sabato 28 gennaio 2012

La Repubblica fondata sul profitto

Alessandra Algostino : fonte www.costituzionalismo.it


Nell’era in cui gli uomini della Goldman Sachs e affini sono al vertice di governi e istituzioni, il conflitto è sedato, la giustizia sociale sostituita dal mantra della competitività, la concertazione collettiva svilita. Come e perché l’Italia è diventata una Repubblica fondata sul profitto

«Ogniqualvolta un notabile di Coketown si sentiva maltrattato – vale a dire, ogni volta che non gli si permetteva di fare il comodo suo e si avanzava l’ipotesi che potesse essere responsabile delle conseguenze dei suoi atti – si poteva star certi che costui se ne sarebbe uscito con la terribile minaccia che, piuttosto, avrebbe “gettato tutti i suoi beni nell’Atlantico”»
C. Dickens, Hard Times. For These Times, 1854
Il conflitto capitale-lavoro e la scelta della Costituzione
La storia della destrutturazione dei rapporti di lavoro è ormai lunga, dalle prime leggi sulla flessibilità al c.d. collegato lavoro, dalle concertazioni sul welfare agli “accordi” di Pomigliano e Mirafiori. Il lavoro, che la Costituzione disegna come strumento di dignità della persona e mezzo di emancipazione sociale, come fondamento della «Repubblica democratica» e trait d’union fra democrazia politica e democrazia economica, è sempre più solo merce. Il diritto dei lavoratori, che evoca diritti e garanzie, che ha come soggetto non la vendita di mano d’opera quanto la vita delle persone, è mistificato nella retorica dei lavori, della competitività, della “libertà” contrattuale del singolo lavoratore. La precarietà si ammanta e diviene flessibilità, quando non vuole essere ancor più affascinante e si fa flexicurity. La piena occupazione è sostituita dalla «propensione ad assumere» che, nel quadro dell’«efficientamento del mercato del lavoro», passa «attraverso una nuova [de-]regolazione dei licenziamenti» (così nella Lettera inviata dal governo italiano all’Unione europea, 26 ottobre 2011). Datori di lavoro e sindacati (nelle loro sigle maggiormente rappresentative a livello nazionale) concordano nel centrare le relazioni industriali sul profitto delle imprese (la loro competitività e produttività), nella prospettiva ordoliberale che da ciò possano discendere benefici per l’occupazione e le retribuzioni (per tutti, da ultimo, l’Accordo siglato il 28 giugno 2011 tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil).
Si è imposto, e si è optato, con il consenso o la tacita connivenza dei gruppi dirigenti delle principali forze politiche, per un modello che traduce nelle relazioni industriali il libero mercato. Dopo lo svuotamento del significato dell’art. 41 Cost., ormai così reinterpretato a tutela della libera concorrenza da non aver più nemmeno bisogno di essere modificato, si rovescia la Repubblica fondata sul lavoro (art. 1 Cost.) nella Repubblica fondata sul profitto.
Occorre recuperare la prospettiva della Costituzione fondata sul lavoro, anche contro i rapporti di forza e il vuoto di idee e di alternative che oggi dominano, sia nel contesto economico-sociale sia nel mondo politico sia nel pensiero. Non si tratta della nostalgia per un tempo che fu, ma di muovere dalla consapevolezza che la volontà di accantonare la Costituzione, una Costituzione mai attuata, se non in minima parte, nel decennio di “disgelo” degli anni Settanta, non esprime altro che la volontà di riscrivere i termini del conflitto sociale. Certo, i rapporti fra le parti sono mutati, ma proprio per questo oggi è più che mai necessario ricordare l’esistenza del conflitto, contro la retorica mistificatoria della concertazione, dellagovernance, o dei governi tecnici.
Il conflitto è negato, assorbito, sedato, ridotto al silenzio: sindacati e “padroni” «assumono la prevenzione del conflitto come un reciproco impegno su cui il sistema partecipativo si fonda» (sic l’Accordo di Mirafiori del 23 dicembre 2010). È un conflitto che contrappone lavoratori sempre più frammentati e deboli ad un potere sempre più pervasivo ed arrogante, un biopotere legibus solutus. La Costituzione testimonia l’esistenza del conflitto, lo assume come un dato, giuridicamente non irrilevante, e disegna un progetto nel segno della limitazione del potere, politico ed economico. Nel conflitto capitale-lavoro la Costituzione prevede esplicite garanzie a tutela del lavoratore e si esprime per un progetto di riduzione delle disuguaglianze e di emancipazione sociale che “favorisce” il soggetto svantaggiato, non rimettendo interamente la risoluzione del conflitto ai rapporti di forza tra le parti.
Il mantra della competitività e i sindacati aziendali
Oggi la giustizia sociale scompare, sostituita dal mantra della competitività. Nel nome del dio competitività si recepiscono le indicazioni della lettera della Banca Centrale Europea al Governo italiano del 5 agosto 2011 e si avvia la sostituzione della contrattazione collettiva nazionale con la contrattazione aziendale. L’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 (non sottoscritto dalla Cgil) aveva del resto già introdotto la derogabilità del contratto nazionale e la preferenza per il secondo livello di contrattazione, e il governo Monti, in perfetta continuità, si propone di «perseguire lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro» (Dichiarazioni programmatiche del Governo, 17 novembre 2011). Tutto ciò è coerente con un vero e proprio stravolgimento di senso della contrattazione collettiva, finalizzata non alla tutela dei lavoratori ma alla predisposizione della merce-lavoro necessaria alla produzione.
Attraverso il contratto collettivo i lavoratori oppongono la forza del numero al possesso dei mezzi di produzione. Oggi la ratio riequilibratrice della contrattazione collettiva scompare dietro la finzione di contraenti in condizioni di parità e accomunati dal medesimo obiettivo. Il contratto collettivo diviene uno strumento, si potrebbe dire, ex parte “padrone”. Libertà contrattuale e lavoro autonomo occultano condizioni sempre più servili del lavoro dipendente; dietro la libertà della partita Iva si nasconde un’alienazione totalizzate del lavoratore. Del resto, quale libertà contrattuale può esserci in presenza di una differenza sostanziale nel potere contrattuale? Mirafiori e Pomigliano docent.
Resta il diritto di sciopero, o meglio, restava: perché con le «clausole di tregua sindacale» è inibito il suo profilo collettivo, il suo utilizzo come strumento di coazione per bilanciare il minor potere contrattuale dei sindacati. Il diritto di sciopero diviene un diritto disponibile, rimesso alla contrattazione fra le parti, in coerenza con il disegno che lo vuole alla pari del diritto di serrata (come nell’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), nella prospettiva di una libertà cieca alle disuguaglianze. È la logica della “libera” competitività, in nome della quale fra l’altro i lavoratori devono competere fra loro per «cercare lavoro», in un orizzonte dove il diritto al lavoro è sostituito dal «diritto di lavorare» e dalla «libertà di cercare un lavoro» (art. 15 Carta dei diritti fondamentali): un mero diritto di libertà negativa, una possibilità dell’individuo, senza alcun obbligo o vincolo per le istituzioni.
Senz’armatura e senz’arma, dunque, il lavoratore, ma la storia è magistra vitae: i lavoratori unendosi hanno costruito armature ed armi. Coerentemente, allora, la destrutturazione e l’indebolimento si rivolgono anche alle associazioni sindacali. Attraverso la concertazione si persegue l’obiettivo di smussare le rivendicazioni sussumendo i sindacati nel governo delle relazioni industriali, frammentandone se del caso l’unione ed escludendo i sindacati più riottosi ad accettare il ruolo di negazione/assorbimento del conflitto. Ad essere colpiti sono sia l’autonomia sia il pluralismo sindacale, costituzionalmente garantiti e promossi dall’art. 39 Cost.
Si attaccano autonomia ed indipendenza del sindacato e si favoriscono i sindacati aziendalizzati, nel duplice senso di frammentati a livello di azienda e di complici dell’azienda. Emblematici gli accordi separati della Fiat, che mirano all’esclusione della Fiom, sindacato “scomodo” (esclusione considerata antisindacale dal Tribunale di Torino in relazione al sito di Pomigliano). Non solo, si riducono gli spazi di democrazia sindacale, nel senso di partecipazione diretta dei lavoratori alla gestione delle relazioni industriali.
Diritti flessibili e derogabilità della legge
Se il quadro di riferimento è questo, non dovrebbe stupire la spudoratezza del passaggio successivo: la «politica di sviluppo adeguata alle differenti necessità produttive» è «da conciliare con il rispetto dei diritti e delle esigenze delle persone» (Accordo del 28/06/2011). I diritti, inviolabili, indisponibili, inalienabili, sono degradati al rango di benefici – di ottocentesca memoria – da modulare, in spregio all’inviolabilità e all’eguaglianza. Diritti flessibili? È la prospettiva del governo Monti, che constata l’esistenza di un mercato del lavoro duale, dove alcuni sono totalmente privi di tutele e altri sono «fin troppo tutelati». Come dire, la risposta alla precarietà è diminuire le garanzie legate alla stabilità, nella prospettiva per cui non è un diritto ma un (indebito) privilegio.
Il quadro è completato con la riduzione dello spazio della legge a favore della contrattazione collettiva. Il ritrarsi della legge apre le porte ad una diminuzione delle garanzie e in periodi, come l’attuale, di debolezza delle forze del lavoro non può che veicolare un peggioramento delle condizioni di lavoro (i c.d. give-back agreements). Tutto ciò senza dimenticare che in presenza di un sistema elettorale con effetti maggioritari come il Porcellum e di un sistema partitico bipolare, tendenzialmente centripeto, sono già ridotte le possibilità delle classi più deboli di veder rappresentati i propri interessi in Parlamento. Non solo: la legge diviene derogabile dalle parti (art. 8, legge n. 148 del 2011, c.d. manovra finanziaria-bis). Norme flessibili? Regole sfuggenti e informali funzionali ad un sistema economico che plasma diritto e politica? Svanisce il diritto che conforma il fatto e ragiona di interessi generali, sostituito da un diritto prostrato agli interessi privati di una (sempre più) ristretta oligarchia economica. Ildiritto diviene fluido, pronto a liquefarsi quando lo richiedono gli interessi del mercato. Si ragiona di medievalizzazione e privatizzazione del diritto, in coerenza con un mondo del lavoro neofeudale, dove ciascuna azienda costituisce un feudo a sé stante. L’impresa, con un sindacato locale, magari creato ad hoc, si dota di un proprio “non diritto del lavoro”, disponendo delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori. Un biopotere aziendale. Come in ogni feudo che si rispetti anche la giustizia è amministrata dal signore feudale e qui soccorre la legge n. 183 del 2010, il c.d. collegato lavoro, con l’“incentivazione” a ricorrere all’arbitrato e la facoltà di decidere secondo equità.
Il lavoratore, novello vassallo dell’era Marchionne
Diritti flessibili, norme fluide, corporativizzazione delle relazioni industriali, contratto collettivo parcellizzato, quando non individualizzato: verso rapporti di lavoro vassallatici? La liquidazione del lavoro come mezzo di emancipazione destruttura le fondamenta della democrazia e della Costituzione. Nulla di strano, anzi coerente con un’epoca in cui evapora la distinzione pubblico-privato (a vantaggio del secondo, ça va sans dire), l’economia domina la politica, e si ragiona, come detto, di medievalizzazione del diritto e di neofeudalizzazione delle relazioni industriali. In un mondo in cui tutto è sempre più privato, dall’acqua alla sicurezza, dalla giustizia alla moneta, il lavoro non può che (tornare ad) essere servile. La fictio di una artificiale parità fa da sfondo ad meccanismo conciliativo-concertativo dove la negazione del conflitto segna il dominio della parte più forte. Nell’era in cui gli uomini della Goldman Sachs e affini sono al vertice di governi e istituzioni definite tecniche e neutrali, i vari Marchionne spadroneggiano nelle loro terre. Per fortuna la storia non è finita, è in continuo movimento: schiavi e dannati della terra si sono sempre ribellati.

Contaminazione pozzi Colleferro: HCH, una storia infinita.

Rete per la tutela della Valle del Sacco (ReTuVaSa)


Siamo alle solite, ma questa volta riteniamo la situazione ancor più inaccettabile. Si è verificata, infatti, l’ennesima contaminazione di alcuni pozzi, ora chiusi, a servizio dei due acquedotti di Colleferro gestiti da GDF Suez Retegas e Consorzio Servizi Acqua Potabile (CSAP) .

Dalle analisi effettuate dalla Arpa Lazio nel mese di dicembre e pervenute alla Asl RMG  il 24 Gennaio si è riscontrata la presenza di isomeri dell’esaclorociclesano nell’acqua proveniente dal pozzo n. 6 a servizio idrico di Colleferro e dal pozzo “Stendaggi” a servizio del distretto industriale. Ulteriore contaminazione è stata rilevata con prelievo in una fontanella pubblica alimentata dal pozzo denominato “Sacco2” gestito da CSAP: si è riscontrata  la presenza di ferro e manganese quasi il doppio dei limiti di legge.  Per quanto riguarda l’esaclorocicloesano e l’ormai famoso isomero Beta, come la maggioranza delle popolazione di Colleferro  e della Valle del Sacco ricorderà, si tratta della sostanza oggetto di scandalo che dal 2005 si è scoperto essere presente nell’organismo di persone e animali. Ricordiamo che tale molecola è un derivato del lindano, conosciuto per le sue proprietà insetticide e altamente tossico per gli esseri viventi. Il nostro organismo accumula questa sostanza nelle parti grasse e nel sangue e non è in grado di degradarlo, se non con l’allattamento. Nel tempo questa sostanza si immagazzina nei tessuti adiposi e può provocare patologie.

Dalle analisi sopracitate è emerso che il quantitativo di esaclorocicloesano nell’acqua del pozzo n. 6 supera il limite consentito del 30 % (limite di legge: 0,10 µg/l, quantità rilevata 0,13 µg/l); per il pozzo “Stendaggi” il valore riscontrato è stato di 0,15 µg/l.
Questo dimostra, contrariamente a quanto ci è stato detto finora che l’acqua, nel caso specifico, non ha risposto ai parametri chimici consentiti dalla legge per l’utilizzo ad uso umano, secondo il Decreto Legislativo 31/2001, e chiediamo conferma se nei 40 giorni di tempo intercorsi tra il prelievo del campione e i risultati pervenuti, i cittadini ignari non abbiano assimilato, anche se in forma limitata nel tempo, sostanze che sono considerate tossiche.  Riteniamo lecito avere informazioni sulle responsabilità di chi ha permesso tali accadimenti.

Cosa rischiamo in futuro: vista la presenza di sostanze chimiche nella falda di emungimento delle acque, anche altri pozzi in seguito potranno risultare inquinati?
Cosa è successo all’intorno della zona pozzi vista anche la recente necessità di chiudere il pozzo n. 7 per inquinamento batteriologico?
Siamo certi siano state adottate tutte le misure precauzionali adatte nella concessione di nuove perforazioni del terreno, tenendo presente che siamo un Sito di Interesse Nazionale di bonifica?
Ci piacerebbe sapere se i soggetti preposti a rilasciare le autorizzazioni per i nuovi emungimenti di acque lavorino di concerto oppure no.
Le associazioni ambientaliste hanno da sempre sollevato questi problemi ma sono state tacciate di allarmismo.
La cosa più vergognosa è il fatto che la popolazione non sia stata affatto informata dei rischi che poteva correre utilizzando l’acqua fornita e ancora oggi non risultano comunicazioni ufficiali vista la delicatezza dell’area. 

A questo punto insistiamo a chiedere che le analisi chimiche delle acque vengano affrontate da un organo tecnico con protocolli adeguati, e che siano fornite alla popolazione acque di accertata salubrità cercando eventualmente altre fonti di approvvigionamento.
Chiediamo, inoltre, che sia ricercata in brevissimo tempo e senza alcun dubbio la dinamica con la quale l’esaclorocicloesano migra nelle falde idriche di approvvigionamento. Visto che questa sostanza è entrata da tempo nel circuito alimentare risulta indispensabile che sia elaborato un campione statisticamente rappresentativo della popolazione, che una volta per tutte accerti quanti dei nostri concittadini hanno accumulato nel loro organismo il contaminante, e che siano conseguentemente avviati tutti i protocolli sanitari di prevenzione mirata ad individuare diagnosi precoci. La nostra richiesta ci sembra l’unica eticamente corretta, solidale anche con i cittadini indifferenti a questi problemi e in special modo nei riguardi dei bambini e dei più giovani che non sono consapevoli del rischio che corrono e che sono le vere vittime di questi disastri perpetrati nel tempo.
Le nostre proposte restano ragionevoli a dispetto della rabbia per questo ennesimo esempio di leggerezza nell’amministrare il principale dei beni comuni: l’acqua.

venerdì 27 gennaio 2012

Arbeit Macht Frei

Luciano Granieri



“Il lavoro rende liberi” era il messaggio di benvenuto posto sopra i cancelli dei campi di concentramento nazisti. Un messaggio di valorizzazione del lavoro stridente con quello che si perpetrava all’interno di quei luoghi. Nei lager il lavoro era simbolo di prigionia, di barbarie, di privazione della dignità umana, di morte. Nella guerra devastante che il capitale ha mosso contro la classe lavoratrice  sin dalla fine degli anni ’70 ad oggi, e che sta raggiungendo il culmine nella crisi attuale, si stanno mettendo in atto le stesse modalità di privazione che si compivano in quei luoghi, con meno violenza  sicuramente, ma solo perché i processi di annientamento ora  sono più subdoli e diluiti nel tempo. E’ un fatto che oggi i luoghi di lavoro sono la rappresentazione di campi di concentramento e la precarietà lo sterminio delle menti prima che dei corpi e tutto ciò sicuramente non rende liberi.  I nuovi padroni del terzo millennio  non si identificano più nella classe   dentatrice dei    mezzi di produzione,  ma  sono gli stregoni   del grande capitale finanziario, che   realizzano profitti  reali con soldi virtuali, sono i  grandi speculatori, le multinazionali capaci di  produrre merci e servizi  attraverso uno sfruttamento che non ha precedenti neanche nelle società più schiaviste. Questi nuovi padroni    provocano , così come accadeva nei campi di concentramento,  barbarie, privazione della dignità umana, morte. Il capitalismo non fa prigionieri. Provoca stragi e devastazioni peggiori della bomba atomica. Il capitalismo riesce a rigenerarsi dalla propria crisi determinando  guerre fra poveri, disgregando quella classe che dovrebbe contrastarlo, polverizzando qualsiasi elemento di solidarietà all’interno della società civile. La guerra del capitalismo non fa prigionieri, si avvale di  ascari, poveracci che, allettati dalla  promessa di elargizione di  diritti  che diventano  regalie,  si scagliano contro altri poveracci. Il capitalismo non fa prigionieri, utilizza populismo  ignorante,   neo fascisti,  neo nazisti, la peggiore espressione del razzismo e dell’odio per il diverso come maglio  per sfaldare il blocco sociale degli oppressi.  La guerra del capitalismo non fa prigionieri ma utilizza  i sistemi repressivi degli stati per annientare i movimenti popolari che osano contrastare il  loro  piano di saccheggio delle risorse pubbliche e di sfruttamento dei territori. Le ultime vicende sugli arresti dei No Tav ne sono una chiara prova. Dove non è possibile ottenere il pieno controllo degli organi dirigenti delle singole nazioni si fa in modo, attraverso speculazioni e ricatti, di sovvertire l’ordine democratico di quel paese ponendo al comando direttamente propri uomini. La vicenda italiana con la destituzione di Berlusconi a favore del tecnocrate dirigente dalla Goldman Sachs  Monti ne è dimostrazione evidente. E’ giunto il momento di lottare affinchè veramente il lavoro renda liberi e sia strumento di promozione sociale, permetta ad ogni individuo di conquistarsi la propria dignità sapendo che la sua attività produce benessere  per sè e per gli altri. E’ giunto il momento di difendere la ricchezza prodotta da chi lavora dagli assalti del capitale finanziario, per investirla a vantaggio dalla collettività. 



Editing: Luc Girello
Brano: Arbeit Macht Frei  - Area.

Fuori i fascisti dalle mobilitazioni!

 di Michele Rizzi e Francesco Ricci   PdAC

Da alcune settimane un movimento di protesta e di lotta sta bloccando tutta la Sicilia e si sta espandendo anche nelle altre regioni italiane, a partire da quelle meridionali. Si tratta del movimento denominato dei “forconi”, guidato dagli autotrasportatori (a cui si sono aggiunti i pescatori che ieri hanno manifestato a Roma). Le loro rivendicazioni immediate riguardano la riduzione dell'accise sul carburante, notevolmente aumentata negli ultimi mesi con la manovra del governo Monti, e la riduzione dei costi dei pedaggi autostradali, anch'essi aumentati vertiginosamente. Ma più in generale questo movimento esprime il malessere della piccola borghesia, colpita e impoverita dalla crisi del capitalismo che scarica anche su una parte delle "classi medie" i costi sociali. Questo movimento si ribella contro il governo Monti bloccando strade ed autostrade e impedendo l'approvvigionamento di carburante e merci.
Il governo Monti, incaricato dal capitalismo italiano di tentare di salvarlo da una bancarotta pari a quella greca, sta continuando e con più vigore, l'opera di attacco rivolta prioritariamente contro i lavoratori ma che non risparmia appunto nemmeno la piccola borghesia, come commercianti, tassisti, lavoratori autonomi, attraverso misure liberiste (le cosiddette liberalizzazioni) e l'aumento dei prezzi. Da qui è scoccata la scintilla che ha portato i cosiddetti forconi in piazza.
La storia insegna: cacciare i fascisti dal fronte di lotta!
Su vari siti e giornali circolano notizie circa l'infiltrazione dei fascisti in questo movimento. La notizia è vera ma non va assolutizzata. Nel senso che in una situazione simile, con una mobilitazione di massa della piccola borghesia, Forza Nuova ritiene, a ragione, di poter trovare in questo movimento l'ambito ideale per svilupparsi. Ad oggi però in realtà non vi è ancora una reale egemonia di Forza Nuova sul movimento: anche se è indubbio che Fn sta svolgendo un ruolo, conquistando alcune situazioni e ha dalla sua diversi autoproclamati leader della protesta (ad es. Martino Morsello, che ha partecipato anche al congresso nazionale dei fascisti).
In questa fase di profonda crisi del capitalismo, si nota un forte attivismo di formazioni neofasciste come la stessa Forza Nuova, Casapound, ecc., che puntano a far presa sulla piccola borghesia impoverita e sul sottoproletariato giovanile, facendo leva su parole d'ordine reazionarie e populiste come la “lotta contro l'Ue per la difesa del capitalismo nazionale, contro l'euro, le banche europee, contro l'importazione di merci e contro gli immigrati”.
Anche se non egemonizzano ad oggi il movimento, certamente i fascisti puntano a svolgere un ruolo di direzione. Ciò che ricorda in maniera netta altri momenti storici. La nascita del partito fascista in Italia e in Germania fu dovuta essenzialmente ad una crisi economica del sistema capitalista, ad una conseguente crisi del sistema politico della democrazia borghese, ad un impoverimento della piccola borghesia che, assieme a fasce di sottoproletariato urbano, crearono la base di partenza degli stessi partiti fascisti. I fascisti seppero egemonizzare la piccola borghesia impoverita e attirarono anche settori dello stesso movimento operaio, dopo averne distrutto le organizzazioni politiche e sindacali. Ciò fu reso possibile dalla assenza (o meglio dalla nascita tardiva) del partito comunista in Italia nonché dalla politica folle e criminale ("socialfascismo") degli stalinisti in Germania che, come denunciò per tempo Trotsky, aprì le porte a Hitler.
Compito dei rivoluzionari, insisteva Trotsky, non è (a differenza di quanto fanno oggi alcune organizzazioni che pure si definiscono per qualche motivo trotskiste) ignorare la protesta della piccola borghesia impoverita, ma lavorare perché sia il movimento operaio a egemonizzarla, sulla base di un programma rivoluzionario, che traini anche parti delle classi medie contro la grande borghesia. Come scrive Trotsky nel Programma di transizione: "l'avanguardia operaia deve imparare a dare risposte chiare e concrete alle richieste dei suoi futuri alleati", per questo è necessario avanzare un programma di rivendicazioni per gli strati più sfruttati della piccola borghesia urbana e rurale, per porla sotto l'egemonia del proletariato nella lotta contro la grande borghesia e contro tutti gli sfruttatori, includendo tra questi ultimi anche settori delle "classi medie".
Si tratta cioè di contendere ai fascisti l'egemonia su settori di piccola borghesia: dimostrando che i fascisti, che a parole presentano un programma in apparenza "anti-capitalistico" (dal versante reazionario), in realtà in caso di ulteriore peggioramento della crisi si tradurranno nei migliori alleati del grande capitale che (così è sempre stato storicamente), quando ritiene di non potersi più basare soltanto sul suo Stato e i suoi corpi repressivi, arruola i fascisti per scagliarli contro le lotte dei lavoratori e le loro organizzazioni e apre la via perché i fascisti realizzino non il loro programma demagogico ma il programma borghese, che è al contempo contro gli operai ma anche contro gli stessi settori inferiori delle "classi medie".
La situazione attuale: alcune avvisaglie di un grosso rischio
In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, non c'è stata ancora in questi anni la crescita di un forte partito di matrice fascista, questo anche per la presenza della Lega Nord che ha da sempre rappresentato quelle fasce di piccola borghesia. Ma adesso, anche in virtù della delusione nei confronti di un'azione governativa che la Lega ha sempre promesso essere fulcro di liberazione e sviluppo per la piccola borghesia del Nord attraverso la bandiera del federalismo, si liberano energie che potrebbero essere assorbite dalle formazioni di estrema destra, non a caso particolarmente attive in questi mesi.
La sfiducia nei confronti della “politica”, nei sindacati e nei partiti, prodotta dall'operato non solo dei due schieramenti borghesi che si sono alternati al governo praticando le stesse politiche, ma anche dalla sinistra riformista che è stata appendice e strumento dei governi di centrosinistra, crea un ulteriore spazio potenziale di crescita a di germi reazionari e fascisti. In assenza di un partito rivoluzionario con influenza di massa, potrebbe risultare possibile nel prossimo periodo un'ulteriore estensione dei gruppi fascisti e della loro capacità di egemonia tanto su masse piccolo-borghesi colpite dalla crisi come su settori di sotto-proletariato giovanile e infine su settori operai. La classica miscela che può trasformare il fascismo da movimento di relativamente piccoli gruppi di picchiatori (come è oggi) in movimento di massa.
Oggi non siamo certo ancora a questo stadio. Anzi: al momento in tutto il mondo sono i proletari a guidare rivolte di massa e rivoluzioni, dal Nord Africa al Medio Oriente, dall'Europa agli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina. Ma la perdurante assenza di direzioni conseguentemente rivoluzionarie, comuniste, e lo stallo in cui è il movimento operaio italiano (paralizzato dalle burocrazie sindacali e politiche, dalla Cgil ai vertici Fiom, da Sel al Prc) lascia aperta sullo sfondo anche questa porta reazionaria, che per ora appare lontana.
Torna qui il tema della costruzione del partito rivoluzionario come strumento indispensabile perché le lotte si sviluppino in Italia e internazionalmente fino in fondo, cioè fino al rovesciamento del capitalismo, dei suoi Stati e governi, per aprire la strada al potere dei lavoratori.
Il PdAC partecipa a ogni lotta: ma nell’ottica di rovesciare il capitalismo!
Se l'analisi fin qui fatta di una situazione che ha molti chiaroscuri, molte contraddizioni, è fondata, di grande importanza è che il movimento operaio non abbandoni il campo rispetto allo stesso movimento dei forconi, non si limiti (come fanno alcuni) a guardare con sdegno questa protesta. Si tratta invece di intervenire anche in essa, di cacciare i fascisti da ogni manifestazione, di saldare tutte le lotte contro il governo sulla base di un programma di classe, proletario, che sappia dare risposte anche agli altri strati sociali vittime di banchieri e industriali. Si tratta di avanzare una proposta di lotta, su un programma transitorio che faccia comprendere ad autotrasportatori, commercianti e in generale alla piccola borghesia impoverita, che è urgente un'alleanza con i lavoratori contro il governo Monti e contro le grandi famiglie del capitalismo italiano. Un piano di lotta che ponga al centro dell'azione politica la rivendicazione del controllo da parte di comitati di lavoratori dei prezzi del carburante, la nazionalizzazione della sua gestione, la nazionalizzazione di autostrade, banche, industrie. E ancora, nell'ambito specifico della lotta dei forconi: la creazione di strutture democraticamente designate di questa lotta, in  modo da cacciare i fascisti che si autoproclamano portavoce dei "forconi".
Il Pdac lavora in quest'ottica e ritiene che bene abbiano fatto, ad esempio, gli studenti e i collettivi giovanili che, sulla base delle proprie autonome parole d'ordine, hanno manifestato in queste settimane in Sicilia. Va denunciata, oltre alla supponenza di certi sedicenti trotskisti che si limitano a constatare con fatalismo che questo è un movimento piccolo-borghese, anche la logica del riformismo governista (da Sel al Prc), che essendo interessato solo a una nuova prospettiva di governo nel dopo Monti con i rappresentanti liberali della grande borghesia (Pd), partecipa alla demonizzazione di camionisti, piccoli commercianti, ecc. 


giovedì 26 gennaio 2012

Rapporto settimanale sulla violazione dei diritti da parte israeliana nei Territori Palestinesi (12/18 Gennaio)

da Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR)



L'Alternative Information Center propone la traduzione in italiano del rapporto settimanale sulla violazione dei diritti umani da parte israeliananei Territori Palestinesi Occupati nel periodo 12-18 gennaio 2012, effettuato dal Centro Palestinese per il Diritti Umani (PCHR). 

Le forze d'occupazione israeliane (FOI) continuano gli attacchi sistematici contro i civili palestinesi e le loro proprietà nei Territori Palestinesi Occupati (TPO) 


Due attivisti della resistenza palestinese sono stati uccisi dalle FOI a Beit Hanoun, a nord della Striscia di Gaza.

Due attivisti della resistenza palestinese sono stati feriti dalle FOI a est del campo profughi di al-Boreij nel centro di Gaza.

Le FOI continuano ad usare la forza contro le proteste pacifiche in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. 
Molti civili palestinesi hanno inalato gas lacrimogeni in Cisgiordania.

Le FOI hanno condotto 56 incursioni nelle comunità palestinesi della Cisgiordania e 3 nella Striscia di Gaza. 
Le FOI hanno arrestato 37 palestinesitra cui 4 bambini, in Cisgiordania;
Le FOI hanno arrestato 2 palestinesi nel villaggio di as-Shoka nel sud della Striscia di Gaza;
Le FOI hanno fatto un'incursione a Nablus nella casa e nell'ufficio di Abu Warda, un giornalista,  e hanno confiscato quattro computer e la cartadi memoria di una fotocamera.

Israele continua ad imporre una chiusura totale sui Territori Palestinesi Occupati e ad isolare la Striscia di Gaza dal resto delmondo.
soldati israeliani hanno arrestato 6 civili palestinesi tra cui un bambino ai checkpoint in Cisgiordania.

Israele continua i tentativi per creare una maggioranza ebraica a Gerusalemme Est.

Le FOI hanno demolito una casa palestinese a Shu'fat e distrutto con un bulldozer un magazzino e delle baracche a Sur Baher.

Le FOI continuano l'attività di colonizzazione della Cisgiordania e i coloni israeliani continuano ad attaccare civili e proprietà palestinesi.
coloni israeliani hanno continuato ad attaccare ad Hebron e hanno dato fuoco ad un'auto.


Riepilogo 


Le violazioni israeliane delle leggi internazionali e dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati sono continuate durante il periodo diriferimento (12-18 gennaio 2012).

Scontri


Nel periodo in esame, le FOI hanno ucciso due attivisti della resistenza palestinese ed hanno ferito altri due attivisti della resistenza nellaStriscia di Gaza. Molti civili palestinesi hanno inalato gas lacrimogeni in Cisgiordania durante manifestazioni pacifiche.

Nella Striscia di Gaza, il 18 gennaio 2012, due attivisti della resistenza palestinese sono stati uccisi quando le FOI si sono posizionate pressoil confine, a sud-est di Beit Hanounnel nord della Striscia di Gaza, ed hanno sparato otto colpi consecutivi di artiglieria a due attivisti dellaresistenza palestinesementre erano in missione vicino alla zona di confine. Inoltre l'aviazione israeliana si è alzata in aria e ha aperto il fuococontro i due attivisti. Le FOI hanno anche sparato due colpi di artiglieria contro le ambulanze della PRCS (la Mezza Luna Rossa Palestinese)mentre cercavano di evacuare i corpi. Le FOI hanno dichiarato di aver preso di mira un gruppo di palestinesi che stava cercando di metteredell'esplosivo vicino al confine.

Il 12 gennaio 2012, due attivisti della resistenza palestinese sono stati feriti quando le FOI si sono posizionate al confine tra la Striscia di Gaza e Israele, a est del campo profughi di al-Boreijnel centro della Striscia di Gaza, ed hanno sparato due colpi di artiglieria contro di loro. I feritisono stati trasferiti all'Ospedale dei Martiri di al-Aqsa a Deir al-Balah, con ferite leggere.

In Cisgiordaniadurante il periodo di riferimento, le FOI hanno fatto uso eccessivo della forza per disperdere le manifestazioni pacificheorganizzate per protestare contro la colonizzazione israeliana e la costruzione del muro di annessione in Cisgiordania. Di conseguenzamoltipartecipanti alle manifestazioni hanno inalato gas lacrimogeni. Le FOI anche arrestato 5 civili palestinesitra cui una donna.


Tradotto in italiano da Marta Fortunato per l'Alternative Information Center (AIC)

Una macchina per la risonanza magnetica giace inutilizzata

Francesco Notracola


Da circa un anno una macchina efficiente per eseguire risonanze magnetiche, giace inutilizzata nei locali del vecchio reparto di radiologia dell’ex Umberto 1°.
Abbiamo sollevato questo problema ripetutamente in incontri avuti con la direzione aziendale e con comunicati stampa ma nulla si è fatto. Gli impegni assunti di inviare queste apparecchiature all’ospedale di Sora é stato regolarmente disatteso.
Sembra, si dice in giro, che sia stato disdetto o non rinnovato anche il contratto di manutenzione.
Eppure questa macchina poteva e può eseguire 300 esami al mese. Circa 3600 cittadini non hanno potuto eseguire  tempestivamente un esame di risonanza in questi 12 mesi. Tenuto conto che si incassano, per questo tipo di esame, 61 euro di ticket, la ASL ha perso in un anno216.000 euro.
Con questa cifra si potevano e si possono assumere 2 medici e 2 infermieri a tempo pieno. E presso l’ospedale del Capoluogo ci sono anche gli spazi necessari.
Va ancora sottolineato che presso l’ospedale di Cassino questo tipo di esame è riservato solo ai pazienti ricoverati.
Ecco un esempio evidente di spreco, di incapacità direzionale e di come si allungano i tempi di attesa. Fatti e comportamenti, decisioni che provocano disagio, malessere e colpiscono pesantemente i bilanci familiari dei bisognosi. Ma ai dirigenti della ASL questo poco importa.
Oggi un esame di risonanza, presso una struttura privata costa 170 euro. A ciò si devono aggiungere il costo della benzina e, per gli anziani, anche quello dell’accompagnatore.
E come può un pensionato al minimo (500 euro mensili) sostenere queste spese?
Ma in questo Stato democratico esiste un’autorità ( Prefettura, Procura,Corte dei conti, ecc.) che ha il potere di intervenire per mettere fine a fatti scandalosi come questo?

Frosinone 26 gennaio 2012

                                                              Consulta delle Associazioni
                                                                   Francesco Notarcola
Cittadinanzattiva-Tribunale
 per i diritti del malato
         Nicole Panetta
                                                       

Chi lotta per un'Italia migliore non si arresta

Simonetta Zandiri

L'abbiamo gridato quando hanno incarcerato Nina e Marianna, continueremo a gridarlo dopo questo vergognoso rastrellamento, gli ipocriti proclami di Caselli, le immancabili e vergognose uscite del disonorevole Esposito. Una simile operazione avrebbe dovuto essere fatta negli uffici delle aziende che hanno in mano gli appalti miliardari. I curriculum personali di personaggi come  GIOVANNI BERTINO, (Cogeis Spa, IVIES Spa, BERFIN Srl) e del degno figlio Flavio Bertino sono facilmente rintracciabili con semplici ricerche su Google. Provare per credere. Il legame fra mafia, appalti, finanziamento ai partiti fu svelato da tempo (indagini del giudice Imposimato), ribadito dalle inchieste del giornalista Ivan Cicconi, il malaffare, ed il sistema TAV che sottrae denaro alle nostre tasche è EVIDENTE. Non è casuale la scelta di Passera come super ministro che coniuga sviluppo con infrastrutture, alias Grandi Opere. Grandi Truffe. E un debito pubblico che aumenta velocemente, e che vogliono far pagare a noi! Smettiamola di giocare a guardia e ladri a ruoli invertiti! I ladri SONO LORO, le guardie SIAMO NOI ! Io c’ero il 23 maggio, il 25 maggio, quando abbiamo dato il via alla libera Repubblica della Maddalena, c’ero allo sgombero del 27 giugno e ho resistito, come tutti, usando il mio corpo come scudo, c’ero il 3 luglio a quelle dannate reti dove ci avete sparato in faccia per mesi , e c’ero a tutte le iniziative, alle reti, a Torino, sempre, ovunque. Ci sono sempre stata e ci sarò sempre, perché à la cosa giusta da fare



NO TAV = NO MAFIA SOLIDARIETA’ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE ARRESTATE



Arresti notav: operazione in tutta Italia

fonte: http://www.notav.info/

Era da tempo nell’aria e questa mattina all’alba puntualmente è scatta un’oprazione di polizia contro il movimento notav. Le agenzie parlano di 32 arresti sparsi sul territorio nazionale e 11 denunce. In Valle gli arresti sono due e riguardano Giorgio del comitato di lotta popolare di Bussoleno e Askatasuna e Guido, consigliere comunale di VillarFocchiardo. Arresti anche a Torino tra Askatasuna e altre realtà.

Liberti tutti la Valle non si Arresta!


FIACCOLATA A BUSSOLENO ORE 20.30 PIAZZA STAZIONECome prima risposta agli arresti avvenuti questa mattina in val di Susa e in tutta Italia il movimento no tav ha deciso di indire immediatamente una fiaccolata in solidarietà a tutti i fermati. La fiaccolata partirà dalla piazza della stazione di Bussoleno, cuore del movimento no tav dove inoltre uno degli arrestati, Mario, il barbiere del paese conduce uno storico negozio. Da qui si ripartirà, ancora una volta, tutti insieme, nel segno della lotta.

UN PRIMO COMMENTO DA VILLARFOCCHIARDO Siamo davanti a casa di Guido Fissore, consigliere comunale arrestato all’alba. Subito numerosi i no tav accorsi. In ordine Alberto Perino, Giorgio Cremaschi, Claudio Cancelli e Nicoletta Dosio rilanciano e difendono il movimento, gli arrestati e una valle intera che di certo non si piegherà ad un vile e bieco attacco.












































mercoledì 25 gennaio 2012

Giornata della Memoria del 27 Gennaio 2012

La Federazione Provinciale del Partito della

Rifondazione Comunista - Federazione di Frosinone

Oggi si sta vivendo un periodo storico nel quale la memoria tende a perdere il suo significato. Fatti di razzismo, xenofobia e discriminazione contro il "diverso" sono all'ordine del giorno. Sono sentimenti di odio che fanno breccia lentamente nelle menti e che si consolidano nell'opinione pubblica, trasformando l'accoglienza in respingimento e odio. Non possiamo restare indifferenti a questa progressiva cancellazione dei principi costituzionali e dell'umanità. Il silenzio produce mostri. Dobbiamo denunciare con forza ogni episodio di discriminazione, ogni violenza verso il "diverso", ogni razzismo. La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, è chiara e ripudia qualsiasi forma di discriminazione. Nell'articolo terzo, infatti, è scritto: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Dobbiamo coltivare la memoria di quello che è successo perché non possa mai più accadere in nessuna forma, e per  questo motivo la Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista ribadisce l' importanza di questa giornata. Il 27 Gennaio ‘45 le truppe sovietiche entrarono nel campo di sterminio nazista di Auschwitz scoprendo il dramma dell'orrore. Grazie all'incubo della memoria dei sopravvissuti, come fu definito da Primo Levi, l'umanità ha potuto conoscere il genocidio sistematico perpetuato, in nome di una folle teoria razziale, nei confronti di milioni di persone "colpevoli" di non appartenere alla "razza superiore" o perché considerate "diverse”. Questa barbarie ebbe origine in nazioni "civili", culturalmente ed economicamente evolute. L'Italia fascista fu protagonista di questa persecuzione verso chi era considerato asociale, di razza inferiore o diverso. Furono emanate le leggi razziali che impedivano la vita agli ebrei e li costrinsero alla deportazione, furono istituiti campi di concentramento e di sterminio anche in Italia e nei territori che erano stati "conquistati" dai fascisti. Dovremmo sempre ricordare cosa successe nel campo di Fossoli, in quello di Bolzano, nel campo di sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste, in quelli in territorio jugoslavo, in Friuli ed in Africa. Le responsabilità del regime fascista furono enormi ed è bene tenerlo sempre presente. Tutto successe un poco alla volta, silenziosamente. Senza quasi rendersene conto i nostri padri si trovarono coinvolti nello sterminio di milioni di persone. Anche se è impossibile conoscerne il numero esatto, le stime indicano in circa sei milioni le vittime ebree e in circa cinque milioni i civili uccisi perché zingari, serbi, politici oppositori del nazifascismo, omosessuali, testimoni di Geova, disabili o perché genericamente ritenuti "antisociali".





martedì 24 gennaio 2012

Amministrative. Alberti (Fds): “Roma non si può cambiare con l’Udc”

Federazione della sinistra Lazio


“E’ in corso una manovra politica volta a restaurare vecchi equilibri. A fronte delle voci insistenti che indicano, nonostante le sue smentite, nel ministro Riccardi un possibile candidato a Sindaco di Roma di un centro sinistra allargato al terzo polo, come Federazione della Sinistra intendiamo chiarire sin d’ora che questa eventualità non potrà vedere il nostro appoggio, né la Federazione della Sinistra potrebbe partecipare ad una siffatta coalizione con altri candidati”. E’ quanto afferma il portavoce romano della federazione della Sinistra, Fabio Alberti. 
“Roma, dopo i disastri del governo della destra, ha bisogno di una svolta radicale che la liberi da quei poteri che la tengono imprigionata da anni. Questo si può fare solo recidendo i legami tra politica e poteri forti, soprattutto quelli della rendita. E’ sin troppo evidente che,  ipotizzare un Governo di Roma che includa i principali fautori del “piano casa”, rende tutto ciò impossibile. I poteri con cui allearsi sono invece quelli dei cittadini, della società civile, della sinistra diffusa romana”.
“Come Federazione della Sinistra – conclude - ribadiamo la disponibilità  a discutere con tutte le forze del centro sinistra nel merito di un programma di cambiamento reale per battere le destre e costruire un’alternativa nella nostra città nella chiarezza delle alleanze politiche”.

Frosinone: Nasce l coordinamento provinciale "No Debito"

Luciano Granieri



Domenica 22 gennaio presso la Villa comunale di Frosinone  si è  costituito il coordinamento  provinciale del comitato  “No Debito”. Il movimento nazionale, che si pone l’obbiettivo di costruire un fronte di resistenza comune  contro il pagamento del debito provocato dalle speculazioni finanziarie,   ha visto la luce il primo ottobre scorso in una    assemblea svoltasi al teatro Ambra Jovinelli   di Roma. A quella assemblea parteciparono  militanti singoli, soggetti collettivi, organizzazioni politiche e sociali, i quali decisero  che la rapina da parte della finanza nei confronti della ricchezza prodotta dal lavoro, andava fermata. Da lì è iniziata l’attività del movimento con la pianificazione di una serie di attività, fra cui:  una campagna per chiedere un referendum consultivo sulle scelte economiche imposte dalla Bce e dall’Unione Europea,  le adesioni  allo sciopero con manifestazione  del 27 gennaio a  Roma -organizzato dal sindacato di base Usb-  e alla manifestazione della FIOM indetta per l’11 febbraio. Ma soprattutto è partita la diffusione locale del movimento con l’organizzazione dei coordinamenti provinciali . Nell’assemblea organizzata a Frosinone, si sono riuniti i promotori del coordinamento locale : I membri del Circolo Carlo Giuliani di Rifondazione Comunista di Frosinone,  esponenti del movimento “La Colomba”  - che insieme con rifondazione  sta organizzando una costituente aperta denominata “Rete Asincrona Democratica Civica Ambientalista”  in vista delle  prossime elezioni amministrative -   l’Usb provinciale,  il Pcl  (Partito Comunista dei lavoratori). Il dibattito ha visto anche la partecipazione di militanti e semplici cittadini, tutti convinti che la lotta alla speculazione finanziaria e alla dittatura del capitalismo debba ramificarsi anche nelle realtà locali.  Il dibattito che si è sviluppato, ha sviscerato tutte le tematiche che ruotano attorno all’attuale crisi  . Diverse e autorevoli sono state le analisi, sulla formazione del debito , sulle modalità di lotta  contro il pagamento del debito stesso,  sulla devastazione drammatica  che l’attuale rapina operata dal capitalismo finanziario determina nel campo sociale. Si è allargato il discorso anche  ad altre problematiche più strettamente connesse al territorio. Si è posta l’attenzione  su come sia fondamentale che la lotta contro l’imposizione del debito parta  dalla propria città, dal comune, ad esempio facendo pressioni affinchè  il sindaco non rispetti il patto di stabilità  imposto dal governo centrale. Come è fisiologico, ogni volta che le variegate anime della sinistra, a sinistra della FdS  ferrerian-dilibertiana,  s’incontrano  per unire le proprie forze,  non manca il confronto.  Anche in questo caso ad una posizione più moderata, espressa dall’Usb, secondo  cui è necessario operare una trattativa sul pagamento del debito riducendo i tassi di interesse e non pagando gli addebiti derivanti dalla speculazione, ha fatto fronte una posizione più intransigente espressa dal Pcl e da Rifondazione di Frosinone secondo cui nessun debito va pagato. Un’ ulteriore riflessione è stata proposta da Fiorenzo Fraioli , della “Lista la Colomba”  che ha posto all’attenzione dell’assemblea la necessità di non trascurare nessun movimento di lotta neanche quelli che vedono al loro interno partecipazioni indigeste  per noi comunisti e sono formate da pezzi di borghesia  notoriamente lontana  dal blocco sociale che anima la protesta dei componenti del movimento No debito.
 Nei filmati che seguono proponiamo gli interventi di:

 Andrea Cristofaro – segretario del circolo di Rifondazione Comunista di Frosinone “Carlo Giuliani”-  Paolo Sabatini – coordinatore nazionale USB





Luigi Sorge – Partito Comunista dei Lavoratori - Fiorenzo Fraioli  - lista La Colomba membro della  Rete Asincrona democratica civica ambientalista- 





Tonino Aversa  - USB , Giuseppe D’Alessandris  - Rifondazione Frosinone “Circolo Carlo Giuliani”  e ancora in conclusione Paolo Sabatini e Luigi Sorge.






L’intervento che segue è del sottoscritto ripreso da Fiorenzo Fraioli e pubblicato su 
http://www.ecodellarete.net/Blog dove è possibile seguire per intero tutti gli interventi. 




La casa è un diritto: no agli sfratti!

Partito dei Comitati d’Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (P-CARC)

Sezione Roccasecca d.V. – Priverno “Luigi Di Rosa”


Ci facciamo portatori della denuncia della signora Serena Celli e della sua famiglia abitanti in zona Borgo S.Antonio. Al mattino di Giovedì 26 Gennaio Serena e il suo nucleo famigliare subiranno un tentativo di sfratto per morosità del pagamento dell’affitto. Esprimiamo la nostra solidarietà a Serena e alla sua famiglia!

A Priverno come nel resto del territorio nazionale peggiora e si aggrava la condizione di disperazione in cui sono costrette a vivere le classi popolari. Sono centinaia di migliaia le famiglie che una volta entrate nel vortice della cassaintegrazione e della disoccupazione si ritrovano da un giorno all’altro prive di un salario di cui sfamarsi e delle minime garanzie di sicurezza sociale. Siamo alla barbarie e Priverno non è da meno!

Il caso di Serena e della sua famiglia è un caso emblematico. Lei ha un passato difficile alle spalle e si divide tra lavoro nero e l’accudimento del proprio bambino. Il suo compagno fino a qualche mese fa lavorava in nero a duro regime di sfruttamento per una delle tante ditte edili del territorio: esperienza troncata da un incidente in cantiere da cui è uscito vivo per miracolo e le cui conseguenze paga ancora oggi dato che non è in grado di tornare a lavoro per via dei problemi fisici accumulati con il suddetto incidente.

In questa difficile situazione Serena e la sua famiglia dal mese di Maggio non riescono più a pagare l’affitto.

Segnali ricevuti dalle istituzioni e dai servizi sociali? Nessun segnale e nessuna mano tesa da parte della giunta Macci (fin troppo impegnata nel maquillage cittadino in vista delle prossime elezioni), nessun segnale e nessuna mano tesa dai Servizi Sociali (sempre più inutili e sempre più inesistenti), nessun segnale e nessuna mano tesa dal teatrino della politica (d’altro canto una famiglia messa sul lastrico dalla crisi non porta voti).

Siamo al fianco di Serena e della sua famiglia: la casa è un diritto inalienabile! Il non pagamento dell’affitto potrà essere un atto illegale ma è un atto profondamente legittimo quando ci si trova gettati sul lastrico e costretti a scegliere tra il pagamento dell’affitto e delle bollette e la possibilità di sfamarsi. Così come è illegale ma legittimo opporre ogni resistenza a CC e ufficiali giudiziari che giovedì mattina verranno a notificare l’avviso di sfratto a Serena e alla sua famiglia. Noi siamo al loro fianco!

L’Amministrazione Comunale e i Servizi Sociali devono farsi carico di fornire gli strumenti per una vita dignitosa a chi gettato sul lastrico dalla crisi non ne possiede (anzitutto un lavoro utile e dignitoso, la casa e i servizi pubblici). Che si mettano a disposizione di simili casi le case popolari vuote, che si riutilizzi quel che resta del patrimonio immobiliare pubblico per soddisfare quei diritti quell’accesso ai servizi pubblici che ad oggi è negato.


Priverno il 24/01/2012


domenica 22 gennaio 2012

Appoggiare con ogni mezzo il Movimento dei Forconi!

(n)PCI


Il movimento che da lunedì 16 si allarga in Sicilia: ecco qualcosa che ben esprime quello che vogliamo dire noi comunisti quando diciamo che le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari devono coordinarsi tra loro e rendere il paese ingovernabile da ogni governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia, da ogni governo che gode della fiducia della Comunità Internazionale degli speculatori, dei banchieri e dei guerrafondai.
Bisogna rafforzare e unire questo movimento attorno all’obiettivo di costituire un Governo Regionale d’Emergenza. Non basta protestare. Chiedere al governo Monti di fare gli interessi delle masse popolari è come chiedere alla volpe di custodire le galline, chiedere a un ladro di sorvegliare il nostro portafoglio.
Senza l’obiettivo di costituire un proprio governo d’emergenza, composto da persone di propria fiducia che operano sotto il suo controllo, il movimento di protesta non avrebbe futuro. Il governo Monti o altri simili governi si rimangerebbero ogni promessa e ogni concessione. Per le masse popolari non c’è alternativa positiva alla costituzione di un Governo Regionale d’Emergenza. Quindi grandi sono le possibilità di arrivare a costituirlo. Dipenderà principalmente dall’orientamento e dal coraggio dei dirigenti del movimento.
 I comunisti devono mettersi all’avanguardia del movimento di protesta, rafforzarlo e unirlo attorno all’obiettivo di costituire un Governo regionale d’Emergenza. Gli operai di Termini Imerese devono mobilitarsi e unirsi al movimento di protesta. Questa è la via per assicurare anche il loro futuro. I disoccupati e i cassaintegrati devono organizzarsi, farsi forte della loro esperienza di organizzazione e occupare il posto che loro spetta nella lotta.
La comunità internazionale degli speculatori, dei finanzieri e dei guerrafondai e le loro autorità, hanno trasformato le fabbriche della Sicilia, dell’Italia e dell’intera Europa in edifici abbandonati o in centri commerciali e gli operai in disoccupati o cassaintegrati. Ora si concentrano contro i lavoratori autonomi e la piccola borghesia: vogliono spogliare anche loro. Hanno essi stessi creato le condizioni per una rivolta generale contro di loro. Rafforzare ed estendere su larga scala il movimento di protesta e unirlo attorno all’obiettivo di costituire un Governo Regionale d’Emergenza: questo è il compito di tutti quelli che vogliono farla finita con la crisi del capitalismo, degli operai avanzati, di tutti quelli che vogliono essere comunisti.

Chi dirige il movimento di protesta?
Quando un movimento popolare diventa serio, di fatto la direzione la assumono quei suoi esponenti che hanno una visione più avanzata della situazione, delle forme e delle condizioni del suo sviluppo, che lanciano le parole d’ordine che meglio corrispondono alle aspirazioni e agli interessi delle masse che si sono messe in moto, che si fanno promotori delle parole d’ordine e delle iniziative che portano alla vittoria, che si danno i mezzi per sviluppare i suoi frutti. Questa è la prova che devono passare individui, gruppi e tendenze.
Questa è la lezione di ogni rivoluzione!
Tutti i nemici della mobilitazione popolare, quelli che per i più vari motivi ne hanno paura, i responsabili del marasma in cui siamo precipitati e in cui sempre più affondiamo, cercano di denigrare il movimento che si è sviluppato in Sicilia. Uomini politici da sempre conniventi della mafia e della criminalità organizzata, individui da sempre fautori della rivalutazione e protettori del fascismo (pensate a Schifani e a Fini, al regime DC di Andreotti o al governo Berlusconi, a Napolitano, a Violante e agli altri tristi esponenti dei revisionisti del vecchio PCI nella fase del suo disfacimento), oggi gridano alle infiltrazioni mafiose e al ruolo promotore di fascisti nel Movimento dei Forconi. Le loro accuse parlano a favore del Movimento dei Forconi. Loro sono i mafiosi! Loro sono i fascisti!

Il regime che finora ha governato il paese non solo non ha estirpato la mafia, la malavita organizzata e il fascismo, ma li ha protetti e alimentati, sono andati a braccetto: da Portella delle Ginestre, a Piazza Fontana, fino alle prove di fascismo di questi mesi. È quindi ovvio che anche tra le masse popolari vi sono mafiosi e fascisti, che la mafia e il fascismo hanno i loro addentellati e le loro propaggini tra le masse popolari come la Chiesa ha i suoi fedeli. È ovvio che tutti gli sfruttatori cercano di fare i loro interessi strumentalizzando e sfruttando le masse popolari. Se in Sicilia dopo la Guerra Mondiale la mafia ha soffocato il movimento dei contadini e dei braccianti e ha fatto strage di comunisti e di sindacalisti, ci è riuscita non solo per il carattere difensivo mantenuto dal movimento comunista, ma anche per l’appoggio del governo di Roma e della Chiesa. Parroco, capomafia e maresciallo dei carabinieri sono stati per anni le autorità in ogni centro abitato.Ma che forse il movimento attuale è una loro manovra o è invece una risposta alle angherie del regime che ha protetto e nutrito mafia e fascismo? Se mafiosi e fascisti hanno promosso il movimento attuale, ottimo: ben presto si troveranno costretti a decidere se rientrare nei ranghi della mafia, dei gruppi fascisti e dei loro mandanti e  promotori e rompere con il movimento di protesta oppure restare nel movimento di protesta e rompere il legame con mafia e fascismo e con i loro complici, protettori e mandanti. Nel primo caso saranno stati apprendisti stregoni o mosche cocchiere. Nel secondo caso avranno imparato dall’esperienza: ogni individuo può trasformarsi anche in meglio. Il mondo si trasformerà perché gli individui cambiano. Con le chiacchiere è possibile giocare, con i movimenti concreti no!
Più di quello che gli esponenti del movimento dicono di esso, conta quello che il movimento è. La natura del movimento è definita dalle circostanze in cui si sviluppa e dalle classi che lo compongono, prima e più che dalla volontà e dalle idee dei promotori e degli esponenti. La borghesia e il clero cercano di mantenere in vita il loro sistema di relazioni sociali, nonostante la crisi generale del capitalismo che si aggrava ogni giorno di più. A vantaggio del capitale finanziario ricorrono a misure e manovre criminali contro le masse popolari: contro gli operai, contro i lavoratori dipendenti, contro i pensionati, contro i lavoratori autonomi e contro le classi medie. Il movimento di protesta è la resistenza delle masse popolari alla crisi del capitalismo e alle misure e manovre criminali della borghesia imperialista e del clero. Sta a noi comunisti e a tutti gli operai avanzati rafforzarlo e portarlo alla vittoria! Il CC del (n)PCI plaude al Movimento dei Forconi: ecco cosa vuol dire rendere il paese ingovernabile da ogni governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia e che gode della fiducia della Comunità internazionale degli speculatori e dei banchieri. Ora occorre formare un governo di emergenza, che fa fronte agli effetti più gravi della crisi con misure d’emergenza.