sabato 24 agosto 2013

La nuova Imu

Luciano Granieri


Entro fine  agosto il governo dovrà prendere una decisione definitiva sui destini dell’Imu. Non sono un tecnico catastale né un urbanista, nonostante tutto provo a suggerire una proposta seria in merito al trattamento fiscale della prima casa.  

Sottolineo seria, perché la soluzione che va per la maggiore, cioè l’abolizione totale dell’imposta,  non è seria per due motivi fondamentali. Il primo perché a proporla è l’associazione a delinquere che occupa il Parlamento e la utilizza  come mera propaganda all’avanzo di galera, capo della  suddetta associazione,  che siede  abusivamente   in   Senato.  Il secondo perché un qualsiasi progetto di  legge, come quello proposto dal già citato avanzo di galera,  se  non ha copertura finanziaria è impraticabile e quindi poco serio. 

Per evitare le solite accuse di sfascismo e provare a fornire un piccolo contributo alla causa  propongo il seguente ragionamento. Condividendo il giudizio per cui non è giusto tassare un bene  necessario alla vita delle persone, spesso realizzato con enormi sacrifici, ritengo sacrosanto togliere l’imposta sulla prima casa. 

Risulta però che coloro i quali  sono riusciti a costruirsi un alloggio al prezzo di privazioni e rinunce abitino in case del tutto normali. Chi invece possiede ville, villini e altre sciccherie simili, ha realizzato la sua magione non a prezzo di particolari sacrifici personali, ma probabilmente imponendo rinunce e privazioni ad altri. 

Ai primi va tolta l’Imu.  Ai secondi, al contrario,  l’imposta deve essere aumentata per un importo quantomeno necessario a  recuperare gli introiti mancanti dall’esenzione della tassa applicata a chi possiede una casa normale. 

Per entrare maggiormente nel merito della questione. Il gettito della   prima rata sulle prime case , quella che è stata abolita  giugno per capirci  ammonta a 4 miliardi di euro. Con la nuova rimodulazione, tenendo presente le categorie catastali, i possessori di immobili A/2, abitazioni di tipo civile - A/3 abitazioni di tipo economico- A/4 e A/5 abitazioni di tipo popolare e ultra popolare – A/6 abitazione di tipo rurale, sarebbero esentati dal pagare la tassa. Il gettito mancante derivato da questa agevolazione verrebbe compensato da un aumento dell’imposta a carico dei possessori di immobili catalogati con le categorie A/1 – A/7 – A/8 – A/9  - A/10, ovvero abitazioni di tipo signorile, ville villini, castelli o palazzi storici di eminente pregio artistico e storico, uffici e studi privati. 

E’ compresa l’esenzione anche per i locali destinati a opificio e ad attività produttive, (banche ed istituti finanziari esclusi). Sulle seconde e terze case invece la mannaia dovrebbe essere implacabile. Prima di adottare questa soluzione però i comuni dovrebbero procedere ad una verifica del rispetto delle categorie catastali relativa agli immobili presenti nel territorio. Potrebbe capitare infatti che  ad un edificio accatastato come stalla, corrisponda una mega villa. 

Già che ci siamo superiamo l’Imu e azzardiamoci ad ipotizzare un nuovo piano casa. Chi  si appresta a costruire un nuovo immobile o un gruppo di villini, proprietari o fondazioni edilizie che siano, avrà  l’obbligo di vendere  o occupare gli alloggi edificati entro un anno dalla loro certificazione di abitabilità. 

Se ciò non accadrà  significa che queste case non rispondono alla domanda abitativa del luogo. O perché non ci sono abitanti a sufficienza, o perché, e la cosa è molti più frequente, il prezzo è troppo elevato e non esistono persone che possano premettersi una tale residenza. 

Dunque se entro un anno questi alloggi non verranno occupati, saranno espropriati dal comune che li destinerà ad edilizia popolare, a ospitare rifugiati politici o indigenti. Così si risolverebbero tante  drammatiche vicende come quella che ha visto protagoniste le famiglie sfrattate di Cassino, per cui non esisterebbe più gente senza casa e case senza gente. E’ una proposta troppo comunista?  Sicuramente,  ma sarebbe ora che un po’ di sano comunismo, una decongestionante fase di dittatura del proletariato, s’impossessasse della scena governativa. Sa dio, anzi Marx,  quanto sarebbe salvifico! 

I dirigenti della ASL fanno festa

Francesco Notarcola

E’ inaudito. Mentre l’organizzazione sanitaria della provincia evidenzia la sua drammatica precarietà si distribuiscono quasi 3 milioni di euro ai dirigenti della ASL locale, già lautamente retribuiti.
E’ scandaloso che non siano intervenuti il Presidente e la Giunta regionali per fermare tale decisione.
E’ altrettanto da stigmatizzare  il fatto che sino ad oggi non ci sia stata una netta   presa di posizione dei consiglieri regionali di questa provincia per condannare un fatto inaccettabile sul piano politico e morale.
Non si può e non si deve premiare una dirigenza che nel corso degli anni ha sperimentato e consolidato un metodo di gestione caratterizzato da clientelismo politico, da un uso spregiudicato delle risorse umane e finanziarie  e da sprechi enormi.
La ASL non è mai stata una casa di vetro e sono sempre mancati informazione, partecipazione e trasparenza.
Alla conferenza locale della sanità, al suo Presidente (Sindaco del Capoluogo), ai sindaci che la compongono chiediamo di far sentire la loro voce affinchè il Presidente Zingaretti intervenga con un provvedimento d’urgenza per far rientrare tale decisione  e per rimuovere  dagli incarichi  i responsabili.
Occorre un segnale innovativo e rigoroso    per rompere con il passato e per riconquistare la fiducia dei cittadini e delle associazioni nella politica e nelle istituzioni.


Frosinone 24 agosto 2013
Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone

        
                             

C'era una volta

Andrea Cristofaro

C'era una volta un circolo cittadino di un partitino della sinistra estrema, che nel suo piccolo portava avanti una battaglia contro il sistema di potere locale, contro l'isolamento e l'autoreferenzialità dei vari soggetti "non allineati", contro gli opportunismi politici e le ambiguità del proprio stesso partitino, a favore dell'unificazione delle lotte.........questo circolo non aveva deciso di chiamarsi Karl Marx, filosofo, nè Antonio Gramsci, intellettuale, nè Che Guevara, eroe rivoluzionario: aveva deciso di chiamarsi "Carlo Giuliani", ragazzo, No Global. C'era una volta e ora non c'è più, ma prima di sparire ha fatto in tempo a prendere schiaffi dolorosi non dagli avversari, ma dai compagni, dentro il partito, ma anche, più dolorosi, fuori dal partito. Momenti di aggregazione e di condivisione di lotte ce ne sono stati tanti; occasioni per fare insieme il salto di qualità non ne sono mancate, ma ogniqualvolta si stava per fare il passo definitivo come per incanto tutto svaniva: in un sistema consolidato e statico di gioco delle parti una mina vagante non essendo controllabile metterebbe a rischio il sistema stesso e i ruoli assegnati, e naturalmente ogni cambiamento rappresenta un pericolo per chi non vuole rimettersi in gioco. Ad ogni buon conto, cose buone ne sono state fatte, errori pure, e come al solito: il sistema è salvo, viva il sistema.

venerdì 23 agosto 2013

Soldati israeliani hanno sparato dentro la moschea

Samantha Comizzoli

Questo è il video di oggi di Kuffr Qaddum, non riesco a scrivere nulla ora. Sono devastata. Vi prego di divulgarlo e credo che nelle prossime ore farò subito delle azioni a sostegno di Kuffr Qaddum. i soldati hanno sparato dentro alla Moschea piena di fedeli...

Mea culpa..ma non solo

Luciano Granieri





I dipendenti della Multiservizi, ancora mi ostino a non usare il termine “ex dipendenti”,  sono in attesa dell’ennesimo incontro fra le parti. Il 26 agosto prossimo, organizzazioni sindacali, sindaci, amministratori regionali e provinciali  si riuniranno per prendere visone degli approfondimenti di natura tecnica che il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani  avrà effettuato. Ciò  allo scopo di  sciogliere definitivamente il nodo sulla possibilità di costituire una nuova società partecipata che assorba i lavoratori della Multiserivizi.  

Il progetto della nuova società aveva visto favorevoli  gli azionisti pubblici ossia , comune di Alatri, Regione e Provincia, tranne  il sindaco di Frosinone.  Le motivazioni di questo rifiuto sono ovviamente di ordine economico. Il comune non ha i soldi da investire in una nuova società. 

Francamente non capisco quali aspettative ci siano da parte di lavoratori,  sindacati e amministratori regionali  provinciali sul fatto che Ottaviani possa cambiare idea. Il sindaco aveva promesso innanzi a Vescovo e Prefetto che avrebbe considerato tutti gli aspetti tecnico-economici della questione prima  di dare una risposta definitiva. 

Ebbene la risposta nell’incontro del 26 agosto prossimo non potrà essere che negativa. Non solo perché in giunta sono già state deliberate le gare d’appalto per incaricare aziende private di svolgere i servizi che erano ad appannaggio della Multiservizi, ma perché allo stato attuale della  situazione il sindaco “NON PUO’” impegnare risorse del comune nella costituzione di società In-house. 

 Forse i personaggi locali del centro sinistra, ultimamente visti in passerella accanto ai lavoratori della Multiservizi, sui tetti o in pubbliche assemblee,  dimenticano che  il comune di Frosinone ha dichiarato il pre-dissesto.  Una procedura che consente di spalmare  per 10 anni il debito di 50milioni di euro, fino ad ora dichiarato,  e di accedere ad un prestito  per un importo massimo di 300 euro per cittadino con soldi prelevati dal fondo salva-comuni.   Un piccolo tesoretto stanziato dal governo Monti per aiutare i comuni n crisi di liquidità. 

Per accedere al regime di pre-dissesto il comune dovrà seguire un piano di rientro che impone tagli e riduzioni di spesa , fra cui “LA RIDUZIONE DELLE SPESE PER SERVIZI  E PARTECIPAZIONI AD AZIENDE PARTECIPATE”,  oltre che la riduzione   degli oneri  del personale,   la cessione  a privati immobili e strutture di proprietà comunale, il tutto per la durata di 10 anni.  E’ facile prevedere quindi che il sindaco in occasione del prossimo incontro del 26 giustificherà il rifiuto a partecipare alla costituzione di una nuova società che possa riassorbire i dipendenti della Multiservizi,   con l’obbligo di rispettare i dettami del regime di pre-dissesto.  

Ciò  per dimostrare che la sua scelta non è politica ma tecnicamente necessaria  per uscire da una situazione debitoria che non ha creato la sua giunta, ma i sindaci precedenti. Questa  tesi  in buona parte è drammaticamente vera.  Al sindaco Ottaviani si può imputare di tutto: di essere cinico, di mostrarsi  insensibile al destini di centinaia di lavoratori, di curare i propri interessi e quelli della sua nomenclatura,  ma  non di aver agito in modo istituzionalmente errato. Nessuno da questo punto di vista può sollevare obiezioni.   Il percorso della giunta frusinate è ineccepibile e diabolico. Dichiarare li pre-dissesto significa ricevere un viatico assolutamente legale e giustificato per  cedere tutto ai privati, dall’erogazione dei servizi  alle proprietà immobiliari comunali.  Uno scenario fantastico per un sindaco che attraverso la cessione di beni e servizi a privati può alimentare e gratificare il proprio bacino elettorale. La frittata è quindi fatta. Bisognava pensarci prima. 

Anziché versare lacrime di coccodrillo e suscitare vane speranze nei  lavoratori, i “centrosinistri” nostrani  avrebbero dovuto contrastare con forza l’adesione del comune di Frosinone al pre-dissesto,    pretendendo  di verificare se  la situazione economica giustificasse una tale procedura.  Avrebbero dovuto occupare l’aula e coinvolgere con una sostanziosa campagna di sensibilizzazione e informazione tutta la cittadinanza. Il massimo dell’eversione invece è stato l’abbandono dell’aula di alcuni e il voto favorevole di altri al via libera per il pre-dissesto, Il sindaco li ha pure ringraziati.  Ma è anche  vero che un tale impegno sarebbe stato complicato e poco credibile  visto che una parte di quel debito che si deve coprire con il pre-dissesto è stato accumulato dalle giunte di centro-sinistra  che tanto si sbracciano per i lavoratori della Multiservizi.   Il centrosinistra di Frosinone grazie alle  scelleratezze di bilancio commesse mentre governava la città,  non può urlare più di  tanto.  E  allora la facciano finita lor signori  di promettere impegni  che non possono in alcun modo mantenere.  

Come più volte detto siamo in balia di una maggioranza cinica,  spietata nel perseguire i propri interessi  e di una minoranza  in parte connivente e in parte inchiodata nell’azione di opposizione dalla propria coscienza sporca. In fondo cosa è cambiato?  Così come nella precedente giunta,  anche in questa pezzi di territorio continuano ad essere regalati alla speculazione edilizia,  degli oneri concessori non c’è traccia,  le stesse associazioni che facevano  affari con i   vari Marini e Marzi continuano a prosperare sotto il regno di Ottaviani.  

Ma le colpe più grandi per la drammatica situazione della città è la nostra, la mia in primo luogo.  Esiste un manipolo di persone, fra  cui il sottoscritto, che vorrebbe contrastare  fortemente l’attuale stato di cose. La loro azione potrebbe risultare efficace se solo si decidesse  ad  anteporre gli interessi della comunità ai propri. Infatti anche nella galassia del’opposizione sociale frusinate esistono personalismi e interessi  privati. C’è chi è colto da narcisismo politico e non accetta collaborazione con altri, a meno che questi non si omologhino alle sue idee. C’è chi deve esibire la tessera qualunque essa sia: di un sindacato e anche del più piccolo partitino dell’ultra sinistra, se esiste ancora, per comparire con proclami inutili sui giornali locali. C’è chi tiene famiglia e dunque  fa casino fino ad un certo punto  poi si omologa.   Per  anni critica aspramente il centro sinistra, lo combatte in campagna elettorale, poi rientra nei ranghi e addirittura collabora con il blog   riformista  della nostra città. 

Non è un caso che a Frosinone esistano miriadi di associazioni alcune formate addirittura da un solo componente e ognuna di queste  conduce da sola la propria battaglia, spesso  sincera, ma spesso finalizzata a strappare qualche prebenda dal potente.  Personalmente  mi riconosco la colpa  di essere poco aperto alla collaborazione con gli altri “COMPAGNI” , non mi impegno abbastanza nell’ascoltare gli altri, nel valutarne le proposte. Spesso,  nel redigere Aut, tendo a mettermi in mostra con interventi sopra le righe , piuttosto che impegnarmi a ricercare contatti, attraverso il blog a consolidare collaborazioni.  Per dirla con Gramsci in una città di indifferenti, i partigiani che non si organizzano, tanto da rendere insignificante la propria lotta, sono i principali responsabili dello sfascio della propria comunità.







giovedì 22 agosto 2013

Lo sballo del mattone

Paolo Berdini. fonte http://www.ilmanifesto.it/


Il Pdl urla di togliere l'Imu. Per tutti, compresi i possessori di ville e di grandi patrimoni immobiliari. Pochi urlano più forte che essa va tolta solo ai piccoli proprietari e aumentata per tutti coloro che detengono la stragrande maggioranza del patrimonio immobiliare italiano


È un sogno la casa dell'ineffabile Roberto Carlino che da mesi incombe sugli schermi nazionali per reclamizzare le "sue" abitazioni. Niente di male: ognuno è libero di spendere i soldi guadagnati con i folli livelli delle quotazioni immobiliari come vuole. Soltanto che il nostro eroe esagera spudoratamente. Con inequivocabile accento all'amatriciana per invogliare all'acquisto afferma infatti che «...del resto la risalita del mattone è fenomeno inevitabile e fisiologico».

Scherza, il nostro, inducendo alla confusione tra un suo legittimo auspicio e un principio della fisica. Non è affatto detto che nel prossimo futuro sia inevitabbile e fisiologgica la crescita delle quotazioni immobiliari. Molti operatori di settore temono anzi un nuovo calo in autunno. Perché si è costruito troppo in questi anni di deregulation e la quota dell'invenduto continua ad aumentare perché nel frattempo si costruisce ancora molto.
Roberto Carlino ha avuto una fugace (per colpa di Renata Polverini) incursione nella politica regionale: è stato presidente della commissione urbanistica, eletto nel vasto arcipelago berlusconiano. Così dal sogno di una casa passiamo all'incubo che perseguita il leader della destra che proprio sul sogno di far arricchire tutti gli italiani con il mattone ha fondato molta parte delle sue fortune. Dal 1994 è iniziata l'offensiva condotta sulla parola d'ordine «padroni a casa propria»: legge dopo legge dalla semplificazione edilizia alla cancellazione del falso in bilancio - che c'entra molto con questa storia come ci insegna il caso Ligresti - i valori immobiliari sono saliti vertiginosamente per quindici anni. Molti italiani hanno continuato a dare a Berlusconi il loro consenso, nonostante il crescente disgusto, proprio perché anche il loro piccolo salvadanaio cresceva. 
Dal 2008 quel castello di carte è stato spazzato via dal fallimento del neoliberismo e inizia la fase dell'inarrestabile caduta dei prezzi delle case. Ci sono famiglie che hanno acquistato dieci anni fa una casa che oggi vale dal 20 al 40% in meno di quanto l'hanno pagata. Il decremento non è omogeneo, è molto più accentuato al sud rispetto al nord; nelle aree interne rispetto alle grandi città; ma interessa tutti ad eccezione degli immobili di pregio dei centri storici accaparrati dai vampiri che dominano l'economia di rapina. Il sogno berlusconiano era dunque un azzardo: ha fatto credere in un paradiso per tutti e ha fatto arricchire senza misura solo pochissimi speculatori e immobiliaristi.
Il rischio della perdita del consenso era così evidente che Berlusconi ha giocato d'azzardo, strumento in cui eccelle anche perché l'opposizione parlamentare al suo ultimo governo fu talmente inesistente che il gioco gli è riuscito alla perfezione. All'inizio del 2009, pochi mesi dopo la crisi dei mutui subprime statunitensi, lancia il piano casa. Il mattone continuerà a girare, avrete una stanza in più e diventerete ancora più ricchi. Un flop miserevole, oggi ammesso da tutti. Allora tutti ci credettero, comprese le regioni guidate dal centro sinistra che con la loro dabbenaggine coprirono la finzione berlusconiana. 
A volte, poi, il destino è imprevedibile e proprio nel momento in cui era chiaro il fallimento del piano casa ecco un vero amico, Supermario. E' il governo dei professori a togliere le castagne dal fuoco al centro destra imponendo una tassa immobiliare iniqua e contraria al criterio costituzionale della progressività che invece di tassare i grandi patrimoni immobiliari accumulati in venti anni ha colpito indiscriminatamente il ceto medio, spesso proprietario di un'unica abitazione. Il paradosso italiano è che la bandiera di questo grande segmento di società non è stata presa in mano dalla sinistra ma dalla stessa destra che con la sua follia cementizia ha posto le basi per la discesa dei valori immobiliari. 
Il Pdl urla di togliere l'Imu. Per tutti, compresi i possessori di ville e di grandi patrimoni immobiliari. Pochi urlano più forte che essa va tolta solo ai piccoli proprietari e aumentata per tutti coloro che detengono la stragrande maggioranza del patrimonio immobiliare italiano. Del resto il governo Letta non ha mai affermato che ci sarà un provvedimento progressivo che rimetta un poco a posto la bilancia dell'equità. Ciò di cui si sente parlare in questo scorcio di agosto è una furbesca evoluzione dell'Imu, camuffata nella tassa sui marciapiedi e di altri servizi urbani. 
Così la compagine berlusconiana si avvia a portare a casa qualche prezioso risultato per le lobby che la sostengono. A meno che il Parlamento abbia un sussulto e accenda i riflettori sulla folle politica che ha favorito il cemento negli ultimi venti anni. Non c'è da essere ottimisti. Del resto, e lo affronteremo in un prossimo articolo, nel decreto del "fare" strenuamente difeso dal Pd c'è un'ulteriore spinta alla deroga edilizia. Per curare il declino del comparto immobiliare si usano le stesse ricette che hanno portato al fallimento. Favorendo ancora la rendita e intaccando l'ultimo salvadanaio, la casa, delle famiglie italiane sempre più povere e senza rappresentanza.



Bentornata

Samantha Comizzoli

"Ho goduto della bellezza della Palestina, correndone i rischi e mettendomi al centro della strada, ma ora, è giunto il momento di avere il coraggio di andare. Andare per loro che aspettando dei risultati e non solo parole su un blog.
Mi preparo per il viaggio di ritorno con lo stomaco sottosopra perchè sono rassegnata che all'aeroporto mi aspettino visto che ho sempre scritto con faccia e nome. Un amico a Kuffr Qaddum mi ha detto "la nostra è una vittoria morale, Allah ti proteggerà".
Insomma, all'aeroporto Ben Gurion (altro carnefice) mi hanno rivoltato la valigia 4 volte per trovare tracce di gas lacrimogeno, ma nulla. Hanno, invece, trovato qualcosa che non sapevo nemmeno di avere: una limetta per unghie che mi ha fatto fare la figura della turista sprovveduta e mi ha fatto saltare ogni interrogatorio. 
Ora posso iniziare a lavorare per la Palestina, al documentario e ad altri due progetti per essa. Dopo, poi, ci sarà il tempo del "cuore" e del ritorno a quell'abbraccio quotidiano di umanità che è quel Popolo. Il Popolo Palestinese."

Lunaria alla Commissione per la Tutela dei Diritti Umani del Senato

http://www.lunaria.org/

Lunaria è stata ricevuta ieri, 3 luglio, in audizione dalla Commissione straordinaria per la promozione e la tutela dei diritti umani del Senato presieduta dall’sen. Luigi Manconi, insieme all’associazione MEDU, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti umani promossa dalla stessa Commissione.
Nel corso dell’audizione sono stati illustrati i risultati della ricerca svolta da Lunaria sulla spesa pubblica finalizzata al “contrasto dell’immigrazione irregolare”, recentemente pubblicati nel dossier Costi disumani.
Dopo la ricostruzione del quadro delle risorse pubbliche stanziate per il controllo delle frontiere esterne, per lo sviluppo dei sistemi tecnologici finalizzati a migliorare le attività di sorveglianza e di identificazione dei migranti, per la realizzazione dei programmi di rimpatrio, per la gestione dell’intero sistema dei centri di accoglienza degli immigrati irregolari, per la cooperazione con i paesi terzi in materia di contrasto dell’immigrazione irregolare, Lunaria ha evidenziato le criticità principali e avanzato alcune proposte.
Mancanza di trasparenza sulla gestione delle politiche in materia, inefficacia delle stesse e la ricorrenza di numerose violazioni dei diritti umani dei migranti sono le maggiori criticità evidenziate.
Sono state avanzate le seguenti richieste ai Senatori presenti all’audizione:
monitorare in modo più stringente la spesa pubblica in materia di contrasto dell’immigrazione irregolare e l’operato del Governo;
- fare pressione per richiedere una nuova indagine di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle politiche migratorie e sull’immigrazione;
chiudere al più presto i Centri di Identificazione ed Espulsione
In attesa di una riforma complessiva, è stata chiesta l’attivazione urgente della Commissione al fine di ridurre il periodo di permanenza massimo nei centri e che siano evitati quei bandi al ribasso per la gestione dei centri che determinano un’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita dei migranti nei Cie e li espongono a numerose violazioni dei diritti umani.
“Il modo migliore per ‘contrastare l’immigrazione irregolare’ è quello di facilitare l’ingresso e il soggiorno regolare dei migranti in Italia”, ha dichiarato Grazia Naletto,  presidente dell’associazione nel corso dell’audizione. A tal fine l’associazione ha evidenziato la necessità di introdurre forme di regolarizzazione ordinaria nel contesto di una riforma complessiva dell’intera disciplina che regola l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dei cittadini stranieri presenti sul nostro territorio.
L’associazione esprime un giudizio positivo sull’esito dell’incontro e valuta positivamente la scelta della Commissione straordinaria per i diritti umani di avviare un’indagine conoscitiva sullo stato dei diritti umani nel nostro paese.

mercoledì 21 agosto 2013

Riflessioni su mafia e illegalità

Luciano Granieri

Nell’ottica del rilancio dell’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone, la settimana scorsa ci siamo riuniti in sede ,il sottoscritto, il presidente Francesco Notarcola e l’altro socio fondatore Mario Catania,    allo scopo di pianificare le attività per i prossimi mesi.  Per dare una più efficace continuità al coinvolgimento dei giovani  nella lotta all’illegalità e tutti i fenomeni criminogeni, anche per il prossimo  anno scolastico stiamo preparando alcuni eventi  che vedranno protagonisti gli studenti delle scuole superiori. 

Fra i vari progetti in preparazione spicca il premio “Libero Grassi”.  Nello specifico verranno sollecitati  gli studenti ad esprimersi attraverso  la redazione di temi e componimenti su alcune questioni relative al fenomeno mafioso, criminogeno e della diffusione dell’illegalità a tutti i livelli della vita sociale.  Gli autori dei migliori elaborati avranno la possibilità di visitare luoghi simbolo della lotta alla mafia. 

Il premio dedicato a Grassi, l’imprenditore ucciso   dalle cosche  perché aveva rifiutato di sottostare ai  sistemi estorsivi che  i mafiosi volevano imporgli,  si è già svolto in diversi istituti di tutta Italia e dell’organizzazione di questo evento si è occupataSOLIDARIA una cooperativa  onlus attiva nel sociale con particolare attenzione a fenomeni criminosi come la violenza sulle donne e la diffusione della mafie e dell’illegalità. 

Per questo motivo alla nostra riunione ha partecipato un  attivista  di Solidaria, il giornalista e scrittore Giovanni Abbagnato.  Il collaboratore di Repubblica è un osservatore attento dei fenomeni mafiosi. La sua attività si snoda fra una collaborazione con Libera e il credito etico, fra la partecipazione a Solidaria e l’attivismo nei No Muos.  Un intellettuale autorevole il cui contributo per chi vuole occuparsi di contrasto alle mafie e all’illegalità diffusa  è indispensabile.  

Un parte della lunga e proficua discussione con Giovanni, in particolare relativa alle problematiche del Muos è stata pubblicata in  un altro  POST.  In questo contributo, invece,  postiamo i video relativi alle riflessioni sulla commistione  fra Mafia, politica ed economia. Non manca un riferimento alla storia drammatica di Libero Grassi e al rapporto fra capitalismo e mafia. Ampi anche  i riferimenti alla costituzione. Tutto il discorso si è sviluppato nel senso di implementare un contrasto di tipo sociale ai fenomeni criminogeni . 

Noi dell’Osservatorio e Giovanni con noi, non siamo né  poliziotti né carabinieri, né magistrati. Siamo dei semplici cittadini consapevoli che il contrasto all’illegalità si comincia a combattere con una vera e propria rivoluzione culturale all’interno della comunità.  La lotta al voto di scambio, che veda oggetto dello scambio anche e solo il rilascio di una licenzia edilizia in modo celere,  il contrasto alla corruzione e all’evasione fiscale, sono atti che devono iniziare e svilupparsi all’interno della società. Ma per far questo occorre una attenta pianificazione sul territorio, che comprenda momenti informativi e di consapevole condivisione sulla  necessità di una reale lotta      all’illegalità.  

E tanto più oggi è necessario un tale progetto. Un’azione che si fa ancora più impellente in presenza    dell’ occupazione abusiva  e delinquenziale operata da un pregiudicato per frode ed evasione fiscale  e dei suoi servizievoli complici ai danni delle istituzioni e che diventa ineludibile di fronte al pericolo che l’illegalità, la criminalità e le mafie si trasformino da forme degenerative a sistema di potere consolidato.


Sullo scioglimento di Sinistra Crtica

di Francesco Ricci Partito di Alternativa Comunista 

Si è sciolta Sinistra Critica. Senza grandi clamori, nel pieno dell'estate, con un semplice comunicato pubblicato sul sito del gruppo si dà notizia dello scioglimento dell'organizzazione.
Lasciamo ad altri gruppi di scrivere compiaciuti coccodrilli e note funebri. A noi interessa provare a capire meglio il perché della chiusura di quella che è stata (insieme al Pdac e al Pcl di Ferrando) una delle tre organizzazioni nate dalla crisi di Rifondazione e al contempo una delle tre forze a carattere nazionale che hanno animato l'estrema sinistra italiana negli ultimi anni. Pur caduto nel silenzio (salvo, ripetiamo, qualche noticina velenosa sui siti di gruppi concorrenti) il fatto è importante anche perché Sinistra Critica era, nel bene e nel male, l'erede, la continuazione del primo gruppo trotskista costituitosi in Italia con Livio Maitan a metà degli anni Quaranta (i Gcr, che assunsero dal 1969 il nome di Lcr, e successivamente divennero l'Associazione Quarta Internazionale, poi Bandiera Rossa e infine Sinistra Critica: prima come area in Rifondazione, poi come organizzazione indipendente, dalla fine del 2007).
Per parte nostra, pur essendo stati da sempre molto molto lontani dalle posizioni di Sinistra Critica, posizioni con le quali abbiamo polemizzato anche aspramente (ma sempre in termini politici), riconosciamo a Sinistra Critica, e in particolare a Franco Turigliatto, uno dei suoi principali dirigenti, quella correttezza che costituisce una cosa anomala in una sinistra ed estrema sinistra in cui è pratica corrente il ricorso all'insulto e alla calunnia contro le altre organizzazioni (si pensi all'uso metodico - contro di noi specialmente, ma non solo - che ne fa la terza forza tra quelle citate: il Pcl).
Come è nostro costume anche in questo articolo polemizzeremo in termini esclusivamente politici, con l'intento di aprire un dialogo con quei compagni di Sinistra Critica che fanno un bilancio diverso da quello contenuto nell'atto di chiusura della loro organizzazione e che non sono disponibili a partecipare a nessuno dei due progetti alternativi guidati dalle due ali in cui si è diviso il gruppo dirigente di Sc.
Un bilancio reticente 
La cosa che più colpisce nel testo pubblicato sul sito di Sinistra Critica è lo scarso peso dato al bilancio. Ciò che produce la contraddizione per cui da una parte si annuncia la chiusura e dall'altra si allude a un bilancio sostanzialmente positivo.
I motivi della fine sono così ridotti alla crisi generale che colpirebbe in tutta Europa "le forze della sinistra anticapitalistica". Secondo la dichiarazione di Sinistra Critica bisogna prendere atto che pur in un "terreno privilegiato a forze orientate verso la trasformazione sociale", determinato dall'ascesa della lotta di classe in tante parti del mondo, Europa inclusa, in ambito politico ciò non si riflette in un rafforzamento delle organizzazioni di sinistra. E nessun tentativo è fatto (almeno in questo testo) per capire il perché di questa sfasatura tra il piano sociale e quello politico, ritenendo gli autori del testo escluso, come si capisce dalla lettura del resto della dichiarazione, che la causa possa essere cercata nell'inadeguatezza del progetto politico e programmatico di forze come la loro che, aggiungiamo noi, forse proprio per questo arrivano a sciogliersi. La paradossale conclusione di questo bilancio poco bilanciato è così questa: "Restiamo convinti che l’esperienza condotta negli anni, o decenni, trascorsi alle nostre spalle, sia stata giusta."
L'esito di una lunga storia 
Del tutto diverso, noi crediamo, avrebbe dovuto essere il bilancio di Sinistra Critica se, in luogo di qualche frasetta rituale per riempire un testo, i suoi dirigenti avessero voluto realmente guardare indietro a un percorso che, durato in effetti decenni (la data di inizio va indicata nel 1949, anno di nascita dei Gcr) ha prodotto una lunga catena di disastri.
In altri testi abbiamo fatto riferimenti più argomentati alle posizioni di quella corrente: la stessa nostra corrente internazionale (la Lit-Quarta Internazionale) nasce da un percorso di decenni di battaglie contro le posizioni del Segretariato Unificato (Su, l'organizzazione internazionale a cui Gcr, Lcr e poi, seppure con adesione individuale dei militanti, Sinistra Critica hanno fatto riferimento) e da una rottura definitiva, anche in termini organizzativi con l'Su, nel 1979, seguita, nel 1982, dalla nascita della Lit-Quarta Internazionale
Non abbiamo la pretesa di riassumere qui in qualche riga mezzo secolo di dibattito storico: chi fosse interessato ad approfondire il tema può trovare sul nostro sito web vari testi di ricostruzione storica e, sul sito della Lit, una breve sintesi in spagnolo: 
http://www.litci.org/inicio/quien-somos/historia-de-la-lit
Qui ci limitiamo piuttosto a indicare il filo conduttore di tutta la storia della corrente sfociata in Sinistra Critica e quindi nel suo scioglimento: una costante revisione centrista del marxismo rivoluzionario (cioè del trotskismo) che la ha condotta progressivamente ad abbandonarne i pilastri programmatici e a considerare il trotskismo come, nella migliore delle ipotesi, un "contributo" da portare ad altri progetti, una sorta di integratore alimentare (la vitamina T...). Fu appunto portando alle logiche conseguenze questa concezione che nel '68 - cioè nel momento in cui avrebbe potuto fare un balzo nella costruzione - i Gcr andarono in frantumi, mentre vari dirigenti di primo piano davano vita a organizzazioni concorrenti (Vinci e Gorla fondarono Avanguardia Operaia, Brandirali Servire il popolo, e poi ancora Mineo, Russo, Illuminati, Savelli, ecc.)
Ed è sempre seguendo questa concezione (la rinuncia a costruire un partito basato sul programma marxista, dunque trotskista) che - facciamo ora un salto di vari decenni - in tutta la vita di Rifondazione la corrente di Turigliatto, Maitan e Cannavò ha prima cercato di fare da "consigliere del re" (e il re era Bertinotti...), poi ha dato vita a una tendenza interna che perennemente oscillava tra il sostegno critico e una moderata opposizione al bertinottismo. E' da questa posizione oscillante (quintessenza del centrismo, per dirla con Trotsky) che i parlamentari di Sinistra Critica eletti in quota a Rifondazione hanno votato più volte la fiducia al governo imperialista di Prodi (coprendo questa pratica con virtuosismi linguistici: "una fiducia distante", "siamo tendenzialmente all'opposizione del governo"), votandone la prima finanziaria "lacrime e sangue", la missione militare in Afghanistan (19 luglio 2006) eccetera. Arrivando persino dopo l'espulsione di Turigliatto da Rifondazione a votare i "dodici punti" con cui Prodi rilanciava il suo governo (tra questi punti ricordiamo: il rilancio delle missioni militari, la Tav, ecc.) e a "non partecipare al voto" (che equivale al Senato a un voto a favore, in quanto fa abbassare il quorum) sulla Finanziaria 2007.
Turigliatto porta ancora l'etichetta, attribuitagli ingiustamente dalla stampa borghese (che procede sempre per cliché), di affossatore in parlamento di Prodi: ma in realtà fece sempre tutto il possibile per non disturbare il governo. (1)
Questo atteggiamento non derivava da errori per quanto gravi o di una semplice subalternità a Rifondazione e quindi al centrosinistra. Sinistra Critica, rimuovendo (insieme a molte altre parti del programma marxista, revisionato) il principio cardine del marxismo dell'indipendenza di classe dei comunisti dalla borghesia e dai suoi governi, sostituito con un possibilismo (rispetto ai governi borghesi si valuta di volta in volta), partita con l'intenzione di dare un contributo marxista al riformismo, finì in quegli anni con il ricevere dal bertinottismo... il suo contributo riformista basato sulla collaborazione di classe.
Il fallimento del "partito anticapitalista" 
La Sinistra Critica fuori da Rifondazione, organizzazione indipendente, ha poi proseguito lungo quegli antichi binari, avviando la sperimentazione di un progetto "nuovo": il cosiddetto partito anticapitalistico. Negli atti di nascita di Sc si poteva leggere a chiare lettere una nostalgia per un presunto "bertinottismo delle origini", l'epoca in cui il Prc civettava con i movimenti per poi (aggiungiamo noi) usarli come tramplino di lancio nel governo. E' su questa prospettiva vaga e confusa che fu costruita in questi ultimi anni Sinistra Critica.
Sulla scia del progetto dell'Npa, l'organizzazione sorella di Francia (anch'essa legata al Segretariato Unificato), Sinistra Critica teorizzò la possibilità di costruire partiti basati sull'unione di riformisti e rivoluzionari, che abbandonassero cioè quelle precise delimitazione programmatiche che Lenin e Trotsky posero alla base della costruzione dei partiti rivoluzionari d'avanguardia della Terza e della Quarta Internazionale; rimuovendo di conseguenza l'obiettivo della "dittatura del proletariato", cioè del potere dei lavoratori per avanzare nell'abolizione della società divisa in classi, unico fine che giustifichi l'uso del termine comunista.
I risultati di questo revisionismo programmatico e politico non richiedono molte parole. Quel progetto è fallito in modo clamoroso in Francia, dove l'Npa è esploso, perdendo due terzi dei membri iniziali, e ora ha prodotto gli stessi esiti in Italia, con lo scontro sviluppatosi nell'ultimo anno tra due tendenze opposte nel gruppo dirigente di Sinistra Critica (scontro nato dall'evidente insuccesso del progetto costitutivo) che è infine sfociato nello scioglimento dell'organizzazione.

Un nuovo inizio o una nuova fine?
L'atto che comunica la conclusione dell'esperienza di Sinistra Critica è intitolato "Nuovi inizi". Il riferimento è ai due differenti progetti in cui annunciano di volersi impegnare le due anime del gruppo dirigente di Sinistra Critica emerse nella divisione prodottasi all'ultima Conferenza nazionale.
Un settore (quello legato a Cannavò, Maestri, Malabarba) è, secondo la loro stessa definizione, "intenzionato a intraprendere, in un'ottica di classe, la strada della promiscuità tra 'politico' e 'sociale", cioè, potremmo provare a tradurre noi, a portare fino in fondo l'allontanamento dal marxismo, sciogliendosi in una imprecisata dimensione "nuova", più culturale che politica (come tutto culturale è il principale progetto animato da Cannavò e dagli altri, la rivista Letteraria. Riviste di letteratura e interessanti pubblicazioni a parte, verso quali lidi possa approdare questo progetto è difficile dire: ma ancora più difficile è capire come tutto ciò potrà mai essere fatto (come annunciano i promotori) "in un'ottica di classe", dato che (salvo buttare a mare tutta l'esperienza rivoluzionaria da Marx in poi) l'ottica di classe ha senso solo in funzione della costruzione di un partito che permetta alla classe di prendere, per via rivoluzionaria, il potere). Qui l'orizzonte sembra sinceramente un altro ed è quello in effetti ben sintetizzato dal nome del progetto: Solidarietà, che pare un regresso dalla rivoluzione russa a quella francese (e per giunta all'89 più che al Novantatré...).
L'area guidata da Turigliatto, invece, annuncia per settembre la costituzione di Sinistra anticapitalista, che, se capiamo bene, dovrebbe servire a costruire una tendenza nella costituenda Rossa cui lavora Giorgio Cremaschi, avviata (quest'ultima) nelle scorse settimane con un'assemblea nazionale (scarsamente partecipata) e con una serie di riunioni locali (che per ora hanno riunito qualche decina di persone).
Rossa nascerà dalle ceneri di Rifondazione (di cui è probabile l'esplosione al prossimo congresso, con una parte del gruppo dirigente che finirà nella Sel di Vendola e una parte che guiderà la confluenza in Rossa). Già la lista delle figure pubbliche e dei gruppi che stanno concorrendo a questo nuovo progetto sono utili a definirne le coordinate: a parte Cremaschi (che a suo tempo lanciò il Comitato No Debito appunto con l'unico scopo - come denunciammo in tempi non sospetti - di usarlo per costruire il nuovo partito che avrebbe potuto presentarsi già alle scorse elezioni, se non fosse stato battuto sul tempo dalla fallimentare Rivoluzione Civile del magistrato Ingoia), faranno parte del gruppo dirigente della nuova (si fa per dire) impresa anche gli stalinisti della Rete dei Comunisti (Cararo, la Papi, Leonardi, ecc. che a loro volta dirigono, in forma in genere ignorata dagli stessi attivisti sindacali, il sindacato Usb). Non serve molta fantasia per capire cosa potrà uscire dall'amalgama di cremaschismo (un neo-keynesismo dal piglio barricadero), quanto resta del ferrerismo (cioè dell'area dell'ex ministro della Solidarietà sociale nel governo imperialista di Prodi), e soprattutto la forte componente di stalinisti inveterati (oltre alla Rete dei Comunisti, Rossa attirerà anche altri frammenti della medesima area culturale; al momento mancano all'appello, ma non stupirebbe che partecipassero, in tutto o in parte, anche i Carc, ala ufficiale del "clandestino" nPci, dato che sono la parte più attiva del No Debito di Cremaschi).
Si tratta insomma dell'ennesimo tentativo di rifare un partito riformista, con l'aggravante, in questo caso, che il tentativo avviene dopo il fallimento catastrofico di Rifondazione. In questo pasticcio Turigliatto e la sua tendenza (Sinistra anticapitalistica) porteranno il solito contributo "marxista" (o di quello che loro si ostinano, contro ogni evidenza, a chiamare "marxismo"), per riprendere da un altro imbocco quella medesima strada che, dopo vari decenni, li ha portati allo scioglimento di Sinistra Critica.
Più che un nuovo inizio a noi sembra l'inizio di una nuova fine. Per questo è auspicabile che quei compagni di Sinistra Critica che finora non si sono schierati né con Solidarietà né con Sinistra anticapitalistica possano decidere di imboccare un'altra strada, diversa.

C'è un'altra strada 
Chi cerca una strada rivoluzionaria e internazionalista potrà trovare nel Pdac un partito con cui confrontarsi, e in cui militano compagni di provenienze diverse, in cui non ci sono soci fondatori né guru, l'unico che oggi in Italia è parte di una reale organizzazione internazionale: la Lit-Quarta Internazionale, nei fatti la principale forza trotskista a livello internazionale, presente in Europa e in crescita nei diversi continenti, in prima fila in tutte le lotte, tanto qui in Italia (dove negli ultimi mesi spesso ci siamo scoperti essere l'unico partito presente nelle lotte più radicali, specie in quelle dove non c'erano telecamere davanti a cui sventolare bandiere) come nelle piazze di Spagna, Portogallo, Turchia e soprattutto nella nuova ondata di lotte del Brasile, in cui il nostro partito, il Pstu, riconosciuto anche da molti avversari come il più grande partito che si rivendica trotskista oggi nel mondo, svolge un ruolo di primissimo piano.
Come abbiamo detto più volte, avendo il senso della realtà, come Pdac (a differenza di quanto fanno altri) non ci siamo mai considerati come il partito rivoluzionario che manca e che è ancora tutto da costruire: ma certo pensiamo di aver rafforzato in questi anni uno strumento importantissimo in quella prospettiva. Per questo siamo interessati a confrontarci fraternamente con tutti quei compagni che, come noi, non credono che il capitalismo possa essere la fine della storia, per questo vogliamo dialogare con chi (all'opposto di Rossa) non crede che il capitalismo possa essere riformato o governato diversamente, con chi ha compreso che la collaborazione di classe premia solo la borghesia. E' con chi pensa che il capitalismo vada rovesciato con la rivoluzione, che per farlo la sola crescita delle lotte, pur indispensabile, non basta, che cerchiamo il confronto e la collaborazione, nel reciproco rispetto, a prescindere dalle singole esperienze precedenti. Per questo ci rivolgiamo, anche con questo articolo, tanto ai compagni di Rifondazione, che nei prossimi mesi si ritroveranno senza partito, come ai compagni della ora disciolta Sinistra Critica. A tutti loro chiediamo: non pensate anche voi che dopo tanti fallimenti è arrivato il momento di provare a cercare insieme un'altra strada?

Note(1) Dal versante opposto, Turigliatto e Sinistra Critica sono stati più volte accusati dal Pcl di Ferrando per queste loro oscillazioni nei confronti del governo Prodi. Tuttavia, giova ricordarlo, come ammise Ferrando in un testo del 18 giugno 2006 pubblicato sul manifesto (e non si tratta di un'intervista, quindi non vi fu nessuna deformazione giornalistica) nel caso fosse stato eletto in parlamento (come gli aveva inizialmente promesso Bertinotti, che poi ci ripensò su sollecitazione del Corriere della Sera) anche Ferrando avrebbe vagliato ogni espediente per non disturbare il governo di centrosinistra: non avrebbe mai votato la fiducia a tale governo ma, aggiunge, "altre soluzioni di carattere eccezionale - incluse le mie dimissioni da parlamentare - si sarebbero rese possibili solo nel caso del carattere determinante del mio unico voto." In altre parole, mentre Turigliatto alternava voti a favore con uscite dall'aula e astensioni, Ferrando, più generosamente, si sarebbe dimesso da parlamentare per non infastidire con la sua presenza il governo imperialista...
L'idea che si potesse in parlamento votare (anche da soli) contro la borghesia, come faceva Karl Liebnecht, è un'idea che non ha mai sfiorato né l'uno né l'altro.

Nuovi Inizi

Il coordinamento nazionale di Sinistra Critica


Nell’ultima conferenza nazionale di Sinistra Critica si sono confrontate, e alla fine sostanzialmente eguagliate, due posizioni politiche e strategiche tra loro alternative. Il lavoro degli ultimi sei mesi non ha prodotto significativi passi avanti nella convergenza tra quelle impostazioni che affrontano diversamente nodi analitici e teorici rilevanti e soprattutto si danno progetti di lavoro politico e strumenti di intervento differenti.
Questa difficoltà la viviamo come una nostra debolezza inserita però nella più ampia crisi sociale e politica italiana ed europea. Le forze della sinistra anticapitalista conoscono quasi ovunque una difficoltà materiale e di strategia politica.
Le condizioni obiettive dettate dalla crisi e da quella “lotta di classe” al contrario che i poteri dominanti stanno conducendo da diversi decenni, dovrebbero offrire un terreno privilegiato a forze orientate verso la trasformazione sociale. Ma la realtà materiale indica che non è così: in Francia, in Germania, in Gran Bretagna e in Italia, ad affermarsi è la difficoltà, la scomposizione delle forze ed anche la crisi
Sinistra Critica ha rappresentato un progetto politico che, nel quadro dell’esperienza di Rifondazione comunista, ha puntato ad amalgamare la necessaria rifondazione del pensiero e della pratica marxiste con le energie rese disponibili dai nuovi movimenti sociali e politici. In questo senso ha trovato ispirazione e progetto politico nelle vertenze sociali, nella vita e nelle vicende del movimento operaio, nei movimenti anti-globalizzazione e per la pace, nel nuovo femminismo e nelle lotte dei movimenti lgbt.
Sempre tenendo fermo un orientamento finalizzato alla ricostruzione di una soggettività e di una organizzazione politica anticapitalista, internazionalista, femminista, ecologista.
Questo progetto si è dipanato nel corso degli anni 90 e 2000, nella battaglia politica interna al Prc contro le derive governiste di quel partito, rese evidenti, in particolar modo, con il secondo governo Prodi. Abbiamo cercato di indicare una via d’uscita all’impasse della sinistra, alternativa a quella proposta da Fausto Bertinotti e dal gruppo dirigente di Rifondazione. Quella battaglia, in termini di consenso, non ha avuto l’esito sperato.
Ma i vincitori di quella contesa hanno ottenuto una vittoria di Pirro che presto si è trasformata nella disfatta del partito e risultano tra i principali responsabili della scomparsa della sinistra politica dal panorama italiano.
Restiamo convinti che l’esperienza condotta negli anni, o decenni, trascorsi alle nostre spalle, sia stata giusta. E’ stato giusto contestare in radice la cultura politica dominante della sinistra italiana, derivante dal riformismo togliattiano e dalla vocazione al compromesso sociale. E’ stato giusto denunciare il ruolo nefasto che lo stalinismo ha avuto nella storia del movimento operaio internazionale, battendosi per recuperare “la memoria dei vinti”, le giuste battaglie storiche degli oppositori alla Terza Internazionale. E’ stato giusto lavorare per il rinnovamento culturale del marxismo, recuperando le teorie migliori e la freschezza dell’apparato critico dello stesso Marx contro ogni tentazione di ossificazione. E’ stato giusto battersi contro gli apparati burocratici del movimento operaio, in campo politico e sindacale, rivendicando l’autorganizzazione e il protagonismo operaio come unico viatico per una effettiva emancipazione. E’ stato giusto recuperare il pensiero ecologista come punto nevralgico di un’identità per la nuova sinistra.
 Rivendichiamo , in particolare, lo sforzo costante di coniugare, nella nostra concezione della sinistra anticapitalista, il femminismo con il marxismo critico e di fare del protagonismo delle donne un passaggio ineludibile per qualsiasi progetto di trasformazione. E’ stato giusto mantenere la rotta su un progetto di trasformazione rivoluzionaria e socialista della realtà esistente.
Tutto questo non ha impedito anche al nostro progetto di segnare il passo. Non siamo riusciti a costruire una alternativa forte e credibile alla deriva della sinistra italiana e, nel momento in cui si sono verificati grandi sommovimenti internazionali (la crisi) e modificazioni profonde nel corpo vivo della sinistra politica – si pensi alla crisi del Pd, dopo quella di Rifondazione – abbiamo iniziato a maturare, al nostro interno, analisi e progetti diversi per rispondere alla crisi.
La nostra ultima conferenza ci ha consegnato un’organizzazione sostanzialmente divisa a metà su due progetti la cui alternatività si è mostrata evidente con il passare del tempo. La politica, del resto, non può essere confinata alla sola analisi e alla condivisione degli orizzonti di fondo.
Se fosse così non esisterebbero, e non sarebbero esistite, scissioni, divisioni, divaricazioni inconciliabili.
A questo punto avremmo potuto dare vita a una classica contesa, strappandoci reciprocamente consensi, in un faticoso lavoro di interdizione simultanea. Avremmo potuto anche nascondere le nostre divergenze e “fare finta” che non fosse successo nulla dando vita, di fatto, a due correnti separate.
Abbiamo preferito spiegare la nostra situazione, renderla esplicita e trasparente con la presunzione di offrire un altro modo di affrontare la crisi della sinistra.
Con questa lettera noi dichiariamo chiusa l’esperienza politica di Sinistra Critica che quindi da oggi non esisterà più nel nome e nella simbologia. Ma il collettivo militante che questa organizzazione ha rappresentato non si ritira dalle battaglie politiche e sociali: dalle sue “ceneri” nascono altre storie, anzi già operano iniziative e attività articolate e complesse. I suoi e le sue militanti daranno vita, infatti, a progetti diversi, uno che propone una organizzazione politica più che mai orientata a un forte radicamento di classe, l’altro intenzionato a intraprendere, in un’ottica di classe, la strada della promiscuità tra “politico” e “sociale” che cominceranno a vivere pubblicamente nelle prossime settimane e nel mese di settembre.
Abbiamo pensato che invece di dare vita a scontri e recriminazioni fosse più giusto e utile, anche per rispetto alla nostra storia comune, condividere il momento della separazione, rispettando l’impegno di tanti e tante militanti. Speriamo che i due progetti politici che scaturiranno dalla nostra esperienza restino complementari tra loro anche se distinti. Non sappiamo se ci riusciremo ma questa è la nostra intenzione.
Anche per questo abbiamo deciso di garantirci per il futuro uno spirito fraterno dividendo con un accordo comune espresso in uno specifico testo scritto le poche risorse esistenti e garantendo a ciascuno l’operatività politica organizzativa.
In questo nuovo quadro politico organizzativo, insieme ribadiamo, la comune adesione al dibattito, al patrimonio e al progetto politico della corrente Quarta internazionale così come si è andata evolvendo nel tempo e come oggi si presenta nelle sue articolazioni internazionali: dal progetto del Nuovo partito anticapitalista francese, al dibattito latinoamericano fino alle nuove esperienze asiatiche. Un riferimento non dogmatico ma politico, culturale e “in progress”.
Il coordinamento nazionale



martedì 20 agosto 2013

Gente senza casa e case senza gente

Luciano Granieri


Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Questo è quanto riportato dall’articolo 3 della Costituzione. Nel nostro territorio, come in gran parte d’Italia,  quanto stabilito dalla Carta non viene osservato. La mancanza di un tetto sopra la testa  è uno dei più grandi ostacoli di ordine economico e sociale che limita "la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e impedisce  il pieno  sviluppo della persona umana". 
A Cassino è in atto una vergognosa e indegna odissea. Intere famiglie con bambini al seguito, sfrattate,  dal giugno scorso stanno vagando  per la città sempre con la polizia alle calcagna pronta a sgomberarli.  Dalle case vuote di Via Maglie,  una volta  destinate all’esercito,  alle tende piazzate davanti al palazzo comunale, fino all’attuale occupazione della struttura Colonia  Solare di Via Montecassino,  alcuni  cittadini del nostro territorio hanno cercato di far valere un diritto che in una società veramente civile non dovrebbe neanche essere in discussione. Il diritto di avere una casa in cui vivere. 

Non sappiamo se nelle prossime ore le famiglie del  comitato lotta per la casa verranno cacciate anche da questa ultima struttura, sembra che si prepari l’ennesimo attacco verso uomini donne e bambini  indifesi. Resta il fatto che l’edificio occupato non è un palazzo principesco, è uno dei tanti scheletri cementizi lasciati dalla speculazione finanziaria ed edilizia. 
L’ex colonia solare è di proprietà del comune fu ristrutturata con 661 milioni di euro di fondi regionali e comunali, con soldi nostri quindi, per farne una casa dello studente. Ma nel 2011 l’università di Cassino ha deciso che gli studenti dovessero alloggiare in  altro loco. Da allora quindi dei 24 mini  alloggi destinati agli studenti non sono rimasti che  degrado e  macerie. Un immobile  che, se adeguatamente ristrutturato,  avrebbe potuto     offrire  otto appartamenti da mettere a disposizione di altrettante famiglie, è  invece  rimasto  in balia di ladri e saccheggiatori che hanno trafugato suppellettili, porte e termosifoni. 
In questo tugurio, monumento allo spreco di denaro pubblico,  ora chiedono di vivere gli sfrattati di Cassino. Ma il perverso gioco  della corsa all’accumulo, attraverso i giochi di prestigio dei cambi di stati d’uso, del saccheggio di fondi pubblici per fini di profitto privato, non prevede case per la popolazione. 
L’edilizia popolare rimane  un punto  scritto nei programmi degli aspiranti sindaci che, una volta eletti,  dimenticano i buoni propositi  cedono pezzi di città a costruttori e speculatori  i quali, cercando di sfruttare l’onda positiva della bolla del mattone, hanno riempito intere aree urbane di palazzoni di pregio.  
Ma oggi la bolla si è sgonfiata e quei lussuosi manufatti sono destinati a rimanere desolatamente vuoti, mentre le piazze si riempiono di persone, di  donne,  uomini e bambini alla ricerca disperata di un alloggio.  La lotta per la casa, come la lotta per il lavoro, sono conflitti per la sopravvivenza. Sono atti necessari a "promuovere la libertà  e l’ eguaglianza dei cittadini per consentire il pieno sviluppo della persona umana".  Il  fatto che il conflitto sociale sia finalizzato a vedere riconosciuti diritti sanciti nella Costituzione fornisce la prova del degrado in cui versano le istituzioni, rende palese i veri obbiettivi di amministrazioni e governi tesi ad assicurare i  propri  privilegi  a discapito dei cittadini .  
Il dramma è che il deterioramento culturale prodotto da un ventennio di promozione del più virulento e cinico individualismo, dell’indifferenza  verso il malessere sociale ha determinato l’isolamento e l’alienazione di coloro i quali si battono per ottenere i diritti riconosciuti loro dalla legge e dalla Costituzione. Fino a quando non si inizierà ad intaccare questa deriva frantumatrice della solidarietà collettiva la gente continuerà a rimanere senza casa e le case continueranno a rimanere senza gente.

Lo foto della clip sono state scattate del gruppo di CARC di Cassino il brano è Las barricadas, di Cisco e la casa del vento.

lunedì 19 agosto 2013

Egitto - L’eroica resistenza delle masse popolari egiziane al colpo di Stato rafforza le masse popolari di tutto il mondo!

(n)Pci Nuovo Partito Comunista Italiano


Le masse popolari egiziane combattono in questi giorni un’accanita ed eroica lotta contro le forze armate egiziane che sono al servizio della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Alle masse popolari egiziane va e deve andare la solidarietà di tutte le forze progressiste e del movimento comunista di tutto il mondo. La loro lotta rafforza la nostra lotta. La nostra lotta rafforza la loro lotta. La vittoria delle masse popolari egiziane rafforzerà le masse popolari in tutto il mondo. Essa contribuirà alla rinascita del movimento comunista già in corso, perché solo sotto la guida del movimento comunista e della sua concezione del mondo, il marxismo-leninismo-maoismo, le masse popolari egiziane riusciranno a consolidare la loro vittoria, a superare le divisioni attuali su cui fanno leva i gruppi imperialisti, a imboccare una via di progresso.
Non sono le bandiere e le parole d’ordine religiose l’aspetto principale della lotta eroica che in questi giorni le masse popolari egiziane conducono contro le forze armate. È sciocco chi valuta un movimento principalmente o addirittura solo dalle sue bandiere e parole d’ordine, dalla coscienza che esso ha di sé. L’aspetto principale è che le masse popolari egiziane hanno impedito alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti di ristabilire in Egitto l’ordine sconvolto dalla rivolta di gennaio e febbraio 2011 che ha rovesciato Mubarak, di fare dell’Egitto un terreno ancora più aperto di prima alle sue operazioni.
La Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti vuole fare dell’Egitto come degli altri paesi oppressi del sistema imperialista mondiale un terreno aperto per le sue speculazioni, per i suoi affari, per i suoi investimenti, per le sue delocalizzazioni, per il suo commercio. Anche nei paesi imperialisti per far fronte alla crisi del capitalismo essa cerca di dissolvere il tessuto sociale creato durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, di trasformare i popoli in una folla di individui da sfruttare come lavoratori e come clienti. Nei paesi oppressi sta distruggendo persino le basi primitive su cui ancora vive gran parte della popolazione e getta milioni di uomini e donne nell’emigrazione e nell’emarginazione. In assenza di un forte movimento comunista, sono i gruppi e le confraternite fondate sulle relazioni e le concezioni del passato che a loro modo si mettono alla testa della resistenza delle masse popolari. Per loro natura non sono in grado di andare fino in fondo, perché per andare fino in fondo la rivoluzione delle masse popolari egiziane deve confluire nella rivoluzione di cui tutta l’umanità ha bisogno. Ma ora riescono a funzionare come centri di aggregazione e di resistenza. Sta ai comunisti prendere il posto che loro spetta alla testa della lotta e della rivoluzione socialista e di nuova democrazia: la concezione comunista del mondo fornisce strumenti adeguati.
Quando il movimento comunista era forte nel mondo, nei paesi coloniali e semicoloniali si sviluppava la rivoluzione di nuova democrazia: la rivoluzione antifeudale e anticoloniale era ispirata e diretta dal movimento comunista. Contro questa rivoluzione nei paesi coloniali e semicoloniali i gruppi imperialisti hanno mobilitato e sostenuto ogni genere di gruppi e movimenti feudali e clericali. Ora il movimento comunista è ancora debole, ma la crisi del capitalismo si dispiega con ferocia tale contro le masse popolari che anche quei gruppi e movimenti feudali e clericali devono mettersi a loro modo alla testa della resistenza. La lotta in corso in Egitto fa parte di questo quadro generale.
Solo con la rinascita del movimento comunista si creerà nuovamente una grande unità popolare antimperialista e progressista. Contribuire alla rinascita del movimento comunista è la forma più alta e decisiva di solidarietà che noi comunisti italiani e tutte le masse popolari italiane possono e devono dare alla lotta eroica delle masse popolari egiziane contro le forze armate della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti.
Con i massacri di questi giorni, i generali egiziani rivelano la natura criminale, la vera e intima natura degli Obama, dei Bergoglio, delle Merkel, degli Hollande, dei Letta-Napolitano-Berlusconi e degli altri caporioni del sistema imperialista mondiale, del loro potere. La guerra di sterminio non dichiarata che questi conducono contro le masse popolari anche nei paesi imperialisti, mostra in questi giorni in Egitto il suo volto sanguinoso e brutale. Il MUOS mostra il suo scopo.
La Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti è sconvolta dalla crisi generale del capitalismo. Essa non riesce in alcun paese a creare un ordine stabile ad essa favorevole. Essa arranca con difficoltà e ricorre sempre più a metodi apertamente criminali, alla Silvio Berlusconi o alla Abdel Fattah Sisi, per mantenersi al potere: la sua forza sta principalmente nella debolezza del movimento comunista. La rinascita del movimento comunista sarà la sua fine. La rivolta contro la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti cresce ovunque nel mondo, anche nei paesi imperialisti e negli USA stessi. Il primo paese imperialista che spezzerà le sue catene aprirà la strada e mostrerà la via anche alle masse popolari del resto del mondo.