lunedì 5 maggio 2014

Leggere la storia per capire il presente

Luciano Granieri


 Il passato spiega il presente, a questo serve la Storia. Forse è un’affermazione un po’ perentoria. Probabilmente la Storia non  illustra completamente il presente però aiuta a capire. Allora proviamo a capire.  

La resistenza al regime nazifascista inizia in Francia nel 1940 all’indomani della parziale occupazione tedesca e della nascita del regime collaborazionista di Vichy  guidato dal maresciallo Pètain. In Jugoslavia  i nazionalisti di  Mihajilovic  e i comunisti di Tito iniziarono la lotta di resistenza a partire dal 1941. Lo stesso accadde in Grecia dove i movimenti resistenziali contro Italiani  tedeschi  combatterono dal 1941. In Polonia la resistenza iniziò fra il 1939 e il 1940. Sempre nel 1940 movimenti resistenziali  operarono  in Belgio, Olanda, Norvegia e Danimarca. Nella stessa Germania partigiani e resistenti cominciarono  la loro lotta a partire dal 1942 con il gruppo dei giovani bavaresi della Rosa Bianca sterminati senza pietà da Hitler. 

In Italia invece, al netto dei movimenti antifascisti che agirono in clandestinità, la resistenza annunciata da i grandi scioperi  operai del marzo 1943 a Milano e a Torino, iniziò, come è noto, l’8 settembre successivo data della firma dell’armistizio , dopo che tutto si era già compiuto. Mussolini era  stato liquidato dai suoi stessi gerarchi il 25 luglio e le truppe alleate erano già sbarcate in Sicilia. 

Questa indolenza e pigrizia civile, causa del  ritardo nel ribellarsi alla follia nazista e fascista rispetto agli altri paesi europei Germania compresa, può spiegare molto  di come si è evoluta la coscienza del nostro popolo  dal dopoguerra ad oggi.  Ci aiuta a capire perché la Costituzione Italiana non sia stata mai applicata completamente sin dal giorno dopo la sua promulgazione, ed oggi, dopo aver subito  ripetuti attacchi e tentativi di manomissione in senso autoritario, sembra stia per soccombere definitivamente. 

Il ritardo nel ribellarsi al dittatore, spiega perché la classe industrial-borghese accattona, sempre la stessa tramandata di padre in figlio, abbia potuto continuare  a succhiare il sangue dei lavoratori, prima contrattando condizioni fiscali favorevoli con un  potere politico asservito   e poi, dopo l’adozione di un regime di tassazione progressiva, iniziando la più grossa e capillare evasione fiscale che mai Paese abbia conosciuto. 

 L’inizio della resistenza in così colpevole ritardo, dopo cioè che il dittatore era praticamente caduto,  spiega  perché solo nel nostro Paese la massoneria deviata sia protagonista e  soprattutto  per quale motivo la mafia domini  incontrastata  trattando direttamente con lo Stato, con l’avallo finanche del presidente della Repubblica. 

Si spiega anche come perfino sull’opportunità  di disputare o meno una partita di  calcio decida  non l’istituzione sportiva o quella nazionale ma Genny  ‘a carogna. Per un popolo che si ribella così tardi alla follia nazifascista è facile favorire  l’avvento di un ventennio dominato da una ciurmaglia immonda  guidata da un delinquente conclamato evasore fiscale fraudolento, possibile puttaniere e concussore artefice di una devastazione culturale, morale e sociale  Senza precedenti . 

Molto dunque si spiega.  Possiamo divertirci in questo esercizio storico anche nell’ambito più ristretto del nostro territorio. “La Ciociaria e in generale tutta la provincia di Frosinone era una zona di sottosviluppo assimilabile all’Italia meridionale. La popolazione… era costituita in maggioranza da contadini  pastori… tutti analfabeti   o quasi, con i quale era impossibile comunicare. Non ricordo di aver mai fatto una discussione politica con un contadino del posto e nemmeno che vi fossero… persone coinvolte nella nostra attività… Politicamente la provincia di Frosinone aveva tradizioni reazionarie…. Durante la mia attività ricordo di non aver mai conosciuto compagni del posto. La federazione comunista di Frosinone non era mai esistita, sparpagliati e isolati i pochi comunisti” Ciò è quanto riporta   nel febbraio del ’44 il partigiano comunista Bonelli , nome di battaglia “Gino Conti”, al capo zona  Enrico Giannetti  sulla difficoltà di costruire una coscienza politica nella provincia di Frosinone  e quindi di organizzare  una banda partigiana. 

Anche in questo caso dalla storia possiamo capire le ragioni per cui la nostra città è da sempre in mano alle solite famiglie di grandi costruttori edili che continuano a seppellire il territorio con colate di cemento, a fare affari con le loro sordide speculazioni in combutta con la classe politica locale. Da quella dichiarazione del partigiano “Gino Conti” si può intuire perché parti della nostra città franano flagellate dall’incuria e dal degrado, si capisce la ragione per cui Frosinone è prima nelle classifiche relative all’inquinamento, all’usura. 

La storia ci inchioda al nostro triste destino di cittadini di una nazione che ha capito troppo tardi i valori della libertà e della democrazia, se pure li ha capiti,   e abitanti di un territorio dalle “TRADIZIONI REAZIONARIE” .  E’ dunque tutto perduto? E’ possibile evadere dalla cappa di questo triste destino? Niente è impossibile. Basta crederci.  Andiamo dunque avanti imperterriti in direzione ostinata e contraria. Un  in bocca a lupo a tutti noi poveri disgraziati che ancora ci crediamo.


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