mercoledì 27 marzo 2013

Morte del Comune e della comunanza

Luciano Granieri


Il Comune è dovrebbe essere un luogo dove gli abitanti di una città mettono in comune  i loro sogni  e dei loro bisogni. E’ , o dovrebbe essere, un luogo dove i cittadini si legano gli uni agli altri solidali nell’elaborare in modo autonomo le norme che regolano la vita della città, così  che ognuno possa vivere  in modo dignitoso la propria realtà di cittadino, con spazi pubblici condivisi dove coltivare i rapporti sociali. Il comune è, o dovrebbe essere,  un luogo in cui l’interesse generale della comunità costituisce l’anticorpo principale all’appropriazione indebita privata dei luoghi di proprietà dei cittadini. Il comune è, o dovrebbe essere,  un luogo dove nuove politiche economiche basate sullo sviluppo dell’energie rinnovabili, sulla promozione delle risorse naturali e culturali, su un nuovo modo di erogare i servizi, possono  costituire fonte di prosperità per tutta la cittadinanza, creando e non alienando posti di lavoro, sottraendo il tessuto urbano alle scorribande speculative di pochi scaltri imprenditori  messi in questo caso  fuori gioco da un sistema che esclude il cemento e  l’urbanistica contrattata come mezzi per accrescere  la ricchezza di pochi. Il “COMUNE” lo dice la parola stessa, è un luogo dove tutto viene messo in comune.  Una città   con un  Comune che avesse cura del benessere dei cittadini, anziché porre maniacale attenzione al mantenimento e all’accrescimento dei privilegi degli amministratori che operano al suo interno, sarebbe uno spazio brulicante di vita. Se invece in una città  gli amministratori svendono pezzi del territorio  alla speculazione edilizia e finanziaria per alimentare il proprio bacino elettorale, se il risultato dell’azione normativa di questi burocrati  produce  la riduzione degli spazi vitali a disposizione della comunità, l’alienazione e la devastazione dei diritti della cittadinanza a vivere in un posto non inquinato, non congestionato dal traffico, con edifici scolastici moderni e sicuri.  Se in questa città  si trasferisce il  debito accumulato a causa delle agevolazioni fiscali concesse agli speculatori di cui sopra   sulle spalle degli incolpevoli cittadini, la comunità e la città stessa sono destinati a morire. E’ ciò che  sta accadendo a Frosinone  dove un non precisato debito, che aumenta di giorno in giorno,( oggi pare che si sia attestato a 45 milioni di euro),  formatosi grazie alla non riscossione degli oneri concessori e di altri tributi, al pagamento di laute consulenze esterne e al foraggiamento di avidi manager messi a capo delle società partecipate, vedi  Multiservizi, Società Aeroporto di Frosinone, viene scaricato sulla cittadinanza attraverso il taglio dei servizi,  l’aumento dei tributi e il licenziamento di coloro che si occupavano della cura della città.  Ecco dunque che l’altro ieri i cittadini, al seguito dei lavoratori della Multiservzi, il cui mancato rinnovo del contratto di servizio da parte del comune, ne decreta il licenziamento o la precarizzazione ulteriore delle condizioni di lavoro, hanno celebrato il funerale della città. Ma noi speriamo che con l’aiuto di tutta la cittadinanza che possa sostituirsi  ad  una opposizione molle e in insistente all’interno dell’aula consiliare, il Comune torni ad essere luogo di comunanza e la città possa risorgere. Considerata la partecipazione dei cittadini al corteo di protesta dell’altro ieri c’è poco da stare allegri.  

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