legato alla corretta prosecuzione delle opere ".

Dunque, secondo Kallas, rientra nella normalità europea (comportamento “corretto e moderato” da parte delle istituzioni?) l’intervento di duemila agenti in assetto antisommossa e l’uso massiccio di lacrimogeni per far partire un cantiere osteggiato dalla popolazione. E se, come sostiene Kallas, solo un “un gruppo di violenti” avrebbero provocato la “maggioranza dei feriti tra i poliziotti”, i conti non ci tornano. Per un “gruppo” di violenti si gasa una valle intera? E quali sarebbero, di grazia, i 10 comuni che “caldeggerebbero” il progetto?
Ma qui si vede chiaramente il danno che ha provocato la costante menzogna mediatica, che ha dipinto i dimostranti come pochi brutti e cattivi black bloc che non rappresentano la popolazione. Come se la popolazione fosse favorevole al progetto e gli oppositori venissero “da fuori” per imporre la loro lotta violenta.

 In questo contesto possiamo inserire anche la vergognosa lettera promossa dalla nostra corregionale Serracchiani: ed allora le rispondiamo con una 


LETTERA APERTA:
AVVOCATO SERRACCHIANI, SI VERGOGNI.

Lei, dall’alto del suo scranno da europarlamentare garantita di tutto e con uno stipendio che noi contribuenti le paghiamo, si permette di definire “gruppi minoritari locali” le popolazioni intere della Val Susa che si oppongono ad un progetto devastante del loro ambiente di vita.
Lei si permette di definire “fatti inaccettabili che fanno ritardare il progetto” le manifestazioni di resistenza passiva, degenerate in scontri non tanto per volontà degli abitanti delle Valli, quanto perché il governo italiano (o piemontese, chissà) ha deciso di inviare in Val Susa un esercito, (successivamente integrato con carri armati appena rientrati da un teatro di guerra come l’Afghanistan), che ha gasato di lacrimogeni l’ambiente ed i suoi abitanti per giorni e giorni, con conseguenze per l’ambiente e le persone che non sono ancora valutabili.
Lei probabilmente condivide la posizione del suo sodale di partito, nonché sindaco di Torino, Piero Fassino, che aveva chiesto l’intervento armato per sgomberare il campeggio pacifico degli abitanti.
È vero, non ci sono solo gli abitanti delle valli a lottare in Val Susa.
È vero, è venuta gente da altre parti d’Italia, ma anche d’Europa.
È vero, ed è giusto che sia così, ci consenta, Avvocato.
È giusto perché la lotta della Val Susa è la lotta di tutti coloro che ritengono la tutela dell’ambiente e la qualità della vita delle persone più importante del profitto di qualsivoglia componente minoritaria capitalista; è la lotta di chi non crede che andando più veloci si viva necessariamente meglio, di chi preferirebbe, soprattutto in questo momento di crisi (come ci stanno dicendo che viviamo), che i fondi pubblici siano stanziati per garantire servizi sociali e non buttati via in opere mastodontiche che non hanno senso di esistere.
È anche la nostra lotta, Avvocato. Per questo oggi siamo qui a dirle quello che pensiamo delle sue prese di posizione, delle sue parole che insultano una popolazione intera e coloro che con essa sono solidali, persone che hanno deciso (sindaci in testa) di difendere la propria terra e la propria vita rischiando in prima persona, che hanno subito pestaggi e lacrimogeni, denunce, perquisizioni, arresti, minacce di vario tipo, per non parlare dei danni all’economia locale causati dai lavori e dall’uso spropositato dei gas tossici.
Persone che non sono i black bloc tanto evocati da chi organizza la repressione, persone che si portano dietro i figli perché lottano per il futuro dei propri figli, e per questo sono stati denunciati alla Procura dei Minori.
Persone che vivono un’occupazione armata del loro territorio e resistono: e noi resistiamo assieme a loro, dando loro il nostro appoggio e la nostra solidarietà, facendo conoscere le motivazioni ed i metodi della loro lotta, che non sono metodi violenti ma di resistenza passiva.
Persone che lottano contro una decisione a tavolino, frutto di accordo tra stati, che non tiene conto delle obiezioni e delle opposizioni di chi vive nei posti dove l’alta velocità dovrebbe passare, né delle svariate analisi sui costi-benefici e sulle conseguenze ambientali, redatte da esperti del campo che hanno dichiarato pericoloso per l’ambiente, distruttivo per gli abitanti e non conveniente economicamente il progetto tanto caldeggiato da Lei e dal Suo partito, Avvocato.
Persone a cui noi tutti dobbiamo rispetto, ed alle quali Lei dovrebbe chiedere scusa, Avvocato, nonché europarlamentare rappresentante della cittadinanza italiana, Debora Serracchiani.

agosto 2011




1° MAGGIO E 25 APRILE? ABOLITI, COME GLI ULTIMI DIRITTI RIMASTI AI LAVORATORI


Il coordinamento nazionale di Unire le lotte – Area Classista Usb
 
IL GOVERNO ALL’ATTACCO DEI LAVORATORI E DELLE MASSE POPOLARI
 
E’ NECESSARIO ORGANIZZARE UNA RISPOSTA DI LOTTA E DI MASSA FINO A ROVESCIARE IL GOVERNO SANGUISUGA 

 
Prima d’oggi, solo il fascismo era arrivato a tanto: la festa del primo maggio, la giornata simbolo del lavoro, emblema delle lotte dei lavoratori, sarà abolita “per ragioni di risparmio”. Anche il 25 aprile, il giorno in cui si ricorda la lotta dei partigiani, diventerà un giorno di lavoro come un altro. Quando si tratta di risparmiare, Tremonti e Berlusconi non hanno dubbi: le giornate che ricordano le lotte dei lavoratori possono finire nella spazzatura. Si tratta di un atto simbolico che ben rappresenta la sostanza della manovra finanziaria appena varata dal Consiglio dei ministri: lo scopo del governo è quello di cancellare, insieme al primo maggio e al 25 aprile, anche gli ultimi diritti rimasti ai lavoratori. 
 
La manovra di ferragosto sferra un ulteriore pesantissimo attacco ai lavoratori, ai giovani, ai pensionati. E’ una manovra che segue le indicazioni della Banca centrale europea e che ricalca lo stesso canovaccio dei governi di altri Paesi europei (di centrodestra e di centrosinistra): difesa dei profitti miliardari della grande industria e delle banche, rapina a danno delle masse lavoratrici. Il governo, ipocritamente, presenta la manovra come “un atto di bene per il Paese” basata su presunti “tagli alla politica”. Di fatto, il grosso degli introiti arriverà – direttamente o indirettamente – dalle tasche di chi già fatica ad arrivare alla fine del mese, cioè dai lavoratori salariati e dai piccoli lavoratori autonomi già immiseriti dalla crisi economica. A questo, si aggiunge (ed è l’unico punto su cui in parlamento si è levata qualche voce di protesta per evidenti ragioni elettorali) un “contributo di solidarietà” a carico della media borghesia.
 
Di fronte a tutto ciò si registra, oltre all'accordo dei sindacati di governo (Cisl e Uil) anche la consueta protesta mimata delle burocrazie Cgil che, prevedibilmente, annunceranno a breve il solito sciopericchio. Grotteschi gli incontri tra vertici Cgil e padronato che sempre più spesso parlano con una voce sola, quella delle cosiddette "parti sociali", definizione con cui si pretende di mettere sullo stesso piano di fronte alla crisi capitalistica le organizzazioni padronali e i sindacati. Avendo ben compreso quale sarà il ruolo della Cgil in questa situazione, non stupisce che sia proprio la Marcegaglia a chiedere che la Cgil non sia "isolata".
 
Cerchiamo di schematizzare quali saranno le conseguenza di questa manovra sulla pelle dei lavoratori:
 
* Via libera alla privatizzazione selvaggia dei servizi pubblici. E’ previsto un incentivo pari a 500 milioni per i Comuni e gli altri Enti locali che privatizzeranno le proprie società di gestione dei servizi pubblici locali (le ex municipalizzate, già in gran parte in mano ai privati). Di fatto quelle società operanti nell’ambito di trasporti, energia, infrastrutture, commercio, attività ricreative che oggi sono in mano agli Enti locali (che ne controllano il pacchetto azionario di maggioranza) diventeranno patrimonio di privati. Faranno eccezione l’acqua e i servizi idrici, non soggetti a privatizzazione grazie al referendum: il governo ha escogitato un mezzo per aggirare l’ostacolo rincarando la dose sulla privatizzazione degli altri servizi. E’ la dimostrazione che il referendum non basta e che solo con la lotta di massa sarà possibile respingere veramente le privatizzazioni e gli altri attacchi del governo.
 
* Smantellamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e smantellamento di fatto dell’articolo 18. E’ stato l’accordo firmato dalla Confindustria e dalle direzioni di Cgil, Cisl e Uil il 28 giugno – accordo che ha aperto la strada alla messa in discussione del CCNL aumentando il peso della contrattazione aziendale e prevedendo addirittura pesanti limitazioni al diritto di sciopero – ad aprire la strada a questa norma. Il ministro Sacconi coglie la palla al balzo e rincara la dose: nei contratti aziendali o territoriali sottoscritti dai “sindacati più rappresentativi” potranno essere stabilite deroghe ai contratti nazionali: libertà di licenziamento (in barba all’articolo 18), flessibilità dell’orario di lavoro, precarietà, ritmi di lavoro, retribuzione, ecc. Non solo: viene introdotta una norma retroattiva che sancisce il riconoscimento degli accordi truffa di Pomigliano e Mirafiori (a dimostrazione che la strategia messa in atto dalla direzione della Fiom, quella delle cause individuali, è un mezzo insufficiente per respingere l’attacco padronale).
 
* Ancora tagli al pubblico impiego. Ora il decreto Brunetta di “riforma” del pubblico impiego (che aveva ricevuto apprezzamenti anche dal Pd) raccoglie i suoi frutti, frutti amari per i lavoratori, saporiti per le casse del governo. Verranno soppressi numerosi enti, verrà introdotta la mobilità - cioè il trasferimento, momentaneo o definitivo - tra uffici (non ci è difficile immaginare che sarà utilizzata per “punire” i dipendenti ritenuti “scomodi”, magari perché sindacalizzati), verrà abolita la tredicesima nelle (numerosissime) amministrazioni ritenute poco virtuose. Dal 1° gennaio 2012 il Tfr sarà erogato non prima di 24 mesi, cioè dopo ben due anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. I Ministeri subiranno tagli senza precedenti: dopo aver dissanguato la scuola pubblica, l’università, la ricerca e i beni culturali negli anni precedenti, ora è la volta degli altri ministeri. Sono previsti tagli pari 7,4 miliardi per il 2012 e 6,3 miliardi per il 2013. A tutto questo andrà ad aggiungersi il taglio del personale delle Province e dei Comuni che verranno aboliti o accorpati.
 
* Batosta alle pensioni delle donne del privato e della scuola. Viene anticipato al 2016 (prima previsto per il 2020) l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne del settore privato. Per tutto il personale della scuola (in maggioranza costituito da donne) viene introdotta una nuova finestra di accesso alla pensione: in pratica chi matura i requisiti per la pensione dal 1° gennaio 2012 potrà andare in pensione solo nel 2013.
 
A tutto questo, vanno aggiunti i rincari che i lavoratori dovranno subire a causa dell’aumento delle tasse locali, della privatizzazione dei servizi, dell’introduzione dei ticket. E’ evidente che la misura è colma. Sono centinaia di migliaia i lavoratori (operai, precari della scuola, dipendenti delle cooperative, ecc.) che stanno perdendo o hanno già perso il posto di lavoro. Sono milioni i lavoratori in cassa integrazione (ordinaria e straordinaria), in mobilità, in disoccupazione. Per le giovani generazioni non esiste possibilità d’inserimento nel mondo del lavoro. Tutto questo mentre le statistiche ci dicono che continuano a crescere i profitti plurimiliardari di un pugno di persone (grandi industriali e banchieri) che si arricchiscono sulle spalle di chi lavora.
 
Questo autunno può e deve essere un autunno caldissimo. Dovremo mettere in campo azioni di lotta e di massa che siano in grado di rovesciare il governo Berlusconi e respingere l’attacco di Confindustria. Anche per questo, è urgente un’azione unitaria di tutte le forze del sindacalismo conflittuale. Mentre riteniamo insufficienti le sole due ore di sciopero proclamate da Usb Pubblico Impiego il 9 settembre, giudichiamo positivamente la recente decisione da parte della direzione di Usb – dopo mesi di proclamata autosufficienza e di assurdo isolamento autarchico – di chiedere un incontro alle altre forze del sindacalismo di base e alla Fiom-Cgil per concordare azioni di lotta comuni in vista dell’autunno. Ci sembra che, finalmente, la battaglia che i compagni e le compagne di Unire le lotte – Area Classista Usb stanno sviluppando per superare autoreferenzialità e settarismo cominci a raccogliere qualche frutto. Evidentemente a tutto ciò non è estranea la grande risonanza che ha avuto nel sindacato la campagna per il reintegro di FABIANA STEFANONI , pretestuosamente espulsa tra l’altro per aver aderito a uno sciopero indetto da altri sindacati di base.
Tuttavia, crediamo che non bastino incontri “ai vertici” per superare la frammentazione del sindacalismo di base. Occorre riprendere lo spirito del Patto di base e indire per inizio settembre una grande assemblea nazionale unitaria di tutti i sindacati di base (Usb, Cub, Cobas, Si.Cobas, Usi, Slai Cobas ecc.) a cui invitare anche la sinistra Cgil (Fiom e La Cgil che vogliamo) per discutere delle lotte da intraprendere e per costruire un grande sciopero generale unitario. Un percorso che dovrà accompagnarsi alla costruzione di comitati di lotta che unifichino lavoratori nativi e immigrati, operai e studenti, e che sfoci in un grande sciopero prolungato fino alla caduta del governo Berlusconi.
Le rivoluzioni nei Paesi Arabi e le lotte che stanno crescendo in Europa (dalla Grecia alla Spagna, dal Portogallo all’Inghilterra) ci dimostrano che un vento nuovo sta soffiando in Europa: e questo vento ci dice che rovesciare i governi sanguisughe si può se si supera la frammentazione sindacale e la divisione delle lotte voluta da burocrazie piccole e grandi.

Processo al capitalismo

Salvatore Cannavò  fonte: IL MEGAFONO QUOTIDIANO


Quello che sta accadendo sui mercati finanziari non è semplicemente colpa di Berlusconi, Merkel-Sarkozy o Obama ma la presa d'atto di una crisi globale di cui non si vede via d'uscita. Con la riduzione dei margini di profitto scatta la distruzione di capitale


  Un giorno la colpa è di Berlusconi, un altro di Obama, poi di Merkel e Sarkozy. La picchiata delle borse occidentali sembra dover trovare spiegazione solo nell’inconcludenza della politica dei governi. Che, effettivamente esiste, e vedremo perché, ma che da sola non spiega il disastro in corso. In realtà quello che i “mercati” stanno compiendo è un vero e proprio processo al capitalismo mondiale incamminatosi ormai da cinque anni sulla strada della stagnazione, se non della recessione, e che grazie a politiche pubbliche rivolte solo al salvataggio delle banche e della finanza, sta stravolgendo anche gli Stati.
Quello cui stiamo assistendo non è altro che un processo coordinato e potente di “distruzione di capitale” (Marx) evidentemente in eccesso rispetto alle capacità produttive e di realizzazione di profitto presenti attualmente sul pianeta. La caduta costante del saggio di profitto che si è realizzata negli ultimi venti anni (vedi Vladimiro Giacché in “Il capitalismo e la crisi”, DeriveApprodi e anche Bertorello-Corradi in “Capitalismo tossico”, Edizioni Alegre) sta in qualche modo a dimostrarlo. Un processo di portata gigantesca di cui le borse costituiscono la misura più corretta. I corsi azionari si sgonfiano perché le previsioni economiche sono fosche e perché quei titoli incorporavano attese di profitto che non si realizzeranno. La caduta del titolo Fiat è esemplare: quando Marchionne ripete che il mercato mondiale dell’auto è “in sovrapproduzione” sta pronosticando la fine di qualche costruttore, evidentemente in eccesso, e a giudicare dall’andamento delle borse quel costruttore potrebbe essere proprio la Fiat che per la prima volta perde quote di mercato anche in Brasile, terra di successi. Non è la prima volta che la bolla si sgonfia: era accaduto nel 1997 con la crisi dei mercati asiatici, poi nel 2002 con la fine del sogno della “net-economy” ma le dimensioni non erano state mai così globali. Oggi a sgonfiarsi è l’intera economia mondiale come annuncia Morgan Stanleyrivedendo dal +4,5 al +3,8 per cento le stime sulla crescita economica del pianeta nel 2012. Considerando che la previsione contiene le crescita di Cina, India e di altri paesi “emergenti”, dati comunque in calo, la recessione in occidente può dirsi alle porte.
Il capitalismo si trova davanti a un’impasse evidente e, a differenza della Grande recessione del ’29 – peraltro mai risolta definitivamente se non con una Guerra mondiale – non può dilatare il deficit pubblico per dare ossigeno all’economia vista la mole enorme dei debiti di Stato.
E’ in questo contesto che la politica appare inerme se non ridicola. Davvero i “mercati” possono spaventarsi per una proposta di Tobin Tax, discussa da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy qualche giorno fa, sapendo bene che difficilmente sarà adottata e ancora più difficilmente sarà applicata? Gli stessi Eurobonds, che pure darebbero un respiro all’Unione europea, devono tener conto di economie, debiti pubblici, capitalismi non sincronizzati su scala europea. Il problema è che le politiche adottate finora sono tutte all’interno del quadro di compatibilità dato: tagli alla spesa pubblica, diminuzione dei diritti del lavoro, compressione sociale. Non è vero che le manovre adottate finora sono assurde o senza senso. Il loro senso è quello di cercare di dare ossigeno alle imprese private, di far recuperare loro profitti, quote di mercato, forza nella competizione internazionale. Se la Fiat sprofonda (anche per effetto del fallimento della 500 negli Usa) cosa c’è di meglio che non regalarle una legge “ad aziendam”?
Ma, oltre a non produrre nessun miglioramento sociale - sempre sbandierato e mai realizzato da oltre trent'anni - questa ricetta non farà che ridurre la domanda e quindi la crescita. Certo, per un po’ la combinazione tra “distruzione di capitale” – cioè imprese che falliscono e quindi concorrenti che si tolgono di mezzo – riduzioni della quota salari nei conti delle aziende, spostamento di risorse dalla spesa sociale agli incentivi alle imprese può dare un po’ di fiato. Ma la nostra idea è che il capitalismo non trovi soluzioni alla sua crisi e, purtroppo, non c’è nessuno in Europa, o negli Stati Uniti, a farlo notare con sufficiente forza. Le forze “riformiste” come il Pd o il Ps in Francia lavorano su un aggiustamento di sistema con Patrimoniali timide e con l’assunzione dei vincoli del sistema, incapaci e inadatti a prefigurare una vera alternativa.
Ma se non interverrà qualche novità di fondo le contorsioni cui stiamo assistendo si produrranno all’infinito, fino a qualche grave sciagura sociale. Le avvisaglie ci sono già tutte. Non vogliamo qui fare la lista delle ricette possibili – qualche proposta viene avanzata dall’appello   DOBBIAMO FERMARLI 
che ha superato le mille adesioni – ma solo affermare la necessità di una svolta. Il capitalismo ha ancora risorse per sopravvivere e può farlo sia provocando disastri sociali sia cercando un qualche compromesso al suo interno per non far saltare in aria la situazione (i miliardari alla Warren Buffet sembrano essersene accorti). Ma dopo quarant’anni dalla Crisi petrolifera del 1973, data dalla quale si producono costantemente scossoni, bolle speculative, riduzioni di spesa, impoverimento, questo sistema sociale sembra non aver più niente da dire. Prenderne atto è il primo passo per provare a uscire dalla crisi.

giovedì 18 agosto 2011

Storie parallele: Fiumicino due, aeroporto Ferentino-Frosinone

a cura di Luciano Granieri


Come più volte scritto su  questo blog,  il progetto dell’aeroporto Ferentino –Frosinone, non è  altro che il mezzo per realizzare una delle più grandi speculazioni edilizie mai attuate nel nostro territorio. La variazione dello stato d’uso di una area di 60 ettari vicino all’aeroporto e i terreni  dello scalo lasciati liberi dall’attuale stazione di Frosinone che verrà spostata vicino al nuovo mega insediamento ,   saranno preda delle multinazionali  della finanza , del mattone, della criminalità organizzata,   le quali realizzeranno immani profitti violentando quelle aree con tonnellate e tonnellate di cemento . Non è importate che  l’opera un volta ultimata  venga sotto- utilizzata causando notevoli perdite economiche che i cittadini dovranno ripianare, non è neanche importante che l’aeroporto sia effettivamente realizzato. E’ invece fondamentale che l’iter attivato per  la sua  costruzione metta a disposizione della speculazione edilizia aree da sfruttare.   Il caso Aeroporto Ferentino-Frosinone, non è l’unico nella nostra regione.  Le stesse dinamiche si stanno realizzando a Fiumicino con il progetto del raddoppio dell’aeroporto Leonardo Da Vinci. Come al solito la motivazione fallace che scatena gli squali speculatori è la programmazione  di un grande evento. In questo caso si tratta dell’organizzazione delle olimpiadi a Roma per il 2020. La semplice presentazione della candidatura è necessaria a prefigurare lo  sfregio di ettari ed ettari di territorio.  L’insistenza mediatica sul raddoppio dell’aeroporto serve a fare pressioni per ottenere le Olimpiadi , un’opera da cui non si può prescindere per ottenere i giochi del 2020. Peccato però che tale sbandierato ampliamento sarà possibile solo dal 2026. In tempo per le olimpiadi verrà ammodernato soltanto l’esistente.  Ma vediamo cosa comporta il raddoppio del Leonardo Da Vinci:  I numeri sono quelli di una grande opera. 1.300 ettari di cemento che andranno a raddoppiare l’attuale sedime aeroportuale  che occupa una superficie di 1.400 ettari , con sei piste di atterraggio e decollo (l’aeroporto attuale ne ha tre).  Il piano prevede investimenti per  12,5 miliardi di euro(fonte Corriere della Sera del 9 aprile 2011) fra il 2012 e il 2044. Più del ponte sullo stretto di Messina fermo a 6,3 miliardi. Si tratta di un vero e proprio secondo aeroporto che si estenderà interamente nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano .  Ma il progetto definitivo ancora non c’è : la società inglese Scott Wilson dovrebbe presentarlo entro giugno 2012 e solo allora sarà possibile avviare le procedure autorizzative.  Attorno alla recinzione che delimita l’aeroporto l’agro romano  si estende a vista d’occhio.  Al limitare della pista , non molto distante dall’oasi Naturale del Wwf di Macchia  Grande, si trova l’azienda agricola biologica Caramadre .  “Fortunatamente  qui  ci troviamo dalla parte opposta rispetto alla rotta di decollo e di atterraggio dei velivoli, protetti dall’inquinamento che teniamo comunque costantemente monitorato” , spiega Claudio Caramadre, il proprietario. Qui i pesticidi sono banditi e il compito di togliere le erbe di troppo che crescono accanto all’insalata e agli ortaggi su una terra della consistenza della sabbia  del mare viene svolto manualmente dai lavoratori. “Così il prodotto è più sano”, racconta Caramadre “e io posso dare lavoro alla gente del posto senza versare un sacco di soldi alle multinazionali farmaceutiche che producono pesticidi”. Come l’azienda Caramadre, una ventina di attività sarà costretta a chiudere.  Alcuni su quei terreni dove si vorrebbero far atterrare e decollare aerei pieni di turisti , oltre al lavoro hanno anche la casa . Così, con gli espropri , perderanno dove vivere e di che vivere.  L’azienda Caramadre si estende su alcuni dei pochi ettari da espropriare che non rientra nei terreni della Maccarese Spa, società di proprietà della famiglia Benetton. La maggior parte delle attività, invece, lavorano terreni marca Benetton. Il 98% dei 1.300 ettari da espropriare per lasciare spazio alla grande opera, infatti appartiene alla Maccarese Spa , la più grande azienda agricola italiana (3.300 ettari totale).  Pubblica fin dalla nascita (anni venti), la Maccarese  Spa venne privatizzata nel 1998 con la vendita, per 93 miliardi di lire , a Edizioni Holding, società finanziaria di proprietà della famiglia Benetton,  che l’acquistò da Iritecna (azienda statale controllata dall’Iri)  con l’impegno di mantenerne la destinazione agricola e l’unitarietà del fondo. Il Masterplan di AdR  prevede invece che il 91,8% di questi terreni  vengano trasformati in piste di decollo e di atterraggio e in Terminal.  Il restante 8,2% per un totale di un milione e 66mila mq saranno invece destinati a infrastrutture complementari di servizio all’aeroporto: hotel, uffici, cento congressi.  Promotrice del  di raddoppio dello scalo è la società privata AdR. Maggior azionista di AdR è la holding” Gemina”, a sua volta controllata da,” Investimenti  Infrastrutture” , a sua volta controllata da “Sintonia”, holding della famiglia Benetton . “Così Benetton – spiegano i cittadini del litorale romano riuniti nel Comitato  Fuoripista- come Edizioni Holding si vedrebbero espropriato – e risarcito– dallo Stato del terreno per poi ritornare il possesso – come AdR  - degli stessi ettari ma in comodato d’uso gratuito come gestione dell’area che ospiterebbe il nuovo aeroporto”. Come non bastasse la famiglia Benetton è il quarto azionista di riferimento della Cai (Compagnia Aerea Italiana) , la nuova Alitalia, che vede proprio nello scalo di Roma-Fiumicino il suo principale hub. La legge prevede, a  favore del proprietario che accetta l’indennità offerta , la triplicazione del valore agricolo medio nel caso in cui il proprietario rivesta  la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale. Considerato che i Benetton hanno acquistato  la  Maccarese , 3.300 ettari incluso tutto il borgo vecchio , per circa 93 miliardi di vecchie lire e che per realizzare il piano di AdR l’Enac dovrebbe espropriare circa  1.000 ettari alla Maccarese Spa, sarebbero sufficienti  5mila euro di risarcimento al mq per i soli  mille ettari da espropriare (per un totale di 50 milioni di euro) per rientrare  dell’investimento iniziale sul totale delle aeree. Un vero e proprio affare che verrà finanziato in buona parte con i soldi dell’adeguamento delle tariffe aeroportuali, ovvero con i soldi degli utenti.  Qualcuno si chiede : “ Roma ha veramente bisogno del raddoppio dell’aeroporto?”  Risponde Carlo Galiotto, ex comandante di volo Alitalia in cassa integrazione e membro del dipartimento  nazionale infrastrutture dell’Italia dei Valori.” L’idea su cui si basa lo sviluppo di AdR  è l’equazione secondo cui all’aumento del numero di piste, coincide un aumento dei numeri di passeggeri . Il rischio che si corre con questa correlazione  è lo stesso di chi per smaltire il traffico di uno svincolo  autostradale costruisce tre autostrade che  confluiscono nel medesimo svincolo . Qual è il risultato ? Un ingorgo maggiore . Sono necessarie invece  infrastrutture di scalo, miglioramento della gestione delle risorse umane,l’accoglienza a terra , sistemi tecnologici avanzati per regolare le operazioni di volo .  Solo in questo modo possibile evitare l’effetto collo di bottiglia:”.   Dal territorio i cittadini del “Comitato Fuoripista” parlano di un raddoppio inutile che produce danni  all’ambiente,  al turismo , all’economia agricola e di pericolo della salute”. Uno studio effettuato da Legambiente in collaborazione con il “Comitato Fuoripista” , riporta i risultati di un monitoraggio acustico effettuato “in un tranquillo” lunedì 26 luglio 2010: “Decibel alle stelle per i decolli e gli atterraggi dell’attuale scalo  Leonardo da Vinci di  Fiumicino”. Già attualmente il rumore è  insopportabile figuriamoci dopo il raddoppio.  Anche per quanto riguarda la qualità dell’aria l’area  di  Fiumicino presenta aspetti molto gravi e problematici. In un simile scenario, perché il territorio di Fiumicino dovrebbe accettare questa grande opera? L’esca del lavoro, soprattutto in un periodo di crisi potrebbe risultare la carta vincente  da giocare sul territorio per i fautori del raddoppio. I dati forniti da AdR riportano, al 2044 quindi al raggiungimento di quota 90-100 milioni di passeggeri, 100mila posti di lavoro diretti e 250mila nell’indotto. Oggi la sola AdR  ha 2770 dipendenti di cui 845 assunti a tempo determinato. “Questa stessa azienda , pur  di fronte all’incremento del traffico aereo sullo scalo romano, ha recentemente messo in cassa integrazione diverse centinaia di dipendenti. E’anche per questo motivo che pensiamo che i numeri forniti da  AdR sull’aumento dell’occupazione non sono credibili”  sostengono dall’Unione Sindacale di Base e dal Comitato Fuoripista.  “Oggi nelle ditte di assistenza saremo intorno ai 3mila dipendenti di cui il 40% precari” commenta Walter Mancini  ex dipendente della Flight Care una azienda che si occupa di handling . Al di là del   balletto delle cifre “il dato preoccupante è che nonostante l’aumento  del traffico aereo e delle ditte che si occupano di handling la forza lavoro negli ultimi anni è diminuita “ continua Walter Mancini . L’azienda per la quale lavorava proprio nel 2011 ha predisposto 242 esuberi. Tutto è iniziato con la liberalizzazione dell’assistenza aeroportuale sancita dalla Commissione Europea nel 1996 e con la privatizzazione di Aeroporti di Roma nel 2000 che portò alla frammentazione dell’azienda  e che permise di vendere le attività di handling, “ concentrandosi sui settori più redditizi nell’aeroporto,  tra i quali, soprattutto quello commerciale .   Qualche anno fa , ad esempio, per  ogni dieci persone in turno servivano 17 lavoratori  sui tabulati per garantire un servizio adeguato, oggi ce ne sono meno di 14. La politica di liberalizzazione totale del trasporti aereo sta distruggendo completamente il settore  e sta facendo fallire aziende di assistenza e compagnie aeree” conclude Mancini . Questa concorrenza selvaggia, combattuta con una vera e propria gara al ribasso delle tariffe, annovera  tra le vittime oltre ai bilanci aziendali  i diritti dei lavoratori “ Sempre più precari , circa il 40% , con salari sempre meno adeguati , spesso assunti con contratti par time. Nella maggior parte dei casi, questi lavoratori sono costretti a fare orario pieno o addirittura ore di straordinario, con turni modificati anche senza preavviso e senza nemmeno la certezza , in caso di fallimento  di un’azienda e di cessione di attività,  di essere riassorbiti automaticamente dalla ditta subentrante come vorrebbe il decreto legislativo 18/99”, aggiunge  Paolo Marras sindacalista dell’Unione Sindacale di Base.  Riepilogando: Il raddoppio di Fiumicino, non è necessario a migliorare il servizio aereo, non serve per le olimpiadi ,  che sono nel 2020 mentre l’opera verrà pronta nel 2026,  non migliora la  situazione occupazionale della zona, anzi la peggiora (riduzione in quantità e qualità dei posti di lavoro),  peggiora le condizione di vita dei cittadini, per i quali si raddoppierà  il già attuale  elevato inquinamento acustico e ambientale.  Alla luce di questo quadro la domanda da fare non è se serve un raddoppio dell’aeroporto, ma a chi serve. O  ancora meglio, a chi serve il solo inizio dell’iter che porterà, ma non ne siamo sicuri, alla costruzione finale dell’opera? .  La risposta è semplice, serve alla stessa congrega di  speculatori, finanzieri e politicanti che sta tentando lo sfregio nella Valle del Sacco con l’Aeroporto Ferentino -  Frosinone. Sotto l’egida dell’Unione Industriali , troviamo : da una parte Benetton, Marcegaglia, Capitalia, Caltagirone,  dall’altra Zeppieri  e il consorzio Asi. Tutti insieme appassionatamente sostenuti dagli enti locali,  i cui amministratori evidentemente hanno interessi che non collimano con quelli dei cittadini che amministrano.  Da un lato c’è il   Comune di Roma, Comune di Fiumicino, Provincia di Roma, dall’altro   Provincia di Frosinone, Comune di Frosinone, Comune di Ferentino, il tutto coordinato dalla  sapiente regia della Regione Lazio.  L’ideale , e questa è un proposta che lanciamo da questo blog, sarebbe  che le lotte si uniscano . Sarebbe auspicabile che il comitato di Fiumicino “Fuoripista” si coordini con i movimenti  contro  l’aeroporto Ferentino-Frosinone , che si aggreghino  anche i comitati contro l’aeroporto di Viterbo  per un coordinamento “NO FLY” nella regione.  Anzi il nostro auspicio va oltre. Vorremmo   che tutti i movimenti  impegnati   nel  difendere   il   diritto sancito per natura ad usufruire dell’acqua, dell’aria e della terra,  dall’assalto famelico della speculazione (No Tav , No dal Molin)  per citarne due fra i più importanti,   si uniscano in un unico fronte di lotta.  GIA’ PERCHE’ I NEMICI PUR SE AGGUERRITI SONO SEMPRE GLI STESSI E QUANTO MAI UNITI FRA LORO.


Le notizie relative al raddoppio di Fiumicino sono tratte dal testo “Fiumicino, l’aero-porto “olimpico”. Il capitolo, redatto da Ylenia Sina,  che riguarda anche le speculazioni suoi porti turistici di Ostia e Fiumicino, è inserito nel libro curato da Paolo Berdini e Daniele Nalbone  dal titolo “Le mani sulla città” . Edizioni Alegre. 

La contro manovra di Agosto

Sbilanciamoci


LE CONTROPROPOSTE  DI SBILANCIAMOCI!

Colpire i grandi patrimoni, ridurre le spese militari, cancellare le grandi opere
Rilanciare l'economia, difendere il lavoro, difendere i più deboli


30 miliardi per la riduzione del debito
30 miliardi per rilanciare l'economia e difendere i diritti




La manovra varata con decreto dal governo Berlusconi è frutto di scelte affrettate e disperate nel tentativo di dare risposte all'aggravarsi della situazione economica e finanziaria e dei mercati internazionali. Ma questo provvedimento, come i precedenti, non affronta e aggredisce in modo strutturale il problema del debito e non mette in campo misure significative per il rilancio dell'economia. Il problema principale è proprio questo: si affronta la crisi solo sul fronte dei tagli della spesa pubblica (prevalentemente la spesa sociale), mentre non vi è nè un'idea, nè una misura credibile capace di rilanciare l'economia, le imprese ed il lavoro in questo paese. Anzi, questa manovra, come la precedente, ha un impatto depressivo e recessivo: conprime la domanda interna, i consumi, i salari e con essi la produzione.

A questi due elementi negativi – l'estemporaneità dei tagli e l'assenza di misure per il rilancio dell'economia- si aggiunge il forte carattere iniquo della manovra che si rivolge contro i lavoratori, in particolare i dipendenti pubblici, i pensionati ed in generale i cittadini: il taglio, pesantissimo, ai trasferimenti agli enti locali e alle Regioni si traduce in minori servizi ed in maggiori tributi per i cittadini. Inoltre la manovra (e non si capisce cosa abbiano a che fare queste disposizioni con una norma d'emergenza di stabilizzazione della finanza pubblica) colpisce i diritti acquisiti e cancella i diritti dei lavoratori come, di fatto, il Contratto Nazionale di Lavoro. Ancora una volta non vi sono significative misure contro l'evasione fiscale o che colpiscano le grandi ricchezze, ed in particolare i grandi patrimoni che sono così salvati dai provvedimenti del governo. Le stesse misure che sembrano andare in una giusta direzione risultano ipocritamente limitate, parziali, temporanee e sembrano essere prese proprio per evitare di varare l'imposta patrimoniale. Il "contributo di solidarietà" sui redditi Irpef più alti (5% oltre i 90mila euro e 10% oltre i 150mila euro) è una misura estemporanea e non si colloca dentro un quadro di riforma in senso progressivo delle aliquote Irpef (anche a favore delle aliquote più basse), riforma necessaria per dare continuità nel tempo alle entrate fiscali e maggior gettito. Questa misura -senza interventi volti a colpire l'evasione fiscale (come la tracciabilità dei pagamenti sopra i 1000 euro, l'elenco clienti-fornitori, ecc.) e senza la tassazione dei patrimoni- rischia di essere parziale, di salvare gli evasori e le grandi ricchezze. La stessa tassazione delle rendite al 20% è ancora insufficiente (sarebbe stata più equa un'imposizione al 23%) e non comprende i possessori (tra cui, in gran parte, le banche) dei titoli di stato.

Anche gli interventi sul fronte della riduzione dei costi della politica, sono parziali e ancora insufficienti. Non si affronta una delle questioni principali, cioè la riforma del sistema parlamentare, dei costi dei partiti e della commistione tra politica e pubblica amministrazione, la lotta alla corruzione. Critichiamo in questo senso le misure contenute nel decreto, relative alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. È  una misura che va contro lo spirito del voto referendario sull'acqua pubblica e che comporterà ancora maggiori costi per i cittadini per i servizi essenziali a livello locale.

Il nostro giudizio è dunque nettamente negativo ed è per questo che ribadiamo le proposte già formulate nella nostra ultima contro manovra.

Proponiamo, ora, contro il provvedimento del governo una manovra di 60miliardi, di cui 30 da destinare alla riduzione del debito e 30 da destinare al rilancio dell'economia, al lavoro e alla difesa del welfare.

Da una parte -sul fronte delle entrate- è necessario colpire i grandi patrimoni con una tassa ad hoc, tassare i capitali rientrati dall'estero, ridurre del 20%  le spese militari, cancellare le grandi opere.

Dall'altra-sul fronte degli interventi-è necessario investire nella green economy, nelle piccole opere pubbliche, nella ricerca e nell'innovazione. Nello stesso tempo è necessario difendere i diritti dei lavoratori, dei pensionati, dei cittadini: difendere i redditi più bassi, allargare lo spettro degli ammortizzatori sociali, rafforzare la rete dei servizi sociali e della tutela dei più deboli.

Fino ad oggi il governo ha sbagliato praticamente tutto: diffondere inutile ottimismo, negare la crisi, limitarsi ad interventi di facciata, aspettare inerzialmente la ripresa internazionale, non colpire i grandi patrimoni e la finanza, salvare gli evasori fiscali, non mettere in campo interventi strutturali per rilanciare l'economia, voler colpire la dignità del lavoro ed il ruolo del sindacato.

Le proposte di Sbilanciamoci per il biennio 2012-2013

La nostra contromanovra a quella di ferragosto del governo




valori espressi in miliardi i euro

ENTRATE
2012-2013

USCITE
2012-2013




Politiche fiscali

Rilancio dell'economia

Rendite finanziarie al 23%
4000
Sostegno alla green economy
4000
Tassa patrimoniale  - 5%1000
21000
Programma  piccole opere
1500
15% sui capitali rientrati (scudo)
15000
Innovazione e ricerca
1400
Tassa pubblicità e diritti televisivi
980
Mobilità sostenibile
900
Tassazione veicoli per CO2
1000
Agricolt. biologica e altreconomia
300




Riduzione spesa pubblica

Lavoro e redditi

Riduzione spesa militare
4000
Ammortizz. sociali per co.pro
3400
Open Source nella PA
4000
Pensioni, reddito minimo
8000
Fine missione Afghanistan e F35
2750


Abolizione fondi scuole private
1400
Welfare

Riduzione costi politica
3000
Livelli essenziali di assistenza
3150
Chiusura CIE
230
Piano nazionale asili nido
1500
Cancellazione grandi opere
2750
Servizio civile
400


Interventi per i migranti
300


Casa e canoni agevolati
800


Fondo per la non autosufficienza
800






Scuola e università



Fondo di funzion. università
1400


Borse di studio
800


Edilizia scolastica
700


Offerta formativa
750






Riduzione del debito
30010
















Totale
60110
Totale
60110



E' ora di cambiare strada.

Solo costruendo una politica ispirata, da una parte, al rigore e dall'altra all'equità sociale e dall’altra, al rilancio di un'economia diversa -sostenibile e di qualità- si può dare al paese il senso di un impegno rivolto alla ricostruzione di un'idea di futuro e di speranza, di un modello di sviluppo diverso da quello che abbiamo fino ad oggi conosciuto e che ci ha portato alla drammatica crisi che stiamo vivendo.