Ed anche Paola Concia è servita. Ricordiamo la deputata piddina, intervenuta proprio qui a Frosinone, in occasione della presentazione del suo libro “La vera storia dei mie capelli bianchi”, raccontare il travaglio del Pd sulla questione dei diritti civile e in particolare sui matrimoni gay. Paola Concia in modo molto interessante e chiaro ci spiegò quanto il nostro Paese sia arretrato rispetto agli altri Stati in merito alla questione, tanto che lei stessa è dovuta emigrare a Francoforte per potersi sposare con la sua compagna. La Concia ci descrisse anche la lotta che stava conducendo all’interno del suo stesso partito, sul documento che il comitato per i diritti civili presieduto da Rosy Bindi aveva messo a punto , testo ritenuto insufficiente e superato in quanto non prevedeva l’equiparazione del matrimonio gay al matrimonio civili. A chi faceva notare che purtroppo l’arretratezza di questi temi in Italia era in gran parte dovuta alle pressioni del Vaticano, Paola Concia rispondeva che la colpa non era della Chiesa di Roma che svolge semplicemente il suo compito di esercizio del potere mascherato dalla fede, ma dei politici che oltre ad essere non troppo preparati in materia , subiscono queste indebite pressioni. Purtroppo per la deputata piddina l’assemblea generale dei Democratici in svolgimento a Roma presso il Salone delle Fontane, ha dimostrato come gran parte di quei politici, succubi del Vaticano siano suoi compagni di partito. Infatti il documento messo a punto dal comitato dei diritti civili ritenuto insufficiente, superato e totalmente inefficiente per un reale avanzamento dei diritti civili di gay, lesbiche e trans, è passato pur con 38 voti contrari. E c’è da sottolineare come l’ordine del giorno proposto proprio da Paola Concia che equiparava i matrimoni gay a quelli civili, non è stato neanche posto a votazione . Questo strappo di democrazia , alquanto strano, o forse no, per un partito che si definisce per l’appunto democratico, ha fatto indignare diversi militanti e in particolare tre di loro hanno riconsegnato la tessera. Il delegato per la Puglia Enrico Fusco ha definito il documento, senza gli opportuni correttivi proposti dalla Concia, “arcaico, irrispettoso, offensivo per la dignità delle persone”. Dal momento che la questione dei diritti civili è di notevole importanza per gli equilibri sociali di un nazione, inviteremmo la deputata Paola Concia, in assenza di una proposta socialmente rilevante da parte del suo partito, ad imitare i militanti indignati e restituire anche lei la tessera. Infatti non ha senso portare avanti una lotta all’interno del proprio partito per la difesa dei diritti civili, e poi vedere eliminato dalla votazione dell’assemblea il testo frutto di quelle lotte. Ma, soprattutto, chiediamo alla Concia che senso abbia rimanere in un partito, composto per lo più da quei politici succubi del Vaticano e comunisti pentiti, così a lei invisi? Cara Paola esci da questa congrega di sepolcri imbiancati e comincia la lotta nelle strade. Anche noi, nel nostro piccolo abbiamo sperimentato, come rimanere all’interno di un partito (Rifondazione in questo caso), possa costituire un grosso freno alle lotte e alle rivendicazioni, infatti ne siamo usciti immediatamente.
Pubblichiamo una traduzione di due articoli di Corriente Roja (Corrente Rossa) sulle grandi manifestazioni che si sono svolte martedì e mercoledì a Madrid, in sostegno alla lotta dei minatori. Sul sito del Pdac si trovano altri testi su questa lotta di eccezionale radicalità che rappresenta uno dei punti più avanzati tra le lotte operaie in Europa.
Corriente Roja, che ha partecipato in prima fila alle mobilitazioni ed è tra i promotori della manifestazione della sinistra di classe e del sindacalismo alternativo che ha portato in piazza 25 mila manifestanti la sera dell'11 luglio, è la più dinamica e attiva e visibile tra le forze della sinistra rivoluzionaria spagnola.
Madrid operaia sostiene i minatori Cronaca delle manifestazioni del 10 e 11 luglio
di Corriente Roja
Nella notte del 10 luglio, quando i minatori sono entrati in città, provenendo da nord, nonostante fosse molto tardi (quasi mezzanotte), hanno trovato ad accoglierli più di 50 mila persone.
Durante la marcia di molti chilometri si erano aggiunti al corteo migliaia di persone che insieme hanno attraversato piazze gremite. Tanta era l'emozione con cui giganteschi cori hanno intonato l'inno di lotta dei minatori ("Santa Barbara Bendita"), inframmezzato dallo slogan: "Madrid obrero apoya a los mineros" (Madrid operaia sostiene i minatori, ndt).
Affacciata ai balconi e alle finestre di tutto il tratto che passa per Princesa e la Gran Via la gente salutava i minatori. Tutto ciò in una atmosfera di grande emozione collettiva.
Oltre due ore dopo, verso le 2,30 di notte, il gigantesco corteo arrivava infine a Puerta del Sol.
Le burocrazie sindacali hanno fatto quello che hanno potuto per ritardare l'arrivo dei minatori a Madrid, nell'intento di ridimensionare la manifestazione. E in effetti hanno ottenuto che una parte di coloro che il giorno seguente dovevano andare a lavorare non ha potuto fermarsi fino a notte fonda. Ma nonostante ciò la manifestazione è stata gigantesca, soprendendo tutti per le dimensioni imponenti. E' stata infatti una delle più grandi manifestazioni da molto tempo a questa parte e soprattutto aveva un chiaro carattere di classe, espresso nello slogan più gridato in piazza: "viva la lotta della classe operaia!"
L'odio per il governo del Partito Popolare (Pp), guidato da Mariano Rajoy, risuonava in ogni slogan del corteo. Passando davanti alla sede del Psoe [il partito "socialista" ndt] un enorme spezzone di corteo ha gridato: "lo chiamano socialista e non lo è, oe, oe, oe" esplicitando così il rifiuto dell'insieme dei partiti del regime borghese.
Mariano, Mariano, non passi l'estate
In tanti vedono nei minatori e nei loro metodi di lotta un esempio, e sono orgogliosi di sostenerli. Più passa il tempo più in tanti capiscono che questa crisi non ha vie d'uscita e che intanto il governo e la troika non cessano gli attacchi contro i lavoratori e le masse popolari.
Nella mattina dell'11, dopo una manifestazione notturna che in una situazione normale avrebbe fatto vacillare il governo, ciò che Rajoy ha fatto è stato di annunciare un nuovo pesante pacchetto di tagli, comprendente il taglio della tredicesima per gli statali e l'aumento dell'Iva a danno dei lavoratori e delle masse popolari. Si tratta delle misure imposte dalla troika in cambio dell'aiuto ai banchieri e che, secondo quanto ha scritto la stessa stampa borghese: "costituiscono il colpo più duro della storia allo Stato sociale".
Mercoledì 11, altre due manifestazioni
Per la mattina dell'11, altre 60 mila persone hanno accompagnato i minatori da piazza Colon fino al ministero dell'Industria per reclamare gli aiuti al settore carbonifero.
E' stato a questo punto che la polizia ha caricato con violenza i manifestanti provocando 76 feriti e arrestando 7 manifestanti. La criminalizzazione dei movimenti sociali e la repressione dei minatori sono ormai una costante. Ma, come cantava lo spezzone della Corriente Sindical de Izquierdas delle Asturie: "se non c'è soluzione, faremo ancora più barricate".
Nella serata dell'11 il sindacalismo alternativo, varie assemblee di quartiere del 15M [il movimento degli "indignados", nato il 15 maggio dell'anno scorso, ndt], e minatori hanno organizzato un'ulteriore manifestazione, dalla stazione di Atocha a Puerta del Sol, passando per piazza Jacinto Benavente. A questa manifestazione hanno potuto partecipare quei settori che, lavorando di giorno, non avevano potuto partecipare alle altre manifestazioni. La piattaforma era alternativa a quella delle burocrazie sindacali perché, come dice uno slogan del Co.Bas: "a Toxo e a Mendez [rispettivamente segretari generali di CC.OO e di Ugt, i due principali sindacati concertativi, ndt] vogliamo chiedere: quanti tagli sono ancora necessari perché decidiate di convocare lo sciopero generale?"
Organizzare un'alternativa alla burocrazia è una necessità per il movimento operaio Il sindacalismo alternativo, specialmente il Co.Bas, e Hay que pararles los pies [un fronte di organizzazioni sindacali, politiche e sociali], sono sempre disponibili all'unità per lottare: però, così come ogni attivista onesto, sono consapevoli che la burocrazia sindacale prima o poi finisce col concertare col padronato, producendo accordi dannosi per i lavoratori, perché le burocrazie vivono dei privilegi che concede loro lo Stato e per questo praticano un sindacalismo fondato sulla collaborazione di classe, dove cioè chi vince sempre, in definitiva, sono i padroni e il loro governo.
Uno dei dirigenti del sindacalismo combattivo delle Asturie diceva giustamente che il pericolo non viene solo dal ministero dell'Industria e dal governo ma soprattutto dal fatto che all'interno del movimento operaio ci sono direzioni che tradiscono e agiscono in combutta col governo e col padronato.
In questo senso, la manifestazione organizzata dal sindacalismo combattivo aveva un doppio obiettivo: primo, appoggiare la lotta dei minatori (e per questo il sindacalismo combattivo ha partecipato a tutte le manifestazioni unitarie) e secondo, avanzare un programma alternativo a quello delle burocrazie, per una lotta democraticamente organizzata e decisa dai lavoratori.
Viva la lotta dei minatori! Abbasso i tagli di Rajoy e della troika! Mentre stavamo terminando questo articolo iniziava la manifestazione del sindacalismo alternativo [quella della sera dell'11, di cui si dà conto nel successivo articolo che pubblichiamo in questa news, ndt]. Si tratta di una manifestazione nella cui convocazione e organizzazione Corriente Roja ha svolto un ruolo centrale.
L'uscita dalla crisi esige che si avanzi un piano operaio e popolare, che parta dall'immediata cessazione del pagamento del debito ai banchieri, che espropri le banche sotto controllo operaio, che confischi i beni dei banchieri e degli industriali, responsabili della crisi.
Noi lavoratori non vogliamo più sopportare i tagli. Pretendiamo di avere un lavoro, una casa, servizi pubblici gratuiti.
Per fare tutto ciò è necessario unire le lotte e convocare un altro sciopero generale prolungato. Bisogna fermare l'attacco di Rajoy. E questo si può fare solo con la lotta. Per questo è vergognoso che il Psoe offra un patto di "unità nazionale" al Partito Popolare proponendo che i piani di austerità della troika vengano negoziati con le burocrazie sindacali (CCOO e Ugt). Ed è scandaloso che Izquierda Unida [la sinistra radicale, riferimento in Spagna di Rifondazione, ndt], applichi in Andalusia (dove è al governo insieme al Psoe) gli stessi tagli e le stesse misure anti-operaie che il Pp applica a livello nazionale.
Dobbiamo lottare per un governo operaio, basato sulle organizzazioni di lotta dei lavoratori e delle masse popolari.
In 25 mila alla manifestazione
del sindacalismo alternativo
di Corriente Roja
La giornata dell'11 luglio in difesa dei minatori si è conclusa in serata con il corteo di 25 mila manifestanti chiamati in piazza da Hay que pararles los pies [v. sopra, ndt], fronte di cui fanno parte sia il Co.Bas che Corriente Roja [la nuova sezione spagnola della Lit-Quarta Internazionale, v. nostra nota introduttiva a questa news, ndt].
Alla manifestazione hanno aderito anche varie strutture locali del 15M, centri sociali, vari settori del sindacalismo di base.
Gli organizzatori, che già avevano partecipato alla manifestazione che il 10 notte ha accolto i minatori e anche alla manifestazione della mattina dell'11, hanno convocato la manifestazione della sera dell'11 con un doppio obiettivo, come ha spiegato Angel Luis Parras (portavoce di Hay que pararle los pies e dirigente di Corriente Roja): in primo luogo, permettere a chi lavorava di giorno (e dunque non poteva esserci al mattino, trattandosi di un giorno feriale) potesse manifestare; e in secondo luogo, consentire così che si sentisse anche la voce diretta dei minatori e non solo quella dei burocrati sindacali [organizzatori delle altre manifestazioni, ndt].
Questa manifestazione "alternativa", che è partita dalla stazione di Atocha in direzione di Puerta del Sol, aveva alla testa un gruppo di minatori del bacino di Cangas (nelle Asturie) e di Matarrosa del Bierzo di Leon [nel nord della Spagna, ndt], cioè i protagonisti di questa lotta esemplare. La presenza di questi minatori è servita a dimostrare che nonostante gli oltre 50 giorni di sciopero che hanno sulle spalle, questi lavoratori non sono più disposti a subire i tradimenti della burocrazia che dirige CCOO e Ugt, e che vogliono portare la lotta fino in fondo.
La manifestazione ha avuto una partecipazione al di sopra di ogni aspettativa, tanto più se si tiene conto che i mezzi di comunicazione, le burocrazie sindacali e anche la direzione anarco-sindacalista hanno fatto di tutto perché non fosse presa in considerazione questa ulteriore manifestazione [che si "aggiungeva" alle due di cui si parla nel primo articolo, ndt]. I mass media hanno oscurato la manifestazione, nonostante su ogni muro di Madrid ci fossero manifesti che chiamavano alla manifestazione.
La manifestazione è stata convocata in maniera militante, dal sindacalismo alternativo, dagli attivisti del movimento degli indignados, da diversi centri sociali. Non solo le burocrazie ma anche la Cgt [sindacato diretto dagli anarchici, ndt] ha tentato di boicottarla in ogni modo, con un atteggiamento settario, che non favorisce le lotte per costruire una alternativa alle burocrazie.
In ogni caso, nonostante tutti questi ostacoli, la manifestazione ha avuto un risultato eccezionale ed ha costituito una vittoria molto, molto grande che rafforza il percorso in direzione di una alternativa di lotta, democraticamente organizzata e classista.
Il corteo serale ha dimostrato che l'unica via d'uscita dalla crisi sta nell'unione di tutti i settori in lotta e nella mobilitazione di piazza.
Gli slogan che maggiormente sono risuonato durante tutto il percorso sono stati: "Madrid operaia appoggia i minatori", "Viva la lotta della classe operaia", "qui manca un nuovo sciopero, qui manca un nuovo sciopero generale", "vedremo chi avrà l'ultima parola, se i minatori in piazza o questo governo di figli di puttana", "Mariano, Mariano [il primo ministro Rajoy, ndt] non passi l'estate", "Spagna, Italia, Grecia e Portogallo, la lotta operaia è internazionale".
L'arrivo del corteo a Puerta del Sol è stato impressionante ed emozionante. Il corteo, che aveva raccolto fino a quel momento circa 20 mila manifestanti, si fondeva con altre migliaia che stavano aspettando in piazza. All'ingresso in piazza è esploso un grido: "Madrid obrero apoya a los mineros!" e poi ancora: "Aiutano i banchieri e licenziano i minatori!" [in spagnolo suona meglio: "Rescatan a los banqueros y despiden a los mineros, ndt].
Nei comizi conclusivi della manifestazione sono intervenuti, a nome delle organizzazioni raggruppate in Hay que pararles los pies, due lavoratori dell'Ups [la multinazionale dei trasporti, ndt], fabbrica in cui si continua la lotta contro il padronato nonostante proprio in questi giorni l'intero stabilimento di Vallecas (Madrid) sia stato venduto (lavoratori inclusi) a un'altra impresa.
Gli interventi finali sono stati quelli, emozionanti, di due compagni minatori delle Asturie, membri della Corrente Sindacale di Sinistra dei bacini asturiani de Cangas e Mieres, più volte interrotti dal pubblico che gridava "La lucha del minero, orgullo del obrero!" (La lotta dei minatori è un orgoglio per gli operai, ndt]. L'inno dei minatori, "Santa Barbara Bendita", cantada dalle migliaia di persone che riempivano la piazza, ha concluso la manifestazione.
Purtroppo i mass media hanno informato solo del fatto che, al termine della manifestazione, quando la maggior parte dei partecipanti se ne erano andati, la polizia ha caricato violentemente alcuni manifestanti rimasti a Puerta del Sol, provocando feriti e facendo alcuni arresti.
La giornata di sostegno ai minatori è stata una grande vittoria, che ha fatto emergere, grazie a una lotta cosciente e classista, tutte le lotte degli altri settori di lavoratori e dei giovani precarizzati, così come dei settori di piccola borghesia in via di proletarizzazione.
La manifestazione "La Madrid operaia sostiene i minatori" ha una portata e un significato che si scontra frontalmente con i capitalisti, i loro governi e la burocrazia sindacale e i partiti del regime borghese che l'unica cosa che sanno fare è tramare tra loro contro i lavoratori.
In questa giornata, il sindacalismo alternativo ha svolto un ruolo decisivo, essendo stato il primo a promuovere e a sviluppare per 15 giorni una campagna massiccia di sostegno ai minatori e per aver fatto appello a una mobilitazione di massa per accogliere la marcia dei minatori, cosa che in seguito ha costretto anche le burocrazie a muoversi. Ciò che ha costituito il punto di forza è stato al contempo fare appello a una lotta unitaria e cercare di costruire in maniera democratica, classista e combattiva un'alternativa politica e organizzativa alle burocrazie. Il tutto attorno alla difesa di una rivendicazione chiara: la nazionalizzazione del settore minerario sotto il controllo operaio.
(traduzioni dallo spagnolo e note di Francesco Ricci)
Proponiamo altre quatto clip tratte dal canzoniere illustrato di Daniele Sepe. Già abbiamo pubblicato una serie di clip la scorsa settimana visibile nel post dal titolo CANZONIERE ILLUSTRATO IL NUOVO LAVORO DI DANIELE SEPE
"Canzoniere Illustrato" è il titolo del nuovo album di Daniele Sepe.
In realtà è molto di più di un semplice album... "Canzoniere Illustrato" è un bel volume di ben 106 pagine contenente12 fumetti per 12 canzoni. Fumetti realizzati da geniali maestri del colore (Mauro Biani, Squaz, Kanjano, Akab, Kranti, Rosaria Cefalo, Shaone, Fulvio Cozza, Giuseppe Guida, Antonino Iuorio, Marcella Brancaforte, Tony Afeltra, Enzo Troiano, Giuseppe Guida, Luigi De Michele) ed arricchito da una splendida copertina del grande Altan.
La musica prevede un menù internazionale di canzoni provenienti da tutto il mondo e dal folklore italiano e con la partecipazione delle voci di Floriana Cangiano, Paolo Romano Shaone, Ginevra DI Marco, Flori N Barbu, Mazouk Mejri, Josè Seves, Robero Argentino Lagoa e Brunella Selo, oltre ad una nutritissima schiera di fantastici musicisti.
Buona Visione
Flor Biba voce Brunella Selo cori Marcella Brancaforte illustrazioni
Tonada de luna llena di Simon Diaz Josè Seves voce Elizabeth Norris cuatro venezuelano Biancastella Croce percussioni Disegni di Kanjano registrato dal vivo al Leoncavallo durante il tour di "Conosci Victor Jara?" il 7 marzo 2000.
Floriana Cangiano voce Tony Afeltra illustrazioni
Shaone vox Marcello Giannini chitarra Disegni di Paolo Romano Shaone
"Non esistono soluzioni facili e immediate alla crisi". Nella relazione della Banca dei regolamenti internazionali, una conferma del fatto che la crisi è strutturale e che non ci sono margini nel sistema per riattivare la crescita. È per questo che l'unica strada è cambiare strada
“Chi spera in una soluzione facile e immediata continuerà a essere deluso: soluzioni di questo tipo non esistono.” L’affermazione è della Banca dei Regolamenti Internazionali (82a Relazione annuale, 24 giugno 2012, p. 8), istituzione internazionale il cui compito è di promuovere la collaborazione tra le banche centrali.
L’interpretazione delle Bri è di particolare interesse poiché scaturisce da un’analisi attenta e convincente del processo in atto. Il punto cruciale del quadro interpretativo è individuato – in modo non inedito – nel fatto che la crisi sia una crisi di indebitamente generalizzato e che il processo in atto e le prospettive future derivano dai comportamenti “normali” dei singoli soggetti indotti a privilegiare a ricostituire il proprio equilibrio patrimoniale. Non è certo una novità che le famiglie siano indebitate e siano costrette a risparmiare per rientrare dai loro debiti; che le imprese utilizzino i loro profitti per ridurre l’indebitamento piuttosto che finanziare nuovi investimenti; che il settore pubblico sia sotto pressione per realizzare avanzi correnti e ridurre il debito accumulato nel passato; che le banche e le altre istituzioni finanziarie, appesantite da titoli tossici e dalla perdita di valore di crediti e titoli, siano indotte a utilizzare i redditi correnti per ammortizzare le perdite prima di pensare ad espandere il credito all’economia. Il fatto che tutti i settori dell’economia registrino la medesima situazione segnala che non vi sono margini all’interno del sistema in grado di riattivare la crescita; la crisi è sistemica, di un intero sistema economico e sociale dai carenti meccanismi autoregolatori.
Non si tratta certamente di una novità, se non per il fatto che proviene da un’autorevole istituzione mainstream. Non dovrebbe sorprendere nemmeno l’implicazione che “lentezza del processo di deleveraging in tutti i maggiori settori dell'attività economica contribuisce a spiegare perché la ripresa nelle economie avanzate sia stata così debole”. È evidente che “i tentativi di aggiustamento di ciascun gruppo peggiorano la posizione degli altri” dato che “il settore finanziario esercita pressioni sui governi e rallenta la riduzione dell'indebitamento da parte di famiglie e imprese. I governi, a causa del deterioramento della loro affidabilità creditizia e dell'esigenza di risanare conti pubblici, stanno minando la capacità di recupero degli altri settori. Infine, il processo di deleveraging di famiglie e imprese incide negativamente sulla ripresa di governi e banche”. Una crisi da indebitamento generalizzato comporta inevitabilmente una compressione generalizzata della domanda e quindi dei redditi creando una situazione paradossale in cui l’obiettivo prioritario di ridurre l’indebitamento comporta una compressione dei redditi che impedisce la riduzione del debito. Un’osservazione che, ampiamente sviluppata per il debito pubblico, vale per tutti i settori generando non uno ma “molteplici circoli viziosi.” Un messaggio più chiaro di così non si potrebbe avere per una classe dirigente europea che, incapace di vedere gli effetti complessivi del meccanismo in atto, si trincera dietro a giudizi moralistici (talvolta fondati) sulla correttezza dei comportamenti altrui e propone (in maniera infondata) come prioritario un intervento per mettere ordina in casa propria.
Le difficoltà non si esauriscono qui, poiché nonostante quanto è successo vi è la preoccupazione che le principali banche continuino “ad accrescere la leva finanziaria”(espandendo le operazioni in derivati, ovvero le loro posizioni speculative) “senza prestare la debita attenzione alle conseguenze di un possibile fallimento”. Pare che stiano “gradualmente riassumendo il profilo di elevata rischiosità che le caratterizzava prima della crisi”, ovviamente sempre nella convinzione che, qualsiasi cosa succeda, sarà il settore pubblico a farsi carico della loro insolvenza.
Dall’analisi presentata, tre aspetti dovrebbero balzare immediatamente all’attenzione di qualsiasi autorità di politica economica.
a. i tempi pericolosamente lunghi del riaggiustamento degli squilibri patrimoniali che, prodottisi in un ampio arco di tempo, possono essere ridimensionati solo in tempi altrettanto lunghi;
b. la ristrutturazione dei diversi indebitamenti si sta realizzando in un contesto fortemente recessivo e quindi non senza pesanti conseguenze per i livelli di occupazione e per le condizioni di lavoro (salari e diritti) con la prospettiva di un lungo processo di deterioramento delle relazioni sociali e una prevedibile usura dello stato di welfare. L’effetto/obiettivo è la passivizzazione dei singoli rendendoli disponibili ad accettare come “naturali” sia la compressione dei redditi e dei diritti che le crescenti disuguaglianze fra soggetti, ceti, territori.
c. il processo di aggiustamento finanziario non è soggetto ad alcun efficace controllo, non essendo previsto alcun adeguato intervento che garantisca che i pesanti sacrifici finora imposti non siano annullati da comportamenti speculativi (in atto) delle banche.
Il lungo adattamento della società è dominato dalle strategie delle istituzioni finanziarie come dimostrerebbe la conclusione (sempre della Bri) che solo dopo aver “ripristinata la normalità con un sistema monetario e bancario unificato, i leader europei disporranno del tempo necessario per completare la costruzione dell'assetto istituzionale più ampio di cui l'unione monetaria ha bisogno”. Non prima, non durante, ma a giochi fatti.
È un’analisi che, anche se involontariamente, giustifica ampiamente le proposte di lavoro del controvertice “un’altra strada per l’Europa” tenuto a Bruxelles il 28 giugno scorso che, per quanto possano sembrare solo dei segnali di tendenza, si muovono nella direzione giusta:
a. i punti relativi alla necessità di affrontare l’emergenza finanziaria e all’opportunità di sottoporre a regolazione l’azione delle banche esprimono l’esigenza di difendere la società dai preoccupanti processi di riaggiustamento finanziario in atto. In questa ottica è evidente l’esigenza di una ristrutturazione istituzionale del sistema bancario europeo per limitarne l’assunzione di rischi speculativi e per favorire la destinazione dei suoi fondi alla crescita;
b. la critica alla politica dell’“austerità” e il rilancio di uno sviluppo di qualità si contrappone nettamente alla visione di politica economica che sta orientando la realtà economica e sociale europea. La tensione di natura “costituzionale” generata dagli interventi apparentemente “tecnici e neutrali” dei processi di ristrutturazione in atto rende necessaria la definizione di una diversa politica economica in grado di evitare lo sbocco perseguito di asservire la società all’economia. L’esigenza di garantire un effettivo confronto sui possibili assetti economici e sociali alternativi quale esito della gestione di questa crisi rende concreto l’esercizio di quella democrazia di qualità posta come quinto punto nelle conclusioni del controvertice.
c. la ridefinizione della politica economica europea (e nazionale) è urgente affinché la società non sia a lungo bloccata dal contenimento della domanda. Ma una situazione di prolungato contenimento della produzione per il mercato dovrebbe costituire una sfida per le molte organizzazioni e movimenti che, criticando i modelli di produzione e consumo correnti, affermano la possibilità di alternative in grado di mantenere (se non accrescere) il benessere sociale nonostante il calo del Pil.
d. non va infine sottovalutato l’aver estesa la consapevolezza che queste questioni non sono questioni nazionali ma europee; che l’oggetto delle polemiche sui ritardi di una efficace politica europea non è da attribuire a un singolo paese, ma a un orientamento “conservatore” presente all’interno di tutti i paesi, anche se al momento espresso con maggior forza dal gruppo dirigente tedesco.
La scommessa di porre la questione di quale rotta indicare all’Europa sembra aver pagato, anche se, come del resto era prevedibile, sono emerse tutte le difficoltà di una elaborazione democratica che coniuga interventi a livello sovranazionale con la costruzione di novità economiche e sociali a livello locale. La capacità di tenere assieme queste due dimensioni anche attraverso una narrazione responsabile del nostro futuro possibile è la condizione per non accettare passivamente quello sfilacciamento della società che sarebbe inevitabile se dovesse prevalere, in una forma certamente più aggressiva, questo capitalismo finanziario.
Lunedì 16 luglio dalle ore 18,30 presso la Sala Restagno del Comune di Cassino, l’associazione Libera, in collaborazione con Magistratura Democratica e il Comune di Cassino, presenterà il testo “Attentato alla giustizia” di Piergiorgio Morosini. Piergiorgio Morosini è magistrato dal 1993. Attualmente è giudice delle indagini preliminari presso il tribunale di Palermo e segretario generale di Magistratura Democratica, una delle associazioni storiche della magistratura italiana. Titolare di numerosi processi a Cosa Nostra, è stato estensore di sentenze relative ai capi storici della mafia (Riina Salvatore, Provenzano Bernardo, Brusca Giovanni, Bagarella Leoluca). Si è occupato di infiltrazioni mafiose nella sanità, negli appalti di opere pubbliche, nella politica e nella giustizia. In “Attentato alla giustizia” il magistrato ! ricostruisce, partendo dalle stragi del 92′ e del ’93 e citando una serie di casi paradigmatici, i legami storici e le complicità che, a vari livelli, hanno consentito, fin dalla nascita dello stato unitario, la sopravvivenza e lo sviluppo della criminalità organizzata nel nostro Paese. Sarà un’altra occasione per tenere alta la guardia sul nostro territorio che non è immune dai fenomeni di corruzione e di criminalità organizzata. Anche alla luce del decreto legislativo del 5 luglio 2012, che ha disposto la soppressione, tra gli altri uffici giudiziari, del tribunale di Cassino, suscitando diverse preoccupazioni per le conseguenze del provvedimento. Oltre all’autore saranno presenti Marco Galli, responsabile formazione Silp CGIL, l’ordine degli Avvocati di Cassino e Danilo Grossi, Assessore alla Cultura del Comune di Cassino. Modererà l’incontro il giornalista Pasquale Notargiacomo.
La Valle del Sacco si trova nuovamente minacciata da decisioni non concordate con gli abitanti del territorio. Qualcuno, in una prassi comune, sta nuovamente muovendo i fili, questa volta per relegare i comuni di Colleferro, Paliano, Anagni al triangolo gestore di rifiuti con l’aggravante che in questo, con il nuovo Piano della Regione Lazio, la provenienza sarebbe massivamente di Roma. Un sito industriale dismesso diverrebbe il centro di lavorazione del problema della Capitale, in un contesto aggravato proprio dagli impatti delle lavorazioni incontrollate del passato. Decine di migliaia di mezzi, nel nome di un’emergenza indotta dalla lobby della monnezza, invaderebbero la nostra zona incidendo ulteriormente sulla viabilità, sullo stato della qualità dell’aria, sull’occupazione del territorio a esclusivi fini di lucro per pochi eletti. Siamo nuovamente al bivio delle scelte. Accettare passivamente che qualcuno si appropri indebitamente dei nostri diritti, oppure che la coscienza della nostra Valle martoriata, ma con spiragli di rinascita, si riappropri del proprio essere attraverso l’autodeterminazione.
L’appuntamento itinerante per chiudere il ciclo prima della programmazione di iniziative più imponenti è per l’assemblea pubblica indetta dal Coordinamento Valle del Sacco, sabato 14 luglio ad Anagni in viale Regina Margherita nei pressi dell’Hafa Caffè, dalle ore 17,30.
La storia della cosiddetta Prima Repubblica è costellata di termini che sembrano vacui, ambigui, magari nati dalla paranoica fantasia di chi li ha inventati. In realtà, simboleggiano qualcosa di vero, di forte, prolifico, robusto, esistente e pericoloso, anche se nascosto ed invisibile ai più. Uno di questi termini è un acronimo, Fodria, che sta per ‘Forze oscure della reazione in agguato’.
Quando nel ’47 gli ultimi partigiani deposero le armi, con la V Armata americana ancora in Italia, ed un governo centrale di unità antifascista destinato a soccombere nel giro di un mese ed un C.L.N. che rifiutò, in nome della rinascita democratica, qualunque ulteriore ruolo politico, sciogliendosi definitivamente; in questo quadro apparentemente rassicurante, dicevo, ci fu chi capì che la reazione in Italia non era sconfitta, ma si era solo camuffata: nei nuovi partiti, nell’armata americana, nell’esercito, in Confindustria e fra i giornalisti vi era chi tramava per restaurare un regime di stampo quantomeno franchista. E ben presto costoro dovettero capire quanto esatta fosse loro intuizione: non solo gli agrari e Confindustria, e l’MSI fondato incredibilmente già nel 1947, e le correnti di destra della DC (quelle di Andreotti e Antonio Segni soprattutto), ma parte del PSDI, degli alti gradi delle Forze Armate, giornalisti di importanti testate come il Corriere della Sera, i Servizi Segreti, esponenti sindacali (CISL e UIL) miravano ad un lento o repentino deterioramento delle istituzioni per abbatterle, e sostituirle con un governo autoritario antipartitico.
Le prime manifestazioni dell’inequivocabile esistenza del Fodria si hanno già negli anni ’50, quando, accanto alla repressione poliziesca delle manifestazioni operaie soprattutto al Nord, troviamo eguale repressione delle agitazioni contadine al Sud, accompagnate dalla conquista di decine di amministrazioni comunali da parte del MSI al grido di “Stavamo meglio quando stavamo peggio!”
Il Fodria continua la sua opera di isolamento degli elementi rivoluzionari, con annessa illegale schedatura dei ‘Comunisti’ , comunque intesi; e nel 1960 si prova il colpaccio: la formazione di un governo DC, presieduto da Tambroni, ed appoggiato dall’esterno dal MSI. La reazione dei lavoratori, soprattutto a Genova, Reggio Emilia, in Sicilia, sconfigge questo tentativo, sia pure a costo di sangue e vite degli antifascisti; nel 1962 il Fodria sembra dover accusare un duro colpo con l’ingresso del PSI nel governo, ma così non è. Infatti, l’ingresso di Nenni nell’esecutivo ha come obiettivo non lo spostamento a sinistra della politica italiana, ma la neutralizzazione del secondo grande partito operaio italiano; basti leggere gli atti del processo sul tentato golpe SIFAR di De Lorenzo & c. del 1964 per rendersi contro che Nenni, convinto da Saragat, accettò una fallimentare riedizione del centro-sinistra il 14 luglio 1964 solo per evitare che i colonnelli, già sguinzagliati nella notte in ogni parte d’Italia, portassero a termine il loro ‘Piano Solo’ già iniziato. Che fine abbia fatto il PSI di lì a poco lo sapete; quando De Martino non resse più, arrivò Craxi…..
Oltre all’abolizione dei partiti politici ed alla distruzione della rappresentanza sindacale, i golpisti volevano un generale, De Lorenzo, Ministro della Difesa. Oggi, nel governo Monti, abbiamo un generale Ministro della Difesa. Ma ormai è poca roba: dal 1981 sappiamo che l’ispiratore e tessitore del Fodria è stato Licio Gelli.
Buoni colpi alla credibilità dello Stato nato dalla Resistenza sono le bombe sui treni e nelle banche, l’affaire Moro, il governo antioperaio di Craxi e le cosiddette riforme che in realtà sono tagli, di finanze e di diritti. Del resto Mussolini non chiamò ‘Rivoluzione’ la marcia su Roma?
Riassumendo: già alla fine della guerra, Parri (si, fu proprio lui a parlare per primo, che si sappia, di Fodria) aveva capito che le forze reazionarie erano vive, e si annidavano in gangli vitali dello Stato e della società. Questo fiume sotterraneo è emerso solo quando gli ha fatto comodo, e nella forma in cui ha voluto. Ha approfittato ,e favorito ,della lenta erosione e imborghesimento delle strutture operaie, per sferrare i suoi colpi, piccoli, grandi, mortali.
Quando ha vinto definitivamente il Fodria? Col pagliaccio Berlusconi, forse? Ma non scherziamo! Il Fodria ha vinto con l’asservimento al governo di estrema destra di quasi tutta la società italiana: PD, PDL, Chiesa, Confindustria, Corriere, Repubblica, e perfino quelli che non contano un cazzo, come Casini e Fini, lo difendono a spada tratta.
Lo difendono perché sta distruggendo i diritti dei lavoratori, nati con la Resistenza e le lotte di operai, contadini, insegnanti, braccianti, piccoli proprietari ecc. ecc. ecc.
Dimenticavo: è vero che i sindacati fanno la voce grossa, anche la CISL e la UIL, e criticano il Governo, ma è pur vero che dopo 30 anni di politiche suicide ( appoggio a Craxi ed a Berlusconi, divisione sindacale ecc.) contano quanto l’onorevole Bocchino.
Ciao, io sono una bambina di 11 anni. La mia schiena è ridotta così da una pallottola di gomma, sparata dalla polizia spagnola nel corso di una manifestazione contro il taglio quasi totale dei sussidi al comparto di produzione del carbone, con relativa condanna a morte del settore e licenziamenti a raffica. La mia schiena oggi è il simbolo della democrazia liberale, della democrazia borghese, quella che per legge privatizza il profitto ma collettivizza il rischio, facendo ricadere su di noi le cazzate dei banchieri. La mia schiena oggi parla simbolicamente della brutalità del sistema, praticamente invece della violenza dei servi di stato. Quando vai a votare, quando voti ancora una volta liberale, pensami (da ilaria Mugnai)
A Madrid alla manifestazione dei minatori la polizia carica anche i bambini. Questa ragazzina ha solo 11 anni. Questa è la democrazia borghese, la democrazia di banchieri e padroni. Mai come oggi è attuale la lotta per il comunismo, la lotta per il potere alla classe lavoratrice!
Sbaglierò ma in vista delle elezioni del 2013 già tira una brutta aria per la tenuta democratica del nostro paese. Da più parti si invoca una nuova legge elettorale. A dire il vero un pool di saggi ci sta lavorando , ma gli inusitati sforzi dei nuovi esperti di ingegneria elettorale , Gaetano Quagliariello e Ignazio La Russa a cui si è aggiunto Denis Verdini (Pdl) , Italo Bocchino e Ferdinando Adornato , terzo polo e Luciano Violante Pd, riunitisi con Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pierferdinando Casini, hanno partorito una legge elettorale che è peggio di quella esistente perché unisce ai nominati tradizionali i nominati proporzionali, ma cosa più importante ha messo a punto un dispositivo istituzionale che indebolisce il Parlamento, rafforza l’esecutivo e il Presidente del consiglio. Altre dichiarazioni si sono succedute questi maldestri tentativi di sovvertimento democratico. Il presidente della Repubblica Napolitano, il quale non manca mai di esprimere giudizi non richiesti, esorta i partiti affinchè chiunque vinca le prossime elezioni del 2013 mantenga la stessa linea di rigore del governo Monti per non far innervosire i mercati. Si è mai chiesto il Presidente Napolitano, quanta gente si incazza o addirittura naufraga nella disperazione proprio perché non riesce a campare con un straccio di reddito sempre più decurtato da politiche mirate a non fare innervosire i cerebro labili mercati? Ma il festival delle dichiarazioni poco rassicuranti non finisce qui. Il presidente del consiglio alla convention dei suoi amici banchieri annuncia che non ha intenzione di candidarsi nel 2013, ma non rinuncerà a fare politica come senatore a vita, inoltre ci ha ricordato che il percorso di guerra non è ancora finito, per cui il programma di austerity dovrà proseguire ancora per molto. A proposito secondo Monti se siamo in questa condizione è per colpa dell’esercizio della concertazione con le parti sociali. Infatti come si sono permessi dei sindacati pure ammorbiditi e filo padronali di contrastare le leggi del mercato che considerano i lavoratori come inutili orpelli e ostacoli alla speculazione lobbistica e finanziaria? Non è finita. La rassegna prosegue con la posizione di Pierferdinando Casini, il quale riprendendo le dichiarazioni di Napolitano in merito all’azione di governo che dovrà mettere in campo la prossima coalizione vincitrice delle elezioni, invoca l’impegno scritto da parte di tutti gli schieramenti che oggi appoggiano l’esecutivo Monti a proseguire nella devastazione sociale messa in atto dal banchiere e dai suoi amici. Infine, ciliegina sulla torta, tornerà Berlusconi nell’agone elettorale è il popolo che lo vuole. Riassumendo lo scenario delle prossime elezioni politiche sarà il seguente: Adozione di una nuova legge elettorale che è peggio di quella vecchia, tutti i partiti che oggi sono maggioranza nel governo devono porre nel proprio programma la condizione di proseguire lo scempio messo in atto fino ad ora, benedetto da Bce, Fmi e Ue. E soprattutto devono eliminare le fasi concertativi ed ogni concessione ai lavoratori. In pratica , o si sceglie chi continua il lavoro di Monti seriamente (Pd, terzo polo) o si opta per chi fa lo stesso, ma con più goliardia, fra un burlesque e un altro fra una pernacchia alla Merkel e le corna a Hollande (Berusconi Pdl con la rimbarcata lega), o ancora si scelgono le varie aggregazione di protesta (Grillo, Di Pietro) . Se questo è lo scenario è inutile andare a votare. Possibile che non esista in questo dannato paese un’alternativa , non dico comunista, ma almeno socialista? Perché il mondo del lavoro è ormai lasciato a se stesso senza alcuna rappresentanza. Fuori dai denti , il PD che cazzo di patito è. Una formazione variegata che rinnega la sua genesi comunista, checchè ne dica Paola Concia, imbarca il peggior bigottismo e opportunismo cattolico, accetta il dominio del mercato, questo strano organismo che si innervosisce per un non nulla e per non farlo innervosire bisogna provare a governarlo ma senza farsene accorgere. E’ veramente disarmante che in un momento in cui lo scippo democratico della lettera delle Bce sta per consacrarsi con la legittimazione elettorale non ci sia una sola voce antiliberista, socialista e comunista che si batta affinchè non si rischi di morire anziché democristiani, poveri in canna?
Scusate la banalità , ma fa caldo e qualche volta sarà concesso anche a noi di scrivere qualcosa di scontato, qualunquista. Dire che i politici “magnano” tutti non è una grande novità, è convinzione comune diffusa , e su questa lapalissiana verità si sono fondati i vari fenomeni del grillismo e dell’antipolitica. Però a me sembra che alcuni più di altri pratichino l’esercizio magnatorio. Il governatore dalla Lombardia non scherza, con tutto il suo codazzo di assessori e consiglieri legisti, piddiellini, amici faccendieri e mignotte Anche la lega di Bossi una volta assaggiate le prelibatezze dei palazzi romani non ci è andata leggera. Ma la campionessa dello strafogo ci sembra senza ombra di dubbio la governatrice del Lazio Renata Polverini. In dispensa la sindacalista fascista, da quando ha sposato il palazzo della Pisana , ha riposto il vitalizio per se, per assessori consiglieri e collaboratori esterni di questa consiliatura, ma anche delle precedenti. Per recuperare le derrate di questa abboffata, la governatrice non si è fatta scrupolo di tagliare sulla sanità , pubblica evidentemente, con la chiusura di diversi ospedali fra cui quello di Pontecorvo. Non osiamo pensare quali saranno i prossimi nosocomi a chiudere dopo che l’ineffabile governatrice dovrà applicare i dettami della prossima spending review montiana . Ma c’è da notare cha a tavola con Frangetta Nera si abbuffano anche amministratori suoi sodali. Il sindaco di Roma Alemanno ad esempio ha rimpilzato di parenti ,gerarchi , gerarchetti, forzanuovisti e manovali del terrorismo nero, tutte le società partecipate della capitale. Il presidente della Provincia di Frosinone invece oltre a percepire gli emolumenti da parlamentare e da primo dirigente della Provincia, il che non è molto ortodosso, continua a presiedere una giunta che non ha mai deliberato nulla. Si sono semplicemente limitati a sottolineare le storture di chi li aveva preceduti, ma il buon Iannarilli si occupa anche dei commensali di altre mense, quali quelle del comune di Frosinone. Infatti quando un suo affezionato convitato tale Enrico Straccamore , non è stato ammesso alla tavola degli assessori comunali, il presidentissimo ha provveduto a procurargli un posto nel grande banchetto della giunta provinciale, cacciando dal desco due reietti amici del neo sindaco Ottaviani come ritorsione alla sgarbo inferto allo Straccamore stesso. Bene chiudiamola qui altrimenti rischiamo veramente di cadere nel qualunquismo più banale. Certe cose comunque vanno rimarcate perché è fuori dubbio che questi sedicenti amministratori siano la prima causa dell’impoverimento di noi cittadini. Per ora mettiamola sullo scherzo con la clip che segue, il cui brano è “La cena della sposa”. Un pezzo della tradizione popolare contadina eseguito da : Riccardo Tesi all’ organetto diatonico, Maurizio Geri, voce e chitarra, Nando Citarelli voce e tamburella, Daniele Mencarelli, contrabbasso , Valerio Perla, percussioni, Devis Longo, tastiere sax e voce, Mauro Palmas , mandola, voce e benas, Damiano Puliti, violoncello.
La Valle del Sacco sta vivendo uno dei suoi momenti più difficili: fallisce l'ennesima industria, la Videocon con i suoi 1400 addetti e un passato glorioso per innovazione tecnologica, l'agricoltura, quella buona, che nonostante tutto tenta di resistere, ha seri problemi di immagine relativi alla mancanza di certezze sulla bonifica.
Ma arrivano gli avvoltoi! AMA ed ACEA occupano la storica area industriale dismessa di Castellaccio a Paliano per costruire uno degli Impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) più grandi d' Italia, per quantità di rifiuto entrante.
I numeri per capacità massima dell’impianto sono 300.000 tonnellate/anno, circa 1000 tonnellate al giorno, 10.000 mezzi in più che transiteranno , 30 milioni di fatturato e poche decine di addetti.
Prendiamo atto delle dichiarazioni di alcuni esponenti politici che si sono detti contrariati dal fatto che il prefetto Sottile e il Presidente della Regione Lazio Polverini hanno dimostrato la chiara intenzione di voler costruire un impianto così grande nella provincia di Frosinone, territorio che possiede una dotazione impiantistica sufficiente al suo fabbisogno. Questo però e' il risultato del Piano Regionale, portato in approvazione qualche mese fa, ma sul cui capo pendono oramai molti ricorsi al TAR.
Questo piano, infatti, ha inserito i territori di Anagni e Paliano nell'Ambito Territoriale Ottimale di Roma, per la gestione dei rifiuti. Siccome le norme europee impongono che i rifiuti non trattati non escano da questi ambiti, interessava accorpare questi due Comuni. L'oggetto del desiderio era l'area industriale di Paliano, al fine di portare nell'area un tal quale e produrre CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti), circa il 50% del totale, ed alimentare l'inceneritore di San Vittore. E il restante 50%? Quale e' il problema! Una volta triturato e reso inerte attraverso il bioessiccamento verrà conferito nella discarica di Colle Fagiolara a Colleferro che per prossimità risulta essere la più vicina.
Qualcuno potrebbe domandarsi come si fa a giustificare un transito di mezzi così elevato nell' area di Colleferro che ha una qualità dell'aria scadente. E' semplice! Basta utilizzare il casello autostradale di Anagni, più adatto ai mezzi pesanti, e con minor impatto visivo sui flussi.
Il piano regionale in altre parole tenta maldestramente di risolvere i problemi di Roma con i suoi mal funzionanti impianti di trattamento e la discarica di Malagrotta che non può ottenere più proroghe e quindi non può ricevere più rifiuto non trattato.
Questa scelta e' dovuta anche ai costi. Infatti trattare adeguatamente il rifiuto nei TMB costa circa 100 euro /tonnellata, mentre il conferimento in discarica costa circa la metà. Ma c'e l'Europa che ci guarda da vicino e può sanzionare se portiamo un rifiuto non trattato in discarica. Allora si creano ad arte le emergenze per poter derogare alle leggi, favorire i grandi interessi ed anche risparmiare, in verità consegnando alle future generazioni i costi per i risanamenti e le bonifiche dei luoghi che stiamo inquinando oggi.
Quindi la discarica di Colle Fagiolara aumenterà il suo volume, del milione e mezzo di metricubi autorizzati in passato dalla giunta Marrazzo, potrà essere conferito in questo sito anche il rifiuto trattato proveniente dall'altro impianto di TMB che si vuol costruire in prossimità (125.000 t/ anno) che a questo punto potrebbe anche non essere necessario, e Roma avrebbe risolto il suo problema con la complicità di quelle amministrazioni locali prone ai grandi interessi.
Niente e' più nostro! Con l'acquisizione di GAIA SpA da parte della neonata Lazio Ambiente SpA per 14 milioni di euro così come da ultima offerta e ritenuto congruo dall’Amministrazione Straordinaria, contro gli 80 milioni della base d'asta relativa al precedente bando di gara, il nostro territorio e' stato definitivamente svenduto. Sarà ancora più difficile realizzare raccolte differenziate e cicli dei rifiuti orientati al recupero e riciclo in quanto a dettar legge saranno le aziende municipalizzate romane e gli interessi dei privati a loro legati.
Attiviamoci, in qualunque modo attiviamoci! Perdere questa partita significherebbe non aver più diritto di autodeterminate il futuro del nostro territorio e dei nostri figli, che dovranno migrare altrove per tentare di trovare un lavoro dignitoso.
Abbiamo già intrapreso le vie legali, ma la reattività cittadina e' fondamentale.
Se oggi non chiediamo con forza il rispetto del diritto all'abitare passeremo alla storia come ottusi che, in cambio di pochi miserevoli favori clientelari hanno definitivamente condannato un territorio che poteva , una volta per tutte, risorgere.
E’una calda serata di luglio. La giornata è passata cercando di combattere l’afa dopo il solito pranzo domenicale. Distesi sul letto a pelle di leporado, sbirciando la televisione sonnecchiando fra una fuga del tour del france e un gol della Roma alla sua prima uscita stagionale ci rendiamo conto che la calura non passa e il sudore comincia a propagarsi sul collo e inumidisce la barba. Verso le nove dopo una doccia poco risolutiva ci decidiamo ad uscire sperando di trovare un po’ di frescura e qualche cosa da vedere in giro per la città. Una capatina da alcuni amici, qualche chiacchiera, attorno alle dieci ci dirigiamo verso la villa comunale. Li sicuramente fra le piante e i prati la morsa del caldo si allenterà. Ma il cancello si sta chiudendo. Genitori ritardatari, costringono i propri pargoli a scendere dai cavallucci a dondolo per guadagnare l’uscita. Eppure qui, qualche anno fa si potevano ascoltare i liuti di Mauro Pagani, le suggestioni irlandesi degli Altan, le evoluzioni jazzistiche di Fabrizio Bosso , Gianluca Renzi e Gianpaolo Ascolese, stasera tutto tace e il caldo non ci pensa neanche a diminuire. Ci dirigiamo a piedi lungo via Aldo Moro un po’ di gente percorre stancamente i marciapiedi sbeccati, qualche negozio prolunga l’apertura nella speranza di catturare sparuti clienti dell’ultima ora. Gli unici a fare affari sembrano i gelatai, indaffarati a distribuire creme e cialde. Il cemento che costeggia la strada è ancora più incombente arricchito con nuove cubature , l’ennesimo palazzo sta violentando lo skyline celando la collina della città alta. L’aria è opprimente e insopportabile gravata dai fumi delle macchine che continuano a percorrere la strada a passo d’uomo. Verso il piazzale dell’ascensore inclinato la desolazione regna sovrana. Qui l’anno scorso, in questo periodo si “ pogava” e si saltava al ritmo rock delle cover band dei Deep Purple, e dei Led Zeppelin, stasera si riesce a percepire perfino lo scorrere del fiume. Decidiamo di cambiare aria e ambientazione, torniamo alla macchina e ci dirigiamo verso il centro storico. Finestrini aperti e aria condizionata spenta per non inquinare, percorriamo le curve dell’alberata. P,zza Garibaldi è deserta dopo le sbornie alcoliche della sera prima. Piccola parentesi, è possibile che anche in un periodo di crisi come questo solo il quartiere giardino possa godere dei finanziamenti comunali per il carnevale e il bagno di folla delle cantine aperte? Mistero. E’ mezzanotte anche il centro storico è deserto a parte i locali che ospitano giovani anche loro un po’ svogliati. Eppure qualche anno fa le vie erano animate da artiste di strada, giocoliere attrici e illusioniste, che davano vita alla kermesse, “la città delle donne”. Stanotte anche il centro storico affoga nell’afa. A questo punto decidiamo di scappare dalla città e cercare un po’ di vita a Veroli al festival Ernica etnica. Ci rassegniamo ad andare verso altri lidi aspettando che almeno inizi il cinema all’aperto presso la villa comunale. Qualcuno ci informa che il bando pubblicato dal comune per dare l’appalto dell’organizzazione alle varie associazioni culturali di Frosinone è andato deserto. Infatti una delle condizioni per aggiudicarsi la possibilità di organizzare “Cinema sotto le stelle” consisteva nel pagare settemila euro per l’occupazione della villa comunale requisito che probabilmente ha scoraggiato le organizzazioni di spettacolo interessate. Ma forse il rimedio ci sarà. L’ARCI, rappresentata dal solito Vigliani, già organizzatrice negli anni precedenti della rassegna si è offerta di accollarsi la patata bollente con la condizione di non pagare i settemila euro per l’affitto della villa. Probabilmente il sindaco accetterà perché la sua giunta appena insediata non può fare terra bruciata di tutte le iniziative culturali che si organizzavano negli anni precedenti. Speriamo quindi che almeno “Cinema sotto le stelle” possa cominciare. Ovviamente organizzata dalle stesse persone anche se il comune per sbandierare una spending review di facciata ha fatto di finta di cercare un altro gestore meno esoso . Speriamo che il tempo perso per dimostrare che tutto cambia per non cambiare nulla non pregiudichi l’unica rassegna ormai rimasta in una città ormai inariditasi soprattutto dal punto di vista culturale.
Aspettando che le notti della città tornino ad animarsi, pubblichiamo una clip fotografica con alcune vedute notturne di Frosinone, accompagnate dal brano Little One eseguito da Wayne Shorter al sax tenore, Wallace Rooney alla tromba, Ron Carter al contrabbasso, Tony Williams alla batteria e Herbie Hancock al pianoforte.
·Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia…
·Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio , come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento…
·La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private…
·Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buono…
·Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado dare vita ad una politica, beh tutti qui siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia . Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore…
·Insomma ogni cittadino cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città e aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero…
Il 5 luglio scorso la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza definitiva sulla mattanza operata dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001 . 29 poliziotti sono stati condannati in via definitiva ma molti sono ancora operativi nonostante ne sia stata decretata l’interdizione dal servizio. In realtà applicare la sentenza di rimozione dall’incarico spetta la Viminale ossia al dicastero del ministro Anna Maria Cancellieri, la quale ha assicurato che prenderà i necessari provvedimenti. In effetti si è già proceduto al pensionamento anticipato del capo del dipartimento analisi dell’Aisi, Giovanni Luperi, alla sostituzione di Francesco Gratteri alla direzione centrale anti crimine e del capo dello Sco Gilberto Caldarozzi. Inoltre sarebbe imminente la rimozione degli alti dirigenti firmatari dei verbali falsi dopo l’operazione alla scuola Diaz. Sta di fatto che molti di questi dirigenti, non solo sono ancora al loro posto, ma furono anche promossi ad incarichi più prestigiosi nonostante fossero prima indagati e poi rinviati a giudizio per gravi responsabilità, fra cui la più orrenda di tutte, anche se non contemplata nel codice penale, è quella di tortura così come definita nell’articolo 1 della convenzione Onu, testo che l’Italia non ha mai ratificato Di ciò si stupiscono molte associazioni umanitarie e soprattutto Amnesty International. Personalmente non mi meraviglio più di tanto. A dire la verità ciò che mi ha sorpreso è stato il fatto che si sia potuti arrivare ad una condanna chiara e definitiva. Forse in assenza dell’azione caparbia della magistratura , unico caposaldo istituzionale che ancora un po’ funziona, , il pronunciamento per i fatti della Diaz sarebbe stata ben diverso. Perché stupirsi se i 29 poliziotti colpevoli di tortura sono stati promossi? Hanno semplicemente svolto il proprio dovere. La loro azione repressiva , violenta, ha concorso, insieme con lo sconsiderata comportamento di certi movimenti politici di sinistra, allo sfaldamento del movimento “No global”. Il movimento dei movimenti doveva essere annientato. Ci rendiamo conto di quanto potesse essere pericolosa un’organizzazione -strutturata secondo una rete transnazionale di cittadini connessi e aggregati, capace di interloquire con le istituzioni quando non addirittura di determinarne gli orientamenti , di controllarne l’azione amministrativa e sociale - per il libero progredire del neoliberismo e del capitalismo? I piani del potere finanziario, volti a depredare il reddito dei lavoratori per alimentari i propri profitti, basati sulla favola della necessità di accontentare il mercato, sarebbero falliti miseramente . Un movimento simile mai avrebbe permesso che il diritto sacrosanto di un cittadino, a seguito di campagne mediatiche martellanti , fondati sulla menzogna , si trasformasse in un privilegio concesso per buona grazia dei potenti. Non a caso il tema dei beni comuni e dell’acqua era ben presente nei forum tematici del movimento dei movimenti . Quella era la globalizzazione della difesa dei diritti nata in contrapposizione ad un sistema che globalizzava la dittatura del capitalismo e delle multinazionali superando la forma statuale. Dunque, nella prospettiva di una crisi del sistema capitalistico che stava per travolgere il mondo globalizzato, un movimento del genere doveva essere annientato, IN PRIMIS CON LA REPRESSIONE VIOLENTA, poi con fini operazioni politiche. Ecco perché i 29 eroi della Diaz , avendo svolto i compiti a loro assegnati con solerzia e dedizione, andavano promossi. E ancora di più oggi a 11 anni da quei fatti, in un periodo in cui il sistema capitalistico pretende di curare i danni arrecati inasprendo quelle ricette che hanno prodotto il disastro è necessario che gli organi repressivi siano pronti a produrre la loro nefasta azione di violenza. L’ingente saccheggio delle classi lavoratrici, da parte della speculazione finanziaria, sta provocando un disagio sociale diffuso in tutta Europa. Se ad oggi le rivolte sociali sono ancora contenute o comunque limitate rispetto all’attacco che il capitalismo finanziario porta alla collettività, lo si deve all’apporto dei partiti riformisti o sedicenti radicale ed alle organizzazioni sindacali di regime. Ad esempio, in Italia, Rifondazione, Sel, e i sindacati della triplice, pur assecondando la protesta dei cittadini, non hanno mai preso posizioni nette contro il sistema della speculazione finanziaria. Si continuano a proclamare sciopericchi, vuote manifestazioni che tengono buona la gente, ma che sono del tutto insignificanti nell’ottica di una lotta contro il sistema globale . In egual modo in Grecia, la stessa Syriza, oggi presa come modello da tutti i partiti della sinistra “cosiddetta” radicale, pur osteggiando il TERRIBILE Memorandum , il piano lacrime e sangue messo in atto dalla triade (FMI-UE-BCE) è favorevole alla semplice rinegoziazione del debito e non alla sua eliminazione perché illegittimo e strumento con il quale la speculazione finanziaria impoverisce i popoli. Una posizione simile anestetizza (fino ad un certo punto) il popolo greco, ma è acqua fresca per il potere. In Francia Hollande sta facendo finta di porsi come baluardo a difesa dei diritti dei cittadini, prima sostenendo in campagna elettorale di essere contro il Fiscal Compact, poi contraddicendosi al vertice di Bruxelles del 28 29 giugno, dichiarandosi favorevole al Fiscal Compact, magari corretto con un po’ di provvedimenti per la crescita. Dunque fino a quando la funzione di controllo sulla rivolta sociale svolta dai movimenti riformisti, sedicenti radicale e sindacati pseudo-difensori del popolo, , terrà i manganelli potranno entrare in azione in maniera molto limitata. Ma quando anche questo gioco verrà scoperto e la rabbia popolare esploderà, migliaia e migliaia di eroi come quelli della Diaz dovranno essere pronti a dare il meglio di sé. Ecco perché se non fosse stato per qualche solerte magistrato la sentenza del 5 luglio avrebbe avuto connotati molto più leggeri e comunque è ancora da verificare quanti e quando i colpevoli verranno rimossi in applicazione della deliberazione dei giudici.