sabato 29 dicembre 2012

CARTOON

Informare per resistere

Come lo stato e le multinazionali del petrolio speculano sul prezzo della benzina. 

Il sapere è un'arma. 


Il sapere è un'arma, unisciti alla resistenza.



Università, la finta eccellenza della Bocconi

fonte:  http://www.coordinamentouniversitario.it


Uno dei problemi che caratterizzano il dibattito pubblico sull’università e la ricerca è l’uso intenzionale di dati ed informazioni che deformano la realtà. Giuseppe de Nicolao ha recentemente raccolto una guida alla demistificazione delle leggende sull’università e la ricerca messe in giro da un gruppo di economisti di scuola neo-liberista, la maggior parte operanti in Italia alla Bocconi o nelle famose “migliori università americane”. Questa serie di luoghi comuni è stata utilizzata sia dal ministro Gelmini che dal ministro Profumo: non solo la politica ma il lessico comunicativo è stato lo stesso durante i due ministeri.
La settimana scorsa altri due economisti della stessa scuola, Andrea Ichino e Daniele Terlizzese, hanno scritto un articolo sul Corriere della Sera, in cui per dare supporto alla mistificatoria tesi “i poveri pagano l’università ai ricchi” hanno riportato una serie di dati e informazioni non veritiere.  Ieri è stato il turno di un’altra coppia di economisti, Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, che, di nuovo dalle colonne del Corriere della Sera, hanno spiegato perché nell’Agenda Monti ci sarebbe troppo Stato. Con i colleghi di Roars abbiamo già analizzato l’Agenda Monti mostrando che questa si muove in perfetta continuità con le politiche del governo Berlusconi che stanno non solo ridimensionando l’università ma orientando la ricerca a essere non solo al servizio dell’impresa quanto piuttosto completamente assoggettata a questa.
Scrivono dunque Giavazzi e Alesina: “… Ci spiace parlare della nostra università, ma la Bocconi non riceve sussidi pubblici, si finanzia con rette scolastiche che sono modulate in funzione del reddito, ed è uno dei pochi atenei italiani che non fa brutta figura nelle classifiche internazionali. Riprodurre questo modello altrove non è impossibile.”
Non riceve sussidi pubblici? Vediamo un po’. Il contributo pubblico alle accademie private è stato nel 2012 di 89,6 milioni di euro, contro i 79.5 mln  del 2011, di cui  14,95 mln (13,5mln nel 2011) alla Bocconi. Come risulta dalla tabella  che determina la ripartizione del fondo agli atenei privati, le voci sono state: 9 mln in misura proporzionale alla quota attribuita agli stessi nel 2011, 4.2mln come compensazione del mancato gettito delle tasse e 1.8 mln destinato a fini premiali agli atenei. Considerando che la Bocconi ha circa 13,000 studentil costo per i contribuenti per ogni studente che frequenta la Bocconi è di 1.150 euro: per dare un ordine di grandezza questa cifra è leggermente inferiore alle tasse universitarie pagate in media da uno studente italiano (circa 1.400 euro).
Considerando i finanziamenti complessivamente ricevuti dalle amministrazioni pubbliche, apprendiamo che nel bilancio 2009 i contributi (statali o regionali) sono ‘scesi’ da 35 a 32 milioni. Il che porta il costo di ogni studente per la collettività a circa 2.400 euro, molto più delle tasse mediamente pagate nelle università statali. Possiamo dunque concludere che la Bocconi riceve consistenti sussidi pubblici che sono aumentati del 10% nell’ultimo anno, proprio quando il finanziamento agli atenei pubblici ha subito un ulteriore taglio del 5% (che si è andato ad aggiungere ad una serie di tagli che continuano dal 2008).
Ed ora veniamo alle classifiche internazionali, tanto spesso invocate come una sorta di arma di distruzione di massa contro le università statali italiane.Abbiamo già espresso altrove non poche perplessità in merito, per cui non siamo certo noi a sostenere la loro assoluta affidabilità ed esattezza nel valutare i meriti relativi delle varie università. La situazione è la seguente: nessuna delle università private, né quelle sorte negli ultimi anni, né quelle “storiche” arriva entro le prime 500 o 400 posizioni. Ad esempio la Bocconi nelle classifiche generaliste (che considerano anche università specializzate), è assente tra le prime 400, 500 o 700 università del mondo in ben 7 ranking su 8. Quindi se per classifiche internazionali si considerano quelle generaliste, cui si fa riferimento nella discussione dei rankings delle università, la situazione è diversa da quanto scritto dai due economisti, ed addirittura vi sono delle università statali che hanno posizionamenti migliori della Bocconi se si considerano specifici campi di ricerca. Ad esempio per la più citata di queste classifiche, lARWU, nelle prime 100 al mondo compaiono 6 dipartimenti di fisica, 2 di matematica, 2 di chimica, uno di ingegneria e zero di economia. Nel QS  Rankings la Bocconi, nella categoria Social Sciences and Management, occupa il 46° posto su 50, mentre in  Engineering and Technology il Politecnico di Milano, università statale, occupa il 48° posto.
In conclusione la Bocconi non è affatto un faro di eccellenza internazionale ed in Italia, se si guardano le classifiche scorporate o il numero di pubblicazioni/citazioni delle singole discipline, vi è di molto meglio; però lo Stato sovvenziona i suoi studenti e la Bocconi non paga l’IMU. Insomma un ottimo esempio del capitalismo all’italiana, quello a cui Giavazzi è tanto affezionato: Libero Mercato sì ma finché si scherza.

Tutti con la “Lista Ingroia – Rivoluzione Civile”

Oreste Della Posta per l'associazione 20 ottobre


      Sono stati tanti i partecipanti all’iniziativa “Io ci sto – Noi ci stiamo – Insieme per la legalità”, promossa dall’Associazione politico-culturale “20 Ottobre”, ad affollare, venerdì sera, la sala consiliare del Comune di Aquino.
   Il presidente dell’Associazione, Oreste della Posta, nel suo intervento introduttivo ha, innanzitutto, ringraziato i presenti, molti dei quali arrivati anche da centri lontani della provincia, per aver voluto partecipare a una serata di impegno politico e sociale nel pieno delle giornate festive di fine anno.
   Della Posta ha, poi, brevemente presentato il libro del magistrato Ingroia “Io ci sto” che tanto interesse e polemiche ha suscitato nelle ultime settimane per, poi, brevemente illustrare i 10 punti proposti dallo stesso magistrato, ovvero: 1) Legalità e solidarietà; 2) Stato laico; 3) Scuola pubblica; 4) Nuova politica antimafia; 5) Sviluppo economico, rispetto dell’ambiente e diritti dei lavoratori; 6) Sviluppo della imprenditoria senza essere soffocati dalla burocrazia; 7) Democrazia nei luoghi di lavoro: 8) Fuoriuscita dei partiti dai Consigli d’amministrazione a cominciare dalla RAI; 9) Candidature con criteri di competenza, onestà e merito: 10) Questione morale.  
   Maurizio Federico, che dell’Associazione è stato a suo tempo socio fondatore, ha   rilevato che il successo politico e la partecipazione appassionata all’iniziativa dimostrano quanto sia grande lo spazio politico esistente in Italia e in provincia di Frosinone per dar vita ad una forza realmente di Sinistra. “A questo obiettivo - ha detto ancora Federico - tendono i tanti delusi dalle precedenti esperienze e, soprattutto, dalle divisioni che hanno reso la sinistra alternativa quasi assente, negli ultimi anni, dal panorama politico del paese”.
   “Quella della presentazione della LISTA INGROIA – ha continuato Maurizio Federico - è, finalmente, l’occasione per riunire i tanti pezzi di sinistra diffusa nel paese ma che, fino a ieri, non aveva trovato l’occasione di unificarsi su una linea di netta alternatività a tutte, nessuna esclusa, le forze che hanno appoggiato il nefasto governo Monti”.
   Sono seguiti gli interventi di Vincenzo Colantonio di Arce, Igor Fonte di Cassino, Dionisio Paglia di Alvito, Romolo Rea di Arpino, Donato Gatti (FIOM di Cassino), Ugo Moro di Fiuggi, Mauro Capobianco di Isola del Liri, Francesco Garofani di Fiuggi e Liberato Scappaticci di Aquino. Tutti hanno offerto interessanti contributi sui temi del futuro della Sinistra in provincia di Frosinone e in Italia.
   L’intera Assemblea ha, infine, manifestato la sua forte condivisione dell’Appello lanciato dal magistrato Ingroia e di adesione alla “Lista Ingroia - Rivoluzione civile” che, come è noto, sarà presente da protagonista nelle prossime elezioni politiche di fine febbraio. 

venerdì 28 dicembre 2012

28 dicembre del 1943 - I servi traditori aSSaSSini fascisti fucilano tutti i sette eroici fratelli Cervi a Reggio Emilia :


Ettore Cervi di anni 22, Ovidio Cervi di anni 25, Agostino Cervi di anni 21, Ferdinando Cervi di anni 32, Aldo Cervi di anni 34, Antenore Cervi di anni 39, Gelindo Cervi di anni 42.


SIAMO QUELLI DELL' "ITALIA DEI FRATELLI CERVI" 
L'italia dei Fratelli Cervi di Giustiniano Rossi :

L’Italia dei fratelli Cervi è, nel 1943 come oggi, quella che combatte il fascismo sempre e comunque senza compromessi, che sia in camicia nera o verde o addirittura in doppiopetto, è quella che lotta contro i padroni avendo chiaro il concetto che le forze produttive sono i lavoratori, non le imprese e i loro azionisti che intascano la differenza fra il valore del lavoro e la sua remunerazione (plusvalore ?), quella che lotta contro la Chiesa avendo chiara la differenza fra l’istituzione e i singoli preti (della formazione partigiana organizzata dai fratelli Cervi faceva parte un sacerdote, don Pasquino Borghi, che verrà catturato e fucilato), quella che lotta contro la miseria e non contro i poveri, contro l’ignoranza e non contro gli ignoranti. L’Italia dei fratelli Cervi è quella che, nel 1943 come oggi, sa tracciare una netta linea di separazione fra i 270 000 partigiani, uomini e donne, che dettero vita alla Resistenza scegliendo la via dell’onore e quanti, scegliendo più o meno volontariamente la via del disonore, aderirono allo stato fantoccio dei Tedeschi, bruciando, saccheggiando, torturando, uccidendo per conto dei vecchi e dei nuovi padroni i resistenti ed il popolo che li sosteneva, nell’inutile tentativo di paralizzarne l’iniziativa con l’arma del terrore.

Forse la maniera migliore di riflettere sull’attuale situazione della memoria storica nel nostro paese, dove, non da oggi, fascismo e antifascismo vengono confusi in un’oscena mistura fatta di revisionismo storico e di altrettanto storico opportunismo è, anzitutto, quella di ricordare l’epigrafe pubblicata sulla rivista « Il Ponte » all’indomani delle elezioni politiche del 7 giugno 1953:

‘‘Non rammaricatevi\ dai vostri cimiteri di montagna\ se giù al piano\ nell’aula dove fu giurata la Costituzione\ murata col vostro sangue\ sono tornate da remote caligini\ i fantasmi della vergogna\ troppo presto li avevamo dimenticati\ è bene che siano esposti\ in vista su questo palco\ perché tutto il popolo\ riconosca i loro volti\ e si ricordi\ che tutto questo fu vero\ chiederanno la parola\ avremo tanto da imparare\ manganelli pugnali patiboli\ vent’anni di rapine due anni di carneficine\ i briganti sugli scanni i giusti alla tortura\ Trieste venduta al tedesco\ l’Italia ridotta un rogo\ questo si chiama governare\ per far grande la Patria\ aprrenderemo da fonte diretta\ la storia vista dalla parte dei carnefici\ parleranno i diplomatici dell’Asse\ i fieri ministri di Salò\ apriranno\ i loro archivi segreti\ di ogni impiccato sapremo la sepoltura\ di ogni incendio si ritroverà il protocollo\ Civitella Sant’anna Boves Marzabotto\ tutte in regola\ sapremo finalmente\ quanto costò l’assassinio\ di Carlo e Nello Rosselli\ ma forse a questo punto\ preferiranno rinunciare alla parola\ peccato\ questi grandi uomini di Stato\ avrebbero tanto da raccontare’’.

La memoria dell’Italia dei fratelli Cervi non è soltanto una memoria storica, che peraltro lo Stato italiano ha sempre impedito, costringendo generazioni di studenti a fermarsi, nello studio della storia del nostro paese, ai fatti precedenti i due conflitti mondiali del secolo scorso. È una memoria militante. È la memoria di un’Italia che non ha dimenticato che il 28 dicembre 1943 venivano fucilati dai nazifascisti, a Reggio Emilia, Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio, i sette contadini di Campegine (RE) figli di Alcide Cervi che, guidati dal padre, avevano organizzato dopo l’8 settembre 1943, con il concorso di altri contadini della zona, una formazione partigiana con la famiglia Sarzi, che gestiva una compagnia di teatro viaggiante, e con alcuni disertori ed ex prigionieri alleati di cui avevano aiutato la fuga dal campo di Fossoli. Alcide Cervi era nato nel 1875: suo padre, Gelindo che era finito in prigione nel lontano 1869 per aver preso parte ai moti contro la tassa sul macinato - tappa importante nella storia della lotta di classe dell’Italia unita - costati, nella sola Campegine, 7 morti e 12 feriti tra i dimostranti, oltre a 60 arresti, gli aveva trasmesso gli ideali di libertà e di giustizia sociale che lo sostennero quando dovette subire perquisizioni e persecuzioni durante la dittatura di Mussolini.

Con la moglie, Genoveffa Cocconi, Alcide aveva allevato nove figli: sette maschi e due femmine. Era lei che leggeva loro la sera nell’aia, mentre mangiavano pane e verza, i Promessi Sposi e la Divina Commedia: una realtà lontana dall’immagine del mondo contadino, arretrato e ignorante, accreditata, ancora oggi, dalla cultura borghese. Nella sala del Consiglio comunale di Campegine, sotto il busto di Genoveffa Cocconi, morta di dolore nell’ottobre del 1944 dopo che i fascisti le avevano nuovamente incendiato la casa ricostruita ingoiando il dolore per la morte dei suoi sette figli, è scritto: ‘‘Quando la sera tornavano dai campi sette figli e otto con il padre, il suo sorriso attendeva sull’uscio per annunciare che il desco era pronto, ma quando in un unico sparo caddero in sette dinnanzi a quel muro, la madre disse: non vi rimprovero o figli d’avermi dato tanto dolore, l’avete fatto per un’idea perché mai più nel mondo altre madri debban soffrire la stessa mia pena, ma che ci faccio qui sulla soglia se più la sera non tornerete, il padre è forte e rincuora i nipoti dopo un raccolto ne viene un altro, ma io sono soltanto una mamma o figli cari vengo con voi’’.

Il figlio maggiore, Aldo, durante il servizio militare fa propaganda antifascista fra i suoi commilitoni. Risultato: qualche anno di carcere militare a Gaeta ed altrettanto tempo per acquisire nell’altra università, quella senza vacanze del carcere, gli elementi di cultura politica necessari per organizzare, una volta libero, la lotta partigiana nel suo territorio. Aldo apre una biblioteca a Campegine, non lontano da Gattatico, dove si trovano i Campi Rossi – il toponimo carico di significato che designa il podere coltivato dalla famiglia Cervi - diffonde libri, organizza riunioni, distribuisce volantini e giornali clandestini e moltiplica i contatti con le famiglie contadine della zona fino a creare una vera e propria rete di resistenza antifascista. Quando, il 25 luglio 1943, il governo fascista cade, la popolazione di Gattatico trova nella famiglia Cervi il suo naturale punto di riferimento, e l’8 settembre i Campi Rossi diventano il centro della Resistenza nella zona; Aldo raggiunge i partigiani in montagna ed i suoi fratelli collaborano con i Gap in pianura.

La mattina del 25 novembre 1943, centocinquanta camicie nere danno fuoco al fienile e circondano la casa dei Cervi: Alcide e i suoi figli s’arrendono solo dopo aver finito le munizioni. Arrestati, interrogati e torturati, Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi resistono alle minacce ed alle blandizie: verranno prelevati dal carcere insieme a Quarto Cimurri e fucilati il 28 dicembre 1943 al Poligono di Tiro di Reggio Emilia. Alcide resta nel carcere, ignaro della sorte dei figli, da dove evaderà il 7 gennaio 1944, approfittando di un bombardamento; appresa la terribile verità, ricostruisce con l’aiuto della moglie, di quattro nuore e di 11 nipoti la casa, che i fascisti incendieranno una seconda volta nell’ottobre 1944, e continua la lotta partigiana. Oltre dieci anni dopo, la terribile vicenda della famiglia Cervi, esemplare per descrivere cosa fu in realtà la Resistenza italiana, ispirava al poeta Salvatore Quasimodo i seguenti versi :

‘‘In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
di sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre
[ardente.
Anche qui dividono i sogni la natura,
vestono la morte, e ridono, i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore finì la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi,
non alle sette stelle dell’Orsa; ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati, filosofi, poeti,
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore, la morte, in una fossa di nebbia appena
[fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

Da ‘‘Ai fratelli Cervi, alla loro Italia’’ ne ‘‘Il falso e vero verde’’ 1956

I valori dell’umanesimo contadino, difesi dalla famiglia Cervi pagando un prezzo tanto elevato, sono quelli, eterni, che dividono, oggi come ieri, la tolleranza dall’intolleranza, la civiltà dalla barbarie. Nel 1968 – proprio in quell’anno in cui una nuova generazione si faceva carico della realizzazione dei valori che erano stati quelli della Resistenza - Gianni Puccini firmava la regia del film « I sette fratelli Cervi » con il concorso - fra gli altri – di Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Carla Gravina e Serge Reggiani. L’aiuto regista era Gianni Amelio, allora ancora pressoché sconosciuto, alla sceneggiatura aveva collaborato l’indimenticabile Cesare Zavattini. Gianni Puccini morì poco dopo la fine delle riprese ma il suo film, lungamente boicottato dalla censura preventiva, insieme alla magistrale interpretazione di Gian Maria Volonté, è restato nella memoria di quanti disprezzavano e disprezzano ogni retorica commemorativa.

Ci sforziamo anche noi di ripetere con Alcide: "i nostri morti ispirino i vivi", di pensare che dopo i figli ci sono sempre i nipoti per ricominciare tutto da capo un’altra volta, senza cedere allo scoraggiamento. Certo, da allora, il partito comunista italiano – la forza politica che, con il movimento Giustizia e Libertà, era il cuore e la testa della Resistenza - ha perso per strada l’aggettivo che tanto chiaramente lo identificava, ripiegando su una coppia di aggettivi, ’’democratico“ e di ‘‘sinistra“ apparentemente meno impegnativi in tempi di abiure altrettanto facili come i dogmatismi e i settarismi di un tempo. Siamo arrivati alla rinuncia al termine di ‘‘sinistra“: il partito si contenta ormai dell’aggettivo « democratico » per definire la sua identità o per sfumarla in un cartello eterogeneo di alleanze interne ed esterne che rinnegano origini che neppure querce frondose e profumati olivi sono riusciti a proteggere.

Fin dove si spingerà sulla via dell’opportunismo un partito democratico che, quando era anche di ‘‘sinistra“ s’è unito al coro di quanti volevano ad ogni costo il rientro in Italia dei resti della canaglia di Savoia ed alle ispirate parole di coloro che equiparavano ed equiparano i sette fratelli Cervi e gli oltre 100 000 caduti della guerra partigiana ai tristi figuri della repubblica di Salò? Difficile dirlo: nel frattempo l’Italia dei fratelli Cervi è impegnata, oggi come negli anni Venti ed in altre fasi della sua storia, in un processo di rinnovamento e di ricostruzione della sinistra, quella che non ha paura dei simboli né degli aggettivi perché affida la sua identità alla continuità della lotta a fianco di lavoratori, donne, giovani, minoranze sessuali, nazionalità oppresse, di quanti nella scala di valori delle classi dominanti sono considerati gli ultimi.

Elezioni 2013, domani Antonio Ingroia ufficializza la candidatura a premier per sinistra e Idv. Ma restano i nodi su simbolo e liste

fonte: http://www.huffingtonpost.it


Dalla magistratura alla politica: Pietro Grasso, domani sarà la giornata di Antonio Ingroia. Il pm antimafia darà l'annuncio ufficiale in conferenza stampa al Capranichetta a Roma: si candida premier del cosiddetto 'quarto polo', espressione che non piace molto ai promotori ma che rende bene l'idea di questa nuova forza che si andrà ad aggiungere alle altre già in lizza per il voto del 24 febbraio. E dunque, da domani sarà ufficiale. Oltre a Bersani con il suo Pd, Sel e il Centro Democratico; oltre a Monti con i suoi centristi; oltre a Berlusconi e le incognite intorno alla sua ridiscesa in campo; oltre a Grillo e il suo M5S; sulla scheda ci sarà anche il polo di Ingroia, che va dal Di Pietro e quel che gli resta dell'Idv, il Prc, Pdci, Verdi e 'Arancioni' di De Magistris fino a 'Cambiare si può', neonato movimento promosso dal sociologo Luciano Gallino, il magistrato Livio Pepino, l'operaio Fiom Antonio Di Luca e tanti altri. Ma nel suo 'polo' la sua candidatura è scontata, già da tempo. Tanto che sono a buon punto le prove per il simbolo elettorale, anche se il quadro non è ancora definito. C'è Rifondazione che insiste affinché il simbolo contenga la parola 'sinistra', che non piace molto ai Verdi e anche ai dipietristi. E poi ci sono nodi da sciogliere sulle liste: perché l'obiettivo di Ingroia, nonché del movimento 'Cambiare si può', è evitare di fare la fine della 'Sinistra arcobaleno', unione tra Pdci, Prc, Verdi e Sinistra Democratica che nel 2008 non superò la soglia per entrare in Parlamento. Insomma, no all'effetto 'unione dei cespugli' e per evitarlo anche i leader di partito dovrebbero evitare di candidarsi, pensano in molti. Una partita, che secondo le ultime notizie, sarebbe già stata persa da Ingroia e da Cambiare si può: Antonio Di Pietro, il Verde Angelo Bonelli, il leader del Prc, Paolo Ferrero e del Pdci, Oliviero Diliberto, saranno candidati, come secondi in lista, rispetto a Ingroia che sarà capolista ovunque. I quattro saranno comunque candidati in Regioni sicuri. La questione mette in fibrillazione Cambiare si può, al punto che domani questa area potrebbe minacciare di uscire dall'alleanza.
Si punta comunque a una lista unitaria alla Camera e al Senato. Obiettivo: superare lo sbarramento del 4 per cento nel primo caso, dell'8 per cento nel secondo caso, ma per entrare a Palazzo Madama basta superare la soglia in qualche regione (pensano di farcela in Campania, Umbria e forse anche Toscana) Direzione: qui la faccenda si complica. Governo o opposizione? Perché in questo nuovo polo ci sono tendenze diverse. Di Pietro continua a sognare un'alleanza con il Pd, dopo il voto. Il cartello di 'Cambiare si può' invece si attesta più su una linea di opposizione a chi andrà al governo, che sia Bersani o Monti o loro due insieme. E c'è da dire che la stessa area sta ancora dando battaglia sullo stesso programma di Ingroia, considerato carente nella contestazione delle politiche di austerity europee. Ma nel polo del pm antimafia, non manca anche chi predica "l'unione delle forze con Grillo", come l'associazione 'Terza primavera", vicina allo stesso Ingroia.
Non è sbagliato pensare che, dopo il voto, questo quarto o quinto polo che dir si voglia si frammenti in tanti rivoli che corrono incontro al governo oppure rifugiati all'opposizione. Del resto, è una tendenza che potrebbe interessare anche le altre formazioni in corsa. Ma gli 'ingroiani' (perdonateci il termine, ma è comoda sintesi giornalistica) scommettono sul fatto che un fenomeno del genere potrebbe manifestarsi in forma centrifuga dalle forze che più aspirano al governo, piuttosto che centripeta. Perché la prossima, ragionano, sarà una legislatura di sacrifici, in Parlamento ci sarà la fila per non intestarseli.
Per ora, c'è la fila per ricandidarsi, per poter tornare in Parlamento ancora e nonostante tutto. Visione da non generalizzare, naturalmente. Ma dev'essere il caso di Antonio Di Pietro. Respinto dal Pd, pur di stringere con il polo di Ingroia, ha persino mandato gli auguri di pronta guarigione niente meno che a Hugo Chavez, presidente venezuelano ora gravemente malato, punto di riferimento della sinistra anche in Italia, non certo però per l'ex pm. Almeno non finora. E' accaduto ad una cerimonia organizzata giorni fa a Roma dall'ambasciata del Venezuela in Italia, proprio per raccogliere messaggi di solidarietà intorno al paese che, per via della malattia del presidente, sta attraversando un difficile momento. Oltre al messaggio di Fausto Bertinotti (per la cronaca: supporter della candidatura di Ingroia), per Chavez è stato letto anche quello dell'ex pm, non senza stupore da parte dei presenti.

la canea esiziale di "cambiare si può!" " io ci sto" spiegata facile

Laura Jurevic


Per ora ci sono DUE SOGGETTI distinti CAMBIARESIPUO' e IO CI STO.    ma torniamo un cicinin indietro...  il pdci vuole il matrimonio con il pd fino a che morte non ci separi 
  rifondazione è ( finalmente) anti pd (diciamo che il pd prima faceva schifo, ma mo' proprio è indifendibile)
 rifondazione ha iniziato da un anno a costruire il quarto polo facendo appelli a todos el mundo (compresi sel e pdci, a volte facendoci pure incazza' per gli appelli ad oltranza al niculino de noantri)

 SEL ha detto: no no io ho smontato rifondazione per anda' con il pd!!! Ecchecavolo, tutto sto lavoro di demolizione, siete minoritari, io vado al ballottaggio... (ed ha demolito pure SEL) 

il pdci ha smontato la FDS dichiarando "o pd o mores!!!"
 Il pd al pdci gli ha risposto si si mo' vediamo spetta eh... se proprio ce servite ve chiamiamo e ve diamo tre posticini (tanto che dopo i nomi designati, nel pdci so' partite le lotte da chi non aveva quel nome lì) 
 Rifondazione nel frattempo con alba (e ora sinistra critica ed altri compagni che hanno capito l'importanza di tenere la barra contro questa destra piddina e montiana) fa nascere cambiare si può, anti pd e anti monti e tutto il resto appresso.   Arancietto di forma, rosso in sostanza visto che i numeri so' rossi e si decide a maggioranza. (almeno pe' mo)
il pdci allora con de magistris ha candidato ingroia per il matrimonio con il pd e per boicottare la nascita di un polo anti monti e anti pd con il "movimento arancione io ci sto"  -CHE E' N'ANTRA COSA- tanto da presentarlo il giorno prima della seconda assemblea di "cambiare si può" (e nella prima LUI c'era...è poi che ha tentato lo sgambetto)
il programma tirato giù da ingroietto era più di destra di quello del pd.
PROBLEMA GROSSO di qualcuno...
il pd  a questi qua, gli ha risposto e continua a rispondere 'nt'o culo!
 compreso il 22 stesso durante l'assemblea. (ovazione della sala, perchè è vero che alba è quel che è, ma è pure vero che il centrosinistra nun lo vole vede' manco disegnato)
 de magistris allora è tornato a cambiare si può per dare garanzie che non si va con il centrosinistra e che il confronto è tanto per, e quindi di andare tutti insieme
 Cambiare si può gli ha risposto: "bellobell' acca' nisciun'è fesso, te voi fa' l'indiano co' gli indiani ma ce caschi male...PRIMO ci metti il fiscal compact nel programma (e il pd ti schifa ancora di più), secondo ci metti la scuola come si deve e non meritocratica come da gelminiana memoria taccivostra e di chi ve suggerisce ste minchiate de destra, terzo ci piazzi pure il no tav e tutto il rest'appresso e prima mandiamo gli emissari a fare il confronto ma ricordati che alla fine decidono le assemblee ( rifondarole, sinistre critiche e compagne per la maggioranza)    tradotto: HIC RODE HIC SALTA 

QUINDI CAMBIARE SI PUO' PRATICAMENTE ACCETTA UN CONFRONTO PROGRAMMATICO CON IO CI STO (IDV,VERDI E INGROIA)  FISSANDO PALETTI  (mentre altri stanno con il cappello in mano davanti al portone del Pd. Peccato che D'Alema sta in montagna, cerca casini e di questi altri se ne fotte ed ora dovranno giustificare l'ennesima inversione ad U in due settimane)  Questo è quanto ho dipanato io fino a mo'...


Per fare chiarezza

Luciano Graneri


  Il mio articolo  VENGO O NON VENGO ALLA FESTA DEL PD? VENGO, ha suscitato dure reprimenda nei miei confronti da compagni e amici che hanno rilevato inesattezze su quanto ho scritto. In particolare in merito alla netta distinzione fra i movimenti “Cambiare si può” e “Io ci sto”. Fra le varie accuse che mi sono state rivolte, quella di aver volutamente scritto un articolo per disinformare. Non è affatto così. E per dimostrarlo in questo post riporto fedelmente come si sta evolvendo il progetto politico di “Cambiare si può” e “Io ci sto”. Il 6 novembre scorso, un gruppo di persone pubblicano  UN'APPELLOCambiare si può”. Fra queste persone figurano intellettuali, giornalisti, cattedratici, sindacalisti. Il testo si propone di costruire un polo alternativo agli schieramenti attuali che abbia uno sbocco elettorale. Un polo che si oppone decisamente all’ultraliberismo montiano e alle formazioni politiche, Pd in testa, che   hanno supportato il governo dei tecnici. L’appello è rivolto a quelle singole persone e movimenti che si sono battuti per i referendum sui beni comuni e che si battono contro la logica delle grandi opere, per la salvaguardia del territorio, per una rinegoziazione dei trattati europei, che si concretizzi in particolare con l’abolizione del fiscal compact. All’appello pubblicato in rete segue, il primo dicembre,   la prima assemblea pubblica in cui gli aderenti si riuniscono per dibattere e decidere come proseguire nella costruzione del movimento. All’incontro del primo dicembre si sono susseguiti numerose assemblee locali in cui sono sorti  i comitati territoriali. All’appello “Cambiare si può” ha risposto Rifondazione Comunista, i movimenti per l’acqua pubblica e la difesa dei beni comuni, Sinistra Critica. Dopo questa fase costitutiva territoriale l’appuntamento è per il 22 dicembre.  In questa assemblea  si conclude la votazione su due  MOZIONI PROGRAMMATICHE sottoposte al giudizio degli aderenti all’appello anche attraverso la rete.  Oltre a “Cambiare si può” diventa attivo un altro movimento promosso dal sindaco di Napoli  De Magistris che vede come propria bandiera Il magistrato Antonino Ingroia. Il movimento, nell’assemblea organizzata il 12 dicembre,  presenta un programma di  opposizione  contro la logica delle grandi opere e punta molto sulla lotta all’illegalità e alla mafia. E’ contro l’agenda Monti, ma è aperto al dialogo con tutte le forze, Pd e Movimento 5 Stelle compreso. Il programma di “Io ci sto”  redatto il 21 dicembre si articola in un manifesto in  DIECI PUNTI..  Nelle sue fila si iscrivono, Di Pietro e Il Pdci di Diliberto, disposti a fare quel passo indietro chiesto da Ingroia rinunciando al simbolo di partito. I due movimenti, sollecitati anche da un  DOCUMENTO  sottoscritto da alcuni noti personaggi dello spettacolo e del giornalismo,  fra cui Fiorella Mannoia  e  Olviero Beha, a formare una lista unica, decidono di dialogare e organizzare un percorso di collaborazione.  Tanto che entrambe le  MOZIONI votate dai militanti di “Cambiare si può” prevedono la coalizione con il movimento guidato da Ingroia. Questo è quanto. Cliccando sui link presenti nel post si può accedere ai documenti in modo che ognuno possa farsi una propria opinione. Spero di aver fatto ammenda all’accusa di essere stato autore di un’opera di disinformazione. La   mia personale opinione sulla questione  e sugli sbocchi futuri che questa potrà  avere è  espressa nel post “Vengo o non vengo alla festa del Pd? Vengo” e nel commento, che pubblico di seguito, scritto in risposta alle osservazioni di Laura. Buona Lettura 
 ________________________________

Mi scuso con tutti i compagni per le inesattezze. E’ vero, i dieci punti da me citati nel post sono stati proposti da Ingroia, il movimento Arancione è altra cosa da”Cambiare si può”. E’vero altresì che la discussione in “Cambiare si può” è stata aperta e svoltasi attraverso assemblee e proposte in rete. E’ vero che si è arrivati alla votazione di due mozioni in un assemblea tenutasi il 22 dicembre. TUTTO GIUSTO. Ma santo iddio, nella prima mozione approvata a maggioranza ( e non all’unanimità) non c’è forse scritto che “L’Assemblea di “Cambiare si può”, riunita a Roma il 22 dicembre 2012, ribadisce la necessità – e riconosce ora la possibilità – di “una proposta elettorale autonoma e nuova, anche nel metodo, capace di parlare a un’ampia parte del Paese” così come si prefigura nella convergenza con il “Movimento arancione”, con le espressioni della società civile e con quelle forze politiche che si riconoscono nelle modalità proposte da Antonio Ingroia”?. E la seconda mozione al punto due recita che “ a seguito della proposta di percorso politico elaborata da Antonio Ingroia vi è necessità di decidere delle regole per la presentazione di una lista unitaria in forma condivisa e coinvolgendo tutti i soggetti che sono protagonisti del percorso”. Cambiare si può sarò altro dalla lista Arancione, (quella capitanata da Ingroia che non chiude ad una possibile alleanza con il Pd e quella in cui Diliberto e Di Pietro vogliono aderire), ma ne condivide il percorso programmatico e organizzativo. Ora se vogliamo prenderci per il culo facciamolo pure. La forma del post sarà inesatta ma la sostanza non cambia di una virgola. Diliberto non sta dentro Cambiare si può, ma sta con gli arancioni che assieme a “Cambiare si può” stanno organizzando il quarto polo. Certo che se già fra i movimenti che compongono il quarto polo c’è gente che si schifa reciprocamente il successo sarà assicurato.

Luciano Granieri

mercoledì 26 dicembre 2012

Vengo o non vengo alla festa del Pd ? Vengo

Luciano Granieri





Dopo  molte  titubanze tattiche  finalmente il Presidente  del Consiglio uscente Ha sciolto la riserva: Sale in politica . Notare come ci sia chi scende (Berlusconi scende in campo)  e chi sale  (Monti sale in politica).  Gran parte della stampa e dei media che si occupano di politica  restano perplessi  su questa scelta e affermano che il quadro prima delle elezioni si complica. A me sembra invece che la situazione sia più che evidente. Mario Monti, non potendo candidarsi al Parlamento  perché già  Senatore a vita,  offre il suo software ultraliberista a tutte quelle forze che sono disposte a sostenerlo nella corsa  a prossimo Presidente del consiglio. Assicurare una continuità legittimata dal voto popolare,  questa è l’intenzione. Il premier uscente, candidato a rientrare, ha già in mente anche lo scenario  delle alleanze post elettorali. Se si mettono insieme alcune dichiarazioni del presidente bocconiano il quadro è chiaro. Monti ha sostenuto che: Berlusconi è inaffidabile, Bersani è stato leale nel supportare l’esecutivo tecnico ed è un leader responsabile, Vendola è un conservatore, attaccato alla  vecchia politica. Tradotto. Dopo le elezioni, sicura l’alleanza  fra i centristi  - riuniti dietro il software montiano - con il Pd, il quale,  in nome della governabilità, che tanto auspicano i mercati, butterà a mare Vendola  e  i suoi. Al massimo verrà concesso al dirigente di Sel una poltrona da Presidente della Camera o del Senato dietro la quale  dovrà stare buono e zitto. E’ già successo con Bertinotti.  Uno scenario più che lampante dunque in cui Berlusconi, per quanto urli e strepiti dalle Tv controllate o occupate, non potendo più organizzare l’ennesimo referendum “CON ME O CONTRO DI ME”  a causa del terzo incomodo Monti, non ha molte chance. L’unica incognita è quanti consensi la stupidate  assolutistiche di Grillo abbiano eroso nelle preferenze del Movimento 5 Stelle. Infatti ancora oggi questo è il secondo partito dopo il super favorito Pd, che le elezioni può solo perderle. Rimane il movimento arancione. Il carrozzone guidato da De Magistris e Ingroia, ha imbarcato il variegato mondo ostile all’agenda Monti. Quel mondo popolato dalle macerie dell’Idv, dai partiti della sinistra extra parlamentare, che tentano  di usare questa aggregazione per rientrare in Parlamento. Sono disposti a tutto anche a sacrificare il simbolo della falce e martello, così come chiesto da Ingroia. Un orrendo baratto fra un possibile, ma poco probabile, scranno, con  95 anni di storia.  Nel calderone finisce sia Il Casini dei poveri  (Oliviero Diliberto), capo dell’Udc dei poveri  ( Il Pdci), già firmatario del manifesto  “Italia bene Comune” per le primarie del Pd, sia Rifondazione Comunista contraria alle politiche liberiste di Monti  ma, sotto sotto,  disponibile, se necessario, a seguire gli ex compagni sfederati  e gli autorevoli magistrati ed ex magistrati nella responsabile alleanza con i democratici. Non è un caso che i dieci punti del programma di “Cambiare si può”   restano molto sul  generico, ricalcano  per sommi capi alcuni articoli della costituzione che già lo Stato dovrebbe rispettare , evitano  di affrontare quegli argomenti, come la limitazione dello strapotere della finanza, o la nazionalizzazione delle fabbriche che licenziano per delocalizzare ,  indigesti al Pd.  Il punto sei in cui si vuole liberare l’impresa dai lacci e lacciuoli della “finanza e dalle tasse” è sintomatico di come si tenda a sostenere tutto e il contrario di tutto, perché quei lacci e lacciuoli che si vorrebbero eliminare non sono altro che gli strumenti per assicurare la piena applicazione del  punto uno del programma arancione, cioè la parte  in cui si vuole che “la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del paese”.  Fra le incertezze del “Casini dei poveri” Diliberto, che prima va alla festa del Pd, ma poi partecipa anche alla festa di “Cambiare si può” ,  fra Rifondazione Comunista che rinuncia alla falce e martello per assicurarsi qualche strapuntino in parlamento attraverso la probabile alleanza post elettorale con il Pd, fra la dissoluzione di Sel triturata nelle trattative impostate sull’asse Pd -  Monti -  centristi, un cosa è più certa delle altre. E cioè il dissolvimento assoluto di quella forza che dopo il G8 di Genova si era imposta nel quadro anticapitalista italiano ed estero. Tutto dilapidato in dodici anni di scelleratezze. COMPLIMENTI

martedì 25 dicembre 2012

Noi che vorremmo lavorare per vivere con dignità

Marisa Cianfrano


Tutto tace .... Il voto ce lo venite a chiede o ve lo dobbiamo veni a preferì noi? .”Senta ,scusi, perdoni se disturbo, ho bisogno di lavorare se no come faccio a campà?  A pagare le bollette,  il canone tv, l’ Imu.  Ho una piccola casetta lasciata da mio padre che per costruirla ha lavorato come una bestia. Se non lavoro non posso pagare e dopo che succede arriva Equitalia o devo chiede un prestito agli i strozzini o alla banca?  Tanto tra i due non cambia nulla. Poi ho dei figli che vanno a scuola e non ho più neanche il coraggio di guardarli in faccia ,forse per loro sono un fallito non sanno che ho creduto in un sistema di ladri . Poi ho qualche problema di salute ,il mio medico mi raccomanda di stare sereno. Na’  parola!!!  Mica mi chiamo Fiorito. Io sono un semplice lavoratore che vive con poco ma con dignità non sono un politico ,ecco scusi se disturbo ma ho bisogno di lavorare ..........A QUESTO PUNTO DELLA STORIA VI DICIAMO CARI SIGNORI NOI NON CI STIAMO A CERTI GIOCHI LOSCHI MESCHINI DI PROPRI INTERESSI .NOI LAVORATORI NON CHIEDIAMO L 'ELEMOSINA NOI PROTESTIAMO CONTRO UN SISTEMA CAPITALISTA CONTRO UNA POLITICA CHE AFFAMA IL PROPRIO POPOLO NOI RIVENDICHIAMO I NOSTRI DIRITTI CON ONESTA E DIGNITA'

Cassino. Durante lascia il Prc e aderisce ai CARC

Fonte: quotidiano "L'inchiesta" di venerdì 21 dicembre


Il consigliere comunale Vincenzo Durante lascia Rifondazione Comunista e aderisce ai CARC,  l’annuncio ufficiale dell’adesione al partito dei comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo è arrivato nel corso di una conferenza stampa  che si è svolta ieri  mattina (20 dicembre ndr) nella sala giunta del comune di Cassino, alla presenza di Andrea De Marchis, segretario del partito dei CARC della federazione Lazio Umbria.

Consigliere Durante, da cosa è scaturita la decisione di fuoriuscire da  Rifondazione  Comunista e confluire nei CARC?

 La mia scelta è dipesa da alcuni nodi politici rimasti irrisolti e dall’ultima fase in cui si è costituito il cartello elettorale “Cambiare si può”, il cui punto fondamentale per potervi confluire è lo scioglimento del partito che significa rinnegare la propria bandiera azzerando di fatto 150 anni di storia a fronte di un progetto politico  inesistente  e di un programma elettorale in alto mare. Ritengo che queste siano state decisioni non dibattute all’interno dei rispettivi circoli di zona ed assunte semplicemente dai vertici nazionali , regionali e provinciali senza procedere ad una doverosa consultazione della base sul territorio. 

L’altro ieri ha avuto un colloquio privato con il sindaco di Cassino. Quanto è concreta e fattibile l’ipotesi di un suo rientro in maggioranza?.

Ad oggi questa possibilità di rientrare in maggioranza è ben lontana. Il colloquio è durato oltre due ore nelle quali ho rilevato una serie di criticità politiche e programmatiche dell’amministrazione cittadina che, nel caso in cui venissero  affrontate con serietà e determinazione potrebbero gettare le basi per un ripensamento rispetto allo stare all’opposizione.

A cosa si riferisce nel concreto?

Anzitutto riportare l’azione politica e amministrativa nell’alveo  del programma di “Bene Comune”, completamente disatteso dal primo cittadino in questo scorcio di legislatura, oltre che all’attuazione  di una serie di posizioni politiche come la costituzione della commissione d’inchiesta  sui debiti comunali, la risoluzione politica rispetto alle eccedenze idriche  (ho chiesto una moratoria a riguardo ed in alternativa una “una tantum” ) , la revisione delle tariffe dell’asilo nido comunale, una forte e precisa presa di posizione politica da parte dell’amministrazione rispetto all’increscioso episodio di  vendita delle case ATER  che a breve metteranno in strada  100 persone, l’azzeramento  della  giunta tecnica, la ricomposizione di un nuovo esecutivo di chiara matrice ed indirizzo politico, il trasporto pubblico gratuito per gli over 65, il ritiro dell’adesione del comune ad Equitalia  dal primo gennaio 2013 e l’entrata nella costituita società di riferimento Anci per la riscossione dei tributi, l’istituzione di un ufficio dell’housing sociale, come pire la revisione del regolamento del servizio dell’acquedotto comunale, tra l’altro in vigore dal 1995, il bilancio partecipativo e l’internalizzazione di tutti i servizi attraverso la costituzione di operative sociali. Questi sono stati i passaggi salienti delle rivendicazioni presentate dal sottoscritto nel colloquio intercorso con il sindaco anche se si è parlato di molto altro.  Il tutto comunque è comunque avvenuto  in presenza di Giovanni Di Murro, del consigliere Emiliano Venturi e di Mario Melaragni in rappresentanza della nuova  sezione cittadina dei CARC.  Colgo l’occasione per ringraziare il capogruppo di Sel Gino Ranaldi, che nelle settimane passate ha agevolato questo  incontro con il sindaco facendosi promotore del mio rientro in maggioranza . Lo ringrazio per l’onestà intellettuale dimostrata e se ciò dovesse concretizzarsi parte del merito sarà anche suo.

Quali risposte da parte del sindaco?

C’è stata una piena condivisione delle criticità presentate, benché non abbia assunto una posizione netta ma abbia dimostrato disponibilità a proseguire il dialogo nella speranza di risanare la frattura che si è creata. Ad ogni buon conto intendo sottolineare che il partito dei CARC, in questa fase rimarrà saldamente all’opposizione. Lo dimostra il fatto che nei prossimi  giorni depositeremo  un’interrogazione  indirizzata  sia all’assessore che all’assessore Costa per il mancato invio dei progetti sull’housing sociale alla Regione Lazio inerenti la richiesta di finanziamenti finalizzati alla costruzione di alloggi a prezzi calmierati, iniziativa che invece ha portato a termine il comune di Alatri  predisponendo progetti per oltre 2,5 milioni di euro  che riguardano la ristrutturazione di sette edifici e la costruzione di 35 nuovi alloggi popolari. Noi continueremo comunque ad esercitare pressione  sull’amministrazione affinchè vengano recepiti  i nostri punti politici, sia che si rientri  in maggioranza che nel caso in cui resteremo all’opposizione fino alla fine della legislatura. In conclusione uno dei punti dirimenti per una nostra scelta, sarà quell’avvio  della commissione d’inchiesta per  far luce sulle responsabilità politiche delle passate amministrazioni di centro destra che hanno prodotto una voragine sena precedenti  totalmente scaricata sui nostri cittadini. L’attivazione di una commissione d’inchiesta  e la determinazione a sottrarsi a pagare il debito frutto di ruberie, clientelismo, collusioni , corruzioni e speculazioni, riteniamo rappresenti la base dalla quale partire per segnare l’inizio della discontinuità amministrativa promessa in campagna elettorale e dar vita ad una nuova stagione per la nostra città.

Palazzo dei diritti, delle libertà e delle culture al posto della sede di CasaPound

Comitato "Roma dica NO ai raduni fascisti"


A  sindaco di Roma Capitale, Capi gruppo e Giunta  

 In Via Napoleone III 6, a Roma c’è un intero palazzo, di proprietà del comune di Roma, occupato da anni da “CasaPound”. CasaPound Italia è un’associazione definita dagli organi di stampa come di “estrema destra”e “neofascista”

Al posto di CasaPound noi vorremmo che  sorgesse un luogo dove i giovani possano conoscere, vivere e condividere diritti, differenti culture e una pluralità positiva di visioni della vita e del mondo.

In luogo di un ritrovo illecitamente occupato, vorremmo che sorgesse il “Palazzo dei diritti, delle libertà e delle culture”. Un punto di riferimento e di incontro per i giovani. Aperto, libero e solidale.

Siamo i promotori del comitato “Roma dice no ai raduni fascisti” . Siamo cinque ragazzi, di diversa estrazione politica e religiosa ma con un cuore che batte per pace, libertà, diritti e dialogo. Per noi l’antifascismo non è solo una parola. L’antifascismo è un valore costituzionale e culturale da tenere sempre vivo. Un retaggio culturale che implica oneri e che comporta una più alta identità nazionale. Abbiamo deciso di metterci la faccia e non abbiamo paura. Noi crediamo di vivere in uno Stato che difende i cittadini che onestamente si oppongono con solo le armi del diritto, del buon senso, della passione per la libertà, ala violenza, all’odio, alle barbarie. Siamo quelli che non amano chi fomenta odio e violenza.

Siamo quelli che conducono una battaglia democratica, e non violenta, contro ogni fascismo, vecchio e nuovo.

Adesso abbiamo deciso di iniziare a dire SI  al dialogo, SI alla tolleranza, SI ai diritti, si alla pace, si alla libertà

Ma i nostri SI non vogliono essere semplici, ma giuste, affermazioni di concetti, ma trasformarsi in proposte concrete e condivise.

Per questo abbiamo lanciato questa petizione, per realizzare a Roma, nella sede oggi illecitamente occupata da CasaPound Italia e che il sindaco Alemanno vorrebbe loro regalare, “il Palazzo dei diritti, delle culture, e delle libertà”.

Un luogo unico in Italia dove si possa lavorare insieme ad un Paese più giusto, libero e solidale.  Dove armonia, pace, armonia,  dialogo, cultura ed integrazione  siano gli unici “leit motiv”.

Firmala anche tu, aiutaci a realizzare questo sogno, non per noi, ma per Roma e per l’Italia.

A Roma abbiamo bisogno di un luogo per l’incontro ed il dialogo e ci aspettiamo che le istituzioni supportino la nostra richiesta.

E’ una battaglia di civiltà e democrazia. 

domenica 23 dicembre 2012

Auguri

Luciano Granieri 


 Perché a Natale dovremmo essere tutti più buoni? Chi l’ha inventata questa balla? A me  personalmente chi   sta antipatico nel corso dell’anno   sta antipatico pure a Natale. Se ci pensate bene dire che nella ricorrenza della nascita del Bambinello si dovrebbe essere più buoni, significa ammettere velatamente che nel corso dell’anno si è stati stronzi.  Ampia dimostrazione della falsità del buonismo natalizio l’ha data il governo dei banchieri con l’ultimo atto del proprio mandato. La legge di stabilità, approvata  giusto a Natele votata  dai comitati elettorali di centro sinistra e in parte di centro destra, è un esempio di stronzaggine unica.
Non è da stronzi destinare tremiliardi e novecento mila euro al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena,  banca coprotagonista con gli altri organismi finanziari dei perversi marchingegni contabili  che ci stanno portando  al disastro,  e nel contempo devastare l’istruzione e la ricerca pubbliche?  Non è da stronzi destinare duemilioni e centomila euro ad un opera faraonica come il Tav, Torino Lione, i cui lavori di smembramento della Val di Susa non si sa quando avranno fine, al solo scopo di foraggiare    speculatori edili,   spesso di provenienza mafiosi, e nel contempo   tagliare i fondi agli  enti locali per il trasporto pubblico e far viaggiare in carri bestiame i pendolari?  Non è da stronzi spendere 13 miliardi di euro per l’acquisto di aerei da guerra e contestualmente mandare in giro il tagliatore di teste Bondi a fare strage di ospedali pubblici tagliando posti letto a destra e a manca?  Non è stronzo Silvio Berlusconi che torna  per l’ennesima volta ad ammorbarci con la sue cazzate giornaliere rese ancora più indigeste dalla consapevolezza di stare con le spalle al muro?  Non sono stronzi i Riva che anziché pagare i danni e il risanamento della zona da loro soffocata  con i veleni dell’Ilva, continuano, aiutati dal governo, a ricattare maestranze e popolazione di Taranto con lo spettro dei licenziamenti?  Non è forse stronzo Sergio Marchionne che sta stravolgendo l’impianto  delle tutele sul lavoro,  mettendo in atto la minaccia che in mancanza di una legge che stabilisca l’assoluto potere dell’imprenditore sul lavoratore e la sparizione dei sindacati nemici,  chiuderà interi stabilimenti per trasferirli in posti dove operai sfruttati e sotto pagati  contribuiscono ad abbattere il costo  e i diritti del lavoro?   Non mi pare che in occasione del Natale, per essere più buono,  Marchionne abbia deciso di riassumere tutti gli operai di Pomigliano così come promesso nel piano Fiat Fabbrica Italia.  Non sono forse stronzi quegli imprenditori  che prima fagocitano  soldi pubblici per aprire stabilimenti e poi, una volta banchettato lasciando devastazione ambientale e disoccupazione, vanno a far danno da altre parti?  Non sono forse stronzi quei sindaci e quegli amministratori locali che privatizzano la gestione dei servizi fondamentali, come la cura delle città e la gestione del servizio idrico, favorendo i propri comitati elettorali, e lasciano sul lastrico quei dipendenti pubblici che lavoravano nelle municipalizzate  date in gestione ai privati?  Non  sono stronzi  gli speculatori finanziari, i dirigenti delle Banche d’affari, gli squali degli hedge fund, i dittatori del capitalismo finanziario che minuto dopo minuto si arricchiscono alla spalle di cittadini e lavoratori?  Fra  tutte le categorie fino ad ora citate non ce ne sarà una che a Natale sarà più buona. E allora perché anche noi dovremmo essere più buoni.  Non è forse ora  di smetterla di essere buoni?  Ecco,  il mio augurio per le prossime feste è di diventare   anche NOI STRONZI COME E PIU’ DI LORO . Forse in questo modo verrà il tempo dove i  buoni costruiranno una società più giusta.

Auguri dal sottoscritto e dal Collettivo Ciociaro Anticapitalista