Sabato 8 marzo si è concluso il
primo ciclo dei seminari organizzati dall’Osservatorio Peppino Impastato e
dalla scuola di Formazione sociale e politica Don Gallo. Dopo gli incontri
relativi alla “storia delle Mafie e del movimento antimafia”, è giunto a conclusione
anche il seminario “Il reddito rende liberi”.
Lasceremo passare qualche settimana di intervallo poi il ciclo dei seminari riprenderà con due
appuntamenti, sempre distribuiti su più incontri. Il primo tratterà delle
modalità di lettura dei bilanci delle amministrazioni
locali, il secondo porrà l’attenzione alle dinamiche di partecipazione politica
dei cittadini e alle forme di rappresentanza. Traendo un primo bilancio, non
possiamo che ritenerci soddisfatti. Il gradimento di questa forma divulgativa,
ma anche di confronto e condivisione, è stato tale che alcuni istituti
scolastici, di Sora ci hanno invitato a replicare i seminari presso le loro
sedi. Tutto ciò ci incoraggia a
proseguire in questa attività con rinnovato slancio e passione.
Di seguito pubblichiamo, oltre che
il filmato proiettato nel corso del 3° appuntamento del “Il reddito rende
liberi” , anche alcune considerazioni finali del sottoscritto, relatore del
corso, in merito alle questioni affrontate nel corso dei tre incontri.
Siamo arrivati alla fine del viaggio che ci ha
accompagnato nei tempi e nei
luoghi dei complessi equilibri sociali createsi nelle società
occidentali dalla rivoluzione Francese ad oggi. Lo studio delle diverse forme
di sostegno al reddito e più in generale dei diversi sistemi di welfare, ha
rivelato come sia stato sempre difficile mantenere in equilibrio il rapporto fra acquisizione della ricchezza
e assicurazione dei diritti sociali. Il principale degli elementi regolatori di questi equilibri, il lavoro, dopo le aspettative che le
innovazioni ideologiche della rivoluzione Francese e gli stravolgimenti
produttivi successivi alla rivoluzione industriale inglese, avevano suscitato
presso le civiltà occidentali, ha
continuato ad essere strumento di controllo sociale. Nonostante quanto
scritto nella diverse Costituzioni poste a fondamento degli
ordinamenti civili dei vari Stati, il lavoro non è mai riuscito ad assurgere a
elemento distintivo di appartenenza alla collettività. Non si è mai realizzato,
attraverso l’accesso all’occupazione, una piena liberazione dell’individuo dal
ricatto del bisogno. Anche la nascita del welfare probabilmente si è realizzata
più come forma del controllo del dissenso
di quella parte di popolazione indigente, che non come elemento di lotta
alla povertà. Fortunatamente filosofia, scienze umane e antropologiche, hanno
modificato nel corso della storia questo strumento, da mero controllo delle
classi più deboli, a vero e proprio strumento di liberazione civile e sociale.
La formulazione del reddito di cittadinanza, incondizionato, destinato a tutti
i cittadini, inteso cioè come dividendo sociale, ossia come diritto di
ogni cittadino a godere del frutto dell’attività condivisa della propria
comunità di appartenenza, è apparso per lo più utopistico, ma come abbiamo
dimostrato, non solo economisti e eminenti personalità del mondo accademico
hanno fornito prove concrete sulla sua applicabilità, ma forme molto vicine
alla sua organizzazione sono presenti in Francia, Germania e Inghilterra.
Abbiamo analizzato la differenza fra il reddito di cittadinanza e il reddito
minimo garantito. Questo, a differenza del primo, si applica solo a chi ha perso il lavoro o non è in grado di
lavorare per motivi avulsi dalla propria volontà. La discussione sulla
legittimazione morale di una misura che consenta a chiunque di percepire un
reddito non legato a dinamiche del lavoro è complessa e variegata. Abbiamo
illustrato le diverse posizioni di economisti in merito. Dalla discussione si
può dedurre che in realtà le difficoltà all’applicazione di un reddito
incondizionato sono più legate a caratteri culturali che economici. I programmi
di tutela sociale espressi dalla Germania dalla Francia e
dall’Inghilterra, anche dalla regione
Trentino , infatti, mostrano che con una diversa organizzazione della spesa è
possibile sostenere una forma di reddito di cittadinanza. E’ proprio
sull’organizzazione dello Stato Sociale che emerge l’estrema inadeguatezza
delle nostre, quasi inesistenti, misure di welfare. Anche su questo abbiamo
fornito esempi concreti di come è possibile, con una diversa ripartizione delle
entrate fiscali, fra previdenziali, generali, e locali, reperire risorse da
indirizzare al consolidamento delle tutele sociali. E’ fuori dubbio che un
programma del genere deve partire necessariamente dalla rinegoziazione del
debito pubblico e dalla ridefinizione dei trattati europei. Nel senso di
promuovere il rispetto della carta dei diritti europea, più che il Trattato sul
funzionamento dell’Unione Europea che, secondo noi, va totalmente abolito.
Infatti proprio dal lato dell’inclusione sociale, è dal 1992 che la Comunità
europea esorta gli stati membri a dotarsi di strumenti di sostegno al reddito.
Esortazione che l’Italia ha sempre ignorato a differenza delle prescrizioni di
carattere economico che invece sono state puntualmente adottate, rendendo
ancora più crudi gli effetti della crisi. La conclusione che ho tratto nel redigere questa dispensa e
nell’animare le discussioni durante gli
incontri che abbiamo avuto nella divulgazione di questo seminario, è la
seguente. Noam Chomsky ha detto: Se aiuto i poveri con l’elemosina, mi
apprezzano come benefattore, se mi batto contro la povertà mi danno del comunista. La mia idea ricalca
un po’ questa espressione di Chomsky. E’ indubbiamente più urgente concentrarsi
sulla crisi del lavoro, spendere ogni energia per risolvere una crisi
occupazionale che comunque deve passare per una nuova e diversa definizione del
rapporto fra lavoratore-detentore dei mezzi di produzione, attore della speculazione finanziaria. Ma è
di tutta evidenza che questa azione richiede tempi lunghi e sforzi immani. E’
necessario sicuramente combattere affinchè i poveri flagellati dalla
disoccupazione siano sempre meno. Ma disgraziatamente l’attuale emergenza
sociale non può aspettare. E’ dunque ineludibile la questione sull’opportunità
di un sostegno al reddito. Sono convinto che l’impegno per la buona e piena
occupazione, unito alla definizione
di un welfare che preveda un reddito di
cittadinanza, sia possibile, a patto di rovesciare completamente l’attuale
quadro che privilegia le accumulazioni da speculazione finanziaria alla
ricchezza prodotta dal lavoro. Ignoro quando e come ciò potrà avverarsi, ma la
speranza comincia sin dalle discussioni nate attorno a questo seminario.
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