Dal Savoy Ballroom di Harem, New York, la redazione di Aut
nella persona del sottoscritto, presenta una serata indimenticabile di musica da ballo. Con le
stupende voci di De De Bridgewater, dei Manhattan Transfer, fra i quali spiccano Janis Siegel e Cheril Quentyl,
chiudiamo l’anno vecchio e iniziamo l’anno
nuovo nel segno dello swing. Jazz a parte auguro a tutti un buon 2013. Non
nascondiamoci dietro a un dito, se il
2012 è stato un anno di lotta, il 2013 sarà ancora più duro. Godetevi la musica. Buon anno resistente a
tutti.
lunedì 31 dicembre 2012
sabato 29 dicembre 2012
CARTOON
Informare per resistere
Come lo stato e le multinazionali del petrolio speculano sul prezzo della benzina.
Il sapere è un'arma.
Il sapere è un'arma, unisciti alla resistenza.
Come lo stato e le multinazionali del petrolio speculano sul prezzo della benzina.
Il sapere è un'arma.
Il sapere è un'arma, unisciti alla resistenza.
Università, la finta eccellenza della Bocconi
fonte: http://www.coordinamentouniversitario.it
Uno dei problemi che caratterizzano il dibattito pubblico sull’università e la ricerca è l’uso intenzionale di dati ed informazioni che deformano la realtà. Giuseppe de Nicolao ha recentemente raccolto una guida alla demistificazione delle leggende sull’università e la ricerca messe in giro da un gruppo di economisti di scuola neo-liberista, la maggior parte operanti in Italia alla Bocconi o nelle famose “migliori università americane”. Questa serie di luoghi comuni è stata utilizzata sia dal ministro Gelmini che dal ministro Profumo: non solo la politica ma il lessico comunicativo è stato lo stesso durante i due ministeri.
La settimana scorsa altri due economisti della stessa scuola, Andrea Ichino e Daniele Terlizzese, hanno scritto un articolo sul Corriere della Sera, in cui per dare supporto alla mistificatoria tesi “i poveri pagano l’università ai ricchi” hanno riportato una serie di dati e informazioni non veritiere. Ieri è stato il turno di un’altra coppia di economisti, Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, che, di nuovo dalle colonne del Corriere della Sera, hanno spiegato perché nell’Agenda Monti ci sarebbe troppo Stato. Con i colleghi di Roars abbiamo già analizzato l’Agenda Monti mostrando che questa si muove in perfetta continuità con le politiche del governo Berlusconi che stanno non solo ridimensionando l’università ma orientando la ricerca a essere non solo al servizio dell’impresa quanto piuttosto completamente assoggettata a questa.
Scrivono dunque Giavazzi e Alesina: “… Ci spiace parlare della nostra università, ma la Bocconi non riceve sussidi pubblici, si finanzia con rette scolastiche che sono modulate in funzione del reddito, ed è uno dei pochi atenei italiani che non fa brutta figura nelle classifiche internazionali. Riprodurre questo modello altrove non è impossibile.”
Non riceve sussidi pubblici? Vediamo un po’. Il contributo pubblico alle accademie private è stato nel 2012 di 89,6 milioni di euro, contro i 79.5 mln del 2011, di cui 14,95 mln (13,5mln nel 2011) alla Bocconi. Come risulta dalla tabella che determina la ripartizione del fondo agli atenei privati, le voci sono state: 9 mln in misura proporzionale alla quota attribuita agli stessi nel 2011, 4.2mln come compensazione del mancato gettito delle tasse e 1.8 mln destinato a fini premiali agli atenei. Considerando che la Bocconi ha circa 13,000 studenti il costo per i contribuenti per ogni studente che frequenta la Bocconi è di 1.150 euro: per dare un ordine di grandezza questa cifra è leggermente inferiore alle tasse universitarie pagate in media da uno studente italiano (circa 1.400 euro).
Considerando i finanziamenti complessivamente ricevuti dalle amministrazioni pubbliche, apprendiamo che nel bilancio 2009 i contributi (statali o regionali) sono ‘scesi’ da 35 a 32 milioni. Il che porta il costo di ogni studente per la collettività a circa 2.400 euro, molto più delle tasse mediamente pagate nelle università statali. Possiamo dunque concludere che la Bocconi riceve consistenti sussidi pubblici che sono aumentati del 10% nell’ultimo anno, proprio quando il finanziamento agli atenei pubblici ha subito un ulteriore taglio del 5% (che si è andato ad aggiungere ad una serie di tagli che continuano dal 2008).
Ed ora veniamo alle classifiche internazionali, tanto spesso invocate come una sorta di arma di distruzione di massa contro le università statali italiane.Abbiamo già espresso altrove non poche perplessità in merito, per cui non siamo certo noi a sostenere la loro assoluta affidabilità ed esattezza nel valutare i meriti relativi delle varie università. La situazione è la seguente: nessuna delle università private, né quelle sorte negli ultimi anni, né quelle “storiche” arriva entro le prime 500 o 400 posizioni. Ad esempio la Bocconi nelle classifiche generaliste (che considerano anche università specializzate), è assente tra le prime 400, 500 o 700 università del mondo in ben 7 ranking su 8. Quindi se per classifiche internazionali si considerano quelle generaliste, cui si fa riferimento nella discussione dei rankings delle università, la situazione è diversa da quanto scritto dai due economisti, ed addirittura vi sono delle università statali che hanno posizionamenti migliori della Bocconi se si considerano specifici campi di ricerca. Ad esempio per la più citata di queste classifiche, l’ARWU, nelle prime 100 al mondo compaiono 6 dipartimenti di fisica, 2 di matematica, 2 di chimica, uno di ingegneria e zero di economia. Nel QS Rankings la Bocconi, nella categoria Social Sciences and Management, occupa il 46° posto su 50, mentre in Engineering and Technology il Politecnico di Milano, università statale, occupa il 48° posto.
In conclusione la Bocconi non è affatto un faro di eccellenza internazionale ed in Italia, se si guardano le classifiche scorporate o il numero di pubblicazioni/citazioni delle singole discipline, vi è di molto meglio; però lo Stato sovvenziona i suoi studenti e la Bocconi non paga l’IMU. Insomma un ottimo esempio del capitalismo all’italiana, quello a cui Giavazzi è tanto affezionato: Libero Mercato sì ma finché si scherza.
Tutti con la “Lista Ingroia – Rivoluzione Civile”
Oreste Della Posta per l'associazione 20 ottobre
Sono stati tanti i partecipanti
all’iniziativa “Io ci sto – Noi ci stiamo – Insieme per la legalità”, promossa
dall’Associazione politico-culturale “20 Ottobre”, ad affollare, venerdì sera, la
sala consiliare del Comune di Aquino.
Il presidente dell’Associazione, Oreste
della Posta, nel suo intervento introduttivo ha, innanzitutto, ringraziato i
presenti, molti dei quali arrivati anche da centri lontani della provincia, per
aver voluto partecipare a una serata di impegno politico e sociale nel pieno
delle giornate festive di fine anno.
Della Posta ha, poi, brevemente presentato
il libro del magistrato Ingroia “Io ci sto” che tanto interesse e polemiche ha
suscitato nelle ultime settimane per, poi, brevemente illustrare i 10 punti proposti
dallo stesso magistrato, ovvero: 1) Legalità e solidarietà; 2) Stato laico; 3)
Scuola pubblica; 4) Nuova politica antimafia; 5) Sviluppo economico, rispetto
dell’ambiente e diritti dei lavoratori; 6) Sviluppo della imprenditoria senza
essere soffocati dalla burocrazia; 7) Democrazia nei luoghi di lavoro: 8)
Fuoriuscita dei partiti dai Consigli d’amministrazione a cominciare dalla RAI; 9)
Candidature con criteri di competenza, onestà e merito: 10) Questione
morale.
Maurizio Federico, che dell’Associazione è
stato a suo tempo socio fondatore, ha rilevato che il successo politico e la
partecipazione appassionata all’iniziativa dimostrano quanto sia grande lo
spazio politico esistente in Italia e in provincia di Frosinone per dar vita ad
una forza realmente di Sinistra. “A questo obiettivo - ha detto ancora Federico
- tendono i tanti delusi dalle precedenti esperienze e, soprattutto, dalle
divisioni che hanno reso la sinistra alternativa quasi assente, negli ultimi
anni, dal panorama politico del paese”.
“Quella della presentazione della LISTA
INGROIA – ha continuato Maurizio Federico - è, finalmente, l’occasione per
riunire i tanti pezzi di sinistra diffusa nel paese ma che, fino a ieri, non
aveva trovato l’occasione di unificarsi su una linea di netta alternatività a
tutte, nessuna esclusa, le forze che hanno appoggiato il nefasto governo
Monti”.
Sono
seguiti gli interventi di Vincenzo Colantonio di Arce, Igor Fonte di Cassino,
Dionisio Paglia di Alvito, Romolo Rea di Arpino, Donato Gatti (FIOM di
Cassino), Ugo Moro di Fiuggi, Mauro Capobianco di Isola del Liri, Francesco
Garofani di Fiuggi e Liberato Scappaticci di Aquino. Tutti hanno offerto interessanti
contributi sui temi del futuro della Sinistra in provincia di Frosinone e in
Italia.
L’intera Assemblea ha, infine, manifestato
la sua forte condivisione dell’Appello lanciato dal magistrato Ingroia e di
adesione alla “Lista Ingroia - Rivoluzione civile” che, come è noto, sarà
presente da protagonista nelle prossime elezioni politiche di fine febbraio.
venerdì 28 dicembre 2012
28 dicembre del 1943 - I servi traditori aSSaSSini fascisti fucilano tutti i sette eroici fratelli Cervi a Reggio Emilia :
Ettore Cervi di anni 22,
Ovidio Cervi di anni 25, Agostino Cervi di anni 21, Ferdinando Cervi di anni
32, Aldo Cervi di anni 34, Antenore Cervi di anni 39, Gelindo Cervi di anni 42.
SIAMO QUELLI DELL' "ITALIA
DEI FRATELLI CERVI"
L'italia dei Fratelli Cervi di Giustiniano Rossi :
L’Italia dei fratelli Cervi è, nel 1943 come oggi,
quella che combatte il fascismo sempre e comunque senza compromessi, che sia in
camicia nera o verde o addirittura in doppiopetto, è quella che lotta contro i
padroni avendo chiaro il concetto che le forze produttive sono i lavoratori,
non le imprese e i loro azionisti che intascano la differenza fra il valore del
lavoro e la sua remunerazione (plusvalore ?), quella che lotta contro la Chiesa
avendo chiara la differenza fra l’istituzione e i singoli preti (della
formazione partigiana organizzata dai fratelli Cervi faceva parte un sacerdote,
don Pasquino Borghi, che verrà catturato e fucilato), quella che lotta contro
la miseria e non contro i poveri, contro l’ignoranza e non contro gli
ignoranti. L’Italia dei fratelli Cervi è quella che, nel 1943 come oggi, sa
tracciare una netta linea di separazione fra i 270 000 partigiani, uomini e
donne, che dettero vita alla Resistenza scegliendo la via dell’onore e quanti,
scegliendo più o meno volontariamente la via del disonore, aderirono allo stato
fantoccio dei Tedeschi, bruciando, saccheggiando, torturando, uccidendo per
conto dei vecchi e dei nuovi padroni i resistenti ed il popolo che li
sosteneva, nell’inutile tentativo di paralizzarne l’iniziativa con l’arma del
terrore.
Forse la maniera migliore di riflettere
sull’attuale situazione della memoria storica nel nostro paese, dove, non da
oggi, fascismo e antifascismo vengono confusi in un’oscena mistura fatta di
revisionismo storico e di altrettanto storico opportunismo è, anzitutto, quella
di ricordare l’epigrafe pubblicata sulla rivista « Il Ponte » all’indomani
delle elezioni politiche del 7 giugno 1953:
‘‘Non rammaricatevi\ dai vostri cimiteri di
montagna\ se giù al piano\ nell’aula dove fu giurata la Costituzione\ murata
col vostro sangue\ sono tornate da remote caligini\ i fantasmi della vergogna\
troppo presto li avevamo dimenticati\ è bene che siano esposti\ in vista su
questo palco\ perché tutto il popolo\ riconosca i loro volti\ e si ricordi\ che
tutto questo fu vero\ chiederanno la parola\ avremo tanto da imparare\
manganelli pugnali patiboli\ vent’anni di rapine due anni di carneficine\ i
briganti sugli scanni i giusti alla tortura\ Trieste venduta al tedesco\
l’Italia ridotta un rogo\ questo si chiama governare\ per far grande la Patria\
aprrenderemo da fonte diretta\ la storia vista dalla parte dei carnefici\
parleranno i diplomatici dell’Asse\ i fieri ministri di Salò\ apriranno\ i loro
archivi segreti\ di ogni impiccato sapremo la sepoltura\ di ogni incendio si
ritroverà il protocollo\ Civitella Sant’anna Boves Marzabotto\ tutte in regola\
sapremo finalmente\ quanto costò l’assassinio\ di Carlo e Nello Rosselli\ ma
forse a questo punto\ preferiranno rinunciare alla parola\ peccato\ questi
grandi uomini di Stato\ avrebbero tanto da raccontare’’.
La memoria dell’Italia dei fratelli Cervi non è
soltanto una memoria storica, che peraltro lo Stato italiano ha sempre
impedito, costringendo generazioni di studenti a fermarsi, nello studio della
storia del nostro paese, ai fatti precedenti i due conflitti mondiali del
secolo scorso. È una memoria militante. È la memoria di un’Italia che non ha
dimenticato che il 28 dicembre 1943 venivano fucilati dai nazifascisti, a
Reggio Emilia, Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio,
i sette contadini di Campegine (RE) figli di Alcide Cervi che, guidati dal
padre, avevano organizzato dopo l’8 settembre 1943, con il concorso di altri
contadini della zona, una formazione partigiana con la famiglia Sarzi, che
gestiva una compagnia di teatro viaggiante, e con alcuni disertori ed ex
prigionieri alleati di cui avevano aiutato la fuga dal campo di Fossoli. Alcide
Cervi era nato nel 1875: suo padre, Gelindo che era finito in prigione nel
lontano 1869 per aver preso parte ai moti contro la tassa sul macinato - tappa
importante nella storia della lotta di classe dell’Italia unita - costati,
nella sola Campegine, 7 morti e 12 feriti tra i dimostranti, oltre a 60
arresti, gli aveva trasmesso gli ideali di libertà e di giustizia sociale che
lo sostennero quando dovette subire perquisizioni e persecuzioni durante la
dittatura di Mussolini.
Con la moglie, Genoveffa Cocconi, Alcide aveva
allevato nove figli: sette maschi e due femmine. Era lei che leggeva loro la
sera nell’aia, mentre mangiavano pane e verza, i Promessi Sposi e la Divina
Commedia: una realtà lontana dall’immagine del mondo contadino, arretrato e
ignorante, accreditata, ancora oggi, dalla cultura borghese. Nella sala del
Consiglio comunale di Campegine, sotto il busto di Genoveffa Cocconi, morta di
dolore nell’ottobre del 1944 dopo che i fascisti le avevano nuovamente
incendiato la casa ricostruita ingoiando il dolore per la morte dei suoi sette
figli, è scritto: ‘‘Quando la sera tornavano dai campi sette figli e otto con
il padre, il suo sorriso attendeva sull’uscio per annunciare che il desco era
pronto, ma quando in un unico sparo caddero in sette dinnanzi a quel muro, la
madre disse: non vi rimprovero o figli d’avermi dato tanto dolore, l’avete
fatto per un’idea perché mai più nel mondo altre madri debban soffrire la
stessa mia pena, ma che ci faccio qui sulla soglia se più la sera non
tornerete, il padre è forte e rincuora i nipoti dopo un raccolto ne viene un
altro, ma io sono soltanto una mamma o figli cari vengo con voi’’.
Il figlio maggiore, Aldo, durante il servizio
militare fa propaganda antifascista fra i suoi commilitoni. Risultato: qualche
anno di carcere militare a Gaeta ed altrettanto tempo per acquisire nell’altra
università, quella senza vacanze del carcere, gli elementi di cultura politica
necessari per organizzare, una volta libero, la lotta partigiana nel suo
territorio. Aldo apre una biblioteca a Campegine, non lontano da Gattatico,
dove si trovano i Campi Rossi – il toponimo carico di significato che designa
il podere coltivato dalla famiglia Cervi - diffonde libri, organizza riunioni,
distribuisce volantini e giornali clandestini e moltiplica i contatti con le
famiglie contadine della zona fino a creare una vera e propria rete di
resistenza antifascista. Quando, il 25 luglio 1943, il governo fascista cade,
la popolazione di Gattatico trova nella famiglia Cervi il suo naturale punto di
riferimento, e l’8 settembre i Campi Rossi diventano il centro della Resistenza
nella zona; Aldo raggiunge i partigiani in montagna ed i suoi fratelli
collaborano con i Gap in pianura.
La mattina del 25 novembre 1943, centocinquanta
camicie nere danno fuoco al fienile e circondano la casa dei Cervi: Alcide e i
suoi figli s’arrendono solo dopo aver finito le munizioni. Arrestati,
interrogati e torturati, Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio
ed Ettore Cervi resistono alle minacce ed alle blandizie: verranno prelevati
dal carcere insieme a Quarto Cimurri e fucilati il 28 dicembre 1943 al Poligono
di Tiro di Reggio Emilia. Alcide resta nel carcere, ignaro della sorte dei figli,
da dove evaderà il 7 gennaio 1944, approfittando di un bombardamento; appresa
la terribile verità, ricostruisce con l’aiuto della moglie, di quattro nuore e
di 11 nipoti la casa, che i fascisti incendieranno una seconda volta
nell’ottobre 1944, e continua la lotta partigiana. Oltre dieci anni dopo, la
terribile vicenda della famiglia Cervi, esemplare per descrivere cosa fu in
realtà la Resistenza italiana, ispirava al poeta Salvatore Quasimodo i seguenti
versi :
‘‘In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
di sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre
[ardente.
Anche qui dividono i sogni la natura,
vestono la morte, e ridono, i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore finì la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi,
non alle sette stelle dell’Orsa; ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati, filosofi, poeti,
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore, la morte, in una fossa di nebbia appena
[fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di
pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.
Da ‘‘Ai fratelli Cervi, alla loro Italia’’ ne ‘‘Il
falso e vero verde’’ 1956
I valori dell’umanesimo contadino, difesi dalla
famiglia Cervi pagando un prezzo tanto elevato, sono quelli, eterni, che
dividono, oggi come ieri, la tolleranza dall’intolleranza, la civiltà dalla
barbarie. Nel 1968 – proprio in quell’anno in cui una nuova generazione si
faceva carico della realizzazione dei valori che erano stati quelli della
Resistenza - Gianni Puccini firmava la regia del film « I sette fratelli Cervi
» con il concorso - fra gli altri – di Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla,
Carla Gravina e Serge Reggiani. L’aiuto regista era Gianni Amelio, allora
ancora pressoché sconosciuto, alla sceneggiatura aveva collaborato
l’indimenticabile Cesare Zavattini. Gianni Puccini morì poco dopo la fine delle
riprese ma il suo film, lungamente boicottato dalla censura preventiva, insieme
alla magistrale interpretazione di Gian Maria Volonté, è restato nella memoria
di quanti disprezzavano e disprezzano ogni retorica commemorativa.
Ci sforziamo anche noi di ripetere con Alcide:
"i nostri morti ispirino i vivi", di pensare che dopo i figli ci sono
sempre i nipoti per ricominciare tutto da capo un’altra volta, senza cedere
allo scoraggiamento. Certo, da allora, il partito comunista italiano – la forza
politica che, con il movimento Giustizia e Libertà, era il cuore e la testa
della Resistenza - ha perso per strada l’aggettivo che tanto chiaramente lo
identificava, ripiegando su una coppia di aggettivi, ’’democratico“ e di
‘‘sinistra“ apparentemente meno impegnativi in tempi di abiure altrettanto
facili come i dogmatismi e i settarismi di un tempo. Siamo arrivati alla
rinuncia al termine di ‘‘sinistra“: il partito si contenta ormai dell’aggettivo
« democratico » per definire la sua identità o per sfumarla in un cartello
eterogeneo di alleanze interne ed esterne che rinnegano origini che neppure
querce frondose e profumati olivi sono riusciti a proteggere.
Fin dove si spingerà sulla via dell’opportunismo un
partito democratico che, quando era anche di ‘‘sinistra“ s’è unito al coro di
quanti volevano ad ogni costo il rientro in Italia dei resti della canaglia di
Savoia ed alle ispirate parole di coloro che equiparavano ed equiparano i sette
fratelli Cervi e gli oltre 100 000 caduti della guerra partigiana ai tristi
figuri della repubblica di Salò? Difficile dirlo: nel frattempo l’Italia dei
fratelli Cervi è impegnata, oggi come negli anni Venti ed in altre fasi della
sua storia, in un processo di rinnovamento e di ricostruzione della sinistra,
quella che non ha paura dei simboli né degli aggettivi perché affida la sua
identità alla continuità della lotta a fianco di lavoratori, donne, giovani,
minoranze sessuali, nazionalità oppresse, di quanti nella scala di valori delle
classi dominanti sono considerati gli ultimi.
Elezioni 2013, domani Antonio Ingroia ufficializza la candidatura a premier per sinistra e Idv. Ma restano i nodi su simbolo e liste
fonte: http://www.huffingtonpost.it
Dalla magistratura alla politica: Pietro Grasso, domani sarà la giornata di Antonio Ingroia. Il pm antimafia darà l'annuncio ufficiale in conferenza stampa al Capranichetta a Roma: si candida premier del cosiddetto 'quarto polo', espressione che non piace molto ai promotori ma che rende bene l'idea di questa nuova forza che si andrà ad aggiungere alle altre già in lizza per il voto del 24 febbraio. E dunque, da domani sarà ufficiale. Oltre a Bersani con il suo Pd, Sel e il Centro Democratico; oltre a Monti con i suoi centristi; oltre a Berlusconi e le incognite intorno alla sua ridiscesa in campo; oltre a Grillo e il suo M5S; sulla scheda ci sarà anche il polo di Ingroia, che va dal Di Pietro e quel che gli resta dell'Idv, il Prc, Pdci, Verdi e 'Arancioni' di De Magistris fino a 'Cambiare si può', neonato movimento promosso dal sociologo Luciano Gallino, il magistrato Livio Pepino, l'operaio Fiom Antonio Di Luca e tanti altri. Ma nel suo 'polo' la sua candidatura è scontata, già da tempo. Tanto che sono a buon punto le prove per il simbolo elettorale, anche se il quadro non è ancora definito. C'è Rifondazione che insiste affinché il simbolo contenga la parola 'sinistra', che non piace molto ai Verdi e anche ai dipietristi. E poi ci sono nodi da sciogliere sulle liste: perché l'obiettivo di Ingroia, nonché del movimento 'Cambiare si può', è evitare di fare la fine della 'Sinistra arcobaleno', unione tra Pdci, Prc, Verdi e Sinistra Democratica che nel 2008 non superò la soglia per entrare in Parlamento. Insomma, no all'effetto 'unione dei cespugli' e per evitarlo anche i leader di partito dovrebbero evitare di candidarsi, pensano in molti. Una partita, che secondo le ultime notizie, sarebbe già stata persa da Ingroia e da Cambiare si può: Antonio Di Pietro, il Verde Angelo Bonelli, il leader del Prc, Paolo Ferrero e del Pdci, Oliviero Diliberto, saranno candidati, come secondi in lista, rispetto a Ingroia che sarà capolista ovunque. I quattro saranno comunque candidati in Regioni sicuri. La questione mette in fibrillazione Cambiare si può, al punto che domani questa area potrebbe minacciare di uscire dall'alleanza.
Si punta comunque a una lista unitaria alla Camera e al Senato. Obiettivo: superare lo sbarramento del 4 per cento nel primo caso, dell'8 per cento nel secondo caso, ma per entrare a Palazzo Madama basta superare la soglia in qualche regione (pensano di farcela in Campania, Umbria e forse anche Toscana) Direzione: qui la faccenda si complica. Governo o opposizione? Perché in questo nuovo polo ci sono tendenze diverse. Di Pietro continua a sognare un'alleanza con il Pd, dopo il voto. Il cartello di 'Cambiare si può' invece si attesta più su una linea di opposizione a chi andrà al governo, che sia Bersani o Monti o loro due insieme. E c'è da dire che la stessa area sta ancora dando battaglia sullo stesso programma di Ingroia, considerato carente nella contestazione delle politiche di austerity europee. Ma nel polo del pm antimafia, non manca anche chi predica "l'unione delle forze con Grillo", come l'associazione 'Terza primavera", vicina allo stesso Ingroia.
Non è sbagliato pensare che, dopo il voto, questo quarto o quinto polo che dir si voglia si frammenti in tanti rivoli che corrono incontro al governo oppure rifugiati all'opposizione. Del resto, è una tendenza che potrebbe interessare anche le altre formazioni in corsa. Ma gli 'ingroiani' (perdonateci il termine, ma è comoda sintesi giornalistica) scommettono sul fatto che un fenomeno del genere potrebbe manifestarsi in forma centrifuga dalle forze che più aspirano al governo, piuttosto che centripeta. Perché la prossima, ragionano, sarà una legislatura di sacrifici, in Parlamento ci sarà la fila per non intestarseli.
Per ora, c'è la fila per ricandidarsi, per poter tornare in Parlamento ancora e nonostante tutto. Visione da non generalizzare, naturalmente. Ma dev'essere il caso di Antonio Di Pietro. Respinto dal Pd, pur di stringere con il polo di Ingroia, ha persino mandato gli auguri di pronta guarigione niente meno che a Hugo Chavez, presidente venezuelano ora gravemente malato, punto di riferimento della sinistra anche in Italia, non certo però per l'ex pm. Almeno non finora. E' accaduto ad una cerimonia organizzata giorni fa a Roma dall'ambasciata del Venezuela in Italia, proprio per raccogliere messaggi di solidarietà intorno al paese che, per via della malattia del presidente, sta attraversando un difficile momento. Oltre al messaggio di Fausto Bertinotti (per la cronaca: supporter della candidatura di Ingroia), per Chavez è stato letto anche quello dell'ex pm, non senza stupore da parte dei presenti.
la canea esiziale di "cambiare si può!" " io ci sto" spiegata facile
Laura Jurevic
Per
ora ci sono DUE SOGGETTI distinti CAMBIARESIPUO' e IO CI STO.
ma torniamo un cicinin indietro... il pdci vuole il matrimonio con il pd
fino a che morte non ci separi
rifondazione è ( finalmente) anti pd (diciamo che il pd
prima faceva schifo, ma mo' proprio è indifendibile)
rifondazione ha iniziato da un anno a costruire il quarto
polo facendo appelli a todos el mundo (compresi sel e pdci, a volte facendoci
pure incazza' per gli appelli ad oltranza al niculino de noantri)
SEL ha detto: no no io ho smontato rifondazione per anda'
con il pd!!! Ecchecavolo, tutto sto lavoro di demolizione, siete minoritari, io
vado al ballottaggio... (ed ha demolito pure SEL)
il pdci ha smontato la FDS dichiarando "o pd o
mores!!!"
Il pd al pdci gli ha risposto si si mo' vediamo spetta
eh... se proprio ce servite ve chiamiamo e ve diamo tre posticini (tanto che
dopo i nomi designati, nel pdci so' partite le lotte da chi non aveva quel nome
lì)
Rifondazione nel frattempo con alba (e ora sinistra
critica ed altri compagni che hanno capito l'importanza di tenere la barra
contro questa destra piddina e montiana) fa nascere cambiare si può, anti pd e
anti monti e tutto il resto appresso. Arancietto di forma, rosso in
sostanza visto che i numeri so' rossi e si decide a maggioranza. (almeno pe'
mo)
il pdci allora con de magistris ha candidato ingroia per il
matrimonio con il pd e per boicottare la nascita di un polo anti monti e anti pd
con il "movimento arancione io ci sto" -CHE E' N'ANTRA COSA-
tanto da presentarlo il giorno prima della seconda assemblea di "cambiare
si può" (e nella prima LUI c'era...è poi che ha tentato lo sgambetto)
il programma tirato giù da ingroietto era più di destra di
quello del pd.
PROBLEMA GROSSO di qualcuno...
il pd a questi qua, gli ha risposto e continua a
rispondere 'nt'o culo!
compreso il 22 stesso durante l'assemblea. (ovazione della
sala, perchè è vero che alba è quel che è, ma è pure vero che il centrosinistra
nun lo vole vede' manco disegnato)
de
magistris allora è tornato a cambiare si può per dare garanzie che non si va con il
centrosinistra e che il confronto è tanto per, e quindi di andare tutti insieme
Cambiare
si può gli ha risposto: "bellobell' acca' nisciun'è fesso, te voi fa' l'indiano co' gli indiani
ma ce caschi male...PRIMO ci metti il fiscal compact nel programma (e il pd ti
schifa ancora di più), secondo ci metti la scuola come si deve e non
meritocratica come da gelminiana memoria taccivostra e di chi ve suggerisce ste
minchiate de destra, terzo ci piazzi pure il no tav e tutto il rest'appresso e
prima mandiamo gli emissari a fare il confronto ma ricordati che alla fine
decidono le assemblee ( rifondarole, sinistre critiche e compagne per la
maggioranza) tradotto: HIC RODE HIC SALTA
QUINDI CAMBIARE SI PUO' PRATICAMENTE ACCETTA UN CONFRONTO
PROGRAMMATICO CON IO CI STO (IDV,VERDI E INGROIA) FISSANDO PALETTI
(mentre altri stanno con il cappello in mano davanti al portone del Pd. Peccato
che D'Alema sta in montagna, cerca casini e di questi altri se ne fotte ed ora
dovranno giustificare l'ennesima inversione ad U in due settimane) Questo
è quanto ho dipanato io fino a mo'...
Per fare chiarezza
Luciano Graneri
Il mio articolo VENGO O NON VENGO ALLA FESTA DEL PD? VENGO, ha suscitato dure reprimenda nei miei confronti da compagni e
amici che hanno rilevato inesattezze su quanto ho scritto. In particolare in
merito alla netta distinzione fra i movimenti “Cambiare si può” e “Io ci sto”.
Fra le varie accuse che mi sono state rivolte, quella di aver volutamente
scritto un articolo per disinformare. Non è affatto così. E per dimostrarlo in
questo post riporto fedelmente come si sta evolvendo il progetto politico di “Cambiare
si può” e “Io ci sto”. Il 6 novembre scorso, un gruppo di persone pubblicano UN'APPELLO “Cambiare si può”. Fra queste persone figurano intellettuali, giornalisti,
cattedratici, sindacalisti. Il testo si propone di costruire un polo
alternativo agli schieramenti attuali che abbia uno sbocco elettorale. Un polo
che si oppone decisamente all’ultraliberismo montiano e alle formazioni
politiche, Pd in testa, che hanno supportato il governo dei tecnici. L’appello
è rivolto a quelle singole persone e movimenti che si sono battuti per i
referendum sui beni comuni e che si battono contro la logica delle grandi
opere, per la salvaguardia del territorio, per una rinegoziazione dei trattati
europei, che si concretizzi in particolare con l’abolizione del fiscal compact.
All’appello pubblicato in rete segue, il primo dicembre, la
prima assemblea pubblica in cui gli aderenti si riuniscono per dibattere e
decidere come proseguire nella costruzione del movimento. All’incontro del
primo dicembre si sono susseguiti numerose assemblee locali in cui sono sorti i comitati territoriali. All’appello “Cambiare
si può” ha risposto Rifondazione Comunista, i movimenti per l’acqua pubblica e
la difesa dei beni comuni, Sinistra Critica. Dopo questa fase costitutiva
territoriale l’appuntamento è per il 22 dicembre. In questa assemblea si conclude la votazione su due MOZIONI PROGRAMMATICHE sottoposte al giudizio degli aderenti all’appello anche
attraverso la rete. Oltre a “Cambiare si
può” diventa attivo un altro movimento promosso dal sindaco di Napoli De Magistris che vede come propria bandiera
Il magistrato Antonino Ingroia. Il movimento, nell’assemblea organizzata il 12
dicembre, presenta un programma di opposizione contro la logica delle grandi opere e punta
molto sulla lotta all’illegalità e alla mafia. E’ contro l’agenda Monti, ma è
aperto al dialogo con tutte le forze, Pd e Movimento 5 Stelle compreso. Il
programma di “Io ci sto” redatto il 21 dicembre si articola in un manifesto in DIECI PUNTI.. Nelle sue fila si iscrivono, Di Pietro e Il Pdci
di Diliberto, disposti a fare quel passo indietro chiesto da Ingroia rinunciando
al simbolo di partito. I due movimenti, sollecitati anche da un DOCUMENTO sottoscritto da alcuni noti personaggi dello
spettacolo e del giornalismo, fra cui
Fiorella Mannoia e Olviero Beha, a formare una lista unica,
decidono di dialogare e organizzare un percorso di collaborazione. Tanto che entrambe le MOZIONI votate dai
militanti di “Cambiare si può” prevedono la coalizione con il movimento guidato
da Ingroia. Questo è quanto. Cliccando sui link presenti nel post si può
accedere ai documenti in modo che ognuno possa farsi una propria opinione.
Spero di aver fatto ammenda all’accusa di essere stato autore di un’opera di
disinformazione. La mia personale opinione sulla questione e sugli sbocchi futuri che questa potrà avere è espressa nel post “Vengo o non vengo alla festa del Pd? Vengo” e nel commento,
che pubblico di seguito, scritto in risposta alle osservazioni di Laura. Buona
Lettura
________________________________
Mi scuso con tutti i compagni per le inesattezze. E’ vero, i dieci punti da me citati nel post sono stati proposti da Ingroia, il movimento Arancione è altra cosa da”Cambiare si può”. E’vero altresì che la discussione in “Cambiare si può” è stata aperta e svoltasi attraverso assemblee e proposte in rete. E’ vero che si è arrivati alla votazione di due mozioni in un assemblea tenutasi il 22 dicembre. TUTTO GIUSTO. Ma santo iddio, nella prima mozione approvata a maggioranza ( e non all’unanimità) non c’è forse scritto che “L’Assemblea di “Cambiare si può”, riunita a Roma il 22 dicembre 2012, ribadisce la necessità – e riconosce ora la possibilità – di “una proposta elettorale autonoma e nuova, anche nel metodo, capace di parlare a un’ampia parte del Paese” così come si prefigura nella convergenza con il “Movimento arancione”, con le espressioni della società civile e con quelle forze politiche che si riconoscono nelle modalità proposte da Antonio Ingroia”?. E la seconda mozione al punto due recita che “ a seguito della proposta di percorso politico elaborata da Antonio Ingroia vi è necessità di decidere delle regole per la presentazione di una lista unitaria in forma condivisa e coinvolgendo tutti i soggetti che sono protagonisti del percorso”. Cambiare si può sarò altro dalla lista Arancione, (quella capitanata da Ingroia che non chiude ad una possibile alleanza con il Pd e quella in cui Diliberto e Di Pietro vogliono aderire), ma ne condivide il percorso programmatico e organizzativo. Ora se vogliamo prenderci per il culo facciamolo pure. La forma del post sarà inesatta ma la sostanza non cambia di una virgola. Diliberto non sta dentro Cambiare si può, ma sta con gli arancioni che assieme a “Cambiare si può” stanno organizzando il quarto polo. Certo che se già fra i movimenti che compongono il quarto polo c’è gente che si schifa reciprocamente il successo sarà assicurato.
Luciano Granieri
mercoledì 26 dicembre 2012
Vengo o non vengo alla festa del Pd ? Vengo
Luciano Granieri
Dopo molte titubanze tattiche finalmente il Presidente del Consiglio uscente Ha sciolto la riserva:
Sale in politica . Notare come ci sia chi scende (Berlusconi scende in campo) e chi sale (Monti sale in politica). Gran parte della stampa e dei media che si
occupano di politica restano
perplessi su questa scelta e affermano
che il quadro prima delle elezioni si complica. A me sembra invece che la
situazione sia più che evidente. Mario Monti, non potendo candidarsi al
Parlamento perché già Senatore a vita, offre il suo software ultraliberista a tutte
quelle forze che sono disposte a sostenerlo nella corsa a prossimo Presidente del consiglio.
Assicurare una continuità legittimata dal voto popolare, questa è l’intenzione. Il premier uscente,
candidato a rientrare, ha già in mente anche lo scenario delle alleanze post elettorali. Se si mettono
insieme alcune dichiarazioni del presidente bocconiano il quadro è chiaro.
Monti ha sostenuto che: Berlusconi è inaffidabile, Bersani è stato leale nel
supportare l’esecutivo tecnico ed è un leader responsabile, Vendola è un
conservatore, attaccato alla vecchia
politica. Tradotto. Dopo le elezioni, sicura l’alleanza fra i centristi - riuniti dietro il software montiano - con il
Pd, il quale, in nome della governabilità,
che tanto auspicano i mercati, butterà a mare Vendola e i suoi.
Al massimo verrà concesso al dirigente di Sel una poltrona da Presidente della
Camera o del Senato dietro la quale dovrà stare buono e zitto. E’ già successo con
Bertinotti. Uno scenario più che
lampante dunque in cui Berlusconi, per quanto urli e strepiti dalle Tv
controllate o occupate, non potendo più organizzare l’ennesimo referendum “CON ME
O CONTRO DI ME” a causa del terzo
incomodo Monti, non ha molte chance. L’unica incognita è quanti consensi la stupidate
assolutistiche di Grillo abbiano eroso nelle
preferenze del Movimento 5 Stelle. Infatti ancora oggi questo è il secondo
partito dopo il super favorito Pd, che le elezioni può solo perderle. Rimane il
movimento arancione. Il carrozzone guidato da De Magistris e Ingroia, ha
imbarcato il variegato mondo ostile all’agenda Monti. Quel mondo popolato dalle
macerie dell’Idv, dai partiti della sinistra extra parlamentare, che
tentano di usare questa aggregazione per
rientrare in Parlamento. Sono disposti a tutto anche a sacrificare il simbolo
della falce e martello, così come chiesto da Ingroia. Un orrendo baratto fra un
possibile, ma poco probabile, scranno, con
95 anni di storia. Nel calderone
finisce sia Il Casini dei poveri (Oliviero
Diliberto), capo dell’Udc dei poveri (
Il Pdci), già firmatario del manifesto “Italia
bene Comune” per le primarie del Pd, sia Rifondazione Comunista contraria alle
politiche liberiste di Monti ma, sotto
sotto, disponibile, se necessario, a
seguire gli ex compagni sfederati e gli
autorevoli magistrati ed ex magistrati nella responsabile alleanza con i
democratici. Non è un caso che i dieci punti del programma di “Cambiare si può” restano molto sul generico, ricalcano per sommi capi alcuni articoli della costituzione
che già lo Stato dovrebbe rispettare , evitano di affrontare quegli argomenti, come la
limitazione dello strapotere della finanza, o la nazionalizzazione delle
fabbriche che licenziano per delocalizzare , indigesti al Pd. Il punto sei in cui si vuole liberare l’impresa
dai lacci e lacciuoli della “finanza e dalle tasse” è sintomatico di come si tenda
a sostenere tutto e il contrario di tutto, perché quei lacci e lacciuoli che si
vorrebbero eliminare non sono altro che gli strumenti per assicurare la piena
applicazione del punto uno del programma
arancione, cioè la parte in cui si vuole
che “la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del
paese”. Fra le incertezze del “Casini
dei poveri” Diliberto, che prima va alla festa del Pd, ma poi partecipa anche
alla festa di “Cambiare si può” , fra Rifondazione
Comunista che rinuncia alla falce e martello per assicurarsi qualche
strapuntino in parlamento attraverso la probabile alleanza post elettorale con
il Pd, fra la dissoluzione di Sel triturata nelle trattative impostate sull’asse
Pd - Monti - centristi, un cosa è più certa delle altre. E
cioè il dissolvimento assoluto di quella forza che dopo il G8 di Genova si era
imposta nel quadro anticapitalista italiano ed estero. Tutto dilapidato in
dodici anni di scelleratezze. COMPLIMENTI
martedì 25 dicembre 2012
Noi che vorremmo lavorare per vivere con dignità
Marisa Cianfrano
Tutto tace
.... Il voto ce lo venite a chiede o ve lo dobbiamo veni a preferì noi? .”Senta
,scusi, perdoni se disturbo, ho bisogno di lavorare se no come faccio a campà? A pagare le bollette, il canone tv, l’ Imu. Ho una piccola casetta lasciata da mio padre
che per costruirla ha lavorato come una bestia. Se non lavoro non posso pagare
e dopo che succede arriva Equitalia o devo chiede un prestito agli i strozzini
o alla banca? Tanto tra i due non cambia
nulla. Poi ho dei figli che vanno a scuola e non ho più neanche il coraggio di
guardarli in faccia ,forse per loro sono un fallito non sanno che ho creduto in
un sistema di ladri . Poi ho qualche problema di salute ,il mio medico mi
raccomanda di stare sereno. Na’ parola!!!
Mica mi chiamo Fiorito. Io sono un
semplice lavoratore che vive con poco ma con dignità non sono un politico ,ecco
scusi se disturbo ma ho bisogno di lavorare ..........A QUESTO PUNTO DELLA
STORIA VI DICIAMO CARI SIGNORI NOI NON CI STIAMO A CERTI GIOCHI LOSCHI MESCHINI
DI PROPRI INTERESSI .NOI LAVORATORI NON CHIEDIAMO L 'ELEMOSINA NOI PROTESTIAMO
CONTRO UN SISTEMA CAPITALISTA CONTRO UNA POLITICA CHE AFFAMA IL PROPRIO POPOLO
NOI RIVENDICHIAMO I NOSTRI DIRITTI CON ONESTA E DIGNITA'
Cassino. Durante lascia il Prc e aderisce ai CARC
Fonte: quotidiano "L'inchiesta" di venerdì 21 dicembre
Il consigliere comunale Vincenzo Durante lascia Rifondazione
Comunista e aderisce ai CARC, l’annuncio
ufficiale dell’adesione al partito dei comitati di appoggio alla resistenza per
il comunismo è arrivato nel corso di una conferenza stampa che si è svolta ieri mattina (20 dicembre ndr) nella sala giunta
del comune di Cassino, alla presenza di Andrea De Marchis, segretario del
partito dei CARC della federazione Lazio Umbria.
Consigliere Durante, da cosa è scaturita la decisione di
fuoriuscire da Rifondazione Comunista e confluire nei CARC?
La mia scelta è dipesa da alcuni nodi politici rimasti
irrisolti e dall’ultima fase in cui si è costituito il cartello elettorale
“Cambiare si può”, il cui punto fondamentale per potervi confluire è lo scioglimento
del partito che significa rinnegare la propria bandiera azzerando di fatto 150
anni di storia a fronte di un progetto politico
inesistente e di un programma
elettorale in alto mare. Ritengo che queste siano state decisioni non dibattute
all’interno dei rispettivi circoli di zona ed assunte semplicemente dai vertici
nazionali , regionali e provinciali senza procedere ad una doverosa
consultazione della base sul territorio.
L’altro ieri ha avuto un colloquio privato con il sindaco di
Cassino. Quanto è concreta e fattibile l’ipotesi di un suo rientro in
maggioranza?.
Ad oggi questa possibilità di rientrare in maggioranza è ben
lontana. Il colloquio è durato oltre due ore nelle quali ho rilevato una serie
di criticità politiche e programmatiche dell’amministrazione cittadina che, nel
caso in cui venissero affrontate con
serietà e determinazione potrebbero gettare le basi per un ripensamento
rispetto allo stare all’opposizione.
A cosa si riferisce nel concreto?
Anzitutto riportare l’azione politica e amministrativa
nell’alveo del programma di “Bene
Comune”, completamente disatteso dal primo cittadino in questo scorcio di
legislatura, oltre che all’attuazione di
una serie di posizioni politiche come la costituzione della commissione
d’inchiesta sui debiti comunali, la
risoluzione politica rispetto alle eccedenze idriche (ho chiesto una moratoria a riguardo ed in
alternativa una “una tantum” ) , la revisione delle tariffe dell’asilo nido
comunale, una forte e precisa presa di posizione politica da parte
dell’amministrazione rispetto all’increscioso episodio di vendita delle case ATER che a breve metteranno in strada 100 persone, l’azzeramento della
giunta tecnica, la ricomposizione di un nuovo esecutivo di chiara
matrice ed indirizzo politico, il trasporto pubblico gratuito per gli over 65,
il ritiro dell’adesione del comune ad Equitalia
dal primo gennaio 2013 e l’entrata nella costituita società di
riferimento Anci per la riscossione dei tributi, l’istituzione di un ufficio
dell’housing sociale, come pire la revisione del regolamento del servizio
dell’acquedotto comunale, tra l’altro in vigore dal 1995, il bilancio
partecipativo e l’internalizzazione di tutti i servizi attraverso la
costituzione di operative sociali. Questi sono stati i passaggi salienti delle
rivendicazioni presentate dal sottoscritto nel colloquio intercorso con il
sindaco anche se si è parlato di molto altro.
Il tutto comunque è comunque avvenuto
in presenza di Giovanni Di Murro, del consigliere Emiliano Venturi e di
Mario Melaragni in rappresentanza della nuova
sezione cittadina dei CARC. Colgo
l’occasione per ringraziare il capogruppo di Sel Gino Ranaldi, che nelle
settimane passate ha agevolato questo
incontro con il sindaco facendosi promotore del mio rientro in maggioranza
. Lo ringrazio per l’onestà intellettuale dimostrata e se ciò dovesse
concretizzarsi parte del merito sarà anche suo.
Quali risposte da parte del sindaco?
C’è stata una piena condivisione delle criticità presentate,
benché non abbia assunto una posizione netta ma abbia dimostrato disponibilità
a proseguire il dialogo nella speranza di risanare la frattura che si è creata.
Ad ogni buon conto intendo sottolineare che il partito dei CARC, in questa fase
rimarrà saldamente all’opposizione. Lo dimostra il fatto che nei prossimi giorni depositeremo un’interrogazione indirizzata
sia all’assessore che all’assessore Costa per il mancato invio dei
progetti sull’housing sociale alla Regione Lazio inerenti la richiesta di
finanziamenti finalizzati alla costruzione di alloggi a prezzi calmierati,
iniziativa che invece ha portato a termine il comune di Alatri predisponendo progetti per oltre 2,5 milioni
di euro che riguardano la
ristrutturazione di sette edifici e la costruzione di 35 nuovi alloggi
popolari. Noi continueremo comunque ad esercitare pressione sull’amministrazione affinchè vengano
recepiti i nostri punti politici, sia
che si rientri in maggioranza che nel
caso in cui resteremo all’opposizione fino alla fine della legislatura. In
conclusione uno dei punti dirimenti per una nostra scelta, sarà quell’avvio della commissione d’inchiesta per far luce sulle responsabilità politiche delle
passate amministrazioni di centro destra che hanno prodotto una voragine sena
precedenti totalmente scaricata sui
nostri cittadini. L’attivazione di una commissione d’inchiesta e la determinazione a sottrarsi a pagare il
debito frutto di ruberie, clientelismo, collusioni , corruzioni e speculazioni,
riteniamo rappresenti la base dalla quale partire per segnare l’inizio della
discontinuità amministrativa promessa in campagna elettorale e dar vita ad una
nuova stagione per la nostra città.
Palazzo dei diritti, delle libertà e delle culture al posto della sede di CasaPound
Comitato "Roma dica NO ai raduni fascisti"
In Via
Napoleone III 6, a Roma c’è un intero palazzo, di proprietà del comune di Roma,
occupato da anni da “CasaPound”. CasaPound Italia è un’associazione definita
dagli organi di stampa come di “estrema destra”e “neofascista”
A sindaco di Roma Capitale, Capi gruppo e
Giunta
Al posto di CasaPound noi vorremmo che sorgesse un luogo dove i giovani possano
conoscere, vivere e condividere diritti, differenti culture e una pluralità positiva
di visioni della vita e del mondo.
In luogo di un ritrovo illecitamente occupato,
vorremmo che sorgesse il “Palazzo dei diritti, delle libertà e delle culture”.
Un punto di riferimento e di incontro per i giovani. Aperto, libero e solidale.
Siamo i promotori del comitato “Roma dice no ai raduni
fascisti” . Siamo cinque ragazzi, di diversa estrazione politica e religiosa ma
con un cuore che batte per pace, libertà, diritti e dialogo. Per noi l’antifascismo
non è solo una parola. L’antifascismo è un valore costituzionale e culturale da
tenere sempre vivo. Un retaggio culturale che implica oneri e che comporta una
più alta identità nazionale. Abbiamo deciso di metterci la faccia e non abbiamo
paura. Noi crediamo di vivere in uno Stato che difende i cittadini che
onestamente si oppongono con solo le armi del diritto, del buon senso, della
passione per la libertà, ala violenza, all’odio, alle barbarie. Siamo quelli
che non amano chi fomenta odio e violenza.
Siamo quelli che conducono una battaglia democratica,
e non violenta, contro ogni fascismo, vecchio e nuovo.
Adesso abbiamo deciso di iniziare a dire SI al dialogo,
SI alla tolleranza, SI ai diritti, si alla pace, si alla libertà
Ma i nostri SI non vogliono essere semplici, ma
giuste, affermazioni di concetti, ma trasformarsi in proposte concrete e condivise.
Per questo abbiamo lanciato questa petizione, per realizzare a Roma, nella sede
oggi illecitamente occupata da CasaPound Italia e che il sindaco Alemanno
vorrebbe loro regalare, “il Palazzo dei diritti, delle culture, e delle libertà”.
Un luogo unico in Italia dove si possa lavorare insieme ad un Paese più
giusto, libero e solidale. Dove armonia,
pace, armonia, dialogo, cultura ed
integrazione siano gli unici “leit motiv”.
Firmala anche tu, aiutaci a realizzare questo sogno, non per noi, ma per
Roma e per l’Italia.
A Roma abbiamo bisogno di un luogo per l’incontro ed il dialogo e ci
aspettiamo che le istituzioni supportino la nostra richiesta.
E’ una battaglia di civiltà e democrazia.
domenica 23 dicembre 2012
Auguri
Luciano Granieri
Perché a Natale dovremmo essere tutti più
buoni? Chi l’ha inventata questa balla? A me personalmente chi sta
antipatico nel corso dell’anno sta antipatico pure a Natale. Se ci pensate
bene dire che nella ricorrenza della nascita del Bambinello si dovrebbe essere
più buoni, significa ammettere velatamente che nel corso dell’anno si è stati
stronzi. Ampia dimostrazione della falsità del buonismo
natalizio l’ha data il governo dei banchieri con l’ultimo atto del proprio
mandato. La legge di stabilità, approvata giusto a Natele votata dai comitati elettorali di centro sinistra e in
parte di centro destra, è un esempio di stronzaggine unica.
Non
è da stronzi destinare tremiliardi e novecento mila euro al salvataggio del Monte
dei Paschi di Siena, banca coprotagonista
con gli altri organismi finanziari dei perversi marchingegni contabili che ci stanno portando al disastro, e nel contempo devastare l’istruzione e la
ricerca pubbliche? Non è da stronzi
destinare duemilioni e centomila euro ad un opera faraonica come il Tav, Torino
Lione, i cui lavori di smembramento della Val di Susa non si sa quando avranno
fine, al solo scopo di foraggiare speculatori edili, spesso di
provenienza mafiosi, e nel contempo tagliare i fondi agli enti locali per il trasporto pubblico e far
viaggiare in carri bestiame i pendolari? Non è da stronzi spendere 13 miliardi di euro
per l’acquisto di aerei da guerra e contestualmente mandare in giro il
tagliatore di teste Bondi a fare strage di ospedali pubblici tagliando posti
letto a destra e a manca? Non è stronzo
Silvio Berlusconi che torna per l’ennesima
volta ad ammorbarci con la sue cazzate giornaliere rese ancora più indigeste
dalla consapevolezza di stare con le spalle al muro? Non sono stronzi i Riva che anziché pagare i
danni e il risanamento della zona da loro soffocata con i veleni dell’Ilva, continuano, aiutati dal
governo, a ricattare maestranze e popolazione di Taranto con lo spettro dei
licenziamenti? Non è forse stronzo
Sergio Marchionne che sta stravolgendo l’impianto delle tutele sul lavoro, mettendo in atto la minaccia che in mancanza di
una legge che stabilisca l’assoluto potere dell’imprenditore sul lavoratore e la
sparizione dei sindacati nemici,
chiuderà interi stabilimenti per trasferirli in posti dove operai
sfruttati e sotto pagati contribuiscono
ad abbattere il costo e i diritti del
lavoro? Non mi pare che in occasione
del Natale, per essere più buono, Marchionne abbia deciso di riassumere tutti
gli operai di Pomigliano così come promesso nel piano Fiat Fabbrica Italia. Non sono forse stronzi quegli
imprenditori che prima fagocitano soldi pubblici per aprire stabilimenti e poi,
una volta banchettato lasciando devastazione ambientale e disoccupazione, vanno
a far danno da altre parti? Non sono
forse stronzi quei sindaci e quegli amministratori locali che privatizzano la
gestione dei servizi fondamentali, come la cura delle città e la gestione del
servizio idrico, favorendo i propri comitati elettorali, e lasciano sul
lastrico quei dipendenti pubblici che lavoravano nelle municipalizzate date in gestione ai privati? Non sono stronzi gli speculatori finanziari, i dirigenti delle
Banche d’affari, gli squali degli hedge fund, i dittatori del capitalismo finanziario
che minuto dopo minuto si arricchiscono alla spalle di cittadini e lavoratori? Fra
tutte le categorie fino ad ora citate non ce ne sarà una che a Natale sarà
più buona. E allora perché anche noi dovremmo essere più buoni. Non è forse ora di smetterla di essere buoni? Ecco, il mio augurio per le prossime feste è di diventare anche
NOI STRONZI COME E PIU’ DI LORO . Forse in questo modo verrà il tempo dove
i buoni costruiranno una società più
giusta.
Auguri dal sottoscritto e dal Collettivo Ciociaro Anticapitalista