sabato 2 giugno 2012

I beni comuni NON SI VENDONO

Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum dei Movimenti per l’Acqua



ll Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha appreso dalla stampa l’orientamento che la Regione Puglia starebbe assumendo rispetto alla privatizzazione dei servizi pubblici.



Il Presidente della Regione, in due interviste apparse di recente sui giornali locali, afferma che entro dicembre sarà definito l’ingresso dei privati nella gestione dei rifiuti, dei trasporti e perfino dell’acqua, in ottemperanza a una non meglio precisata normativa nazionale (http://www.lagazzettadelmezzogiorno 
Tale affermazione suona come un’offesa a tutti quei cittadini/e che, in Puglia come in tutto il Paese, con il referendum dell’anno scorso hanno ribadito di voler salvaguardare il carattere pubblico dei beni comuni contro ogni processo di mercificazione e di profitto.

Né può avere senso giuridico e politico l’annuncio di una legge regionale con cui si metterebbe “in sicurezza la natura pubblica dei servizi locali” tutelandone contemporaneamente la privatizzazione (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/politica/2012/29-maggio-

Questa “nuova” narrazione ci sembra davvero fantasiosa.


In realtà, con questa posizione il Presidente Vendola contraddice le sue numerose precedenti affermazioni e gli atti stessi del governo regionale ponendo, di fatto, un macigno

sull’ interlocuzione che, pur non sempre facile e fluida, era intercorsa con il movimento dell’acqua bene comune.



Il Comitato Pugliese ne prende atto e sente il dovere di intensificare, a maggior ragione e con più vigore, il proprio impegno affinché la volontà popolare, da più parti minacciata e vilipesa, sia rispettata.

In quest’ottica investirà della questione tutti i Comuni della Regione Puglia che, insieme ai cittadini, saranno i primi a subire le conseguenze della “cessazione delle municipalizzate e dell’apertura del mercato ai privati” annunciata dal Presidente della Regione.

Rispetto a questo, e partendo proprio dalle dichiarazioni del Sindaco di Bari secondo le quali “l’amministrazione intende rispettare pienamente la volontà popolare espressa attraverso il voto referendario” (http://www.ecodallecitta., chiediamo ufficialmente all’Amministrazione di BARI,
attraverso il Coordinamento degli EE. LL. per la ripubblicizzazione del S.I.I., di promuovere al più presto un incontro programmatico con i Comuni pugliesi perla difesa e la ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici locali (a partire dal servizio idrico integrato), ovvero la loro gestione attraverso soggetti di diritto pubblico con partecipazione sociale.


Perché si scrive Acqua e si legge Democrazia.

L'intrigo del Papa a Milano

Luciano Granieri



Come è ormai noto a tutti nella giornata di oggi insieme alla parata militare svoltasi a Roma per celebrare il 2 giugno, a Milano è andata in scena  la parata religiosa in onore della famiglia.  Nel primo caso  il grande protagonista è stato il presidente della repubblica, nel secondo,  la scena è stata tutta ad appannaggio di Papa Benedetto XVI. Le visite papali nella città dell’amaro da bere non sono molto frequenti.  L’ultima, di Giovanni Paolo II, risale al 1984 e prima di questa per trovare un Papa ospite della città meneghina bisogna risalire al 1418 quando Papa Martino V soggiornò in “Mediolanum” per  tre giorni.  Su questa visita del papa noi di Aut abbiamo fatto  un scoop. Sembra certo  che la kermesse papalina  di questi giorni originariamente non sia stata decisa per una  esaltazione  generica dei valori della famiglia. L’idea di Papa Ratzinger,grande studioso di teologia  e di storia  del Cristianesimo, fosse quella di celebrare  un  evento  altamente mistico , di  assoluto valore biblico avvenuto in Milano agli inizi del 1100, nel 112 precisamente.  In questo inizio dell’anno mille il lombardo popolo pio  potè assistere niente meno che alla manifestazione del GIUDIZIO DI DIO.   Il Creatore venne chiamato  in causa dall’allora arcivescovo di Milano il quale fu accusato da un prete povero , “ben visto dai poveri cristi”, di  essere un ladro, di tiranneggiare e saccheggiare la città di Milano in combutta con l’imperatore.  Tali accuse, indussero l’arcivescovo simoniaco ad invocare il giudizio divino. Il prete accusatore, avrebbe dovuto camminare  sui carboni ardenti. Qualora Dio avesse riconosciuto che le invettive dl Prete Liprando   non erano ingiurie ma la verità, il povero sacerdote non si sarebbe bruciato, e la maledizione si sarebbe abbattuta sull’arcivescovo  costringendolo a lasciare Milano con vergogna e ignominia, qualora invece i carboni ardenti avessero arrostito le estremità di Liprando, questo avrebbe dovuto pagare con atroci sofferenze e  la morte il suo ardire. Le cronache dicono che Liprando ne uscì sudato ma non bruciato per cui il GIUDIZIO DI DIO si compì santificando l’umile e pio prete dei “poveri cristi” condannando l’arcivescovo alla vergogna e all’esilio . Questo era l’evento che il papa avrebbe voluto celebrare in quel di Milano. Se non chè a seguito di diversi studi si è venuto a scoprire che l’arcivescovo ladro e simoniaco era un vecchio antenato  dell’attuale segretario di Stato  Vaticano, Cardinale  Tarcisio Bertone, il quale avrebbe preso questa celebrazione come un offesa personale  rinunciando  ad  accompagnare il Papa in una visita così importante dal carattere internazionale.  Visto  che nei  recenti scandali scoppiati intorno alla Santa Sede la figura del  segretario di stato era sempre al centro delle polemiche,  per non dare adito ad ulteriori screzi,  si è deciso cambiare la motivazione della visita. Non più celebrazione di un evento Pio  e Santo come il giudizio di Dio, ma una generica esaltazione dei valori della famiglia con i soliti fanatici teodem  scatenati per la città a  rompere i coglioni perfino ai giornalai  di Linate costretti a rimuovere dall’edicola le copie di Playboy posizionate tropo vicino a quelle di Famiglia Cristiana.  Ancora una volta le ragioni di Stato hanno prevalso sulla secolarità della religione.  Ci vorebbe una rivoluzione ma ancora non siamo  ecclesiasticamente   attrezzati.

La rievocaizone


Parole: Dario Fo
Musica: Enzo Jannacci

venerdì 1 giugno 2012

La corruzione infinita della politica borghese

Claudio Mastrogiulio




Per descrivere gli scandali che hanno tempestato il mondo politico, sia nei suoi assetti istituzionali che partitici, non basterebbero decine di libri. Affrontare questo tema nei suoi singoli accadimenti è compito (ingrato) che lasciamo agli osservatori borghesi, affannati nello spiegarci come questo sistema sia il migliore del mondo ma con qualche piccolo intoppo. Noi, al contrario, pensiamo che dagli spunti offerti dalla realtà, debba trarsi un'analisi complessiva del fenomeno, cercando di comprenderne fino in fondo le motivazioni.
 
I partiti borghesi e la sinistra governista
Le cronache dei giornali degli ultimi mesi sono state occupate da scandali di ogni tipo, dalle inchieste sui vertici di Finmeccanica, fino alle appropriazioni dei rimborsi elettorali dei vari Lusi e Belsito, passando per le infinite storie di ordinaria corruzione e quotidiano malaffare. Tralasciando l'indecenza delle somme in ballo, che mettono in evidenza come i partiti politici siano uno degli strumenti fondamentali di cui il sistema capitalistico si serve per imbrigliare le masse attraverso l'inganno "democratico", è evidente il tema di fondo che permea la questione. Centinaia di milioni di euro sono costantemente sottratti dalle tasche dei lavoratori italiani ed incamerati nelle casse delle organizzazioni politiche al servizio dei poteri forti nazionali ed internazionali. Abbiamo sentito i rappresentanti dei vari partiti politici parlare di assoluta necessità dei finanziamenti pubblici per evitare che le varie lobbies possano influenzare le linee dettate dai vertici dei partiti stessi. Niente di evidentemente più falso, come dimostrano sia le strategie servili messe in campo tanto dai partiti borghesi come dai loro collaboratori della sinistra governista, sia le somme imponenti che vengono costantemente elargite loro proprio da quelle stesse strutture capitalistiche (imprenditori, banche, assicurazioni, ecc..).
Dunque, il discrimine è questo: pensare, come fanno i riformisti, che sia necessario apportare semplicemente qualche correttivo all'attuale sistema economico-politico, magari attraverso l'azione puramente dimostrativa di alcuni magistrati; oppure, molto più realisticamente, proporre, come fanno i rivoluzionari, un'alternativa di sistema, in grado di evitare che vengano ad esistenza i presupposti stessi di questi continui scandali.
Non è un caso, infatti, che nel quadro di un sistema complessivo incentrato sulla ricerca spasmodica del profitto, le organizzazione che nei fatti lo gestiscono arrivino ad avere tra le proprie fila ladri, corrotti, corruttori ecc. Non è una questione di uomini o di comportamenti, ma di complessivo palesarsi delle strategie economiche. In un sistema in cui chi produce la ricchezza vive in condizioni di crescente povertà, come dimostra la presente crisi economica e sociale, mentre chi approfitta del lavoro sociale, godendone il tasso di profitto, continua ad arricchirsi grandemente; è assolutamente impensabile un quadro istituzionale complessivo scevro dagli elementi che caratterizzano quotidianamente l'attuale sistema.
Susseguirsi di scandali, nella storia del capitalismo internazionale e italiano, ve ne sono sempre stati. Ciò che caratterizza questa fase politica è la devastante crisi economica. Non è un caso se le peggiori trame "occulte" dei servi del capitalismo vengano a conoscenza delle masse durante momenti in cui l'intero sistema sembra vacillare. Così fu negli anni Settanta con la cosiddetta P2; così fu negli anni di Tangentopoli; e lo stesso accade anche oggi. In tutti e tre gli episodi citati, il sistema economico-politico attraversa una profonda crisi. Sono cicli che vanno di pari passo con i collassi strutturali del sistema economico.
Per capire il motivo per cui la borghesia è così munifica nei confronti dei partiti politici, occorre sottolineare il ruolo salvifico, per i poteri forti, giocato in modo particolare dai rappresentanti dello stalinismo italiano. Negli anni Settanta, infatti, il Pci di Berlinguer pianificava la tattica del "compromesso storico" per illudere le masse che il capitalismo, se governato anche dai "comunisti", potesse offrire migliori condizioni di esistenza al proletariato italiano. Negli anni di Tangentopoli, fu il Pci-Pds, nei fatti, a preparare il terreno per la costituzione della c.d "seconda repubblica", illudendo ancora una volta le masse che l'inchiesta giudiziaria e la sostituzione dell'apparato politico avrebbe realmente modificato qualcosa all'interno della società. Oggi, il Pd, attraverso il sostegno al governo Monti, a braccetto col Pdl, tenta, da buon erede dello stalinismo, di traghettare il sistema politico dalle macerie del berlusconismo ad una fase nuova, in cui sia possa presentarsi come perno di una nuova alleanza di governo coi vari Vendola, Di Pietro ecc.. Oppure, in alternativa, non sarebbe priva di verosimiglianza, la possibile concretizzazione di un governo Monti-bis, lasciando così ulteriore spazio ad un dominio tecnocratico del Capitale, come è comprensibile attendersi in un quadro di crisi economica fulminante e, soprattutto, nell'ambito di una crescente sfiducia generalizzata nei confronti delle organizzazioni politiche.
 
E' il capitalismo che è inevitabilmente corrotto
Non è con qualche inchiesta giudiziaria che è possibile risolvere il nodo della questione: il capitalismo non si può cambiare dall'interno, perché è intrinsecamente marcio; perché rappresenta il dominio pressoché incontrastato di un manipolo di approfittatori a discapito della stragrande maggioranza della società. E per poter accrescere e mantenere ad esistenza questa situazione, è inevitabile che tali storture non vengano estirpate ma, al contrario, rappresentandone i sigilli più autentici, aumentino nella loro intensità. E' per questo motivo che l'approccio dei rivoluzionari, per cui il capitalismo ed i suoi addentellati (i partiti borghesi, in primo luogo) non vanno riformati ma abbattuti, rappresenta l'unica alternativa possibile e praticabile. Un sistema fatiscente e in stato comatoso va capovolto dalle fondamenta, avendo ben chiaro il rapporto gerarchico tra cause ed effetti; e appunto, come abbiamo cercato di dire nelle righe precedenti, la corruzione ed il malaffare del sistema attuale non rappresentano altro che un effetto delle caratteristiche strutturali del sistema capitalistico nel suo complesso.  

Stati generali

Giovanni Morsillo


 Il terremoto in Emilia non c'è mai stato. Si è trattato di un colossale scherzo mediatico di cattivo gusto, sulla memoria di quello giocato da Orson Welles alla radio sullo sbarco dei marziani, solo più crudele. Ne siamo praticamente certi, facendo due deduzioni semplici non può essere che così.
Prendendo atto del fatto che la Presidenza della Repubblica impone la sfilata del 2 giugno con persone e mezzi che avrebbero prestato opera efficace e qualificata nelle zone terremotate, se davvero il terremoto ci fosse stato, e che per questa festicciola spenderà - si dice - tre milioncini di Euro tondi tondi, è già un primo elemento capace di instillare dubbi assai pervasivi circa la fondatezza delle notizie sul presunto sisma. Chiariamo che non siamo contrari in assoluto alle sfilate militari, non ci piacciono ma le capiamo, anche se da quando l'esercito italiano è una organizzazione professionale come tante altre non vediamo come possa rappresentare l'unità e l'indipendenza dello Stato, della Nazione ed eventualmente del popolo italiani; è che in un momento come quello che i giornali descrivono con toni di apocalisse, i costi economici e gli aspetti morali di una festa di questo tipo ci sembrano quanto meno fuori luogo. Purtroppo continuiamo a pensare, forse anacronisticamente, che gli stati e le nazioni non siano nemmeno simbolicamente rappresentabili dai generali e dalle banche (non siamo nati in Svizzera).
Aggiungiamo la considerazione che la visita del Capo di Stato Vaticano a Milano (città che secondo la stampa sarebbe stata interessata essa stessa dal fenomeno tellurico, sia pure senza operai morti e crolli di capannoni e monumenti) costerà in tutto tredici milioni di Euro italiani e impegnerà per tre giorni qualcosa come quindicimila uomini e donne fra militari, forze dell'ordine, vigili del fuoco e protezione civile, i dubbi cominciano ad evaporare e lasciano il posto alla convinzione. Quindicimila è il numero dei presunti sfollati del suddetto terremoto, si potrebbe cioè mettere un uomo a disposizione di ognuno di essi, con un rapporto che nemmeno l'insegnamento di sostegno si sogna di ottenere!
Quindi è chiaro che non può essere: le zone supposte terremotate sono allo stremo, si parla di scicallaggio fra le case dilaniate, si fanno i conti dei tempi della ricostruzione, dei suoi costi economici, e mandiamo il personale formato alla gestione delle emergenze, quello che serve proprio a questo, a sfilare per i fori a Roma o regolae il traffico e distribuire acqua minerale ai curiosi milanesi? E' evidente che non è possibile, nemmeno in un regime da barzelletta, una repubblica delle banane di quelle costruite negli studi hollywoodiani si penserebbe una cosa simile. E siccome delle due cose incompatibili, sfilate e processioni si faranno, vuol dire senza ombra di dubbio che l'altra non esiste, non c'è e non c'è mai stata.
Anche perché, oltre all'ottimismo tutto televisivo del nostro amato Presidente della Repubblica, che dichiarava soavemente di essere "convinto che ce la faremo", peraltro non spiegando se si riferisse al superamento dell'asserito terremoto o alla realizzazione della sfilata con il sole, gli alpini e i carri armati, ci sono le sobrie esternazioni del ghiacciolo Monti, che ha assicurato che lo Stato farà quanto necessario, e che i cittadini devono avere fiducia (anche qui, non si sa se per decreto o spontaneamente), e tutto il suo squadrone di supereroi, i Menenio Agrippa del XXI secolo che marciano compatti e tecnicamente imbattibili sulla via del risanamento delle banche ladre, che si prodiga in convinte asserzioni di efficienza e di consapevole gestione dell'emergenza. Come pensare che non sia vero? Siamo quindi certi che sapranno garantire sia i desiderata dell'anziano ospite del Quirinale (vuoi negargli una festicciola, l'ultima che potrà presenziare da padrone di casa?) sia l'incolumità del regnante vaticano e dei suoi moltissimi visitatori.
Secondo noi, il terremoto è stata tutta una scusa per aumentare la benzina senza troppi mugugni, una volta passata la bufera se ne parlerà sempre meno, e se veramente ci fossero famiglie senza casa, lavoratori senza più lavoro, disagi e problemi che una catastrofe porta con sé, sarebbero loro stessi, quelle persone ed i loro amministartori, a doversela vedere. Con l'aiuto dei volontari e delle bellissime persone della protezione civile e dei vigili del fuoco, delle associazioni e della solidarietà popolare ce la farebbero, perché è gente straordinaria, ma chissà quante ne dovrebbero sopportare. Per fortuna, non è vero niente...
Saluti devastati

VEGLIA PER LA REPUBBLICA

VEGLIA PER LA REPUBBLICA






LA MODIFICA DELL’ARTICOLO 81 DELLA COSTITUZIONE, CON L’INSERIMENTO DELL’OBBLIGO DEL PAREGGIO DI BILANCIO, E DELL’ARTICOLO 18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI, METTONO IN DISCUSSIONE IL PATTO SOCIALE SU CUI LA REPUBBLICA È STATA COSTITUITA DOPO LA RESISTENZA E NE MODIFICA LA NATURA.
NELLO STESSO TEMPO L’ATTACCO AL RISULTATO DEI REFERENDUM TESTIMONIA DEL PROGRESSIVO SVUOTAMENTO DELLA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE.PROPONIAMO A TUTTE E TUTTI DI RIUNIRCI A PIAZZA DEL PANTHEON, NELLA NOTTE TRA L’1 E IL 2 GIUGNO, ALLA VIGILIA DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA  E DELLA MANIFESTAZIONE “LA REPUBBLICA SIAMO NOI”, PER RICORDARNE L’ORIGINE SULLE CENERI DEL FASCISMO E LA SUA FONDAZIONE SUL LAVORO E RIBADIRNE IL SUO CARATTERE DEMOCRATICO. A PIAZZA DEL PANTHEON DALLE ORE 20:00 FINO A NOTTE LEGGEREMO E COMMENTEREMO GLI ARTICOLI CHIAVE DELLA COSTITUZIONE ALTERNANDO GIURISTI, TESTIMONI E ARTISTI.LA INIZIATIVA  SARÀ  TRASMESSA IN STREAMING SU INTERNET LIBERAMENTE RIPRODUCIBILE IN TUTTA ITALIA DALLE RADIO E TELEVISIONI CHE LO VORRANNO.


Parata Sobria

Luciano Granieri


LE FORZE ARMATE SI AVVICINANO AI FORI PER APPRESTARSI A SFILARE

SOBRIAMENTE!!!!



La parata si farà. Sobria ma si farà. Associare  l’aggettivo "sobrio" al sostantivo  "parata" sembra un ossimoro. Il presidente della Repubblica, comandante in capo, Giorgio Napoletano lo ha ribadito e lo ha deciso con il concorso dei tecnici e delle amebe bipartizan che appoggiano i suddetti tecnici. Non si udranno i rombi dei carri armati, né i sibili assordanti delle frecce tricolori, si risparmierà un po’ di biada per i cavalli, ma le urla imbarazzanti dei graduati e lo sbattere a terra degli scarponi militari, con grande sfavillio di spade e fucili  e gli sguardi marziali un po’ ebeti volti  verso la tribuna d’onore ci saranno lo stesso. Il che a conti fatti significa la non trascurabile spesa di  quattro milioncini di euro tondi tondi, che forse sarebbe  stato più utile destinare alle popolazioni devastate dal terremoto in Emilia Romagna. Ma tanto è. Come acclama il comandante in capo a cui fanno da balia i banchieri super tecnici, “E’ proprio in questi momenti che bisogna dare prova di  vitalità, forza democratica e fermezza”.  Mi permetto di dissentire sulla vitalità. Al Paese sta venendo meno, perché nonostante la finanza cerchi di sopprimere tutto ciò che è reddito  da lavoro, l’Italia è ancora una repubblica fondata sul lavoro medesimo per cui se si mina la vitalità dei lavoratori considerandoli semplici ingranaggi di un sistema atroce , lasciandoli morire sotto le macerie dei capannoni terremotati, non so fino a che punto una parata  militare possa  restituire vitalità alla Nazione. Mi permetto di dissentire anche sul concetto di forza democratica. Una  parata militare organizzata in spregio a una costituzione, elemento fondante della nostra democrazia, che ripudia la guerra non è propriamente consono ad una forza che pretende di definirsi democratica . Sul concetto di fermezza invece sono d’accordo. Infatti la parata del 2 giugno è un segno forte della fermezza di quella borghesia imprenditoriale  sconfitta dalla resistenza e minata in qualche caso dalle lotte sociali della fine degli anni ’60 e ’70 che non si è ma rassegnata a soccombere e ha cercato sempre di mantenersi ben salda al potere avvalendosi anche di pratiche eversive che tutto sono tranne che democratiche.  Dopo la paura del biennio rosso la borghesia ricca  si è avvalsa del fascismo per riaffermare il proprio potere. Quando dopo il disastro della seconda guerra mondiale la lotta di liberazione sembrava aver condannato questa feccia  fatta di grandi imprenditori e burocrati intoccabili, essa ha subito reagito cercando nuovi alleati negli ex fascisti, nella criminalità organizzata, negli apparati deviati dello Stato. L’eccidio di Portella della Ginestra, compiuto  neanche un anno  dopo la promulgazione della Repubblica è un classico atto di controrivoluzione. E’ stato l’evento iniziale violento di in processo di restaurazione che ha portato la stessa classe dominante  a riprendere il potere, con gli stessi privilegi di prima se non più di prima. La stessa arroganza, la medesima protervia hanno contraddistinto la grande imprenditoria capitalistica accattona che ha continuato, in barba al dettato costituzionale,  a esercitare il proprio privilegio attraverso la corruzione, il clientelismo, in spregio alla dignità umana degli altri cittadini. E quando eventi di protesta sociale hanno minacciato lo status quo ecco di nuovo il ricorso alla violenza. Stragi come Piazza Fontana, Piazza della Loggia, La stazione di Bologna e da ultimo il recente  attentato di Brindisi altro non sono che la reale dimostrazione di  quella FERMEZZA che si vuole ribadire  con la parata del 2 giugno. Perché è bene prendere atto che la Repubblica fondata sul lavoro NON E’ MAI NATA. Prima ci si rende consapevoli di questo e più presto si potranno riattivare processi di lotta affinché si possa arrivare ad un altro 2 giungo, più autentico e condiviso vero caposaldo di libertà. EVVIVA IL PROSSIMO 2 GIUGNO.

mercoledì 30 maggio 2012

PREMIO ROBERTO COCCO PER LA SICUREZZA E L’EDUCAZIONE STRADALE ANNO SCOLASTICO 2011-2012

Claudio Martino


Venerdì 25 maggio 2012, presso la Villa Comunale di Frosinone, a partire dalle 9.30, si sono svolti i momenti finali del Premio Roberto Cocco per la sicurezza e l’educazione stradale, giunto alla sua settima edizione.
All’inizio della mattinata, alla presenza, nella veste di giudice di gara, di Pietro Giannitti, ispettore superiore della Polizia locale di Frosinone, si sono scontrate la VA della scuola primaria “Giovanni XXIII” e la VB della “Lombardo Radice”.
Queste due classi erano risultate le meglio classificate, nel girone interno al 2° circolo didattico di Frosinone, nell’ambito del concorso “Strada più sicura con la conoscenza”, inserito nel Premio Roberto Cocco. Ad avere la meglio è stata la VA (Giovanni XXIII).
Si è passati successivamente alle classi IIA e IID della scuola media statale “Frosinone 3” (ex “Ricciotti”), anch’esse risultate le meglio classificate nella competizione interna all’istituto. Il primo posto è andato alla IID.
Le gare, sia quelle svolte all’interno dei due istituti, sia quelle finali alla Villa Comunale, consistevano nella risposta a quiz sulla sicurezza stradale ed il regolamento della strada.
Dopodiché è iniziata la premiazione. A presentare i vari vincitori, Paola Palleschi, storica conduttrice della fase finale del Premio.
Nel corso della cerimonia hanno preso la parola Nicola Ottaviani, neosindaco di Frosinone; Pietro Giannitti, che ha elogiato tutti i partecipanti alle gare del mattino per l’ottima qualità delle loro prestazioni; Massimo Calicchia, consigliere comunale di Frosinone e Anna Rita Germani, tenente della Polizia locale di Frosinone.
Massiccia la partecipazione di bambini delle scuole primarie. Per loro era prevista la possibilità di svolgere temi e/o eseguire disegni a tema libero, purché attinenti alla sicurezza stradale; non era prevista alcuna graduatoria; a tutti gli alunni e le maestre che hanno partecipato sono stati consegnati dei premi.
Si è passati, successivamente, alla premiazione degli studenti della scuola media che meglio hanno svolto il tema predisposto quest’anno dal comitato organizzatore del concorso (Cosa sai della proposta di legge C3274, finalizzata a contrastare la criminalità stradale? Cosa pensi delle proposte, in essa contenute, di incrementare le pene per la guida azzardata e pericolosa e di equiparare lo stato di coma irreversibile  all’omicidio? Pensi che un inasprimento delle pene, affiancato da continue e ben fatte valide campagne di sensibilizzazione, sia utile per indurre gli automobilisti ad una guida più disciplinata ed attenta?).
Sono risultati vincitori:
1° classificato: Annalisa MARTELLACCI, IIC, istituto comprensivo “Egnazio Danti” (Tecchiena, Alatri)
2° classificato: Alessandro RAMANDI, IIIA, istituto comprensivo Ripi
3° classificati (ex aequo): Lorenzo BAUCO, IIIC, istituto comprensivo “Egnazio Danti” (Tecchiena, Alatri) / Maria Vittoria FIORINI, II C, istituto comprensivo “Egnazio Danti” (Tecchiena, Alatri)
E’ stato inoltre premiato un video realizzato dalla IIC della scuola media “Aldo Moro” di Frosinone, che svolge, con semplicità ed efficacia, gli argomenti indicati nel “tema dell’anno”.
Il comitato organizzatore del Premio ringrazia gli insegnanti, i dirigenti scolastici e tutti quanti hanno reso possibile il successo della manifestazione.

martedì 29 maggio 2012

Carri armati socialmente utili

Luciano Granieri

 Il terremoto uccide ancora. Uccide operai, operai extracomunitari. Vogliamo annoverare questa strage nella lunga lista delle morti bianche? Eh già! Perché gli edifici sbriciolatisi durante il sisma di stamattina e quello di quindici giorni fa,  sono manufatti storici, edifici monumentali, vittime dell’incuria di un sistema che investe miliardi di euro per bucare le montagne allo scopo trasportare scatolette di tonno dal Piemonte alla Francia con la velocità della luce e lascia deperire pezzi di  territorio, monumenti e siti ad alto valore storico e culturale.  Ma sono anche edifici moderni, ultra moderni, ovvero i capannoni industriali,  a crollare . Ammassi di ferro e sabbia  che stavano su con lo sputo, con le travi trasversali appoggiate  ma non saldate  alle colonne portanti. In quei capannoni  della morte, si continuava a lavorare  nonostante il sisma  del 20 maggio avesse prodotto danni strutturali importanti come quello della “Meta macchine di precisione” di San Felice sul Panaro. Li Mohamad Azaar,  Kumar Pawan  e un ingegnere italiano, che stava controllando le lesioni, sono rimasti uccisi  mentre le lavorazioni erano in corso nonostante i controlli di agibilità  non fossero stati ancora ultimati. Stessa sorte è toccata ad un operaio della "Alies" di Mirandola dove le lesioni dello stabilimento erano già state ingenti nel terremoto di pochi giorni prima e nonostante questo la produzione andava avanti . Altri operai sono dispersi in altri siti venuti giù come pugili suonati. Se mai fosse rimasto ancora qualche dubbio, il terremoto in Emilia ha evidenziato come sempre di più i lavoratori siano carne da macello sacrificata sull’altare del profitto. Se ti vuoi tenere il posto devi lavorare anche sotto la fabbrica pericolante, anche durante il terremoto. Penso che la misura sia colma. E’ necessario ribellarsi a questo sistema che pone il profitto ad ogni costo davanti alla vita e alla dignità della persona. Infatti, se i tragici fatti sismici della settimana scorsa e di questa mattina  hanno provocato la distruzione di vite umane, il sistema capitalistico propone giorno per giorno la scientifica e inesorabile distruzione dalla dignità dei lavoratori e di chi il lavoro non ce l’ha. A proposito di distruzione. Sarebbe auspicabile che il 2 giungo prossimo la insulsa parata che invade la strada dei fori a Roma venga annullata. Così  che i 2 milioni di euro, necessari a far sfilare   mezzi e uomini che, fuori da ogni ipocrisia, sono addestrati e attrezzati per portare morte e distruzione come il più tremendo dei terremoti, siano destinati ai familiari degli operai morti, delle altre vittime e di chi ha visto la propria casa sbriciolarsi sotto la violenza del sisma. Una violenza  che in altri paesi, più attenti alla salvaguardia del territorio, avrebbe prodotto danni notevolmente inferiori. FORSE SAREBBE LA PRIMA VOLTA CHE UN CARRO ARMATO AVREBBE UNA SUA UTILITA’ SOCIALE.

Consegnateli a Zeman

Alberto Piccinini: fonte "il manifesto" del 29/05

Non datevi troppa pena consegnateli vivi a  Zdenek Zeman. I reprobi, i traditori, i venduti, i corrotti, gli scommettitori on line giustamente arrestati ieri mattina. Lasciateli faccia a faccia con il maestro boemo che li avvolgerà di fumo guardandoli negli occhi. A lungo. Molto a lungo. Pronunciando fra un silenzio e l’altro litanie al limite dell’ipnosi come “Anch’io ho una mentalità vincente ma non mi piace vincere a tutti i costi . Mi piace farlo rispettando le regole”. Oppure: “Secondo me chi ha stress è l’operaio che teme per il proprio futuro e per quello della famiglia. I calciatori non possono avere questo stress, perché hanno tutta una vita davanti”. Ripetete con me forza: “Chi fa tredici al totocalcio non è un vincente” Non è un vincente, non è un vincente . Anatema pronunciato nel 1999 quando il totocalcio esisteva ancora e i trucchi, la rete delle scommesse erano molto meno planetari di adesso. Era il giorno che Zeman lasciò la Roma nelle mani del “vincente” Capello, prima di ritirarsi lentamente e rovinosamente dalla scena, in Turchia, a Napoli, poi in provincia, mezzo Cincinnato e mezzo Don Chisciotte. Tredici anni dopo i giornali sportivi ci campano di nuovo con la favola del boemo che, vinto il campionato di serie B, forse potrebbe assaporare la rivincita di una vita, guidando di nuovo la Roma, una coincidenza interessante. E’ a questo punto che, nella mente dei reprobi sfiniti dal confronto psicologico con maestro dal volto scolpito nel legno, cominceranno a farsi strada alcuni pensieri . Tutti velenosi. Chi, a pochi giorni dal Campionato Europeo, appassionato di calcio e svegliato al mattino presto dall’arresto di 19 calciatori di primo piano e meno noti faccendieri non ha rivissuto il 1982 e il 2006, anni di Calcioscommesse e Calciopoli, Mondiali vinti dalla nazionale “per reazione” “per dimostrare che il calcio è pulito”? Chi non ha tirato un sospiro di sollievo dopo essersi accertato che la propria squadra non è coinvolta?  Un sorriso, almeno un lazzo agli avversari nel fango. Solo allora, come indovinando questi e altri pensieri, Zdenek Zeman con un gesto fra il paterno e il perentorio indicherebbe loro i gradoni dello stadio vuoto. Da risalire uno a uno da saltare a piè pari, con una camera d’aria piena di sabbia sulle spalle, secondo l’esercizio devastante riservato da sempre ai suoi allievi. Mai come questa volta l’artigianale, persino sadica, biomeccanica “comunista” del maestro boemo ci apparirebbe finalmente in tutta la sua carica redentrice.

Una sentenza da copione

Vittorio Agnoletto, Lorenzo Guadagnucci

Tutto come da copione. I vertici della polizia non pagheranno mai per le violenze della scuola Diaz. Sono intoccabili: la copertura politica è stata ermetica e bipartisan fin dal 2001, ora le sentenze dei tribunali cadono sotto i colpi della Cassazione, come atteso, diciamo pure auspicato dal potere politico già all'indomani dei giudizi di secondo grado.
Le motivazioni dell'assoluzione in Cassazione di Gianni De Gennaro, attuale sottosegretario e plenipotenziario degli apparati di sicurezza, andrà letta in ogni sua parte per coglierne appieno il senso giuridico.
Le anticipazioni finora conosciute lasciano sconcertati.
Perché i giudici scrivono che «non si è acquisita alcuna prova o indizio di un coinvolgimento decisionale di qualsiasi sorta nell'operazione Diaz»? E perché scrivono che la vicenda riguardante il portavoce Roberto Sgalla «si presenta destituita di ogni profilo di seria pertinenza con i fatti reato integranti la regiudicanda del processo Diaz, costituiti da condotte di calunnia, lesioni volontarie, falsità ideologiche ed altri reati»?
Il dottor De Gennaro non era imputato nel processo Diaz, ma per l'accusa di induzione alla falsa testimonianza dell'ex questore Colucci, che nel 2007, testimoniando in tribunale, aveva cambiato versione su chi avesse indicato di chiamare sulla scena della perquisizione il dottor Sgalla. Il Colucci del 2001 e degli anni seguenti aveva indicato come responsabile proprio De Gennaro; il Colucci ascoltato al processo ha sostenuto di avere preso personalmente l'iniziativa.
È un fatto che De Gennaro e Colucci si sono incontrati a Roma alla vigilia della deposizione di quest'ultimo e che il primo ha giustificato un incontro quanto meno inopportuno, dicendo che si trattava di un'azione tesa a trovare «la consonanza per la ricerca della verità». Un concetto quanto meno singolare e che il pm Enrico Zucca ha definito «un atto di arroganza e onnipotenza». Colucci è attualmente sotto processo per falsa testimonianza.
Leggeremo le carte e forse capiremo meglio la logica seguita dalla Corte, ma la sensazione è che un primo elemento di valutazione riguardi proprio il ruolo e i limiti d'intervento della Cassazione, che si è spinta anche in valutazioni sulle «inqualificabili violenze» compiute dalla polizia alla Diaz. Le violenze furono senz'altro «inqualificabili», ma riguardano, come è noto, un altro processo, finito in secondo grado con 25 condanne e del quale la Cassazione si occuperà dall'11 giugno con una serie di udienze che calamiteranno l'attenzione del potere politico, poiché gli imputati compongono il gotha della polizia italiana.
Date queste premesse è forte la tentazione di usare un'espressione abusata, ma assai ricorrente nella storia giudiziaria italiana, a proposito di «sentenze già scritte». In ogni caso non dobbiamo dimenticare che la questione giudiziaria è solo una parte della complessiva vicenda Diaz (e Genova G8) e che le sentenze non cambiano il quadro storico dei fatti. Nel 2001 vi fu una sospensione dello stato di diritto e fu scritta una delle pagine più nere delle forze dell'ordine italiane. Chi le guidava allora è oggi sottosegretario e al vertice degli apparati; i dirigenti coinvolti nella perquisizione-mattanza alla Diaz, pur imputati e condannati in appello, sono sempre ai posti di comando, con ruoli ancora più importanti rispetto al 2001. Questa è la sostanza del discorso. Se la sicurezza, affidata al sottosegretario De Gennaro, che tutelerà i cittadini italiani nel prossimo futuro è quella che abbiamo sperimentato la notte del 21 luglio a Genova c'e da preoccuparsi. E non poco.

lunedì 28 maggio 2012

Trio Mirabassi - Renzi- Perez

Gianluca Renzi


Finalmente anche in Italia, il trio che sta riscuotendo enormi consensi in tutto il mondo. Infatti, dopo i successi ottenuti in tutta Europa, Giappone, Corea, Cina e Stati Uniti, l'affiatatissimo trio composto dal pianista residente a Parigi Giovanni Mirabassi, il bassista residente a New York Gianluca Renzi, ed il batterista cubano Lukmil Perez, si esibirà in tre concerti jazz proponendo brani dal "Live at the Blue Note- Tokyo", e dall'ultimo lavoro discografico registrato in Corea. Un evento da non perdere assolutamente!!!! 

NAPOLI-DOMENICA 27 MAGGIO-  Auditorium Castel S.Elmo, Via Tito Angelini. Ore 21. 
VEROLI, 29 MAGGIO - TEATRO COMUNALE EX CONVITTO, Via Lucio Alfio. Ore 21,30. 
ROMA, 30 MAGGIO - BEBOP JAZZ CLUB , Via G. GIULIETTI 14. Ore 21.

Inoltre il giorno 29 Maggio dalle 10.00 alle 17.00 il trio terra` dei seminari aperti a tutti i musicisti presso il Teatro Comunale Ex Convitto a Veroli. Basta presentarsi sul posto.


Le vere ragioni della crescita del debito pubblico

Alberto Madoglio (articolo pubblicato su Progetto Comunista di maggio-giugno 2012)




A partire dal maggio 2010, quando una improvvisa quanto durissima crisi valutaria rischiò di far saltare le finanze pubbliche europee e con esse tutto il sistema della moneta comune del Vecchio Continente (l’euro), la discussione sulla natura dei debiti pubblici dei vari Paesi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito politico ed economico a livello globale.

La crescita esponenziale dei debiti sovrani, sia in termini assoluti che relativi (in rapporto al Pil), e i problemi che esso crea per il futuro dell’economia mondiale capitalistica sono dati che nessuno può sottovalutare. Tuttavia, assistiamo a un tentativo da parte di governi, padroni e mass media al loro servizio di mascherare le vere cause della sua crescita e di proporre soluzioni socialmente pesantissime, andando a colpire i livelli di vita dei soggetti più sfruttati di una società basata sull’economia di mercato (lavoratori, donne, giovani, immigrati, pensionati, ecc.). In Italia in particolare non passa giorno in cui, per giustificare la distruzione delle poche tutele che il welfare state ormai riserva ai lavoratori, non si utilizzi un sistematico metodo di mistificazione e stravolgimento della realtà. Gli esempi si ripetono con monotonia: il beneficiario di una pensione di invalidità scoperto a giocare a pallone, la finta non vedente sorpresa a guidare, il lavoratore pubblico oggi sessantenne in pensione da trent’anni e via “gossippando”.
Non si può negare che in una moderna società ci siano sacche di spreco e privilegio, il più delle volte utilizzate dalle classi dominanti per guadagnare consenso. Oppure, specialmente nelle fasi di ascesa della lotta di classe nei decenni scorsi, le stesse classi dominanti sono state costrette a fare concessioni per garantirsi ad ogni costo il mantenimento del proprio dominio. Si tratta sempre e comunque di piccole cose, se paragonate agli sprechi, alle truffe e corruzioni varie che sono l’ingrediente indispensabile di ogni società basata sul profitto: per tutti basti il caso delle spese sanitarie, la cui crescita non è dovuta ad un miglioramento dei servizi alle classi popolari, ma ai profitti che lo Stato borghese garantisce alle multinazionali del farmaco, alla sanità privata e via dicendo.


Alcuni dati significativi

D’altronde non bisogna certo essere degli esperti di economia per vedere che non è stata un eccesso di spesa nel welfare la causa principale che ha provocato la crescita del debito pubblico in Italia e nel mondo: crescita che ha riguardato in generale sia Paesi in cui le protezioni previste dallo Stato nei confronti dei lavoratori sono maggiormente sviluppate, sia in quelli in cui sono molto ridotte, e non sempre i primi sono stati quelli in cui il debito è cresciuto di più.  In aggiunta, sono oramai venti anni che assistiamo, in ogni angolo del mondo, a tagli allo stato sociale (pensioni, sanità, trasporti, scuola, ecc.). Risulta quindi difficile sostenere che sia un sistema di pubbliche tutele ridotto ai minimi termini il principale responsabile della situazione che stiamo vivendo.
Fortunatamente, uno studio pubblicato da Roberto Artoni sulla serie storica del debito pubblico italiano dal 1885 al 2001 (Note sul debito pubblico italiano dal 1885 al 2001, pubblicato su www.delpt.unina.it) ci permette di fare piazza pulita una volta per tutte di quelle falsificazioni cui accennavamo sopra. In esso sono indicate quattro fasi di accumulo del debito pubblico nazionale: alla fine del XIX secolo, in occasione dell’esplodere delle spese militari per sostenere la politica imperialista in Africa del Regno d’Italia e dell’inizio della Grande Depressione di quella fine di secolo; al termine della prima guerra mondiale e in coincidenza della crisi economica che scoppiò alla fine di quel conflitto; dalla Grande Depressione del ‘29 fino alla seconda guerra mondiale; infine dal 1994 al 2001 (in realtà fino ad oggi, anche se lo studio si ferma prima).
Quello che si può notare solo dalla serie cronologica, anche senza inoltrarsi nella lettura del testo, è che le crisi del debito del Bel Paese sono intimamente legate alle turbolenze che hanno devastato l’economia mondiale nel corso di un secolo e oltre. E che l’Italia, lungi dall’essere un’economia poco sviluppata e poco legata al mercato mondiale (come una vulgata non solo di destra, ma anche di parte del movimento operaio vuole far credere quando sostiene che il Paese dovrebbe riprendersi in pieno la “propria sovranità” sic!), proprio in quanto paese imperialista, pur se non di primissimo livello, pienamente coinvolto nelle dinamiche economiche globali, è vittima come altri Paesi dei periodici sommovimenti economici e finanziari della società capitalistica.
Per la verità nel testo si sostiene che la creazione, a partire dalla metà degli anni Sessanta, di un sistema di welfare simile a quello di economie più sviluppate ha avuto un ruolo non secondario nella quarta fase di accumulo del debito pubblico. Affermazione parziale e a nostro avviso non del tutto corretta. Se è vero che il welfare state ha un costo, è anche vero che esso, come detto all’inizio, non è una gentile concessione fatta dalle classi dominanti, ma un risultato strappato dai lavoratori con le lotte, il sangue e il sudore ai padroni, che hanno rinunciato a parte dei propri guadagni pur di permettere alla loro classe di mantenere il potere sulla maggioranza della società. E comunque si riconosce che le spese primarie dello Stato (con esclusione di quelle per investimenti di lungo periodo) alla fine degli anni Novanta erano inferiori alla media europea, e che l’aumento della spesa per il debito pubblico era legato all’andamento dei tassi di interesse a livello internazionale.


Quali conclusioni trarre dai dati?

In primis si deve riconoscere che il debito pubblico è frutto dell’economia capitalistica e della sua evoluzione nel corso degli anni. Che la speculazione finanziaria posta in essere da banche, assicurazioni e investitori internazionali (in particolare nei periodi di recessione, per cercare di ovviare alla caduta dei profitti nel settore dell’economia “reale”) si arricchisce anche grazie al debito pubblico (basti pensare agli enormi guadagni che i maggiori istituti bancari fanno comprando e vendendo titoli di Stato) e allo stesso tempo ne favorisce la crescita. Che sono le enormi spese militari e il mantenimento degli apparati repressivi dell’imperialismo (si pensi ad esempio alla portaerei Cavour che costa 100 mila euro al giorno anche quando non è in missione; o alle centinaia di migliaia di poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, utilizzati non per arrestare qualche mafioso ma per reprime le lotte degli operai dell’Alcoa, dei pastori sardi, dei lavoratori dell’Esselunga di Pioltello, dei No Tav ecc.), o le migliaia di miliardi di incentivi e agevolazioni che lo Stato ha fatto ai grandi gruppi industriali nazionali, Fiat in testa, le vere cause della crescita abnorme del debito pubblico.
Per queste ragioni una campagna per il non pagamento del debito non può esimersi dal mettere all’ordine del giorno una lotta contro il sistema capitalistico nel suo complesso. Credere che un’equa ripartizione dei sacrifici possa essere possibile in un sistema fondato sul profitto, che i padroni e i loro governi possano essersi persuasi dal non far pagare la crisi alle classi subalterne - o dal limitare gli eccessi della speculazione - è solo una pericolosa illusione.
La storia dell’economia mondiale dalla fine del XIX secolo ad oggi ci dimostra che crisi economiche, finanziarie e dei bilanci degli Stati non sono dovute a mere casualità ma sono il risultato necessario, per quanto drammatico, del capitalismo. Perciò la Lega Internazionale dei Lavoratori, di cui il Pdac fa parte, ha deciso di porre all’ordine del giorno nella sua campagna contro il pagamento del debito la lotta per la conquista del potere da parte dei lavoratori, contro ogni illusione riformista o gradualista. Non una generica Europa Sociale, ma solo un grande movimento rivoluzionario continentale che, partendo dalla resistenza agli attacchi del capitale contro le masse popolari, porti all’esproprio della borghesia e alla creazione di un governo dei lavoratori per i lavoratori, potrà mettere la parola fine alle crisi e alle devastazioni sociali che colpiscono il continente. All’Europa di Maastricht, di Schenghen, della Bce e del profitto noi rispondiamo rivendicando la creazione degli Stati Socialisti d’Europa.