martedì 15 ottobre 2013

Italia: Paese di santi poeti e....AVIATORI

Luciano Granieri

Italia, paese di poeti santi e navigatori. Oddio di navigatori!   Viste le infauste sorti del capitano Schettino non direi. I poeti esistono,   anche se categoria in via di estinzione. Si sa con la cultura non si manga. Di santi è pieno il calendario.  Forse il detto andrebbe riformulato come segue: Italia, paese di poeti squattrinati, santi e….aviatori!!!  

Signori è fuori di dubbio,  l’Italia è un  paese di aviatori. Infatti  chi  ha preso l’aereo ha pagato il biglietto, ma    anche chi l’aeroporto l’ha visto solo in cartolina,  ha  dovuto pagare  dal 2008 ad oggi qualcosa come 11 miliardi di euro per mantenere in quota gli airbus dell’Alitalia. Un popolo che spende così tanto per far volare gli aerei senza neanche salirci sopra è un popolo di aviatori  ad honorem.  

Ma che fine hanno fatto i nostri 11 miliardi di euro?  E’ presto detto.  Nel 2008 Alitalia era, come oggi, sull’orlo del fallimento. Per salvare baracca e burattini, Silvio Berlusconi  pensò bene di regalare il giocattolo ad alcuni imprenditori amici suoi, capitani d’industria coraggiosi e manovrieri, sempre pronti a dare una mano quando serve e sempre in attesa della giusta contropartita.     A celebrare l’operazione la solita sapiente regia delle banche. Il tutto con finalità patriottiche perché bisognava limitare la partecipazione azionaria degli odiati francesi di Air France al 25% .  Questi ultimi infatti erano disposti a tirare fuori bei soldini per acquisire  l’intero pacchetto azionario  della disastrata compagnia italiana. 

La lista della spesa comincia subito con sei o sette miliardi tirati fuori dai contribuenti aviatori per ripulire Alitalia dai debiti.  Un cadeau  per gli amici deve rimanere prezioso e immacolato come una mammoletta, mica può essere una sòla. Aggiungiamo poi un altro miliardo e duecento milioni necessario per mettere in moto tutto il baraccone e il mancato introito di 3 miliardi che si sarebbe realizzato se la compagnia fosse stata acquistata allora da Air France. 

Oggi dopo cinque anni siamo da capo a dodici.  La nostra compagnia non ha neanche  la benzina per far volare gli apparecchi e si profila l’intervento delle poste. Un ente del tesoro, quindi pubblico,  guidato da un manager che capisce di aerei come io capisco di bosoni.  

Ma gli aviatori più indefessi risiedono in Ciociaria. Noi  Ciociari,  abitanti di una salubre terra allietata da profluvi di PM10, diossine,  inquinanti di varia natura, oltre che contribuire  con le nostre tasse agli 11 miliardi testè  citati, abbiamo sborsato altri  8  milioni  circa, per costruire un aeroporto in un territorio  in crisi d’astinenza da kerosene.  

6 milioni sono serviti per tenere in piedi la società Aeroporto di Frosinone incaricata di eseguire il progetto e l’opera,  altri 2 milioni e otto  sborsati attraverso la regione guidata all’ora dalla famelica Polverini.  Molti di noi disfattisti, contrari al progresso, non aviatori e neanche avicoli ( nel senso di polli da spennare) avevamo capito che il progetto era improponibile, per anni lo abbiamo gridato e alla fine abbiamo avuto ragione. 
Aeroporti di Frosinone si scioglie ma la passione  all’aviazione rimane. Sborsare quasi 9  milioni di euro solo per disegnare un aeroporto che non verrà mai realizzato  è segno di grande attaccamento alla causa aviatoria.

Qualcuno potrà chiedere: era necessario spendere   tanti soldi inutilmente?    Qui la passione per il volo non c’entra . Bastava capire le vere finalità delle operazioni relative al salvataggio di Alitalia e alla costruzione dell’aeroporto a Frosinone. 

In relazione alla compagnia di bandiera lo scopo principale non era far volare gli aerei, ma consentire a Riva ,per esempio,  di spuntare, in cambio del  favore propagandistico fatto a Berlusconi con il suo  ingresso in Alitalia,   delle autorizzazioni integrate ambientali favorevoli per le sue fabbriche di morte a Taranto, oppure permettere a  Benetton in cambio del suo impegno,  una mega speculazione fondiaria  sui suoi terreni di Maccarese da lui acquistati per un piatto di  lenticchie,    trasformati  da agricoli   ad uso industriale per essere venduti,  con il realizzo di enormi profitti,  a se stesso come  co-gestore  di Aeroporti di Roma, e quindi utilizzati  per realizzare il raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino dove potessero atterrare gli aerei  di sua proprietà come azionista di Alitalia. 

Oppure permettere a Toto  di salvare la sua indebitata compagnia Airone attraverso la concessione di altri      fidi per consentirne l’ingresso in Alitalia. E’ curiosa questa operazione, una banca che fino a ieri reclamava ingenti crediti da una azienda, di punto in bianco dismette la sua  intransigenza e addirittura concede ulteriori prestiti a questa stessa azienda per  farla entrare in una nuova compagnia .  Che c’è di strano tanto si sa che quando le banche vanno in sofferenza ci pensa il cittadino qualunque, novello pantalone proletario a pagare.  

Per tornare alla società Aeroporto di Frosinone invece , la sua vera finalità non era quella di costruire il terzo scalo del Lazio in Ciociaria, ma diventare un lussuoso e remunerativo armonizzatore sociale per manager e amministratori pubblici rimasti senza poltrona,  oppure fonte   di entrata integrativa per politici locali affamati di soldi pubblici.  In conclusione a seguito di queste ruberie che hanno a dir poco adirato i cittadini va riformulato ancora una vota  il detto "Italia, paese di santi poeti e navigatori". La nuova massima è:  L’Italia è un paese di santi bestemmiati, poeti squattrinati  e…..AVIATORI.

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