sabato 12 novembre 2011

L'ultimo regalo alla lobby della guerra

Giulio Marcon , portavoce di "SBILANCIAMOCI"


La cancellazione del Catalogo delle armi da sparo - misura contenuta nel maxi emendamento alla legge di stabilità - è un favore alla lobby degli armieri e un pericolo per la comunità. Infatti, grazie a questa misura scompariranno delle elementari forme di controllo (ad esempio la loro «omologazione» - come succede per le automobili - agli standard previsti) sulle armi circolanti nel nostro paese: una sorta di "liberalizzazione" (anche qui!) che favorirà la commercializzazione delle armi più pericolose senza che lo Stato ne abbia traccia. Ci avviciniamo al modello americano e non a caso la preoccupazione non è solo dei pacifisti, ma anche dei sindacati di polizia che attaccano «i lobbisti e gli affaristi del mondo delle armi». E Sbilanciamoci da tempo propone non solo, ovviamente, di mantenere il catalogo, ma di rendere più difficile l'ottenimento del porto d'armi e di raddoppiarne il costo, destinando i ricavi alla riconversione dell'industria delle armi.
Che si usi un provvedimento per la crescita economica al fine di favorire una lobby affaristica come quella delle armi (che si contraddistingue per il frequente ricorso alle tangenti) è una vergogna oltre che essere il simbolo della nefanda pochezza - ormai generalmente riconosciuta - dell'azione del governo Berlusconi di fronte alla crisi. Di favori l'industria delle armi non ha certo bisogno. Finmeccanica è uno dei pochi gruppi italiani che continua a fare affari. Mentre dal 2008 si è tagliato quasi il 90% dei Fondi nazionali a carattere sociale (fondo per l'infanzia, fondo per la non autosufficienza, fondo per il servizio civile, eccetera), le spese militari in questo paese, come ha denunciato la campagna Sbilanciamoci (www.sbilanciamoci.org) continuano a prosperare.
Il ministero della Difesa ha presentato un Bilancio che passa da 20, 566 miliardi del 2011 a 21,342 miliardi nel 2012 (+3,8%). Si tratta di una crescita della spesa che non tiene ancora in considerazione gli effetti dei decreti legge 98/2011 e 138/2011, cioè le due manovre estive che impongono ai ministeri delle riduzioni di spesa. Per il ministero della Difesa si tratterebbe di circa 1,4 miliardi di riduzione, ma per il momento si tratta di un calcolo virtuale perchè nel Bilancio non c'è traccia di tagli. C'è invece un aumento del 3,8%. Vedremo cosa ci sarà nella "nota aggiuntiva" al bilancio. Ci sono tanti sprechi (come i 2 milioni spesi per 19 Maserati blindate per i generali o il mezzo milione di euro speso per esporre carri armati ed elicotteri d'attacco al Circo Massimo per il 4 novembre) e poi c'è un problema strutturale: nelle Forze Armate i comandanti (ufficiali e sottufficiali) sono più numerosi dei comandati e a fronte di una necessità di 70/80 mila soldati, ufficiali, sottufficiali per far fronte alle missioni internazionali (tra cui quella "di guerra" dell'Afganistan) e alla "difesa della patria" ne abbiamo invece 180mila. I generali non vanno in prepensionamento, mentre i soldi per gli insegnati di sostegno mancano e molte centinaia di disabili, non potendo andare a scuola, rimangono a casa.
Come rimarranno a casa decine di migliaia di giovani - che quelle armi da sparo non useranno mai - e che hanno scelto di fare il servizio civile (il fondo per il servizio civile è praticamente ridotto al lumicino) per dedicarsi ai poveri, ai disabili, agli anziani. Mentre il governo aiuta i nostrani Rambo a comprarsi fucili e carabine dice ai volontari che - in questo momento di grave crisi - vogliono aiutare gli altri: «no, grazie». Ed il sottosegretario Giovanardi - che del servizio civile nazionale è istituzionalmente responsabile - assiste silente e complice. Più armi, meno servizio civile: un altro bel biglietto d'addio per questo governo.




venerdì 11 novembre 2011

NON POSSIAMO NON DOBBIAMO PIU' SUBIRE !

Paolo  Papillo



Ci  sono buone probabilità che il governo Berlusconi non veda il 2012 ,ma è CERTO che la macelleria sociale verrà effettuata da un così detto governo tecnico o di larghe intese che dir si voglia perchè ovviamente nessuno vorrà metterci direttamente la faccia su uno dei maggiori scempi dei diritti dei cittadini mai effettuato dal dopoguerra ad oggi i nomi dei nostri ASSASSINI li conosciamo in anticipo saranno TUTTE quelle forze politiche ,sindacali e sociali che non diranno chiaramente NO alla prepotenza della BCE della finanza internazionale. Una mobilitazione come questa li farà venire allo scoperto la politica del NI' è la maggiore responsabile del disastro attuale.
ALLORA POCHE DOMANDE CHIARE E NETTE CHE RICHIEDONO COME RISPOSTA SI o NO  lasciare spazio di discussione a questi mestieranti della parola eleva il loro NULLA PAROLAIO a discussione politica..
NOI CITTADINI ITALIANI :
1) NON vogliamo pagare il debito delle banche e della finanza , che se lo paghino loro
2) NON vogliamo l'innalzamento dell'età pensionabile, anche perchè per fare cassa tutti i lavoratori dovranno proseguire la loro attività fino allo sfinimento,la panzana che verranno esclusi i lavori usuranti si scontra con la matematica, le esclusioni sarebbero troppe quindi vanificherebbero la possibilità di fare CASSA
3) NON è possibile ridurre ulteriormente i diritti dei lavoratori e la legge 30 và abolita senza se e senza ma, chi non ne chiede l'abolizione è a favore del precariato.
4) Stop a tutte le spese militari per le missioni all'estero o per l'acquisto di ulteriori armamenti
5) NESSUN FINANZIAMENTO alle scuole private ! E' criminogeno finanziare scuole private quando si riduce il gettito economico verso le scuole pubbliche..di fatto si finanziano le famiglie "benestanti" che vogliono mandare i loro pargoli in istituti privati , questa è una delle azioni più rivoltanti perchè ha come unico obbiettivo ingraziarsi le alte sfere ecclesiastiche che hanno interessi economici nel settore scolastico privato.
6 )STOP a Tutte le grandi opere , le popolazioni locali devono essere consultate e approvarne l'attuazione ,e comunque va data la precedenza alla ristrutturazione dell'esistente
7) NO alle privatizzazioni dei pubblici servizi, il referendum sull'acqua lo ha detto chiaramente che la volontà popolare è per un ritorno del pubblico, si porti un solo esempio dove le privatizzazioni NON hanno portato ad aumenti delle tariffe ed a un peggioramento dei servizi, ne basta UNO...non ve ne sono mentre possiamo portare centinaia di casi dove dimostriamo che le ex municipalizzate/statali sono parcheggi di trombati e riciclati della politica dei BANCOMAT per i partiti e gli amici degli amici...
8) NO ALLA VENDITA del patrimonio immobiliare ai privati !
Anche questa è la solita mossa per arricchire i palazzinari/immobiliari/affaristi amici, è come SVENDERE gli ori di famiglia nell'arco di poco tempo ti ritrovi senza SOLDI e senza GIOIELLI  il patrimonio pubblico immobiliare và destinato ad uso pubblico e all' EDILIZIA POPOLARE che in tempo di crisi e di disoccupazione sarebbe un OTTIMO ammortizzatore sociale.
QUESTO SEMBRA IL LIBRO DEI SOGNI ? può darsi ma 20 anni di politica, . anche delle forze fintamente di sinistra,che consisteva nel contenimento della riduzione dei diritti dei cittadini ci ha portato al disastro attuale CREDIAMO QUESTO SIA IL MOMENTO DI PRETENDERE NON DI PIETIRE 
CHIUNQUE SI CANDIDA A GUIDA POLITICA DEL PAESE DEVE ESSERE CHIAMATO A RISPONDERE A QUESTE ESIGENZE.
quì sotto un documento politico molto interessante e su cui riflettere ;

E SE IL REFERENDUM SUL DEBITO LO FACESSIMO ANCHE NOI ?

E' la proposta avanzata dal Comitato "No Debito" del 1 ottobre. "Gli strumenti ci sono, è già avvenuto sull'Europa nel 1989" dice Giorgio Cremaschi. E si pensa a lanciare un vero e proprio referendum autogestito

Mentre la Grecia fa marcia indietro sull’ipotesi del referendum popolare, c’è chi in Italia chiede che un referendum si svolga anche nel nostro paese. Obiettivo: la lettera di Trichet e Draghi al governo italiano cioè le misure economiche che la Banca centrale chiede siano applicate dall’Italia. Gli strumenti ci sono, assicura il “Comitato No Debito”, il coordinamento di varie forze sindacali, sociali, politiche, ambientaliste che si è formato lo scorso 1 ottobre in una grande assemblea al teatro Ambra Jovinelli di Roma. A presentare la proposta in conferenza stampa è stato Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom affiancato dai diversi rappresentanti del Comitato: Usb, Forum ambientalista, sinistra Cgil, Rete Viola, Rifondazione comunista, Sinistra Critica, Pcl, Rete del comunisti, Alternativa di Giulietto Chiesa e altri ancora. “Non siamo euroscettici, diciamo no ai vincoli europei e diciamo no al debito. E chiediamo di poter decidere con un vero e proprio referendum” spiega Cremaschi che punta il dito contro i vertici dell’Unione europea a cominciare dal presidente della Banca centrale europea,
Mario Draghi. “Questa Europa è ormai alternativa alla democrazia, la piega e la fa soccombere” viene ripetuto in diversi interventi a poche ore dalla decisione della Grecia di fare marcia indietro sul referendum.“E invece noi, aggiunge Cremaschi, un referendum lo chiediamo anche per quanto riguarda l’Italia”. Come? A spiegarne le modalità è Franco Russo che da anni segue le tematiche giuridiche e costituzionali con l’occhio rivolto ai movimenti socali, “Istituzionalmente, dice, la cosa è perfettamente fattibile perché non si voterebbe sui Trattati, cosa vietata dall’articolo 75 della Costituzione, ma sulle politiche dettate dall’Unione”. Russo spiega che la lettera di Trichet e Draghi del 4 agosto non è altro che la riproposizione delle linee guida stabilite dall’Ecofin a giugno. Quelle direttive sono diventate legge europea il 21 giugno e dunque è su quello che occorrebbe pronunciarsi. “Si tratterebbe dunque di un referendum di indirizzo, cioè consultivo e basterebbe, come già avvenuto una volta nel 1989, che il Parlamento varasse una legge costituzionale per permettere una consultazione popolare”. Sulla scheda andrebbe scritto: “Siete favorevoli ai piani di salvataggio stabiliti dall’Unione europea?”.

Il Comitato No Debito lancerà una petizione formale al Parlamento, sulla quale saranno raccolte le adesioni più ampie, per chiedere questa iniziativa. Senza, ovviamente, farsi illusioni In subordine, è la proposta lanciata ieri, c’è l’ipotesi di un vero e proprio referendum “autogestito”. “Proveremo a organizzare centinaia e centinaia di urne per permettere un voto popolare che pesi sull’attuale fase politica”.

17 NOVEMBRE SCIOPERO GENERALE Indetto da CUB, COBAS, COMITATO IMMIGRATI E STUDENTI

Unire le lotte – Area Classista Usb

Il governo Berlusconi ha deciso di varare, come ultimo atto prima delle dimissioni del premier, la famigerata legge di stabilità (o Finanziaria), in ossequio ai diktat dell’Unione Europea, della Banca Centrale e del Fondo Monetario Internazionale. Si tratta dell’ennesima manovra lacrime e sangue, che smantellerà definitivamente quel poco che resta dei servizi pubblici, dello stato sociale, dei diritti dei lavoratori. Le dimissioni di Berlusconi non configurano un cambio di rotta: sia che si vada a nuove elezioni, sia che si inauguri un “governo tecnico”, le intenzioni di Confindustria e dei padroni sono chiare: tutti i partiti del centrodestra e del centrosinistra intendono rispettare i dettami dell’UE, a partire dal pagamento del debito. Per questo, si annunciano per i lavoratori e per i giovani studenti misure ancora più drastiche: lo scenario della Grecia è sempre più vicino.
Ma, mentre in Grecia i lavoratori hanno già proclamato decine di scioperi generali unitari e prolungati (con assedi reali, e non meramente mediatici, dei palazzi del Potere da parte dei lavoratori in lotta), in Italia la mobilitazione stenta a crescere. Da un lato le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil stringono accordi con la Marcegaglia e con il governo, dall’altro lato il sindacalismo di base si rivela incapace di rappresentare una valida alternativa: il settarismo dei gruppi dirigenti ha fino ad oggi impedito di colmare il vuoto sindacale a sinistra della Cgil. Lo sciopero generale del sindacalismo di base del 17 novembre, indetto da Cub, Cobas e Comitato Immigrati in Italia, può diventare l’occasione per indire un nuovo grande sciopero unitario del sindacalismo conflittuale. Per questo, riteniamo grave la decisione dell’Esecutivo nazionale di Usb di non aderire allo sciopero e di convocare un proprio “sciopero generale” separato il 2 dicembre. Si tratta di una scelta autoreferenziale, che dimostra una volta di più che i vertici di Usb antepongono la difesa del proprio orticello alla necessità di costruire una reale risposta unitaria della classe lavoratrice in risposta a questo attacco senza precedenti imposto dal governo, da Confindustria e dall’Europa dei banchieri. In questo momento economico e sociale, è necessario unire le lotte, non dividere i lavoratori, proclamando due scioperi generali in date diverse: i lavoratori non scioperano per fare un piacere ai sindacati, ma per strappare risultati e respingere gli attacchi del governo e dei padroni!
Unire le lotte – Area Classista Usb fa appello sia all’Esecutivo nazionale di Usb sia a tutte le strutture territoriali di Usb e degli altri sindacati (a partire dalla Fiom) ad aderire allo sciopero del 17 novembre, per trasformare questa giornata in un grande sciopero generale in grado di rispedire al mittente la manovra finanziaria.

* No al pagamento del debito! No ai diktat dell’Unione Europea, della Bce e dell’Fmi!


* No alla messa in discussione dei contratti collettivi, del diritto di sciopero, dell'articolo 18!


* Ritiro dei tagli, già effettuati negli anni scorsi (anche dal centrosinistra), alla Scuola, alla Sanità, alla Cultura!


* Assunzione a tempo indeterminato per tutti i lavoratori precari!


* Scala mobile dei salari e delle ore lavorative: lavorare meno, lavorare tutti e a salari dignitosi!


* No ai limiti imposti alle pensioni di anzianità: 35 anni di lavoro e 60 anni di età sono più che sufficienti per consentire un ricambio generazionale nei posti di lavoro!


* Parità di condizioni salariali e lavorative per lavoratori immigrati e nativi!


* Esproprio sotto controllo dei lavoratori delle banche e delle industrie che licenziano, che mettono i lavoratori in cassa integrazione, che minacciano di trasferire la produzione all'estero!


* Solidarietà alle rivoluzioni in Nord Africa e Medio Oriente! Solidarietà agli indignados, alle lotte in Grecia, Spagna, Portogallo, Stati Uniti, Cile!

DALLA PADELLA ALLA BRACE

Claudio Mastrogiulio



Per cacciarli tutti servono le piazze e l'indipendenza di classe  dai due schieramenti borghesi

Dopo il voto sul rendiconto finanziario dello Stato, Berlusconi ha dovuto prendere atto di non avere più una maggioranza parlamentare che lo supportasse, annunciando così le sue imminenti dimissioni. Si aprono ora diversi scenari politici, tutti permeati da un elemento inconfondibile: la crisi di governo viene formalmente pilotata da Napolitano, ma sono le istituzioni internazionali del capitalismo (Bce, Ue e Fmi) e la grande borghesia italiana a decidere effettivamente la risoluzione della questione. Appare quasi certo che Napolitano affidi un mandato esplorativo a Monti (uomo dell'Ue, già commissario comunitario alla Concorrenza), e che quest'ultimo riesca a raggruppare intorno a sé un'ampia maggioranza trasversale che gli consenta di tradurre in realtà l'ennesimo massacro sociale che Berlusconi aveva prefigurato qualche settimana fa, nella lettera inviata a Bruxelles.

Un governo “tecnico”, che di tecnico non ha proprio nulla, se si pensa che le ricette proposte per uscire dalla crisi capitalistica saranno nel segno di quelle imposte dalle istituzioni del capitalismo internazionale. Abolizione delle pensioni di anzianità, allungamento dell'età pensionabile, disarticolazione della già labile rete di tutela dei diritti dei lavoratori, pareggio di bilancio con la scure dei tagli che si abbatterà su quel che resta dello stato sociale italiano. Questi saranno solo alcuni dei provvedimenti che il prossimo Esecutivo adotterà per riuscire in ciò in cui Berlusconi non ha mostrato la dovuta affidabilità: far pagare la crisi ai lavoratori, ai disoccupati, ai pensionati, ai precari ed ai giovani.

A fronte di questo governo in gestazione, la Sel di Vendola, che è ormai il principale partito di una socialdemocrazia sempre più a destra, apre, criticamente (s'intende) "a determinate condizioni". In questo modo Vendola, così come la restante parte della sinistra governista, Rifondazione, aspetta senza dare troppo fastidio nell'attesa di rientrare nei giochi nel successivo governo di centrosinistra che probabilmente si costituirà dopo le elezioni (siano esse nel 2012 o nel 2013): Sel con un ruolo di primo piano sulla tolda di comando, Rifondazione (sempre che la riprendano) come mozzo.

Altro scenario, meno probabile, è quello che si vada a elezioni in tempi brevi. Dall'altro versante si presentrebbe un centrosinistra formato dall'alleanza Pd-Sel-Idv, con Prc e Pdci ad elemosinare qualche briciola per ottenere seggi parlamentari o posti nel sottobosco governativo. Entrambi gli schieramenti, è evidente, si paleseranno (ma lo hanno già fatto in un passato più o meno recente) come dei fedeli esecutori dei diktat dei poteri forti italiani (Confindustria in testa) e delle istituzioni monetarie e finanziarie internazionali.

Come si vede, che si vada a elezioni subito o dopo un intermezzo con Monti, l'attacco ai lavoratori prosegue, mentre le burocrazie sindacali e politiche si adoperano solo per fermare la crescita di quelle lotte che servono per fermare l'attacco.

La sola alternativa è, in sintonia con quanto avviene in tante parti d'Europa, rilanciare un movimento contro tutti i governi capitalistici; avanzare un programma di rottura rivoluzionaria rispetto ad ogni tipo di soluzione offerta-imposta dalla borghesia nazionale ed internazionale e dalle sue istituzioni; costruire da subito un grande sciopero generale unitario.

Soltanto lo sviluppo delle mobilitazioni, con l'acquisizione da parte di larghe masse della consapevolezza dell'irriformabilità del capitalismo in tutte le sue forme (finanziario, industriale, ecc.), potrà garantire un'uscita dalla crisi in cui a saldare il conto siano coloro che l'hanno provocata: industriali, banchieri, mercati finanziari ed i loro maggiordomi "di sinistra".

Soltanto lo sviluppo delle mobilitazioni, con l'acquisizione da parte di larghe masse della consapevolezza dell'irriformabilità del capitalismo in tutte le sue forme (finanziario, industriale, ecc.), potrà garantire un'uscita dalla crisi in cui a saldare il conto siano coloro che l'hanno provocata: industriali, banchieri, mercati finanziari ed i loro maggiordomi "di sinistra".

giovedì 10 novembre 2011

Lotta di classe evangelica

A cura di Luciano Granieri.

Ecco descritta la  funzione evangelica del povero. In questo spezzone del film  Ettore Scola "C'eravamo tanto amati", c'è l'essenza del contrasto  capitale - lavoro. RICCO e POVERO. Lo speculatore edilizio Aldo Fabrizi, rivendica l'utilità sociale della ricchezza, il ruolo  religioso del ricco. La spiegazione  è rivolta a Gianni giovane avvocato che intendeva mettere a disposizione del proletariato la sua sapienza giuridica. Chi ha visto il film, sa come andrà a finire la carriera dell'avvocato Gianni Perego. Invito a vedere questo contributo. In otto minuti esilaranti si può capire da dove vengono certi guai, che oggi flagellano i ceti medie e poveri del paese. 

Golpe e lotta di classe

Luciano Granieri

 E golpe sia. Come chiamare quello che sta accanendo in Italia?  Quando un capo di governo viene destituito, non per sfiducia  parlamentare, ma per un colpo di mano violento non è golpe? Sicuramente la natura della violenza cui mi riferisco è  diversa da quella comunemente intesa:  si tratta di ferite   chirurgiche  e asettiche  operate sul tessuto sociale  dalla speculazione finanziaria. E’ una violenza che non produce carneficina fisica, ma macelleria sociale. Tutta l’operazione è stata messa in atto con una prontezze e un’efficienza incredibili. A differenza dei creduloni, in buona o in mala fede, che affollano il parlamento e i loro cicisbei giornalisti, i mercati non hanno creduto all’escamotage delle dimissioni a tempo concordate dal Presidente uscente Berlusconi con l’altro Presidente Napolitano.  Era del tutto evidente che il passaggio di mano, da concretizzarsi dopo l’approvazione del documento di stabilità, sarebbe stato l’ennesimo bluff. Dopo il passaggio parlamentare, calendarizzato abbastanza in là nel tempo sulle norme economiche pretese  dalla Bce e dalla comunità europea, cui un' opposizione insipiente mai avrebbe posto i bastoni fra le ruote,  il presidente del consiglio si sarebbe sicuramente rimangiato la parola. A fronte di tracolli parlamentari scongiurati e con il tempo a disposizione per ricompattare la sua maggioranza a suon di ulteriori prebende regalie e sottosegretariati, Berlusconi sarebbe risorto più forte che pria vanificando le promesse e le aspettative del presidente Napolitano. Ma come detto, i mercati, fiutato l’imbroglio, hanno scatenato l’offensiva, lo spread è salito alle stelle portandosi dietro i tassi d’interesse sui btp. Il presidente Napolitano si è visto costretto a firmare la resa formalizzando, contro ogni logica costituzionale,  il governo dei super economisti a guida Mario Monti. Tutto si è svolto secondo i piani promuovendo,  non l’incapacità buffonesca del nano di Arcore, né le lungaggini di elezioni anticipate dall’esito quanto mai incerto, ma il governo tecnico, un esecutivo affidabile, impermeabile ad ogni istanza sociale, pronto a sacrificare il benessere dei cittadini italiani al pensiero unico neoliberista.  Contro ogni logica istituzionale il regista di questa operazione è stato il Presidente della Repubblica  Giorgio Napolitano.  Colui il quale, proprio  in virtù della sua prerogativa di garante della Costituzione, avrebbe dovuto impedire che un potere sovranazionale, esterno alla dinamica parlamentare, avesse voce in capitolo sul governo del Paese . Eppure Napolitano aveva avuto l’occasione di far cadere il governo avvalendosi della Carta Costituzionale. La non approvazione del rendiconto economico nella prima seduta parlamentare del 14 ottobre scorso sarebbe stato un motivo più che sufficiente per far valere gli effetti dell’articolo 81 in merito alla non approvazione del bilancio e del rendiconto consuntivo presentati dal governo  e del conseguente art. 88 sulle prerogative del Capo dello Stato di sciogliere le camere in presenza di un  atto eccezionale. Questa  decisione però difficilmente avrebbe aperto le porte al governo dei banchieri,  e si sarebbe dovuto affrontare lo spauracchio delle elezioni anticipate.  Ormai il vulnus è stato inferto e ha aperto le indecorose danze dei parlamentari. Il Pd è pronto a rivotare il patto di stabilità prima schifato  che dissanguerà ulteriormente i cittadini ,   solerte  nell’ assistere le spericolate azioni della Bad Company Monti/Draghi/Bini Smaghi, sperando in qualche poltrona di riconoscenza.  Nel Pdl sono tutti in libera uscita. La granitica compattezza a favore  delle elezione anticipate si sta sfaldando in nome dell’occupazione dello scranno parlamentare e della maturazione dei vitalizi a seguito del governo dei banchieri.  Anche il capo fatica a tenere i suoi sodali, traditori della prima della seconda e della terza ora: da Frattini a Schifani a Scajola a Formigoni è tutto uno svincolarsi dal capo ormai caduto in disgrazia, il quale cerca almeno di ottenere che Nitto Palma rimanga a guardia degli affari giudiziari per firmare una resa onorevole. Bossi cerca di rifarsi una verginità assicurando che tornerà all’opposizione. E’ certo che il senatur non vuole cedere lo scettro di condottiero del partito di lotta a Maroni.  Di Pietro indefesso vuole vedere la carte prima di cedere e per questo si sta beccando gli improperi dei suoi compagni di viaggio che impazzano su internet. Vendola si è affabulato da solo e sostiene che in cambio di una patrimoniale fatta come Cristo comanda si potrebbe appoggiare il governo Monti, come se un tale esecutivo morisse dalla voglia di intaccare i grandi patrimoni detenuti dalla congrega d’affari che ne ha decretato la legittimità. Insomma, tutti insieme appassionatamente ad osannare il nuovo corso di autorevolezza e moralità del professor Monti e della ritrovata credibilità all’estero. Come se cambiasse qualcosa farsi saccheggiare da un guitto o da una persona seria. Come se lo scempio sociale, l’attentato ai diritti per una vita dignitosa fatta di lavoro, istruzione e salute, si potessero  accettare se portati avanti  da un professore della Bocconi piuttosto che da un puttaniere!!! Ah dimenticavo e la sinistra-sinistra?  Ferrero sostiene, e a ragione,  che sono necessarie elezioni anticipate e che l’attuale soluzione economicista altro non farebbe che facilitare l’attacco ai diritti ordito dalle istituzioni finanziarie e dalle banche. A questo punto però chiedo al MIO segretario nazionale : alla luce della nuova situazione, la tanto agognata unità della sinistra, prefigurata dalla prima mozione congressuale da lui firmata e redatta dalla maggioranza del partito, con chi andrebbe realizzata?  Con il Pd?  Che non vede l’ora di osannare il governo dei banchieri ed entrarvi a pieno titolo ? Con Vendola che in preda ad un processo di auto-affabulazione tutto sommato non lo disdegna? Con lo sbirro Di Pietro?  Ormai è chiaro che Berlusconi era solo una parte del problema, neanche tanto fondamentale  e che la questione vera riguarda l’intero sistema di potere. E’ fondamentale sapere se si vuole una nazione governata da  un  potere trans nazionale esercitato dagli organismi finanziari internazionali in dispregio delle scelte del popolo,  oppure  si desidera  la forza di uno stato che basa la sua organizzazione  sulla partecipazione democratica dei cittadini e sul dettato costituzionale.  Lo si voglia o no questa è la devastazione provocata  della nostra sconfitta nella lotta di classe.  Il lavoro è stato schiavizzato e sottomesso, il capitale si è sviluppato, è cresciuto enormemente fino a travalicare una rappresentanza politica liberale, ad inglobarla  ed arrivare direttamente al potere. E’ dunque necessario riorganizzarsi per tornare a combattere una lotta che dalle macerie possa trovare un nuova  linfa. Ma per far questo bisogna aggregare non pezzi  di una finta e fantomatica  sinistra moderata politicista  succube del mercato , ma gli operai, gli studenti, i precari, tutte quelle categorie che hanno lottato e stanno lottando per riconquistare i propri diritti . E’ necessario ricostituire una forza di classe che trovi in un partito di classe, quale potrebbe essere Rifondazione Comunista  il giusto strumento organizzativo. Su questo inviterei a riflettere i compagni della prima mozione. In particolare i compagni del nostro circolo, minoritari nel congresso. Riflettete seriamente sui fatti politici anziché usare vizi procedurali per cercare di  invalidare un congresso che vi ha visto sconfitti cerchiamo di confrontarci sul merito. Il rosicamento non serve a nessuno.

mercoledì 9 novembre 2011

Lettera da Homs

Umberto AbdulJalil Marcozzi 




Lettera di un nostro fratello di Homs, si è raccomandato di diffonderla quanto più possibile: 

Assalam aleikom fratello Firas,
sono da Homs
Ti parlerò della situazione a Homs nella notte dell'Aid.
Non ho nessun'altro oltre a te a cui mandare queste cose, spero che tu la faccia arrivare fuori 

Homs è distrutta, Homs è triste.

In ogni strada di Homs c'è almeno un martire
Non c'è strada che non sia circondata.
Ogni giorno ci sono gli elicotteri che ci sorvolano.

Oggi, vigilia dell'Aid mi sono aggirato per Homs. 
L'immondizia è sparsa ovunque, i contenitori sono strapieni, e si riversano sulle strade, perchè non mandano nessuno a svuotarle.

A Bab Siba'a - Khaldye - Juret al Shyah.

Sono andato a Baba Amru , nei giorni scosi la situazione era devastante, il tanfo diffuso nella zona può portare anche a malattie. 

Tutto il sistema fognario è pieno di immondizia , e le acque delle piogge non penetrano nei tombini.
La mia casa si è allagata, mi sono messo a pulire l'acqua piangendo per la drammatica situazione che stiamo vivendo. 
Oggi sono andato a comprare delle cose: tutte le verdure sono marce, non c'è metano, la gente ha freddo. 
Ci hanno tolto il metano, chi non ce l'ha è messo male.
Le strade di Homs sono semi distrutte per colpa dei carriarmati.
Le strade di Homs quando piove diventano come delle piscine, perchè non funziona il sistema fognario.
Le strade sono deserte, perchè tutti sono tornati a casa, hanno paura dei cecchini. 
Ovunque tu vada, carri armati e mezzi militari. 
Perdonatemi non parlerò di Baba Amru, perchè lì la situazione la conosce solo Allah.
Ma ciò  che ho saputo è che non c'è corrente, non c'è nessun mezzo di soppravvivenza, è circondata in maniera assurda, non c'è lavoro, la situazione è drammatica più di quanto ci si possa aspettare. 
  
Nessuno ha comprato i vestiti per l'aid, mi ha chiamato un amico da Damasco e mi ha detto che i centri commerciali sono affolatissimi.... i miei occhi hanno lacrimato...perchè????
Ho parlato con un assassino, gli ho detto ci stanno massacrando con i carri armati mi ha detto speriamo che vi massacrino con gli aerei. Gli ho parlato dell'eroe Jamal Al Fatui, mi ha detto che è un cane ed è schiattato.
Questi sono degli assasini senza cervello e senza pietà.

Ora lasciami parlare degli abitanti di Homos:
Giuro su Dio che sono di valore inestimabile.
Giuro che sono al di là di  oltre ogni restrizione  e ogni intimorimento, ridiamo, siamo felici. Giuro che nessuno di noi è pentito che ci sia stata questa rivolta, e nessuno spera di ritornare indietro. Nessun quartiere  è in silenzio 
ogni quartiere è attivissimo, nessuno ha paura.
Scusatemi se mi sono dilungato ma questa è una piccola descrizione di ciò che è successo a Homs
mi auguro che tu faccia arrivare questo messaggio anche fuori, e di raccontargli cosa succede qui 
perchè nessuno sa nemmeno l'1% di quello che succede, ti ringrazio
Forza...verso la libertà!
Le scarpe di queste persone si mettono sulla testa (espressione tipica siriana per indicare il valore di una persona così importante che anche la sua scarpa diventa corona per noi)

Ceccano ed Annunziata

Lucia Fabi  Angelino Loffredi  

Il 28 di maggio del 1962 alle prime ombre della sera Luigi Mastrogiacomo, operaio del saponificio Annunziata, veniva colpito da  un tiro diretto sparato a non più di trenta metri, mentre stazionava sotto un lampione acceso di via San Francesco, in Ceccano. Lasciava la moglie e due figlie. Per difendere le sue condizioni di vita e di lavoro era caduto  per mano di un cecchino. Non si è mai saputo se poliziotto o carabiniere. D’altra parte la Magistratura non chiese di fare l’autopsia,  né di individuare le responsabilità.
Era una lotta fra ricchi e poveri, fra la dignità del lavoro e l’abuso del capitale, in uno Stato repressivo con i deboli e impotente e vile verso i forti.
E’ una storia che vale la pena essere raccontata partendo dalle origini, ricercando le cause di quell’orrendo delitto rimasto impunito e precisando che nella fabbrica del Commendatore Antonio Annunziata, solo dal  1961 verranno esercitati i diritti sindacali. Nel saponificio di Ceccano, infatti, non esisteva il diritto, così come invece accadeva nelle altre fabbriche di Colleferro, Isola del Liri, Ceprano.

Noi, periodicamente, proveremo a raccontare gli avvenimenti più importanti mettendo al centro non solo il rapporto fra direzione aziendale e lavoratori dipendenti ma anche il ruolo svolto dalla popolazione ceccanese  che mai fu indifferente di fronte all’abuso, né voltò  lo sguardo e l’attenzione in  altre direzioni.
Si ! I cittadini di Ceccano e proprio da questo aspetto vorremmo incominciare, dai loro orientamenti, dai loro sentimenti, dalle aspettative. Allora è utilissimo partire  da quello che la squadra di calcio di Ceccano esercitò sulla città  , cosi infatti era chiamata, anche se sulla maglia portava la scritta Annunziata, perché voluta, organizzata e finanziata dalla direzione aziendale.
Nel campionato di calcio di 1° divisione 1951/ 52 tale squadra esercitò un richiamo irripetibile verso tutti i cittadini, per la bravura dei giocatori. La squadra titolare era composta da un  ceccanese, tre romani e i restanti tutti ciociari .
La città visse un momento di grande euforia, immortalata dalle notizie riportate dai giornali nazionali, esaltata la domenica pomeriggio dai virtuosismi di Claudio Gabriele, dalla intelligenza di Guadagnoli, dalla classe di Casavecchia e dalla generosità di Titta Giovannone.
La squadra non solo stravinse nel proprio campionato ma riuscì a fronteggiare degnamente gli incontri amichevoli con il Padova, il Bologna, la Lazio e con il Sarpsborg, squadra campione di Norvegia.
Potremmo dire che la squadra incantava il paese, tanto da  essere stata capace di narcotizzarlo perché il bel gioco fece  dimenticare che gli operai in fabbrica erano senza sindacato e che nella stessa  non esistevano istituti di rappresentanza.

Un momento magico (per il Commendatore), una vera luna di miele con la città. ma l’ingordigia causa sempre brutti scherzi. Il 25 e 26  maggio 1952 si votava per le elezioni comunali e per quelle provinciali pertanto egli con un manifesto minaccioso diffidava i ceccanesi a votare per i socialcomunisti, altrimenti avrebbe spostato  la squadra in un altro paese, forse Sora.  Fu un fulmine a ciel sereno, un atto non prevedibile, una entrata veramente scorretta e provocatoria o come si dice in termini sportivi, a gamba tesa.

Per le elezioni al Consiglio Provinciale di Frosinone, nel collegio di Ceccano, i candidati che potevano sperare nell’elezione erano due: da una parte Luigi Igi, psichiatra, direttore dell’Ospedale Psichiatrico, sostenuto dalla DC, dall’altra Luigi Begozzi, professore di Storia e Filosofia presso il Liceo di Frosinone, che con il simbolo Vanga e Stella sulla scheda elettorale rappresentava i comunisti e i socialisti uniti.
Per l’elezione al Comune la legge prevedeva allora l’apparentamento: le liste apparentate in caso di vittoria prendevano 20 consiglieri sui trenta eleggibili.
Il Pci era apparentato con il Psi, mentre la Dc lo era con il Psdi. Il Msi si presentava da solo. L’aspetto curioso era rappresentato dal fatto che la DC presentava candidato a Sindaco il generale dei Carabinieri Angelo Cerica, senatore, originario di Alatri e senza alcun legame con la città di Ceccano.
La campagna elettorale avveniva quando l’Annunziata vinceva il proprio girone, imbattuta ed al massimo della simpatia e  della popolarità. La competizione elettorale che si risolverà sul filo di lana.
Il professor Begozzi immediatamente conquistò gli animi: possedeva un linguaggio facile, accessibile a tutti, un mix di giustizia sociale e di cristianesimo. Il generale Cerica, al contrario, era sempre distaccato, altezzoso, mai cordiale: ai sostenitori democristiani che lo accompagnavano non chiedeva mai le condizioni di vita o altre notizie riguardanti la contrada ove si apprestava ad incontrare gli elettori.  La sua attenzione, forse per deformazione professionale, era rivolta solamente a conoscere la distanza dal centro urbano  e la quota altimetrica del luogo ove si trovava..

Il lunedì mattina, mentre si stava ancora votando, avanti  la sezione DC venne scaricato il materiale per lo spettacolo pirotecnico, a sancire un ipotetico successo elettorale.
Alle 19, sempre di lunedì, il professor Begozzi venne a conoscere da Vladimiro Moffa e da Lorenzino Angelini il quadro esatto dei risultati  negli altri comuni del collegio: a Patrica vinse il repubblicano Scandurra, a Giuliano di Roma il missino Fabrizio Pagliei, a Villa Santo Stefano il democristiano Igi, mentre Begozzi ottenne una netta affermazione a Ceccano e risultò essere il più votato ed eletto in Consiglio Provinciale.
Lo scrutinio per le elezioni comunali, invece andava avanti a rilento, l’esito era incerto, ma per tutti il segnale esplicativo consisteva nello spettacolo pirotecnico. Per gli elettori socialcomunisti delle campagne, privi di idonei collegamenti la notte si prospettava lunga e di fremente attesa ma i fuochi né si sentirono e nemmeno si videro anzi  la mattina di martedì, al sorgere del  sole, dall’alto del serbatoio comunale vedono sventolare una bandiera rossa. E’ il segnale della vittoria che il fontaniere Giovannone  con questo atto regalò al popolo della sinistra.
Il comunista Vincenzo Bovieri, sostenuto da 10 consiglieri comunali comunisti e 10 socialisti venne eletto sindaco il 21 giugno 1952.
Gli avvenimenti dimostrarono che il commendatore Annunziata aveva il dominio nell’interno del saponificio ma non era capace di  conquistare l’animo dei ceccanesi. Ne prese atto e dopo di ciò rinunciò a qualsiasi ritorsione verso la città. La squadra, infatti, anche nel campionato 1952/53  giocherà  nel campo sportivo “ Dante Popolla “ di Ceccano.

Lucia Fabi  Angelino Loffredi 

Ceccano 9 Novembre 2011

martedì 8 novembre 2011

Per uno sciopero unitario dei sindacati di base e conflittuali

Direzione Nazionale del P.CARC

Inoltriamo per far conoscere questa importante presa di posizione perchè rappresenta un segnale importante per sviluppare ad un livello superiore il coordinamento e l'azione della sinistra delle organizzazioni sindacali.


ALLE DIRIGENZE LOCALI E NAZIONALI DEI SINDACATI DI BASE
USB, CUB, COBAS, UNICOBAS, SNATER, SLAICOBAS, USI
Parma, 5 novembre 2011.
Risulta veramente difficile comprendere le ragioni di due scioperi generali indetti dal sindacalismo di base nel giro di due settimane (17 novembre, 2 dicembre), soprattutto nel momento in cui i lavoratori stanno pagando il prezzo più alto della crisi in atto e, in particolar modo i salariati, dovranno sborsare in termini monetari e di riduzione di welfare (che ricordiamo è semplicemente salario indiretto) una quota di reddito e di “vita” che produrrà veri e propri sconvolgimenti nelle relazioni familiari, sociali e culturali.
In un momento epocale, dove è palese che il sistema capitalista usa la sua stessa crisi per riorganizzare lo sfruttamento di classe, è triste dover assistere alla frammentazione delle espressioni di lotta che le componenti di base, con l’ambizione di essere le più avanzate del sindacalismo conflittuale, pongono in essere dimostrando la mancanza di lucidità nel comprendere i desideri e i bisogni di chi tutti i giorni lavora, fa sindacato, parla con i lavoratori e con le lavoratrici, produce e si riproduce in un sistema di sfruttamento globale dove la classe padronale unita conduce metodicamente un attacco sistematico alle nostre esistenze ed agli spazi di democrazia, democrazia intesa come espressione delle lotte storiche del movimento dei lavoratori.
Vedete, è sconfortante già di per se scioperare e non ottenere nulla, anzi in tempi di crisi l’astensione dal lavoro risulta per molti padroni, siano essi ministeriali o privati, una manna dal cielo in quanto il risparmio di stipendi razionalizza, per loro in bene, l’esborso mensile di salario, e diciamolo pure con un disagio spesso impercettibile per l’utenza e la produzione, qualora lo sciopero non raggiunga cifre considerevoli.
A questo si aggiunga anche la lunga schiera dei precari e dei vari lavoratori atipici che sono espressione della frammentazione della forza lavoro che non possono, per ricatto e per inopportunità, scioperare.
E noi, dalla base sindacale, cosa e come rispondiamo? Riproducendo in scala le divisioni di conflittualità che il capitale nazionale e internazionale, con Bce e Fmi in testa, auspicano e legittimano.
Ora occorre uno sforzo di dignità, di modestia e di comprensione che parta dai vertici dei sindacati di base a volte incapaci di superare le rivalità e le distinzioni che si producono nel corso dell’attività politica e sindacale.
Servono iniezioni di umiltà e di capacità di sintesi politica e di lotta che superi lo sciopero residuale e minoritario proponendo invece, sul modello di altri paesi del mediterraneo, lo sciopero realmente generale che vada a colpire al cuore la produzione capitalistica.
Lo sciopero, che coinvolga realmente e materialmente la classe e tutti i lavoratori, non deve essere inteso come una protesta di ordine morale, ma deve essere inteso come una parte fondamentale della lotta di classe e deve influire concretamente sul reale processo di produzione capitalistica; insomma lo sciopero deve “danneggiare” i padroni e lo stato borghese.
Se uno sciopero non racchiude queste intenzioni e queste pratiche risulta inefficace ed innocuo.
Siamo sull’onda di un cambiamento radicale delle relazioni politiche, sindacali e sociali e spiace dirlo ma questi due scioperi generali recano in se la scarsa lettura del reale e mettono in seria discussione l’operato di chi veramente dalla base lavora e crede nell’unità della lotta e della classe che sta marcendo, sola, senza rappresentanza politico-sindacale reale, nella giungla del liberismo e dell’impotenza.
Se si è ancora in tempo fermiamo le rispettive indizioni di sciopero e davvero uniamo le forze affinché Roma sia colorata dalle nostre bandiere per dare un segnale unitario che ci siamo e facciamo sul serio, per iniziare una lotta di lunga durata che sarà dura e che necessita di unsindacato di base unito, forte e coeso, nella lotta, benché le analisi possano giustamente divergere nella ricchezza delle vedute.

Piermichele Pollutri, Coordinamento regionale Usb Emilia-Romagna
Laura Bergamini, Coordinamento provinciale Usb, Parma
Enrico Calzolari, docente, iscritto Cobas Scuola Parma
Andrea Zini, assegnista di ricerca, Usb Parma
Francesca Brusca, delegata Coop. Sociali, Usb Parma

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domenica 6 novembre 2011

PER UNO SCIOPERO UNITARIO DEI SINDACATI DI BASE E CONFLITTUALI


APPELLO AI GRUPPI DIRIGENTI DEI SINDACATI DI BASE E ALTERNATIVI
L’attacco alle condizioni di vita e alla dignità di lavoratrici, lavoratori e ceti popolari ha assunto in questi mesi dimensioni gigantesche, e nulla di buono si profila all’orizzonte, anche nel caso dovesse cambiare il quadro politico e di governo. Sostanzialmente si chiedono sacrifici ai soliti noti e si punta a far pagare i costi della crisi economica e del debito pubblico ai più svantaggiati.

Di fronte a questo attacco la risposta del sindacalismo di base è stata l’indizione di due “scioperi generali” a distanza di due settimane uno dall’altro: il 17 novembre (Confederazione Cobas e Cub) e il 2 dicembre (USB, Slai-Cobas, CIB-Unicobas,  Snater e Usi-Ait).

Noi sottoscritti delegati, militanti e iscritti appartenenti a diversi sindacati di base e alternativi, pensiamo che questa scelta sia assurda e del tutto improponibile a lavoratrici e lavoratori che rappresentiamo o con i quali ci incontriamo tutti i giorni sui posti di lavoro.

Non vogliamo entrare nel merito delle divergenze tra i nostri gruppi dirigenti, considerato che si tratta di contrasti di natura politico-partitica che nulla devono avere a che fare con una lotta sindacale indipendente e alternativa oggi più che mai necessaria.

Non esiste un solo motivo di natura sindacale per il quale non si possa scioperare tutti insieme contro le manovre del Governo e i diktat di Commissione Europea e Banca Centrale.

Chiediamo pertanto a tutti i gruppi dirigenti delle nostre organizzazioni sindacali di recedere dalle rispettive proclamazioni, di fare un passo indietro e indicare un’altra data comune per una mobilitazione unitaria, maggiormente in grado di raccogliere consenso e partecipazione.
indicando
COGNOME     NOME    CITTÀ     LUOGO DI LAVORO        DELEGATO/A RSU O ALTRO INCARICO SI

Frosinone: anche la Bonaviri 'corre' da sindaco?

fonte: http://www.dimmidipiu.it/



Si è costituito a Frosinone il comitato "Nuove idee per Frosinone", nato per sostenere la candidatura a sindaco di Giuseppina Bonaviri (nella foto), coordinatore cittadino dell'Italia dei Valori.
In prima fila Mariano Zomparelli. «Il comitato, recepite le indicazioni dei cittadini stanchi dei "trasversalismi" dei vari personaggi che passano da una sponda all'altra in una sorta di guerra di posizionamento allo scopo di occupare una poltrona solo per meri scopi di potere, sosterrà, anche per uscire dai meandri di certe logiche, la candidatura della dott.ssa Bonaviri perché Frosinone abbia la possibilità di avere un sindaco che possa dare un segnale di forte "discontinuità", vivendo e risolvendo i problemi della città e dei cittadini tutti, con l'aiuto di personalità della società civile, delle associazioni, della cultura, dei giovani, delle forze sociali. In tempo utile, una volta definito il programma di "Nuove idee per Frosinone", sarà la candidata ad illustrarlo alla cittadinanza con una pubblica manifestazione. Insomma, con la gente, tra la gente, per la gente di Frosinone».



IL PREMIER E’ L’UOMO SOTTO IL VESTITO NIENTE

Ida Dominijanni da "il manifesto" del 08/11

Sommerso dallo spread il sesso è ridiventato quel tabù che è da sempre per la politica: si che nessuno parla più dei cosiddetti “scandali sessuali” che per oltre due anni hanno travolto l’immagine e la sostanza di Silvio Berlusconi. Ma senza quelle testimonianze femminili che l’hanno denudato probabilmente il re sarebbe ancora vestito; e anche se pochi  lo dicono a voce alta, la mancanza di credibilità del nostro presidente del consiglio che oggi fa volare lo spread si deve in larga parte a quel denudamento . Significa che il ridicolo di cui si è coperto l’uomo ha finito col fare velo sulle capacità del premier? No all’esatto contrario, significa che svelando il trucco che reggeva la potenza dell’uomo , quegli scandali hanno svelato anche il trucco che reggeva il potere del premier. Sotto il vestito niente nell’un caso e nell’altro .  Il trucco era un misto di esibizione seduzione e millanteria , che ha consentito a Berlusconi di usare la sessualità come protesi del potere e il potere come protesi della sessualità,  finchè non s’è capito che sotto c’era  un gran traffico di soldi promesse e ricatti , avvolto in un estetica di regime prima che in etica di verminaio . Si dice  che a tanto traffico sul sesso Berlusconi si sia dedicato solo dopo il 2006, a causa della seconda sconfitta infertagli da Prodi  o, più probabilmente, per reazione alla morte della madre, l’unica che riusciva evidentemente a dargli misura . Ma tutte le biografie, autorizzate e non  del cavaliere datano assai più indietro nel tempo la sua “magnifica ossessione” , e la sua sicurezza nell’usarla come arma infallibile di seduzione  non tanto delle donne quanto degli uomini “Amo le belle donne e gli italiani  mi vogliono così “ lo slogan di combattimento del premier dopo il D’Aaddario-gate  e il Ruby-gate, esprime alla perfezione questa sua certezza di interpretare un certo esprit del ,maschio italiano prefemminista  degli anni ’50 da lui riadattato al maschio postfemminista anni ’80, e di poterne ricavare un consenso imperituro.  Basterebbe questo per dire quanto sia stato centrale l’uso del sesso nell’architettura del sistema di governo: ma non si tratta solo di questo . Nell’immagine del bunga-bunga , sigla essa si imperitura del sultanato berlusconiano, c’è altresì la concezione di una libertà sciolta dal vincolo di una relazione con l’altro e dissolta nel mercato, c’è la servitù volontaria dei cortigiani come cerniera del sistema, c’è l’indifferenza al limite posto dalla legge, c’è la convinzione onnipotente di poter comprare tutto, compresi i corpi, le vite, e il piacere degli altri . Quanto all’imperativo dell’eterosessualità obbligatoria, non è l’ultima fra le cifre di un regime “liberale” che non è riuscito nemmeno a concepire una legge per i Dico.

Ryanair sceglie il premier come testimonial

 Federica Cresci

 Silvio Berlusconi e' ancora una volta testimonial inconsapevole Ryanair. Sull'home page del sito internet della compagnia aerea low cost irlandese compare il viso del Cavaliere in primo piano, scelto per pubblicizzare un'offerta di voli a basso costo (9.99 euro). Accanto al volto del Cavaliere compare lo slogan, anch'esso rivolto al Cavaliere: "Caro Silvio - si legge - un'altra occasione per scappare con Ryanair". Non e' la prima volta, anzi in ordine di tempo e' la quarta, che la compagnia aerea sceglie il capo del governo come protagonista delle sue campagne pubblicitarie.


L'ultimo episodio risale a luglio quando Ryanair prese come spunto la sentenza Cir usando il risarcimento che il capo del governo a Carlo de Benedetti come slogan: "Ho 560 milioni di buoni motivi per scappare", scritta comparsa sempre accanto all'immagine del Cavaliere. La prima volta che il premier fu 'assoldato' come testimone fu nel 2009 quando venne ritratto circondato da cinque donne e l'ultima il due giugno scorso quando sopra il premier, fotografato in Aula con una mano sulla fronte, campeggiava la scritta: "...Solo una cosa mi tirerebbe su in questo momento! Una scappatella con Ryanair a 12 euro".



lunedì 7 novembre 2011

Elicottero militare precipita in fase di atterraggio

Paolo Papillo


Situazione DRAMMATICA in un paesino vicino Milano, Arcore, elicotteri militari stanno evacuando una villa ..stanno giungendo sul posto Bersani&Casini/Fini, Di Pietro Vendola la Camusso con l'amica Emma .al bar del paese un vecchietto di nome Giorgio N. monita e chiede coesione ai coetanei...noi tocchiamoci le palle o ferro dipende..e camminiamo con il culo rasente al muro.domani è un altro giorno, di merda...



Alluvione: Lettera al presidente della Repubblica Napolitano

di  Marco Marcio Varano


Egregio Sig. presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
sono un amministratore comunale di un piccolo paese all’ imbocco della Valle di Susa in Piemonte e le scrivo in merito alle sue dichiarazioni che ho avuto modo di leggere in merito alla disastrosa alluvione che ha colpito il levante ligure e la lunigiana. Lei attribuisce i morti ai cambiamenti climatici. Purtroppo non sono d’ accordo con Lei.
Il responsabile di quella tragedia sono io: amministratore, cittadino italiano nonché elettore.

Sono io amministratore quando sono costretto ad ampliare le aree edificabili e quindi a cementificare il territorio che non è più in grado di assorbire l’ acqua piovana che così “scivola” altrove, per poter incassare oneri di urbanizzazione e quindi mantenere sano il bilancio del Comune. Quando non so urlare abbastanza la mia rabbia per i soldi che mancano per le piccole cose : mantenere puliti i canali, i torrenti di montagna, mettere in sicurezza gli argini, monitorare le frane ma che miracolosamente piovono dal cielo per le grandi, grandissime opere. Quando imploro l’ aiuto dei volontari della protezione civile che sostituiscono le gravi lacune delle Istituzioni pubbliche anziché pretendere con ancora maggior forza ( se mai fosse possibile) i fondi necessari.
Quando i fondi me li procuro, ma con gli oneri di urbanizzazione creando così un circolo viziato senza fine.

Sono io cittadino italiano quando per pigrizia, disinformazione, troppa fiducia nei miei rappresentanti evito la partecipazione diretta, la cittadinanza attiva e lascio che presunte “scelte strategiche” quali TAV, ponte sullo stretto, rigassificatori, inceneritori sottraggano denaro alla manutenzione del territorio, delle sponde dei fiumi, alla messa in sicurezza delle scuole, alle energie alternative, tutte cose che creerebbero moltissimi posti di lavoro immediati e diffusi su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto controllabili dagli enti locali e non fagocitati dalle scatole cinesi del General contractor o peggio dalla criminalità organizzata. Quando non faccio sentire la mia voce , quando resto a casa perché macinare km in un corteo è faticoso, rischioso o peggio sconsigliato a parteciparvi dagli stessi politici ( se non sono stati loro a organizzarlo e promuoverlo!) o peggio ancora perché minacciato di essere “radiato” dal mio partito di riferimento se vi partecipo.

Sono io elettore, il responsabile, quando non vigilo sull’ operato degli eletti, non li stimolo,controllo, quando dopo aver espresso il mio voto delego ad altri in toto e mi allontano per 5 anni ( o quanto dura la legislatura) dalla cosa pubblica, dalla vita associativa, dal volontariato.
Quando mi lascio: abbindolare dai media e fatico a farmi una mia opinione, terrorizzare dal voto utile( per non lasciare il paese in mano alle destre dicono gli uni o alle sinistre dicono gli altri) ,ingannare dagli apparentamenti di coloro che parenti stretti non potranno mai esserlo.
Quando non mi accorgo che miliardi di euro vengono impegnati e promessi nei programmi elettorali per l’ acquisto di aerei da combattimento ( ma l’ Italia non ripudia la guerra?) o per un inutile buco in valle di Susa mentre una dopo l’ altra le regioni italiane si sgretolano sotto frane, alluvioni, terremoti (non sempre così intensi rispetto ai danni arrecati anche agli edifici pubblici che dovrebbero essere i più sicuri).
In una democrazia “imperfetta” quale la nostra, la responsabilità è sempre mia , cioè di tutti i cittadini che liberamente e senza condizionamenti dovrebbero scegliere il meglio. Secondo me i cambiamenti climatici, purtroppo, non c’entrano o c’entrano poco.
Non so se questa lettera giungerà a destinazione, sicuramente arriverà nelle mani di chi la giudicherà inopportuna, infarcita di demagogia e populismo sostenendo che il Presidente della Repubblica ha sempre ragione. Io posso solo immaginare i motivi profondi della sua dichiarazione in cui cita i cambiamenti climatici come responsabili della disastrosa ultima alluvione. In questo caso è da ringraziare, per la sua prudenza e grande senso di responsabilità. 
La saluto cordialmente.

Sant’Ambrogio di Torino, 26 ottobre 2011 

Mauro Galliano, Assessore Comune di Sant’Ambrogio di Torino ( valle di Susa), Comune di 8,59 kmq. con 4.843 abitanti

L'acqua non è un debito

Severo Lutrario 




PER L’ACQUA E LA DEMOCRAZIA
Il 12 e 13 giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l’uscita dell’acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico. Ad oggi nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione: la legge d’iniziativa popolare è ferma nei cassetti del Parlamento e gli enti locali continuano a gestire il servizio idrico come prima.
Non solo. Grazie ai diktat della BCE, il Governo ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva, una nuova stagione di privatizzazioni. Governo e poteri forti resisi conto che il popolo ha votato contro di loro, hanno semplicemente deciso di abolire il popolo, producendo una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia.
L’ACQUA NON E’ UN DEBITO
Quello che avviene per l’acqua è solo il paradigma di uno scenario più ampio dentro il quale si colloca la crisi globale. Un sistema insostenibile è giunto al capolinea. Ma i poteri forti ne hanno deciso la prosecuzione, attraverso la continua 
restrizione del ruolo del pubblico a colpi di necessità imposte dalla riduzione del debito
e dai patti di stabilità, la consegna dei beni comuni al mercato, tra cui la conoscenza e la cultura, lo smantellamento dei diritti del lavoro anche attraverso l'art. 8 della manovra estiva, la precarizzazione dell’intera società.
“OBBEDIENZA CIVILE” PER UN’ALTRA USCITA DALLA CRISI
Vogliamo lanciare la campagna di “Obbedienza civile”, che, obbedendo al voto referendario della maggioranza del popolo italiano, esiga da subito l’eliminazione dalle tariffe della parte relativa ai profitti garantiti. Se ciò non avverrà procederemo all’autoriduzione collettiva delle stesse. 
Perché i beni comuni e i diritti sociali vengono prima delle banche e dei capitali finanziari.
VI ASPETTIAMO TUTTE E TUTTI
Vogliamo che la manifestazione sia il luogo di tutte e di tutti come sempre è stata l’esperienza del movimento per l’acqua: radicale nei contenuti e per la massima inclusione, con modalità condivise, allegre, pacifiche e determinate nelle forme di mobilitazione. Vogliamo costruire una giornata in cui siano le donne e gli uomini di questo paese a riprendersi la piazza e la democrazia, invitando ad essere presenti tutte e tutti quelli che condividono questi contenuti e le nostre forme di mobilitazione, portando le energie migliori di una società in movimento, che, tra la Borsa e la Vita, ha scelto la Vita. 
E un futuro diverso per tutte e tutti.