sabato 5 maggio 2012

Caro Monti, facciamo due conti

http://www.sbilanciamoci.info/


Il presidente del Consiglio ha invitato gli italiani a segnalare gli sprechi da eliminare. La campagna Sbilanciamoci! ogni anno pubblica una “controfinanziaria” con proposte per evitare gli sprechi e usare la spesa pubblica per i diritti, la pace e l’ambiente. Ecco qualche consiglio a Monti

Legalità e giustizia fiscale:

Tassa patrimoniale.
 In questa crisi i ricchi non stanno pagando alcun prezzo, e il peso della crisi ricade interamente sulle fasce più povere della popolazione. Proponiamo perciò una tassa patrimoniale del 5 per 1000 sui patrimoni oltre i 500mila euro, con alcune correzioni di carattere progressivo (possibile grazie alla registrazione dei beni sulla dichiarazione dei redditi) sul prelievo. In questo modo potrebbero entrare nelle casse dell’erario una somma intorno ai 10 miliardi e 500 milioni di euro.

Progressività.
Il nostro sistema fiscale ha perso in questi anni un carattere di vera progressività. Non si tratta solo di raccogliere più risorse, quanto di dare un maggiore senso di giustizia fiscale. Per questo Sbilanciamoci! propone l’aliquota del 45% per i redditi al di sopra dei 70.000 euro e al 49% l’aliquota oltre i 200.000 euro. Si potrebbero recuperare così 1 miliardo e 200 milioni che sarebbero soprattutto (per il 77%) a carico dei contribuenti al di sopra dei 200.000 euro annui.

Rendite.
Oggi gli interessi sui depositi bancari vengono tassati al 27%, mentre gli interessi sulle obbligazioni, le plusvalenze e i rendimenti delle gestioni individuali e collettive subiscono un prelievo di appena il 12,5%. L’unificazione delle rendite finanziarie ha rappresentato per anni una delle priorità di politica fiscale promossa da Sbilanciamoci! e rappresenterebbe un importante risultato per la giustizia fiscale nel nostro paese. È possibile portare la tassazione di tutte le rendite al 23%, una soglia che ancora resta allineata con i grandi paesi europei e che non presenta quindi rischi di fughe di capitali. In questo modo sarebbe possibile ottenere almeno 2 miliardi di euro.

Tassare i diritti televisivi per lo sport spettacolo.
Come per la pubblicità, il business dello sport-spettacolo ha effetti distorsivi sul mercato e distoglie risorse dallo sport per tutti. Si propone pertanto di adottare il metodo francese di tassazione dei diritti televisivi per finanziare lo sport per tutti e la costruzione di impianti pubblici polivalenti. Con un’aliquota del 5% sul totale dei diritti versati si potrebbero raccogliere circa 40 milioni di euro.

Tassare la pubblicità.
Gli investimenti pubblicitari in Italia sono circa 10 miliardi di euro. Nell’era della grandi concentrazioni dei media e delle agenzie pubblicitarie nessuno può negare l’effetto distorsivo che questa ha su consumi, stili di vita e sulla stessa regolarità della concorrenza tra le imprese. La proposta, dunque, è di frenare i margini di profitto dell’intero comparto pubblicitario aumentando del 5% il prelievo sugli utili, con il duplice obiettivo di ridimensionarne l’invadenza e di drenare risorse da dedicare alla scuola e ad attività culturali per tutti. L’introito atteso è di circa 500 milioni di euro.

Tassa automobilistica sull’emissione di CO2.
Fino ad oggi la tassazione dei veicoli avviene sulla base della cilindrata e dei cavalli fiscali. Chiediamo che la tassazione sui veicoli avvenga in modo progressivo sulla base dell’emissione di CO2 che colpirà progressivamente i veicoli più potenti ed ecologicamente inefficienti (come i Suv o i veicoli di vecchia immatricolazione). Le maggiori entrate derivanti da questo diverso modo della tassazione dei veicoli ammonta a 500 milioni di euro.

Misure fiscali penalizzanti per la produzione e il commercio (consentito dalla legge), delle armi.
La proposta è una sovrattassa del 4% sul fatturato dell’industria bellica e di un aumento di 200 euro per le licenze (oggi sono oltre 50.000) di armi per la difesa personale; queste misure potrebbero portare un ricavo di circa 270 milioni di euro.

Ambiente e sviluppo sostenibile:

Riduzione stanziamenti grandi opere.
Si propone l’abbandono della logica delle grandi opere – costose e incerte sotto il profilo attuativo - a favore della ottimizzazione delle reti esistenti e del loro uso (con i necessari adeguamenti e potenziamenti). In particolare proponiamo la cancellazione del finanziamento di 1,543 miliardi destinati dalla Legge di Stabilità 2012 alle grandi opere.

Eliminazione finanziamento all’autotrasporto di merci.
Si propone di cancellare le misure previste dalla Legge di Stabilità del 2012 di 400 milioni di euro a favore dell’autotrasporto merci, che invece andrebbe disincentivato a favore di forme di trasporto più sostenibile (intermodalità, autostrade del mare, uso del trasporto su rotaia) delle merci per il paese.

Disarmare l’economia, costruire la pace:

Riduzione delle spese militari Chiediamo la riduzione di 3miliardi di euro della spesa militare. Questo potrebbe avvenire grazie alla riduzione degli organici delle forze armate e a un’integrazione – con economie di scala – dentro la cornice europea e delle Nazioni Unite, naturalmente prevedendo un ruolo delle Forze Armate legato ad autentici compiti di prevenzione dei conflitti e mantenimento della pace e rifiutando ogni interventismo militare.

Eliminazione e riduzione dei programmi d’arma (per gli F35 e non solo).
Chiediamo al governo italiano di non firmare il contratto per la produzione dei 90 cacciabombardieri Joint Strike Fighter. Chiediamo di cancellare i finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione dei 4 sommergibili FREMM, dei cacciabombardieri F35, delle due fregate “Orizzonte”. Risparmio previsto: 783 milioni di euro. Per un'analisi più dettagliata sui costi per gli F35, 
No ai militari nelle città.
Chiediamo di concludere l’esperienza della presenza e del pattugliamento delle nostre città ad opera di personale delle forze armate e chiediamo che gli stessi fondi (72 milioni di euro) vengano impiegati per pagare gli straordinari al personale delle forze di pubblica sicurezza.

Ritiro dall’Afghanistan.
 Chiediamo il ritiro delle truppe italiane dalla missione in Afghanistan (il ruolo e la presenza dell’Isaf sono strettamente intrecciati ad Enduring Freedom in una funzione bellica e di lotta militare al terrorismo) e da tutte quelle missioni internazionali che non abbiano la copertura e il sostegno delle Nazioni Unite. Questa misura farebbe risparmiare 616 milioni di euro alle casse pubbliche

Cancellare il programma “Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane”.
Chiediamo che questa nuova iniziativa del Ministero della Difesa venga cancellata e le risorse risparmiate (20 milioni di euro) vadano ad incrementare il fondo per il servizio civile nazionale.

Festeggiare la Festa della Repubblica del 2 giugno senza la parata militare.
Negli anni passati abbiamo calcolato un costo medio della Parata militare di circa 10 milioni di euro, cifra con la quale sarebbe possibile far partire 1.700 giovani per il servizio civile che fanno attività utili per la comunità, aiutando in questo modo più di 10mila persone in stato di bisogno: anziani, disabili, senza fissa dimora, bambini.

Welfare, diritti sociali e formazione:

Chiusura dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione).
Con i 174 milioni previsti nella legge di bilancio per il 2012 per l’attivazione, la locazione e la gestione di nuovi Cie si potrebbe finanziare un programma nazionale di inclusione sociale, tra cui: corsi pubblici e gratuiti di insegnamento della lingua italiana, soluzioni abitative dignitose per i Roma, un sistema nazionale di protezione contro il razzismo, l’inserimento scolastico dei bambini e dei giovani di origine straniera, borse di studio per i giovani di origine straniera, spazi interculturali e risorse per i giovani “figli dell’immigrazione”.

Abolizione dei fondi alle scuole private e del buono scuola.
Si risparmierebbero 700 milioni di euro dall’eliminazione dei sussidi pubblici alle scuole private. Si tratta di utilizzare le stesse risorse per rilanciare la scuola pubblica, intervenendo su quelle che sono le emergenze del sistema pubblico: il diritto allo studio, l’edilizia scolastica, la qualità dell’offerta formativa.







venerdì 4 maggio 2012

Votate l'onda d'urto

Luciano Granieri


Siamo dunque arrivati alla fine di una estenuante campagna elettorale, ma il bello deve ancora venire. Dopo un anno in cui   abbiamo cercato di dialogare con le  forze antagoniste della nostra città per costruire un movimento forte di contrapposizione alla vecchia politica clientelare che ha contraddistinto le giunte comunali dal dopo guerra ad oggi,  noi di Rifondazione Comunista di Frosinone siamo riusciti a trovare il pieno accordo con i compagni di Sinistra Ecologia e  Libertà e Frosinone BeneComune  sulla candidatura  a sindaco Marina Kovari. Da  quella giornata di anticipo primaverile, in cui la candidatura di Marina è stata presentata alla stampa presso lo stadio Casaleno, non ci siamo fermati più.  Con il furgone di Paolo abbiamo battuto strade e piazze della città per far conoscere il nostro programma per Frosinone. Urbanistica a cementificazione zero,  polo sportivo e culturale,  rivalutazione e difesa del patrimonio artistico e archeologico, reddito di cittadinanza, contrarietà al piano di stabilità e recupero delle grande evasione in oneri urbanstici dovuti dalle grandi aziende edilizie, queste sono  alcune della parole d’ordine che abbiamo proposto ai cittadini in luogo delle cene, dei buoni di benzina che altri nostri concorrenti hanno offerto. Nel video che segue abbiamo raccolto alcuni momenti della campagna elettorale commentati dalla musica dei Modena City Ramblers, Enrico Capuano e Gang. Nell’ultimo dibattito a cui hanno partecipato Giorgio Cremasnchi  dirigente FIOM, Roberta Fantozzi, responsabile lavoro Partito della Rifondazione Comunista e Marco Veruggio di Controcorrente (sinistra di Rifondazione) siamo stati incitati da i nostri illustri ospiti a continuare questa esperienza dell'onda d’urto di sinistra anche dopo le elezioni . Non chiediamo di meglio ma certo che l’aiuto degli elettori potrebbe darci una forza ulteriore. Per questo motivo in questo ultimo post prima del silenzio elettorale siamo a chiedervi di votare per Marina Kovari sindaco. E’ evidente che chiediamo il voto anche per noi candidati  consiglieri. Tutti    abbiamo messo la faccia in una campagna elettorale faticosa, perché priva di mezzi, ma stimolante. Non mi nascondo dietro a un dito,  sarei oltremodo orgoglioso se i naviganti del blog votassero per la lista di Rifondazione/La Colomba e in particolare per il sottoscritto, ma anche gli altri compagni come Maria Lucia, Francesco, Andrea, Marisa, Lugi, Fiorenzo e Claudio potrebbero essere votati (non gli ho menzionati tutti ma è sufficiente consultare la lista), così come meriterebbero il voto i  compagni di Sel o Paolo, Lorenzo, Ivan,  e quelli  di Frosinone BeneComune. Insomma l’importante e fare in modo che Marina possa diventare il prossimo sindaco di Frosinone. Lo merita. lei, lo meritiamo noi,  ma soprattutto lo meritano i ciociari che da troppi anni sono sotto il giogo dei poteri forti cittadini e che vivono in una città che da decenni è agli ultimi posti per la qualità della vita. Insomma care elettrici e cari elettori, fate in modo che la nostra ONDA D'URTO possa scuotere la città e regalare a Voi una Frosinone a misura umana.
Buon Voto a tutti.




I Comuni come soggetti politici

Luciano Granieri


Piano a valle dell’ascensore inclinato. Qui è andata in scena un’altra tappa del programma di dibattiti con la popolazione della coalizione Rifondazione-Sel-Frosinone BeneComune  che supporta la candidata a sindaco Marina Kovari. In questa frangente , sono stati invitati a confrontarsi con i cittadini e gli stessi candidati, Marco Veruggio, del movimento Controcorrente, sinistra di Rifondazione Comunista, Roberta Fantozzi, responsabile nazionale lavoro di Rifondazione Comunista, e Giorgio Cremaschi presidente del comitato centrale della Fiom.  Evidentemente il confronto ha  preso una piega di politica generale, si sono analizzati  i nuovi orizzonti che si stanno aprendo in Francia e in Irlanda per la sinistra alternativa . E soprattutto ci si è resi conto che esiste un enorme vuoto nello spazio politico nazionale che i partiti di sinistra devono riempire di contenuti per non lasciarlo ai  populismi di via natura che da sempre nella storia  hanno prodotto disastri. Abbiamo appreso come suggeriva Cremaschi che il comune può  andare oltre la sua funzione istituzionale di governo della città. Il comune, il municipio, può fare politica, una politica anticapitalista dalla connotazione di classe.  Una amministrazione comunale, può fare pressioni sulle aziende del territorio affinchè non licenzino, non chiudano e scappino con i denari pubblici lasciando sul lastrico intere famiglie. Un sindaco può opporsi al patto di stabilità direttamente, oltre che coinvolgere altri comuni in una fase vertenziale più ampia che opponga la volontà dei cittadini alla depredazione sociale che il patto provoca. Se un comune non esprime una opposizione ferma alla politica di tagli che lo coinvolge direttamente i sindaci rischiano di diventare degli esattori implacabili di risorse non destinate al territorio, il caso dell’Imu è emblematico in questo senso.  E’ necessario che le amministrazioni di sinistra si rifiutino di estorcere l’Imu ai propri amministrati. Altrimenti la devastazione del tessuto sociale cittadino diverrà totale. Abbiamo respirato, sulle sponde dei fiume cosa un’aria tornata pura, libera da orpelli tattici,  finalmente si è avuto il coraggio di dire che una lotta di classe è più che mai necessaria, contro il capitalismo, il potere della finanza e contro le scorrerie delle grandi famiglie imprenditoriali. E in questa lotta di classe i sindaci e le amministrazioni da loro guidate possono giocare un ruolo importante. Finalmente  si è sentita una coalizione fortemente caratterizzata a sinistra dire cose di sinistra. Anche l’intervento di Marina Kovari, candidata a sindaco, spinta dalle valutazioni di Cremaschi, Veruggio e Fantozzi è sembrato più deciso, più convinto nell’affermare che sono quanto mai necessarie politiche sociali forti, atte a salvaguardare le classi più deboli e i beni comuni i quali devono rimanere a disposizione di tutti ed esenti da ogni tipo di mercificazione. Marina ha affermato che la nostra coalizione punta decisamente alla vittoria e non a occupare un ruolo marginale, proprio facendo leva su questi capisaldi.  Questa  ventata di nuove idee, che nuove non sono ma che erano cadute nel dimenticatoio, sopraffatte da un realismo riformista ipocrita, ha aggregato attorno ai relatori un buon numero di persone a dimostrazione del fatto che forse si può attirare la gente anche non offendo da mangiare ma offrendo delle proposte diverse e soprattutto riconoscibili da chi si avvicina ad una coalizione che ha al suo interno un simbolo con la falce e martello. Come hanno notato tutti gli ospiti invitati a parlare da Cremaschi a Fantozzi a Veruggio, da Frosinone può ripartire una nuova proposta  di sinistra, avulsa dai giochetti fraudolenti di una finta conflittualità bipolare.  Da tutti loro è arrivato l’invito a proseguire e a far crescere questa aggregazione anche dopo le elezioni. Noi sicuramente ci proveremo e dopo questo dibattito la nostra determinazione è ancora più forte. Di seguito i video degli interventi.

Apre andrea Cristofaro segrrtario del circolo Carlo Giuliani del Circolo di Rifondazione Frosinone, segue la testimonianza di un lavoratore in cassa integrazione dell'Ilva, inrzia l'intervento  Giorgio Cremaschi.
FIOM


Conclude l'intervento Cremaschi e interviene Marco Veruggio di Controcorrente sinistra di Rifondazione.


Conclude l'intervento Marco Veruggio e prende la parola la Candidata a sindaco Marina Kovari


Interviene Roberta Fantozzi,  responsabile nazionale lavoro Rifondazione Comunista., conclude Cremaschi FIOM.

giovedì 3 maggio 2012

Sosteniamo con forza la lotta dei prigionieri politici palestinesi

 http://www.forumpalestina.org

Continua la “Battaglia delle pance vuote” così in Palestina è conosciuta la lotta dei prigionieri politici  palestinesi  che a partire dal  17 aprile in 1500 hanno iniziato uno sciopero della fame,  per il miglioramento delle durissime condizioni carcerarie e per la fine dell’odiosa pratica della detenzione amministrativa.

Lo sciopero della fame  è ormai arrivato  al 14 ° giorno, e va crescendo,  ad oggi sono oltre 2300 gli scioperanti,  un segnale chiarissimo della  capacità di resistenza che sta crescendo tra gli oltre 4300 detenuti palestinesi. Tra questi Ahmad Sa'adat leader del FPLP le cui condizioni a seguito dello sciopero della fame si sono aggravate ed è stato trasferito nel carcere di Ramleh .
Con questa forma di lotta pacifica e drammatica, negli ultimi mesi i prigionieri politici palestinesi  hanno portato lo scontro con l’occupante israeliano fin dentro le carceri, lanciando al tempo stesso  un indicazione di unità e di resistenza verso il proprio popolo. Già ad ottobre dello scorso anno  centinaia di prigionieri palestinesi iniziarono a rifiutare il cibo per tre settimane. E’ stata poi la volta di Kadher Adnan che ha resistito per più di 64 giorni nel suo sciopero della fame contro l’ennesimo arresto arbitrario e preventivo  a cui era sottoposto, seguito da  Hana Shalabi una donna che è stata rilasciata ed esiliata dopo oltre 40 giorni di digiuno politico. I prigionieri palestinesi  insieme alle associazioni di sostegno come  Addameer e la Palestinians’  Prisoners Society , chiedono:
  • La fine della detenzione amministrativa; Il diritto alle visite per famiglie dei prigionieri della Striscia di Gaza, a cui questo diritto è negato da oltre  6 anni;
  • Il  miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri e la fine della legge 'Shalit', che priva i detenuti palestinesi  dell’accesso ai giornali e ai media, e persino del  materiale didattico .
  •  La  fine alle le politiche di umiliazione inflitte ai  detenuti e alle loro famiglie, quali perquisizioni corporali, le irruzioni notturne nelle celle e le  punizioni collettive.
Dalle carceri israeliane i resistenti  palestinesi chiedono la  solidarietà internazionale, il sostegno alla loro lotta e la denuncia della macchina repressiva israeliana che si fa ogni giorno più dura. Dinanzi ai preparativi di possibile conflitto con l’Iran, e più in generale di fronte al quadro di instabilità e di tendenza alla guerra i palestinesi rappresentano, per i governanti sionisti, il fronte interno e quindi una popolazione estranea da tenere brutalmente  sotto controllo.  Come per altri aspetti, la comunità internazionale ossia l’Unione Europea e gli Stati Uniti, lasciano mano libera all’alleato israeliano che può così rafforzare la sua occupazione.
Questa lotta dei prigionieri palestinesi  rappresenta una tappa del movimento di  liberazione  nazionale, ma a differenza di altre del  passato si svolge in uno scenario inedito per difficoltà e contesto internazionale . Il movimento che si sta sviluppando nelle prigioni israeliane, sta crescendo per influenza  e capacità organizzativa, tanto che nel  secondo comunicato del  Supremo Comitato Direttivo  questi  conferma la prosecuzione e l’estensione del movimento di protesta finché le richieste non saranno accolte.
Il  Primo Maggio in Palestina è stata la giornata dei lavoratori e dei prigionieri, è stata l’ennesima  giornata di resistenza popolare contro l’occupazione israeliana con manifestazioni in molte città e villaggi palestinesi.
Il movimento di solidarietà internazionalista è chiamato a sostenere come ha fatto nella giornata del 17 aprile la lotta dei prigionieri politici palestinesi 

mercoledì 2 maggio 2012

Primo maggio in Ciociaria

Luciano Granieri

Quello appena trascorso è stato un primo maggio molto particolare. In linea generale  perché si è celebrata  la festa dei lavoratori in un periodo in cui il lavoro non c’è.  La devastazione sociale che sta investendo gran parte dell’Europa a seguito di una controrivoluzione neo liberista - che ha distrutto una delle conquiste più importanti ottenute in decenni di lotte, ossia il lavoro come diritto, come strumento di promozione della dignità umana - ha trasformato anche la natura della festa dei lavoratori. E’ stato un primo maggio dunque di amara constatazione che l’oggetto della celebrazione sta venendo meno. Da qui dunque arriva il messaggio che bisogna alzare  il livello della lotta. Non è più sufficiente sollevare istanze affinché si ottengano delle condizioni di lavoro migliori, ma è necessario lottare per un nuovo sistema di società. Un sistema dove, a fronte del crollo  dell’utopia neoliberista, torni al centro della vita  sociale il lavoro come vero ed unico strumento di progresso della comunità. Per noi, impegnati nella campagna elettorale per le amministrative della  nostra città, è stato un primo maggio  pieno di incontri, di confronti diretti con la gente. La giornata di ieri ci ha dimostrato che l’esperienza maturata in anni di manifestazioni si sta rivelando molto preziosa per la nostra campagna elettorale. Noi siamo in piazza sempre e comunque, è la cosa che sappiamo fare meglio e speriamo che  i risultati in termini di ritorno di voti possano concretizzare questa nostra attitudine.  Non siamo capaci di abbuffare le popolazione con  luculliane cene, non ne abbiamo le possibilità economiche, né saremmo credibili. Infatti questi fasti messi in atto dai nostri concorrenti sono organizzati con gli stessi soldi estorti a quel popolo che oggi si vuole comprare a suon di ricche libagioni. Detto questo, noi  candidati consiglieri della lista di Rifondazione Comunista, con i compagni della lista  di Sel e di Frosinone BeneComune, insieme con la nostra candidata a sindaco Marina Kovari, ci siamo trovati nel corso della mattinata alle celebrazioni organizzate a Isola del Liri.  Il primo maggio  a Isola  è una tradizione consolidata nella  nostra provincia, qui batte il cuore pulsante di tutti i lavoratori e oggi anche di persone che il lavoro l’hanno perso o ancora non l’hanno trovato. In questo frangente si riuniscono tutti gli stati generali della sinistra provinciale. Ieri ad esempio erano presenti il segretario  provinciale di Rifondazione (Ornella Carnevale) e il segretario di Sel (Nazareno Pilozzi). In realtà abbiamo notato anche gli stati generali dei Narcisisti (leggi comunisti) italiani, ma facciamo veramente fatica ad iscriverli nel novero delle organizzazioni di sinistra, a meno che non si voglia qualificare il loro sodale, camerata Storace, come un  novello compagno rivoluzionario. 


Dopo una bella mattinata di confronto e condivisione del valore "lavoro come bene comune", la carovana elettorale, al seguito di Marina Kovari, si è spostata presso il quartiere scalo. Nei giardinetti limitrofi alla stazione  si è tenuto un comizio al quale hanno partecipato, Paolo Iafrate della  lista Frosinone BeneComune, il sottoscritto Luciano Granieri,  Andrea Cristofaro, candidati consiglieri per Rifondazione e la candidata a sindaco Marina Kovari. Pur nella solita desolazione che la città offre a chiunque tenga un comizio senza regalie di buoni benzina o banchetti, le nostre buone ragioni sono state apprezzate almeno da tre signori i quali ci hanno assicurato il loro voto. Direi un risultato “INSPERATO” .  




L’ultima tappa della giornata ha visto una parte della coalizione, in particolare il sottoscritto, e Maria Lucia Giovannangelo, candidati consiglieri per Rifondazione,  Paolo Iafrate per, Frosinone  BeneComune e l’instancabile candidata a sindaco Marina Kovari, trasferirsi alla festa del primo maggio organizzata dal quartiere Colle Cottorino . Anche questa è una tradizione consolidata per il quartiere, tanto che abbiamo incontrato altri candidati e dirigenti locali di partito in cerca di consensi elettorali, e non. Su tutti spiccava la presenza di Domenico Marzi già sindaco per due mandati di questa città,  di nuovo in corsa per la poltrona di primo cittadino e il parlamentare europeo Francesco De Angelis, (Pd) con il quale abbiamo scambiato quattro chiacchiere assieme al sindacalista Luciano Antonucci .  Oltre a fare un’ analisi dei flussi elettorali e dei sondaggi relativi alle varie coalizioni  Francesco De Angelis ci ha spiegato in breve le dinamiche che hanno determinato al rottura dei Socialisti con il Pd di Marini. Se non fosse stato per quei perditempo dei socialisti, refrattari alle primarie prima, e scontenti della candidatura di Marini poi, il centrosinistra più antico d’Italia mai si sarebbe sfaldato. Francamente non sappiamo se rammaricarci o plaudire ai sodali di Schietroma che hanno messo fine ad un centrosinistra molto più che vecchio, decrepito, mummificato, stratificato su reperti paleontologico-democristiani. Certo è che il nuovo corso dei socialisti ciociari ha contribuito a far nascere quella sorta di pastone indigesto con dentro ex comunisti, dipietristi e fascisti che appoggia la candidatura a sindaco del “volto nuovo” Domenico Marzi.Complimenti! Con lo spegnersi delle luci della festa di Colle Cottorino, si è concluso anche il nostro primo maggio. Una giornata impegnativa ma molto significativa e stimolante. E’ sempre bello potersi confrontare direttamente con la gente, ascoltare e condividere i problemi di tutti i giorni e provare ad avanzare delle proposte per risolverli, almeno in parte. E’ questo l’impegno che noi di Rifondazione, con i compagni di Sel e Frosinone BeneComune  ci siamo assunti appoggiando la candidatura a sindaco di Marina Kovari. Se avremo la possibilità di provare ad assolvere a questo impegno dipenderà dagli elettori. Noi siamo fiduciosi.

lunedì 30 aprile 2012

Lavoriamo con lentezza

Luciano Granieri


 Buon primo maggio  tutti, a chi il lavoro ce l’ha, precario o meno, a  chi è disoccupato. Oggi la festa dei lavoratori  diventa festa di sfruttati. Il governo dei banchieri,  considera i lavoratori come un capitolo di spesa da comprimere al  massimo .  Da un lato  chi lavora è uno  strumento indispensabili per produrre sempre più velocemente beni che non verranno venduti se non in minima parte,  dall’altro  i lavoratori devono tenere la testa impegnata a produrre ,  più sono veloci i ritmi di produzione e più non  si pensa, si  rimane schiacciati dal peso della fatica , non si  riesce ad estraniarsi e a riflettere  su quanto sia necessario  lottare contro chi ti  sfrutta.  Ma anche  i disoccupati sono sfruttati, e non riescono a pensare. Non riescono a sconfiggere il senso di vergogna che li prende, soprattutto se sono persone  non più giovani usciti dal giro del lavoro che ormai non li accetta più , rischiano la depressione e in alcuni casi si arriva al suicidio. Oggi questa è una triste realtà,  alla vittime sul lavoro  si aggiungono le vittime da non lavoro.  Purtroppo gli sfruttatori, padroni della finanza e delle multinazionali, cercano oggi di abbattere le ultime barriere rimaste per imporre il dumping sociale, per instillare uno spirito competitivo fra lavoratore e lavoratore che ne scalfisce lo spirito di solidarietà questo è il senso dell ’abolizione della contrattazione collettiva . Ma proprio da questo primo maggio è necessario organizzare la risposta, che deve  obbligatoriamente passare per le piazze, ma si può dispiegare anche nella vita di tutti i giorni. Cominciamo col rifiutare i  ritmi di vita frenetici che ci vengono imposti. Prendiamocela con calma,  viviamo più piano, non ammazziamoci di lavoro se ancora un lavoro ce l’abbiamo ,  non diamo loro la soddisfazione di vedere disoccupati depressi e lavoratori sfruttati. LAVORIAMO,  MENO, LAVORIAMO TUTTI. Rimaniamo cittadini, non diventiamo clienti. Usciamo dai centri commerciali, tanto i soldi per comprare sono sempre di meno, torniamo a parlarci nelle piazze, torniamo a condividere le nostre inquietudini, mettiamoci di traverso al loro sistema in putrefazione. Solo così forse un giorno potremo tornare liberi .  Liberi di lavorare per il bene comune e per la nostra dignità.  LAVORIAMO CON LENTEZZA.

In ricordo delle vittime sul lavoro

Giampiero Palmieri (responsabile lavoro) Circolo 5 aprile Prc Ceccano



Il circolo "5 aprile" del Partito della Rifondazione Comunista di Ceccano nel  celebrare il 1° maggio vuole ricordare quei lavoratori, nostri concittadini,  morti sul lavoro e rinnova, anche per quest'anno, l'invito, a tutta la  cittadinanza, a  partecipare, martedì mattina alle 11,00, alla deposizione di  un omaggio floreale ai piedi del monumento eretto in ricordo di quei lutti nel  piazzale Bachelet. Il Prc di ceccano invita dunque tutti a riflettere, al cospetto di quel triste  elenco, sulla matrice politica delle ricette economiche, capaci in un ventennio  appena di fiaccare il ruolo sovrano di milioni di italiani .L'attacco all'art. 18 è la dimostrazione chiara che chi si spende per  legittimare  lo svilimento dei nostri diritti fondamentali non ha più nel suo dna i valori costituzionali che nella loro interezza dovrebbero continuare a  costituire la base programmatica della nostra società civile.

Settant'anni di lotta esemplare

 di Alberto Tridente fonte : http://sbilanciamoci.info/


Per gentile concessione dell'editore Rosenberg & Sellier, che ringraziamo, pubblichiamo un estratto del libro di Alberto Tridente Dalla parte dei diritti (pp. 360, euro 25.50, presentazione di Gian Giacomo Migone)
Operaio e sindacalista torinese, dirigente dei metalmeccanici e responsabile della politica internazionale della Flm, protagonista della riscossa operaia unitaria, Tridente racconta la sua formazione morale e intellettuale, intrecciando emozioni e vicende personali con i grandi eventi della storia. Eccone un estratto
I luoghi dove ho lavorato
Scorrendo questi decenni di storia vado spesso con il pensiero ai luoghi dove ho lavorato, sofferto per la fatica, e al solo ricordo provo ancora pena e sgomento, forse perché si tratta di posti abbandonati, senza più vita. Eppure lì ho lavorato, vissuto, ancora bambino, affrontando le dure realtà della vita, della guerra.
Ho già scritto di questi luoghi, forse non a sufficienza, specialmente di quelli che spesso rivedo perché su strade abituali o di altri volutamente rivisitati. Ho già parlato di Venaria Reale e della Reggia restaurata – in quella città sono nato e ci vivono una sorella, la vedova di mio fratello maggiore, i loro figli e altri parenti – e anche della cascina di Borgaro, nei pressi dell'uscita dalla Tangenziale nord, dove lavorai alcuni mesi nell'estate-autunno 1944. Ho anche scritto del Morin, il barbiere di Viale Buridani, dove ho incominciato a lavorare come "ragazzo spazzola" nel 1941: la bottega, prossima alle Case Operaie della Snia Viscosa, dove ha lavorato tutta la mia famiglia, genitori e fratelli e sorelle, non c'è più. Rimangono invece i vecchi estesi stabilimenti riutilizzati per altre attività. La cascina di Borgaro è ancora lì: abbandonata e silenziosa. Si intravedono solo dei silos, chissà che cosa contengono. I campi dove nell'autunno 1944 guidavo i buoi nell'aratura sono quasi del tutto scomparsi. Non si può immaginare che in quei campi un ragazzino di soli dodici anni lavorava duramente, scalzo e affamato, conducendo anche le pecore al pascolo. Da quella cascina fuggii di notte, in pieno coprifuoco, calandomi nel torrente Stura. Seguì il primo lavoro in fabbrica, la Giuntini, una quindicina di operai in Via Don Bosco, al Martinetto, uno dei quartieri popolari della città. Di quella piccola fabbrica rimane la sola targhetta della famiglia che vi abita a ricordarmi che lì ho lavorato per due anni, il mio primo ingresso in una fabbrica vera dal 1945 al 1947. Poco lontano, in Borgo Vittoria, c'era l'altra fabbrica, dove lavorai dal 1947 alla fine del 1953: la Fonti Luigi Eredi in Via Carlo Lorenzini, l'inventore di Pinocchio, meglio noto come Collodi. La fabbrica della Fonti Luigi Eredi è anch'essa silenziosa: non filtrano luci e i riflessi violetti dell'arco elettrico delle saldatrici al lavoro sono solo un ricordo. Fa tristezza la fabbrica muta; senza vita, morta, Fa tristezza come la cascina e la "boita" di Via Don Bosco, la fabbrichetta Giuntini. Anche la Fonti non era grande: una cinquantina di lavoratori tra meccanica e falegnameria, tutti amici i giovani, guardati con riverenza gli anziani. Ci lavorarono fraterni amici della Ceseta: Mario Barletta, Gualtiero Marangon, e altri di diverse comunità parrocchiali con i quali andai per montagne negli anni successivi. I tre fratelli Fonti l'avevano ereditata dal padre Luigi: erano professori alla Casa di Carità Arti e Mestieri, la scuola dove tornai a studiare dopo l'abbandono del 1941 per frequentare i corsi serali di orientamento professionale. In quella fabbrica imparai a saldare banchi per scuole, tralicci per appendere il tabellone con il cesto del gioco della pallacanestro e altre attrezzature ginniche per palestre. Infine ci furono le Ferriere di corso Mortara, il settore siderurgico della Fiat, dove lavorai per tre anni. In origine si chiamavano le Ferriere Piemontesi, prima che la Fiat le acquistasse per rifornire di lamiera le carrozzerie del Lingotto e poi di Mirafiori. In Via Livorno vi è ora la Ipercoop e dell'acciaieria di corso Mortara non rimangono che tralicci verniciati di rosso e l'immenso tetto che ricopriva la fila dei forni di rifusione dei metalli ferrosi. Lavoro duro, faticoso, caldo insopportabile: era però un mestiere importante. A seconda del rottame e degli ingredienti aggiunti, l'acciaio era trasformato in nobile metallo, anche inox, per i molti prodotti di uso quotidiano. Di quel mondo non è rimasto più nulla. Saranno pochi gli operai sopravvissuti all'usura, alle malattie, agli anni, soprattutto i miei più anziani compagni di lavoro, che mi insegnarono a lavorare, a saldare, a capire i processi chimici che avvengono durante la fusione dei metalli. Meno nobili, naturalmente, le patologie causate da quel lavoro: la silicosi era una di quelle più micidiali e frequenti, colpiva i polmoni degli operai e mieteva vittime nelle acciaierie e nelle fonderie. Era ed è ancora la malattia professionale più temuta, apre infatti la strada ad altre non meno gravi, come i tumori polmonari. Quelle malattie mi erano state risparmiate dalla provvidenziale proposta di andare alla scuola sindacale di Firenze, il ritorno alla scuola vera, quella che mi avrebbe aperto le porte agli incarichi e alle responsabilità da dirigente sindacale. Nonostante tutto quegli anni di lavoro manuale mi avevano dato molto, sempre accompagnati dalla professionalità e dalla conoscenza della vita operaia, dall'umanità dei compagni di lavoro, lottatori sindacali onesti, laboriosi padri di famiglia. Nella loro umiltà mi hanno insegnato molto, non solo professionalmente. Le grandi opportunità di crescita culturale e politica, che mi sono state offerte nel corso del tempo e che mi hanno portato lontano, sono state permesse anche dalla loro preziosa capacità di offrire esempi di vita ricca di validi insegnamenti. A tutti questi indimenticabili compagni di lavoro, di cui ricordo solo i soprannomi – come tali erano quasi sempre conosciuti – debbo molto, per tutto quanto è poi stato negli anni successivi della mia vita.
A Roma la Fim e la Flm sono rimaste in corso Trieste. Seppure nuovamente separate, le organizzazioni dei metalmeccanici coabitano nello stesso edificio di sempre, che vide nascere la Fim. Lì nacque anche il sindacato unitario di polizia, il Siulp. Ricordo con emozione la sera che tornando in sede vidi numerose auto della polizia ferme con le radio gracchianti. Erano le sollecitazioni che pervenivano dalla Centrale, ma gli equipaggi delle volanti non rispondevano: si erano riuniti nella sede sindacale dei metalmeccanici per costituire il loro sindacato, il primo sindacato di polizia, autonomo, democratico. Era stato uno straordinario passo in avanti nella democratizzazione del paese e si compiva nella sede del mio, del nostro sindacato!
Termina qui la storia, ma non la corsa. Questa continua nel tentativo di aggregare strutture di servizio pubblico ed enti amministrativi territoriali per realizzare altre iniziative da inserire nel programma di cooperazione, al quale sto dedicando immutata passione e gran parte del mio tempo. Non sento stanchezza né vivo delusioni di sorta, nonostante difficoltà non facili da superare. Il mio inesauribile ottimismo mi sorregge sempre, affidato non solo al mio carattere naturale, ma basato su quanto di nobile esiste nell'essere umano, che al meglio si esprime nella solidarietà e nel dono. Traggo fiducia ed energia dai molti e generosi esempi di dedizione di quanti si applicano ogni giorno all'attività nel volontariato, nelle ong, nelle cooperative sociali, negli ospedali. Traggo fiducia dagli onesti operatori dei servizi pubblici dei vari campi di attività e da quant'altro viene offerto alla cittadinanza da credenti e laici, uomini e donne dagli alti profili civili, e anche, nonostante tutto, dai molti altri onestamente impegnati ogni giorno nella politica e da semplici cittadini che, nel privato e nel pubblico, svolgono con rigore il proprio lavoro e dovere di cittadini. Dall'impegno dei singoli e dei gruppi, che non badano al proprio tornaconto personale o alla sola carriera, traggo questi stimolanti esempi.
Le carriere sono possibili e lecite, opportunità che non vanno ricercate come fine a se stesse, come del resto l'ascesa sociale spesso offerta dalle circostanze, senza per ciò dover vendere la propria anima a chicchessia. Basta fare il proprio dovere ed essere disponibili a servire ideali.

Unesco e jazz: quando i diritti hanno swing

www.rivistasitiunesco.it

Il Jazz è capace di instaurare un dialogo rivoluzionario tra razze, religioni e classi sociali
«Il 30 aprile non festeggeremo il jazz per le eccellenze e i virtuosismi raggiunti dai suoi creatori ed esecutori. Non ci soffermeremo sulle modalità in cui personaggi come Charlie Parker e Thelonious Monk hanno saputo ispirare la narrativa di Julio Cortazar, né analizzeremo le influenze dei ritmi del jazz sulla prosa di Louis Ferdinand Céline o di Francis Scott Fitzgerald. Niente di tutto questo. Noi celebreremo la musica Jazz per la sua capacità del tutto unica -anche nel mondo della musica- di mettere in contatto e far dialogare tra loro culture diverse e per il carattere assolutamente rivoluzionario di questo dialogo, in grado di infrangere qualsiasi barriera di razza, religione, classe sociale».
Sono le parole di Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco, a commento dell’istituzione della prima Giornata internazionale della musica jazz, fissata appunto per il 30 aprile. Queste perché, secondo l’emanazione dell’Onu, il jazz è «Uno strumento di sviluppo e crescita del dialogo interculturale volto alla tolleranza e alla comprensione reciproca». E in effetti, sebbene non sia stato un percorso facile e privo di ostacoli, il jazz è stato tra gli strumenti utilizzati dal popolo afroamericano per conquistare i diritti più elementari negli Stati Uniti della prima metà del Novecento.
Un razzismo latente di fondo si celava già nel pensiero che gli afroamericani degli esordi del jazz suonassero completamente a orecchio, senza la minima consapevolezza delle note, dell’armonia. Peraltro uno dei geni assoluti, forse il genio assoluto, colui che ha permesso lo sviluppo del jazz così come lo conosciamo, Louis Armstrong, non ha mai fatto nulla per smentire questa falsa convinzione. Non l’ha mai detto esplicitamente, ma il suo pensiero potrebbe “suonare” così: «Cari bianchi, siccome sono nero e sono del Sud, avete bisogno di pensare che io sia troppo pigro e ignorante per poter studiare la teoria musicale, l’armonia, la composizione? Bene, allora lascerò intatta questa idea. Continuate pure a pensare che i miei assoli di tromba siano totalmente “improvvisati”, l’importante è che mi facciate suonare».
Tale idea è rimasta effettivamente radicata nel pensiero di molti, quasi tutti, fino a oggi. E invece si è scoperto che Armstrong, negli anni ’20 del secolo scorso, aveva depositato gli spartiti dei suoi assoli, talvolta anni prima di suonarli in pubblico e di inciderli su disco. E insomma, qualcuno ha dovuto ricredersi (molti devono ancora farlo) dalla convinzione che questi strani poco-più-che-selvaggi fossero dotati di un misterioso potere che permettesse loro, come per magia, di suonare esattamente le note nell’armonia, di andare a tempo, di inventare melodie anche molto complesse.
Poi il jazz è andato avanti, velocissimo, come il mondo che gli girava attorno. Si è spostato da New Orleans a New York, dove sono arrivati i bopper, quelli che negli anni ’40 suonavano (davanti a un pubblico di bianchi) una musica nuova, indiavolata, incomprensibile per i “non addetti ai lavori”. Un nome su tutti: Charlie Parker. Il jazz non era mai stata prerogativa degli afroamericani (altro mito da sfatare), ma questa nuova musica sì. Era la musica di una comunità, tanto che alcuni suoi esponenti, per provocazione, si esprimevano in improvvisazioni complesse e rapidissime dando le spalle al pubblico, indossando occhiali da sole, abbigliandosi in maniera riconoscibile, da bopper, appunto.
Poi, ancora, la riscoperta delle radici africane negli anni ’60, ma non è questa la sede per ulteriori approfondimenti. Basti sapere che nel frattempo il jazz si era diffuso in tutto il mondo, non poteva già più inquadrarsi come fenomeno “neroamericano”. Ormai era di tutti, vi attingevano a piene mani anche i grandi compositori del mondo classico. Era cresciuto al punto da rientrare nella definizione che oggi ne dà l’Unesco. E che ne dava anche un altro genio assoluto, John Coltrane: «Il jazz, se si vuole chiamarlo così, è un’espressione musicale; e questa musica è per me espressione degli ideali più alti. C’è dunque bisogno di fratellanza, e credo che con la fratellanza non ci sarebbe povertà. E con la fratellanza non ci sarebbe nemmeno la guerra».
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La nostra celebrazione
Luciano Granieri

Come appassionati di jazz non potevamo non accogliere con entusiamo l'iniziativa dell'Unesco. La nostra valutazione  personale dell'evoluzione jazzistica , forse diverge un po' dall'analisi musicale sociale e politica elaborata dall'UNESCO. Ma giustamente, questa è un occasione in cui gli aspetti stilistico musicali passano in secondo piano. Noi diamo il nostro contributo con una serie di nostri filmati che in modo molto sommario, ma speriamo incisivo  tracciano una linea dello sviluppo della musica Afroamericana nel corso del tempo.

Iniziamo con Oscar Peterson.
In termini cronologici, il brano postato non rispecchia lo storico temporale, ma in termini stilistici, Oscar Peterson, essendo allievo di Art Tatum, avendo suonando con Louis Armstrong e  facendo abbondante uso dello stile pianistico Boogie Woogie, proprio dei pianisti di jazz dei primi del '900, può a  pieno titolo rappresetnare il jazz degli albori, quello appunto dei mitici Jelly Roll Morton, Jay P. Johnsono, prima e Louis Armostrong dopo.




Sullo swing, il jazz  degli anni '30 preferirei sorvolare, non che Benny Goodmann o Glenn Miller non siano fantastici musicisti, ma sono l'emblema della mercificazione di un operazione musicale, culturale e sociale  rivoluzionaria. Ridurre questa straordinaria creatura a musica da ballo, può essere a livello di diffusione popolare importante, ma sicuramente è degradante a livello artistico. Meno male che poi è arrivato Duke Ellington ad aggiustare le cose rendendo giustizia creativa al jazz orchestrale. Passiamo dunque direttamente al mitico Charlie Parker e all'era del Be Bop. Per lo spirito creativo e virtuosistico comincia dall'alto sassofonista di Kansas City una grande storia musicale e sociale infinita . L'improvvisazione diventa il perno delle esecuzioni, il tema viene stravolto, quasi ignorato, il fluire delle note è talmente rivoluzionario che segnerà lo stile di vita di una intera generazione, quella beat generation che ha in Jack Kerouac uno dei suoi maggiori esponenti letterari. Il video che segue è una sequenza fotografica di una graphic novel dedicata alla vita di Parker, Assieme a Charlie ci sono il compagno di tante battaglie Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach e Charlie Mingus.



Nel ventennio dei '40 -'50 il Be Bop si è evoluto in diversi stili, la west coast, - propria dei musicisti bianchi in cui gli schemi improvvisativi si combinavano con costruzioni armoniche più mediate, fraseggi puliti, privi di fronzoli, fra i jazzisti più rappresentativi possiamo citare Stan Getz, Paul Desdmond, Gerry Mulligan e l'immenso Chet Baker, -  e l'Hard Bop una estremizzazione del linguaggio improvvisativo del Be bop, nei cui germi già si intravedevano gia i prodromi del Free. Di questo stile proponiamo due video. Uno di Freddie Hubbard, e l'altro di un fantastico quartetto composto da Herbie Hancock al pianoforte, Pat Metheny alla chitarra, Dave Holland al basso e il batterista preferito dal sottoscritto Jack De Johnette.





E passiamo agli anni '60 e '70, questa è un'era in cui il jazz diventa veramente strumento di lotta politica, la distruzione della scala sociale americana che vedeva le popolazione afroamericane soccombere in ogni aspetto della vita comune, rispetto ai bianchi, si esplica in una forma improvvisativa che abolisce e distrugge  ogni limite armonico. Non sono più necessarie sequenze di accordi a supportare un fraseggio sui può improvvisare partendo da una semplice scala e addirittura da una nota. Questa modalità fra l'altro viene contaminata da altri stili musicali come il rock. E' di questo periodo la rivoluzione del free jazz rock che ha come suo indiscusso protagonista Miles Davis, peraltro non nuovo a rivoluzioni stilistiche, a lui si deve l'evoluzione dell'Hard Bop nel Cool Jazz, ma qui non c'è spazio per approfondire questo tema. Tornando al Free jazz puro possiamo partire da John Coltrane, per passare ad Ornette Colemann, fino agli Art Ensemble of Chicago, questi sono solo alcuni caposcuola di questo stile che annovera fior di musicisti. Anche qui i contributi video sono due. Uno di McCoy Tyner , pianista storico di John Coltrane con uno straordinario Bobby Hutcherson al  vibrafono e l'altro di Miles Davis, con un potente Gary Bartz al sax tenore e soprano e un geniale Keith Jarrett.




Ma la storia non finisce qui. Oggi  molti giovani di talento assicurano a questo linguaggio musicale un futuro radioso. Il prossimo contributo video riguarda due giovani ciociari di grande talento, Matteo Nizzardo alle tastiere e Cristiano Coraggio alla batteria.  I dei jazzisti in erba  accompagnano uno dei migliori sassofonisti italiani ed europei, guarda caso anche lui ciociaro doc di Alatri. Mauro Bottini. Fino a quando il jazz avrà questo bacino di giovani artisti da cui attingere l'UNESCO potrà stare tranquilla.

domenica 29 aprile 2012

Il lavoro è un bene comune.

Luciano Granieri


"I beni comuni esprimono utilità funzionali all'esercizio dei diritti  fondamentali dell'uomo, nonchè al libero sviluppo della persona". Questo è un estratto della definizione di bene comune così come espresso dalla commissione Rodotà per riformare la materia dei beni pubblici. E' molto evidente come in questa categoria rientri il lavoro che E' UN DIRITTO  e non una merce,   dunque  non può essere soggetto a trattative  di ordine economico così  come avviene oggi e come si vuole avvenga sempre più in futuro.  Non è un caso che il governo dei tecnici,  emanazione diretta della Bce, dell'FMI, e dell'Unione Europea, voglia riformare non una semplice normativa sul lavoro ma "IL MERCATO DEL LAVORO". Per questo motivo riteniamo che tutta la conflittualità posta in essere per difendere gli altri beni comuni debba applicarsi con ancora maggiore forza al DIRITTO DEL LAVORO che oggi è sotto  i virulenti attacchi da parte del regime della finanza. Attacchi tanto più devastanti perché  spesso in molte vertenze non trovano la necessaria opposizione delle organizzazioni sindacali confederali , in particolar modo Cisl, Uil e, in qualche caso, Cgil  - FIOM a parte - . Come lista di Rifondazione Comunista/La Colomba, che sostiene la candidatura a sindaco per Frosinone di Marina Kovari, insieme con la lista di Sinistra Ecologia e Libertà e la lista civica Frosinone Bene Comune, abbiamo deciso di ragionare su quali possibilità concrete può  avere un'amministrazione comunale per difendere dal territorio il LAVORO BENE COMUNE. Per questo motivo abbiamo organizzato per  il 2 maggio prossimo un dibattito pubblico al quale interverranno Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale della FIOM, Roberta Fantozzi, responsabile nazionale del lavoro Prc e Marco Veruggio dell’associazione Contro Corrente Sinistra di Rifondazione Comunista.
Crediamo che le questioni che si andranno a dibattere meritino un’ampia partecipazione,.



Benvenuti a Frosinone, una città sotto inchiesta

Giacomo De Luca: fonte "il manifesto" del 29 aprile

 VERSO LE AMMINISTRATIVE A FROSINONE LA SINISTRA SI COALIZZA ALLA FRANCESE E GAREGGIA DA SOLA IN NOME DEI BENI COMUNI.

Marina Kovari è la Mèlenchon ciociara, alla guida di un fronte unito delle sinistre

  Definita da Argan la città più brutta d’Italia, secondo un recente rapporto di Legambiente è ora fra le più inquinate. Circondata dai monti Ernici, Lepini e Ausoni, ènel cuore della Ciociaria, terra di contadini e di letterati, dove oltre duemila anni fa nacque Cicerone.
Benvenuti a Frosinone. Qui in un passato ormai lontano , venne inaugurato lo stabilimento della Permaflex, fondato dal pistoiese Licio Gelli che, evidentemente, aveva trovato terreno fertile per le sue imprese in terra andreottiana . Già roccaforte della Dc di Andreotti, è stato feudo di Ciarrapico.

Il sacco della città
Nel capoluogo ciociaro a comandare sono i costruttori che, come nel celebre film di Rosi, hanno messo “le mani della città”, di fatto impedendo l’adozione di un Piano regolatore. La città è vittima di una cementificazione selvaggia effettuata in spregio a ogni criterio urbanistico e decoro estetico. E’ una città “sotto inchiesta”, come ci spiega Francesco Notarcola, memoria storica della locale. Piena di scandali edilizi che ne hanno devastato il territorio. Da ultimi,il mattatoio trasformato in casa della cultura dove la cultura non ha mai accesso, la piscina olimpionica di nuoto(quella della cricca Anemone per intenderci), la speculazione del carcere trasformato in appartamenti ceduti alla ditta esecutrice dei lavori, lo scempio urbanistico del parcheggio multipiano e la Piastra dei Cavoni che ha strozzato la viabilità della Monti Lepini.
Ma lo scandalo che più inquieta è un altro. La città, un tempo popolata dai Volsci, si trova a metà strada fra Roma e Napoli. Per la sua posizione strategica, ci sono importanti resti archeologici . Sotto il cemento, ovviamente. Sì, perché le varie amministrazioni hanno consentito che vi si costruisse sopra. Così, negli anni ’60, sono stati seppelliti un anfiteatro romano risalente al I secolo d,C. e 800 mq di terme romane. Nel 2000, è stato realizzato un  parcheggio sopra reperti archeologici pertinenti ad un edificio databile alla prima età imperiale. Nel 2008, è stato realizzato un altro parcheggio che ha seppellito un impianto termale risalente al III-IV secolo d.C. di ben 900 mq.  Quest’ultimo, grazie a una concessione scandalosa, effettuata per la durata di 60 anni al costo di neanche 70.000 euro. Intanto il centro storico, nella parte alta della città, si sta spopolando, mentre in periferia si continua a fabbricare, senza che vi sia una piazza, un punto di aggregazione. La vita sociale si è trasferita dalle vie del centro storico ai corridoi di un centro commerciale. Gli imprenditori dell’edilizia si sono arricchiti con i project financing, usando un moderno strumento anglosassone, per perseguire un antico progetto italiano di saccheggio del territorio.
Simbolo del modello frusinate è il nuovo stadio Casaleno, che avrebbe dovuto sostituire il vecchio Matusa. La proposta fu partorita dalla coppia Stirpe-Zeppieri, rispettivamente presidente del Frosinone calcio e leader del più grande gruppo di costruzioni ciociaro: un  project financing da 60 milioni di euro e compensazioni attraverso cubature, licenze, e ricavi di gestione. Il nuovo stadio avrebbe dovuto ospitare la squadra di calcio cittadina durante il suo periodo di gloria, quando militava nella serie cadetta e si scontrava con Napoli e Juve. I sogni di gloria svaniscono presto. Il Frosinone è tornato a militare in Prima Divisione, a gareggiare con Pergocrema e Feralpisalò, e i lavori per completare il nuovo stadio non sono mai iniziati, anzi, la nevicata di febbraio ne ha determinato un crollo parziale.
Altro capitolo è il teatro comunale , il “teatro che sarà”, cavallo di battaglia del sindaco in carica Marini (Pd) che, nel settembre dello scorso anno , ne ha presentato il progetto alla presenza diCarla Fracci e Gigi Proietti. Frosinone,che conta poco più di 40.000 abitanti, è infatti priva di teatro. Condividiamo la necessità di investire per la cultura, ma il dubbio è che qui si intenda investire non per essa ma per il suo contenitore. Così anziché sviluppare le storiche istituzioni culturali della città,  come il conservatorio di Musica e l’Accademia delle Belle Arti, quest’ultima in stato di abbandono, si  è scelto di costruire un teatro dalle dimensioni faraoniche, nella peggiore tradizione delle grandi opere, di scarsa utilità  per i cittadini e sicuri profitti per le imprese.
In questo caso, peraltro, la realizzazione del teatro è stata commissionata alla Nidaco Coatruzioni, ditta di Venafro che fa capo ai nipoti dell’Europarlamentare Aldo Patriciello (Pdl), coinvolto  in gravi indagini penali. Fra queste, l’inchiesta “Piedi d’argilla”: secondo gli inquirenti, insieme al fratello Gaetano, detto “Saddam”, nel 2004 avrebbe fornito calcestruzzo per l’edificazione di pilastri di un viadotto. In tale procedimento il gruppo Patriciello era stato definito come la faccia criminale del clan ‘ndranghetistico dei Garofalo di Petilia Policatro, nel crotonese. Il giudizio, dopo una sentenza che aveva condannato “Saddam” e assolto l’onorevole, è attualmente pendente dinanzi la Corte di appello di Campobasso, a seguito dell’appello promosso dalla Procura. Visto l’inquietante quadro generale, l’affidamento dei lavori alla ditta molisana non lascia grandi speranze sui tempi, sulla qualità e sui costi di realizzazione. Lascia piuttosto una domanda: il teatro ci sarà?

La questione Ambientale
Frosinone è il centro della valle del Sacco. Qui, in era andreottiana, fiorirono industrie finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno. La zona è ora avvelenata dagli scarichi che dalle industrie confluiscono nel fiume che dà il nome alla valle. Con discariche a cielo aperto, terreni e falde acquifere contaminate, che hanno creato problemi nella catena alimentare. Nel 2005 furono trovate 25 mucche morte lungo il fiume nei pressi di Anagni, a causa dell’arsenico presente nel fiume. Fu abbattuto il bestiame, furono distrutti i prodotti agricoli  e chiuse diverse aziende. Giusto un segnale di quello che la crescita e l’industrializzazione hanno rappresentato nel frusinate. Il frutto di un sistema perverso che ha portato ricchezze agli imprenditori e lavoro agli operai. Ma che ha distrutto il territorio

Il fronte di sinistra
Negli ultimi 15 anni la città è stata governata dl centrosinistra. Con il contributo decisivo di noti soggetti della destra locale. Da Romano Misserville (ex repubblichino, in seguito missino, poi trasmigrato nelle file mastelliane e sottosegretario del Governo D’Alema) a Francesco Storace, originario di Cassino. La città è stata quindi sempre governata da un fronte trasversale, secondo logiche clientelari. In questo contesto il 6 e il 7 maggio si terrà il primo turno delle Comunali. A contendersi il posto sono 8 candidati, mentre sono 700 (circa uno ogni 60 abitanti) i candidati consiglieri.
A queste latitudini né Vendola né Ferrero sono venuti. Misteri della sinistra. Hanno fatto male. Perché avrebbero scoperto un fronte di sinistra ciociaro unito e combattivo. Lo guida una giovane operatrice culturale, Marina Kovari, origini napoletane, candidata a sindaco per Sinistra Ecologia e Libertà, Partito della Rifondazione Comunista – indipendenti la Colomba e Frosinone BeneComune, network di comitati e associazioni che si sono battuti contro la privatizzazione dell’acqua, per la valorizzazione dei beni ambientali e archeologici e per un’antimafia sociale. La incontriamo insieme ad Alberto Bianchi del Comitato acqua pubblica regionale, in un locale del centro storico e ci spiega di aver impostato la campagna elettorale  su tematiche culturali e ambientali viste le piaghe della città “Una città difficile in cui si respira un’illegalità e una corruzione diffusa. Terreno fertile per la criminalità organizzata”. E’ invece arrivato a Frosinone per benedire la sua candidata Beppe Grillo, che ha tenuto il suo comizio presso il bar Minotti, storico covo della destra locale.
A pochi giorni dalla contesa elettorale i cittadini sembrano disincantati. Come altrove, cresce il popolo dell’antipolitica e si prevede una consistente astensione. I favorito sono il sindaco uscente, Michele Marini, appoggiato da Pd e Udc, l’eterno sconfitto Nicola Ottaviani, (Pdl e Udeur), avvocato penalista alla terza candidatura e l’outsider Memmo Marzi, uomo forte della politica ciociara, già sindaco per due mandati che naviga a vele spiegate fra i venti dell’antipolitica, con l’appoggio di socialisti, Comunisti Italiani, Italia dei Valori e Storace, una marmellata biancorossonera francamente indigesta. Ma Kovari, la Mèlènchon ciociara, non demorde e dichiara: “Puntiamo al ballottaggio