13 ottobre 2012.
Una giornata particolare. Una giornata in cui parte la grande campagna di
raccolta firme per il referendum 'salva Articolo 18' (quello smantellato dalla
riforma del lavoro votata anche dal Pd). Una campagna promossa da forze
politiche e sociali della sinistra, da Rifondazione alla Fiom, dall'Idv a Sel.
Per questo si potrebbe definire una bella giornata. Ma è anche il giorno in cui
si 'firma' un'altra cosa, in netta contrapposizione con la precedente. Si
'firma' la 'carta d'intenti' di Pd, Sel e Psi.
Un vero e proprio
patto vincolante che stabilisce come la risoluzione di controversie relative a
singoli atti o provvedimenti rilevanti fra i progressisti saranno risolti da una
votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta
congiunta. In poche parole il partito di maggioranza imporrà a Sel e Psi la
propria linea. Inoltre, il patto prevede per i progressisti il vincolo di lealtà
istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro
Paese, fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi
in accordo con gli altri governi e ad appoggiare l’esecutivo in tutte le misure
di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno
necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo
politico-economico federale dell’eurozona.
Fra i primi a commentare
negativamente i contenuti del patto è stato Alfonso Gianni di Sel, che ha detto:
"definire il patto come una strada in salita sarebbe un eufeismo"... "Un
evidente compromesso tra chi vuole proseguire l'agenda Monti e chi no". Gianni
ha dato giudizi trancianti sul patto. "In questo modo – ha continuato - si ha
un'immagine surreale dell'Italia, come se il governo Monti fosse stata una
parentesi trascurabile che non ha prodotto guasti. Quindi si glissa sull'articol
18, persino sull'art.8, oggetto di referendum, non si parla di fiscal compact.
Anzi si ribadisce la volontà di assicurare la lealtà istituzionale agli impegni
internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro paese".
Netto è
stato anche il giudizio di Paolo Ferrero del Prc: "Con questo accordo il Fiscal
Compact non si cambierà mai perché quel trattato la Germania non è disponibile a
rinegoziarlo, si può solo disdettare unilateralmente. Qui si dice chiaramente
che la politica economica impostata da Monti continuerà. Del resto visto che i
simboli hanno il loro valore, forse non è un caso che quello schieramento abbia
abbandonato non solo la parola sinistra ma anche quella centro
sinistra".
Insomma, nello stesso giorno in cui la maggioranza del popolo
di sinistra – compresi i militanti di SEL - inizia a raccogliere le firme per i
referendum (Vendola è uno dei componenti del comitato promotore, cioè uno di
quelli che ha apposto la firma in cassazione per presentare i quesiti) contro le
controriforme sul lavoro in chiara discontinuità con le ricette che l'Europa
liberista ha imposto in questi anni, Vendola firma un patto di lealtà agli
impegni istituzionali ed ai trattati sottoscritti con un partito come il PD che
questi impegni li ha già portati in agenda appoggiando il Governo Monti.
Tutto questo rischia di diventare un incubo per i militanti di Sel, che
mentre raccolgono le firme per smantellare le porcate fatte dal governo Monti,
sostenuto dal Pd, devono anche partecipare a delle primarie che decideranno chi
andrà a proseguire quelle porcate. Alcuni non riescono a capire come queste due
cose si possano mettere insieme, essendo totalmente contrapposte tra
loro.
Quello che si temeva si sta avverando: è arrivato Dottor Niki e
Mister Vendola!
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