domenica 16 marzo 2014

Con il III appuntamento de "ll lavoro rende liberi" si conclude il primo ciclo di seminari dell'Osservatorio Peppino Impastato.

Luciano Granieri, Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone


Sabato 8 marzo si è concluso il primo ciclo dei seminari organizzati dall’Osservatorio Peppino Impastato e dalla scuola di Formazione sociale e politica Don Gallo. Dopo gli incontri relativi alla “storia delle Mafie e del movimento antimafia”, è giunto a conclusione anche il seminario “Il reddito rende liberi”.  Lasceremo passare qualche settimana di intervallo poi  il ciclo dei seminari riprenderà con due appuntamenti, sempre distribuiti su più incontri. Il primo tratterà delle modalità  di lettura dei bilanci delle amministrazioni locali, il secondo porrà l’attenzione alle dinamiche di partecipazione politica dei cittadini e alle forme di rappresentanza. Traendo un primo bilancio, non possiamo che ritenerci soddisfatti. Il gradimento di questa forma divulgativa, ma anche di confronto e condivisione, è stato tale che alcuni istituti scolastici, di Sora ci hanno invitato a replicare i seminari presso le loro sedi.  Tutto ciò ci incoraggia a proseguire in questa attività con rinnovato slancio e passione.

Di seguito pubblichiamo, oltre che il filmato proiettato nel corso del 3° appuntamento del “Il reddito rende liberi” , anche alcune considerazioni finali del sottoscritto, relatore del corso, in merito alle questioni affrontate nel corso dei tre incontri.



Siamo arrivati alla fine del viaggio che ci ha accompagnato  nei  tempi e nei  luoghi dei complessi equilibri sociali createsi nelle società occidentali dalla rivoluzione Francese ad oggi. Lo studio delle diverse forme di sostegno al reddito e più in generale dei diversi sistemi di welfare, ha rivelato come sia stato sempre difficile mantenere in equilibrio  il rapporto fra acquisizione della ricchezza e assicurazione dei diritti sociali. Il principale degli  elementi regolatori di questi equilibri,  il lavoro, dopo le aspettative che le innovazioni ideologiche della rivoluzione Francese e gli stravolgimenti produttivi successivi alla rivoluzione industriale inglese, avevano suscitato presso le civiltà occidentali,  ha continuato ad essere strumento di controllo sociale. Nonostante quanto scritto   nella diverse  Costituzioni poste a fondamento degli ordinamenti civili dei vari Stati, il lavoro non è mai riuscito ad assurgere a elemento distintivo di appartenenza alla collettività. Non si è mai realizzato, attraverso l’accesso all’occupazione, una piena liberazione dell’individuo dal ricatto del bisogno. Anche la nascita del welfare probabilmente si è realizzata più come forma del controllo del dissenso  di quella parte di popolazione indigente, che non come elemento di lotta alla povertà. Fortunatamente filosofia, scienze umane e antropologiche, hanno modificato nel corso della storia questo strumento, da mero controllo delle classi più deboli, a vero e proprio strumento di liberazione civile e sociale. La formulazione del reddito di cittadinanza, incondizionato, destinato a tutti i cittadini,   inteso cioè  come dividendo sociale, ossia come diritto di ogni cittadino a godere del frutto dell’attività condivisa della propria comunità di appartenenza, è apparso per lo più utopistico, ma come abbiamo dimostrato, non solo economisti e eminenti personalità del mondo accademico hanno fornito prove concrete sulla sua applicabilità, ma forme molto vicine alla sua organizzazione sono presenti in Francia, Germania e Inghilterra. Abbiamo analizzato la differenza fra il reddito di cittadinanza e il reddito minimo garantito. Questo, a differenza del primo, si applica solo  a chi ha perso il lavoro o non è in grado di lavorare per motivi avulsi dalla propria volontà. La discussione sulla legittimazione morale di una misura che consenta a chiunque di percepire un reddito non legato a dinamiche del lavoro è complessa e variegata. Abbiamo illustrato le diverse posizioni di economisti in merito. Dalla discussione si può dedurre che in realtà le difficoltà all’applicazione di un reddito incondizionato sono più legate a caratteri culturali che economici. I programmi di tutela sociale espressi dalla Germania dalla Francia e dall’Inghilterra,   anche dalla regione Trentino , infatti, mostrano che con una diversa organizzazione della spesa è possibile sostenere una forma di reddito di cittadinanza. E’ proprio sull’organizzazione dello Stato Sociale che emerge l’estrema inadeguatezza delle nostre, quasi inesistenti, misure di welfare. Anche su questo abbiamo fornito esempi concreti di come è possibile, con una diversa ripartizione delle entrate fiscali, fra previdenziali, generali, e locali, reperire risorse da indirizzare al consolidamento delle tutele sociali. E’ fuori dubbio che un programma del genere deve partire necessariamente dalla rinegoziazione del debito pubblico e dalla ridefinizione dei trattati europei. Nel senso di promuovere il rispetto della carta dei diritti europea, più che il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che, secondo noi, va totalmente abolito. Infatti proprio dal lato dell’inclusione sociale, è dal 1992 che la Comunità europea esorta gli stati membri a dotarsi di strumenti di sostegno al reddito. Esortazione che l’Italia ha sempre ignorato a differenza delle prescrizioni di carattere economico che invece sono state puntualmente adottate, rendendo ancora più crudi gli effetti della crisi. La conclusione che ho  tratto nel redigere questa dispensa e nell’animare le discussioni durante gli  incontri che abbiamo avuto nella divulgazione di questo seminario, è la seguente. Noam Chomsky ha detto: Se aiuto i poveri con l’elemosina, mi apprezzano come benefattore, se mi batto contro la povertà  mi danno del comunista. La mia idea ricalca un po’ questa espressione di Chomsky. E’ indubbiamente più urgente concentrarsi sulla crisi del lavoro, spendere ogni energia per risolvere una crisi occupazionale che comunque deve passare per una nuova e diversa definizione del rapporto fra lavoratore-detentore dei mezzi di produzione,  attore della speculazione finanziaria. Ma è di tutta evidenza che questa azione richiede tempi lunghi e sforzi immani. E’ necessario sicuramente combattere affinchè i poveri flagellati dalla disoccupazione siano sempre meno. Ma disgraziatamente l’attuale emergenza sociale non può aspettare. E’ dunque ineludibile la questione sull’opportunità di un sostegno al reddito. Sono convinto che l’impegno per la buona e piena occupazione, unito  alla definizione di  un welfare che preveda un reddito di cittadinanza, sia possibile, a patto di rovesciare completamente l’attuale quadro che privilegia le accumulazioni da speculazione finanziaria alla ricchezza prodotta dal lavoro. Ignoro quando e come ciò potrà avverarsi, ma la speranza comincia sin dalle discussioni nate attorno a questo seminario.



  

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