sabato 16 agosto 2014

Fondi europei (SIE) l'improvvisazione non è più accettata

Anita Mancini


Illustrazione di Luciano Granieri
L'Unione boccia l'accordo di partenariato 2014-2020. A rischio 41 miliardi e mezzo di fondi europei per il prossimo settennato.
Una vittoria per la partecipazione dei cittadini ed una sconfitta per il Palazzo? Pare proprio di sì...ma solo grazie all'Unione Europea.
La Commissione Europea, in una lettera al Governo Renzi, spiega perché l'accordo di partenariato 2014 2020 non va bene. 
L'accordo avrebbe dovuto delineare le strategie di sviluppo 2014 2020 per l'utilizzo dei fondi Strutturali e di Investimento Europeo (i fondi SIE),ma, sostanzialmente, non sta in piedi. Qualche tempo fa Il comitato LIP Valle del Sacco insieme all'Osservatorio Peppino Impastato Frosinone aveva chiesto all'Unione Europea di avviare una procedura d'infrazione contro la Regione Lazio segnalando il mancato rispetto dei regolamenti europei proprio in materia di partenariato. Il regolamento 240/2014, il codice europeo di condotta sul partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e di investimento europeo, parla chiaro. I cittadini, (si chiamano stakeholder: portatori di interesse) vanno coinvolti sin dalle prime fasi della progettazione preliminare. Questo serve ad evitare le solite logiche "spartitorie", che finora hanno portato l'Italia tra i "fanalini di coda" per l'utilizzazione dei fondi europei.
Nella lettera di richiesta di avvio di una procedura d'infrazione contro la Regione Lazio si lamentava proprio questo: chi viveva sul territorio ed era portatore di un interesse diffuso non era stato ammesso a partecipare ai "tavoli". Questo vuol dire che, nel caso della Regione Lazio, il "cosiddetto" accordo di partenariato vede la luce nelle stanze del Palazzo ed i cittadini vengono interpellati solo alla fine per votare sì o no all'accordo, precompilato dai dirigenti dell'amministrazione regionale. Una sorta di "o mangiate questa minestra oppure non presentiamo proprio niente e perdiamo i fondi ue". Quantomeno un atteggiamento ricattatorio.
Nel corso dell'ultimo incontro pubblico con la Regione Lazio solo il Comitato per la L.I.P. Valle del Sacco, il Forum Acqua Pubblica ed i rappresentanti delle USB di Frosinone hanno contestato apertamente un accordo di partenariato che di partecipato non aveva proprio niente. Basti pensare che per i "famosi e fumosi" 70 milioni di euro che sarebbero dovuti   servire alla bonifica della Valle del Sacco nessuno dei sindaci dei 55 comuni è stato mai convocato. Alla faccia della governance! In compenso erano presenti i rappresentanti di società private, università private...me lo spiegate COME SI PUO' SOLO PENSARE DI PROGETTARE IL RISANAMENTO DI UN TERRITORIO SE I RAPPRESENTANTI DI QUEL TERRITORIO NON SONO COINVOLTI NEL PROGETTO? E' proprio questo il senso della bocciatura UE che stigmatizza, tra l'altro, la mancanza di capacità della pubblica amministrazione di fare "governance". Davvero non ci siamo. Il bello è che in Italia abbiamo sempre fatto così: stavolta però è l'Unione Europea a chiederci di fare le cose per bene. Non possiamo più improvvisare come "al solito": presentare progetti che PIU' O MENO potrebbero essere plausibili, riuscire a farne finanziare pochissimi, scoprire (SORPRESA!) che non hanno realmente i requisiti richiesti dalla UE ed infine restituire i soldi al mittente.

Meno rendite, più mortadella

Luciano Granieri


Mal comune  mezzo gaudio, noi Italiani stiamo con le pezze al sedere, anzi ormai  mostriamo le chiappe al vento, ma se anche la grande Germania comincia a denunciare qualche sgarro sul fondo schiena non c’è che da essere contenti. Se cala l’economia della locomotiva d’Europa, cosa si pretende dall’ultimo vagone del convoglio? Si pretenderebbe, magari,  un tasso di disoccupazione un po’ meno drammatico e un debito pubblico più umano. 

In questi giorni abbiamo letto e ascoltato analisi diverse e variegate:  E’ finita la festa delle esportazioni per le Merkel, i maggiori clienti europei  dell’economia tedesca sono in crisi, proprio in virtù delle politiche del rigore volute dai teutonici,  per cui a comprare le merci made in Deutscheland  devono pensarci anche i nativi germanici.  A questo si aggiunge il mantra generale delle riforme buone per tutte le nazioni ,Germania compresa. Una faccenda talmente improcrastinabile da costringere il capo della BCE Mario Draghi a suggerire di affidare questo difficile esercizio direttamente ad un organismo economico  europeo sottraendolo alla podestà dei  singoli Stati. 

E’ necessaria la crescita, ma il rigore sui conti imposto dall’Unione europea  è  il primo fattore ad impedirla. Calma e gesso.  Con le famose riforme si può far ripartire l’impantanata economia dell’Eurozona. Ma in cosa consistono ste’ benedette riforme? Niente che non si sia già visto.  Flessibilizzazione del lavoro, soprattutto in uscita, svendita del patrimonio pubblico ai privati, deregolamentazione e defiscalizzazione  delle attività finanziarie,  tagli alla spesa sociale, in termini di prestazioni, evidentemente, e non di sprechi.  In parole povere un ulteriore travaso di ricchezza dal lavoro alla rendita. Operazione che peraltro ha già  prodotto l’attuale disastro economico. 

Orbene se questi sono gli  indirizzi la crisi non finirà mai e a cadere, uno dopo l’altro, saranno anche gli Stati più ricchi. Il ragionamento è molto semplice. Per quanto ci si voglia sforzare nel creare denaro dal nulla con la speculazione finanziaria , con la valorizzazione delle rendite, dei patrimoni,  la ricchezza ancora oggi è prodotta dal lavoro. Come funziona?  Il lavoro produce  un oggetto  ad un costo di 10, questo  si  vende a 15 e si realizza un guadagno di 5. Tutto il resto è aria fritta. 

Il realizzo di 5  può  essere reinvestito  sulla produzione  consentendo di fabbricare  merci migliori,  più efficienti, e quindi di realizzare  profitti maggiori. Oppure può essere indirizzato verso la speculazione finanziaria, nell’acquisizione di  rendite e  patrimoni. La prima operazione consente il famigerato sviluppo.  La  seconda invece,  tendendo  a produrre un accumulo di ricchezza  veicolato  in un circolo  chiuso che si accresce autonomamente ad ogni giro di giostra -nelle cui dinamiche di autoconservazione entrano spesso condotte mafiose e camorriste -   blocca lo sviluppo e la crescita, togliendo risorse alla produzione delle merci. 

Un sistema, quest’ultimo, destinato ad autodistruggersi perché quando anche l’ultimo centesimo sarà sottratto al lavoro, verrà meno il sistema originario per cui si realizza quel “5” che può essere reinvestito nella speculazione finanziaria . Se manca quel  “5” nessuna rendita sarà più sfruttabile, nessun patrimonio potrà essere valorizzato, nessun investimento finanziario sarà più possibile. Se finisce la mortadella perché i soldi necessari a produrla sono destinati alla speculazione finanziaria, anche il più abile broker o banchiere, prima o poi, morirà di fame. Il denaro non si mangia. 

Per rendere la questione in termini più tecnici si può dire che alla base della circolazione monetaria vi è il prodotto ( monetario) generato dal  settore delle merci. Prodotto  che si ottiene attraverso il lavoro. Il flusso monetario che scaturisce dai ricavi di questo settore permette di remunerare i lavoratori in esso  impiegati e l’”eccedenza” si ripartisce tra il settore pubblico (nelle varie forme di prelievo fiscale e di contributi previdenziali) e i percettori di reddito d’impresa  (profitti e varie forme di rendita). Il reddito dei lavoratori (al netto delle imposte)  finanzia la loro spesa (e quella dei famigliari)  per il consumo di merci  e dei servizi venduti dal settore pubblico e dal terzo settore.  

In buona sostanza la moneta proveniente dal lavoro permette di sostenere i salariati, pubblici e privati,  i servizi e le protezioni sociali, l’acquisizioni di profitti e rendite. Se quest’ultima voce, grazie alle così dette  invocate riforme diventa talmente ipertrofica da divorare le altre categorie: cioè il settore pubblico che offre i servizi , il terzo settore, fino a minacciare la quota destinata alla remunerazione del lavoro, prima o poi il sistema crollerà. 

Non è difficile da capire, ma fino a che il gioco sarà in mano proprio a coloro i quali hanno come scopo l’acquisizione di profitti e rendite, nessuna controtendenza alla crisi potrà essere avviata. E il processo ahimè sarà irreversibile. Non sarebbe forse ora di ridare ossigeno al comprato ch è il vero motore dell’economia, cioè quello del lavoro?  Se i signori delle rendite e della speculazione finanziaria (i famosi rentier odiati perfino da Keynes)   strilleranno un po’ pazienza.   Non sarebbe certo una catastrofe se  il 10% della popolazione che possiede il 90% delle ricchezze mondiali stringesse un po’ la cinghia per allevare i morsi della macelleria sociale che essa stessa ha prodotto. Meglio qualche milione in meno di  profitti e qualche tonnellata di mortadella in più… O no?


L’ISIS si rafforza

Patrck Cockburn. fonte: Z.Net Italy

12 agosto 2014.


Mentre l’attenzione del mondo si focalizza sull’Ucraina e su Gaza, lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) ha preso un terzo della Siria oltre al quarto dell’Iraq di cui si era impadronito in giugno. Le frontiere del nuovo Califfato dichiarate dall’Isis il 29 giugno si stanno espandendo quotidianamente e ora coprono un’area più vasta della Gran Bretagna e abitata da almeno 6 milioni di persone, una popolazione più grande dei quella della Danimarca, della Finlandia o dell’Irlanda. In poche settimane di combattimento in Siria, l’Isis si è affermata come la forza dominante nell’opposizione siriana, avendo sbaragliato l’affiliato ufficiale di al-Qaida, Jabhat al-Nusra, nella provincia ricca di petrolio di Deir Ezzor e giustiziato il comandante locale mentre tentava di fuggire. Nella Siria del nord circa 5.000 combattenti dell’Isis stanno usando carri armati e artiglieria presa all’esercito iracheno a Mosul per assediare mezzo milione di Curdi nella loro enclave di Kobani sul confine turco. Nella Siria centrale, vicino a Palmira, l’Isis ha combattuto l’esercito siriano mentre invadeva la zona ricca di petrolio di al-Shaer, una delle più vaste del paese, con un assalto a sorpresa che ha lasciato sul terreno la cifra presunta di 300 morti tra soldati e civili. Ripetuti contrattacchi governativi infine hanno ripreso la zona, ma l’Isis controlla ancora la maggior parte della produzione siriana di petrolio gas. Forse il califfato è povero e isolato, ma i suoi pozzi di petrolio e il controllo delle strade di importanza cruciale forniscono un reddito continuo oltre al bottino di guerra.
La nascita del nuovo stato è il cambiamento più radicale alla geografia politica del medio oriente fin da quando è stato reso effettivo l’accordo di Sykes-Picot, subito dopo la prima Guerra Mondiale (1916). Tuttavia questa trasformazione esplosiva ha creato sorprendentemente scarso allarme a livello internazionale o anche tra coloro che in Iraq e in Siria non sono ancora sotto dominio dell’Isis. I politici e i diplomatici tendono a trattare l’Isis come se fosse un gruppo di Beduini assalitori che appare dal deserto in modo teatrale, ottiene vittorie spettacolari e poi si ritira nelle sue roccaforti lasciando lo status quo non molto cambiato. Uno scenario del genere è concepibile, ma sta diventando sempre meno probabile dato che l’Isis consolida la sua presa sulle sue nuove conquiste in una zona che potrebbe presto estendersi dall’Iran al Mediterraneo.
Proprio la velocità e la sua ascesa inaspettata hanno reso facile che i leader occidentali e regionali sperassero che la caduta dell’Isis e l’implosione del Califfato potessero essere ugualmente improvvise e veloci. Ma tutte le prove dimostrano che questa è una pia illusione e che la tendenza va nell’altra direzione, mentre gli oppositori dell’Isis diventano più deboli e meno capaci di resistenza: in Iraq l’esercito non mostra alcun segno di riprendersi dalle sue precedenti sconfitte e non è riuscito a lanciare un singolo contrattacco con esito positivo; in Siria gli altri gruppi di opposizione, compresi i combattenti agguerriti di al-Nusra e di Ahrar al-Sham sono demoralizzati e si stanno disintegrando dato che sono schiacciati tra l’Isis e il governo di Assad. Karen Koning Abuzayad, membro della Commissione di inchiesta dell’ONU in Siria, dice che un numero sempre maggiore di ribelli siriani stanno disertando per passare con l’Isis: ”Vedono che è meglio, dicono: questi tizi sono forti, vincono le battaglie, si impadroniscono di territori, hanno soldi, possono addestrarci.” E’ una brutta notizia per il governo che a malapena ha resistito a un assalto nel 2012 e nel 2013 da parte di ribelli meno bene addestrati, organizzati e armati dell’Isis; avrà reali difficoltà a fermare le forze del Califfato che avanzano verso occidente.
A Baghdad c’è stato turbamento e terrore il 10 giugno per la caduta della città di Mosul e perché la gente si è resa conto che i camion zeppi di uomini armati dell’Isis erano soltanto a un’ora di distanza. Ma invece di attaccare Baghdad, l’Isis ha preso la maggior parte di Anbar, cioè la vasta provincia sunnita che si estende nell’Iraq occidentale su entrambi i lati dell’Eufrate. A Baghdad, con la sua popolazione per lo più sunnita, di 7 milioni di persone, la gente sa che cosa aspettarsi se le forze dell’Isis sanguinarie e anti-Sciite si impadroniscono della città, ma prendono coraggio dal fatto che questa calamità non si è ancora verificata. ‘All’inizio eravamo spaventati dal disastro militare ma noi abitanti di Baghdad siamo stati abituati alle crisi degli scorsi 35 anni,’ ha detto una donna. Anche con l’Isis alle porte, i politici iracheni hanno continuato con i loro giochi politici mentre si muovono faticosamente verso la sostituzione del primo ministro Nouri al-Maliki, ormai screditato.
‘E’ veramente surreale,’ ha detto un ex ministro iracheno. ‘Quando ci si rivolge a qualsiasi leader politico a Baghdad, loro parlano come se non avessero appena perso metà del paese.’ I volontari erano andati al fronte dopo un decreto del grande ayatollah Ali al-Sistani, l’ecclesiastico sciita più influente dell’Iraq. Questi miliziani, però, stanno ritornando alle loro case, lamentandosi che erano mezzi morti di fame e costretti a usare le loro armi e a comprarsi le munizioni. L’unico contrattacco su vasta scala lanciato dall’esercito regolare e dalla milizia sciita raccolta di recente è stata una incursione disastrosa a Tikrit il 15 luglio in seguito a un agguato e a una sconfitta con perdite pesanti. Non c’è segno che la natura disfunzionale dell’esercito iracheno sia cambiata. ‘Usavano soltanto un elicottero in appoggio alle truppe a Tikrit,’ ha detto l’ex ministro, ‘quindi mi chiedo che cosa diavolo è accaduto ai 140 elicotteri che lo stato iracheno ha comprato in anni recenti?’
Probabilmente il denaro per i 139 elicotteri mancanti è stato semplicemente rubato. Ci sono altri stati totalmente corrotti nel mondo, ma pochi di questi hanno entrate di 100 miliardi di dollari all’anno da cui rubare. Il solo scopo di molti funzionari è stato per molto tempo quello di ottenere la più grande mazzetta possibile e non gli importava molto se i gruppi jihadisti facevano la stessa cosa. A Baghdad ho incontrato un uomo d’affari turco che mi ha detto che aveva ottenuto un grosso appalto edile a Mosul in anni recenti. L’emiro locale, o capo dell’Isis, allora nota come al-Qaida in Iraq, ha chiesto alla compagnia 500.000 dollari al mese come denaro per la protezione. ‘Mi sono lamentato ripetutamente riguardo a questo con il governo di Baghdad,’ ha detto l’uomo d’affari, ‘ma non facevano niente al riguardo, tranne dire che potevo aggiungere al prezzo del contratto il denaro che avevo pagato ad al-Qaida.’L’emiro è stato subito ucciso e il suo successore ha chiesto che il denaro per la protezione fosse aumentato di 1 milione di dollari al mese. L’uomo di affari si è rifiutato di pagare e uno dei suoi impiegati iracheni è stato ucciso: ha ritirato i suoi dipendenti turchi e le sue attrezzature per riportarle in Turchia. ‘In seguito ho ricevuto un messaggio da al-Qaida che diceva che il prezzo era sceso di nuovo a 500.000 dollari e che potevo tornare,’ mi ha detto. Questo è accaduto un po’ di tempo prima che l’Isis si impadronisse della città.
Davanti a questi fallimenti la maggioranza sciita in Iraq trae ora conforto da due convinzioni che, se fossero vere, significherebbero che la situazione attuale non è pericolosa come sembra. Sostengono che i Sunniti iracheni hanno fatto una rivolta e che i combattenti dell’Isis sono soltanto le truppe d’assalto o l’avanguardia di un’insurrezione provocata dalle politiche anti-sunnite e dalle azioni di Maliki. Una volta che verrà sostituito, come è quasi sicuro, Baghdad offrirà ai Sunniti un nuovo accordo di partecipazione al potere con un’autonomia regionale simile a quella goduta dai Curdi. Allora le truppe sunnite, gli ex ufficiali dell’esercito e i Baathisti che hanno permesso all’Isis di prendere in mano la situazione nell’insurrezione sunnita, si rivolteranno contro i loro feroci alleati. Malgrado tutti i segnali contrari, gli Sciiti a tutti i livelli ripongono la loro speranza in questo mito, cioè che l’Isis è debole e che può facilmente essere messa da parte dai Sunniti moderati dopo aver raggiunto i loro scopi. Uno Sciita mi ha detto: “Mi chiedo se l’Isis esista davvero.’
Sfortunatamente, l’Isis non soltanto esiste, ma è un’organizzazione efficiente e spietata che non ha nessuna intenzione di aspettare che i suoi alleati sunniti la tradiscano. A Mosul ha chiesto che tutti i combattenti dell’opposizione giurassero lealtà al Califfato o rinunciassero alle loro armi. Alla fine di giugno e all’inizio di luglio hanno arrestato tra 15 e 20 ex ufficiali dell’epoca di Saddam Hussein, compresi due generali. A dei gruppi che avevano appeso immagini di Saddam è stato detto di levarle o di affrontare le conseguenze. ‘Non sembra probabile,’ ha detto Aymenn al-Tamimi, un esperto di jihadisti, ‘che il resto dell’opposizione militare sunnita sarà in grado di ribellarsi con successo all’Isis. Se ci riusciranno, dovranno agire il più presto possibile prima che l’Isis diventi troppo forte. Fa notare che l’ala presumibilmente più moderata dell’opposizione sunnita non ha fatto nulla per impedire che i resti della antica comunità cristiana di Mosul venissero costretti a fuggire dopo che l’Isis ha detto loro che dovevano convertirsi all’Islam, pagare una tassa speciale o essere uccisi. I membri di altre sette e di altri gruppi etnici denunciati come Sciiti o politeisti vengono ora perseguitati, imprigionati e uccisi. Sta passando il momento in cui l’opposizione contro l’Isis poteva lanciare un sfida con successo.
Gli Sciiti iracheni offrono un’altra spiegazione del modo in cui il loro esercito si è disgregato: è stato pugnalato alle spalle dai Curdi. Cercando di gettar via la colpa da se stesso, Maliki sostiene che Erbil, la capitale curda, ‘è un quartier generale dell’Isis, dei baathisti, di al-Qaida e dei terroristi’. Molti Sciiti credono a questo: gli fa sentire che le loro forze di sicurezza (nominalmente 350.000 soldati e 650.000 poliziotti) hanno fallito perché sono stati traditi e non perché non avrebbero voluto combattere. Un iracheno mi ha detto che era a un iftar (il pasto serale) durante il Ramadan ‘con un centinaio di professionisti sciiti, per lo più dottori e ingegneri e tutti hanno dato per scontata la teoria della pugnalata alla schiena come spiegazione di ciò che era andato storto.’ Lo scontro con i Curdi è importante perché rende impossibile creare un fronte unito contro l’Isis. Il capo dei Curdi, Massoud Barzani, ha tratto vantaggio dalla fuga dell’esercito iracheno per impadronirsi di tutti i territori, compresa la città di Kirkuk, che sono state oggetto di disputa tra Curdi e Arabi fin dal 2003. Massoud ha ora una frontiera comune di 965 km. con il Califfato ed è un ovvio alleato per Baghdad dove i Curdi costituiscono parte del governo. Tentando di fare dei Curdi il capro espiatorio, Maliki si assicura che gli Sciiti non avranno alleati nel loro scontro con l’Isis se riprenderà l’attacco in direzione di Baghdad. L’Isis e i suoi alleati sunniti sono stati sorpresi da questa debolezza militare del governo di Baghdad. E’ improbabile che siano soddisfatti dell’autonomia regionale per le province sunnite e per una parte più grande di posti di lavoro e di entrate del petrolio. La loro insurrezione si è trasformata in una piena contro-rivoluzione che mira a riprendersi il potere su tutto l’Iraq.
Al momento Baghdad ha un’atmosfera fasulla di guerra, come Londra o Parigi alla fine del 1939 o all’inizio del 1940, e per ragioni analoghe. La gente aveva temuto una battaglia imminente per la capitale dopo la caduta di Mosul, ma non è ancora accaduto e gli ottimisti sperano che non accadrà affatto. La vita è più disagiata di come era di solito, non soltanto nel cuore della città. Tuttavia qualche forma di attacco militare, diretto o indiretto, probabilmente avverrà una volta che l’Isis abbia rinforzato la sua presa sul territorio che ha appena conquistato: considera le sue vittorie come se fossero ispirate divinamente . Crede nell’uccisione o nell’espulsione gli Sciiti invece che nei negoziati con loro, come ha dimostrato a Mosul. Alcuni leader sciiti possono calcolare che gli Stati Uniti o l’Iran interverranno sempre per salvare Baghdad, ma entrambe le potenze stanno dimostrando riluttanza a immergersi nel pantano iracheno in appoggio a un governo disfunzionale.
I capi sciiti iracheni non hanno affrontato il fatto che il loro dominio sullo stato iracheno, causato dalla deposizione di Saddam Hussein a opera degli Stati Uniti è finita ed è rimasta soltanto una superstite parte sciita del governo . E’ finita a causa della loro incompetenza e corruzione e perché l’insurrezione sciita in Siria nel 2011ha destabilizzato l’equilibrio tra le sette al potere in Iraq. Da tre anni la vittoria sunnita guidata dall’Isis in Iraq, minaccia di rompere lo stallo militare in Siria. Assad si è andato ritirando lentamente davanti un’opposizione che si indebolisce: a Damasco e nella sua periferia, tra le montagne Qalamoun lungo il confine libanese e a Homs, le forze di governo sono avanzate lentamente e sono vicine a circondare la grande enclave ribelle ad Aleppo. Però le truppe di combattimento di Assad sono visibilmente deboli nelle battaglie di terra, è necessario che evitano perdite pesanti e hanno soltanto la forza di combattere su un fronte alla volta. La tattica del governo è di devastare un distretto tenuto dai ribelli con il fuoco dell’artiglieria e ordigni esplosivi improvvisati lanciati dagli elicotteri, costringere la maggior parte della popolazione a fuggire, isolare quello che potrebbe ora essere un mare di rovine e sostanzialmente costringere i ribelli ad arrendersi. Ma l’arrivo di grandi numeri di combattenti dell’Isis ben armati e reduci da recenti successi, sarà una nuova e pericolosa sfida per Assad. In luglio hanno invaso due importanti guarnigioni dell’esercito siriano nell’est del paese. Una teoria su una cospirazione, molto gradita al resto dell’opposizione siriana, e ai diplomatici occidentali secondo cui l’Isis e Assad sono in combutta, è stato dimostrato che è falsa.
Forse l’Isis potrebbe avanzare su Aleppo piuttosto che su Baghdad; è un obiettivo più debole e meno probabile che provochi un intervento internazionale. Questo lascerà l’Occidente e i suoi alleati nella regione –Arabia Saudita. Qatar e Turchia – di fronte a un dilemma: la loro politica ufficiale è di liberarsi di Assad, ma l’Isis è ora la seconda più solida forza militare in Siria; se lui cade, l’Isis è in buona posizione per riempire il vuoto. Come i leader sciiti a Baghdad, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno reagito all’ascesa dell’Isis cominciando a fantasticare. Fanno finta di stare incoraggiando una ‘terza forza’ di ribelli siriano moderati a combattere sia Assad che l’Isis, sebbene, in privato, i diplomatici occidentali ammettano che questo gruppo in realtà non esiste al di fuori di poche zone assediate. Aymenn al-Tamini conferma che questa opposizione appoggiata dall’Occidente ‘sta diventando sempre più debole’; crede che rifornirli di altre armi non farà grande differenza. La Giordania, sotto pressione da parte degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita, si suppone che sia una rampa di lancio per questa impresa rischiosa, ma ha dei ripensamenti. ‘La Giordania è spaventata dall’Isis’, ha detto un funzionario giordano ad Amman. ’La maggior parte dei giordani vuole che Assad vinca la guerra.” Ha detto che la Giordania sta cedendo sotto la tensione di far fronte ai grandi numeri di rifugiati siriani, ‘l’equivalente di tutta la popolazione del Messico che si sposta in un anno negli Stati Uniti’.
I genitori adottivi dell’Isis e di altri movimenti jihadisti sunniti in Iraq e in Siria, sono le monarchie del Golfo e la Turchia. Questo non significa che i jihadisti non avessero forti radici indigene, ma la loro ascesa è stata appoggiata in modo determinante da potenze sunnite esterne. L’aiuto dei Sauditi e dei Qatarioti è stato principalmente finanziario, di solito fornito con donazioni private che Richard Dearlove, l’ex capo dell’ MI6, (Military Intelligence 6), l’agenzia di spionaggio britannica dice che sono state determinanti per la presa di controllo delle province sunnite nell’Iraq del Nord: ‘Queste cose non accadono spontaneamente.’ In un discorso a Londra in luglio, ha detto che la politica saudita verso i jihadisti ha due motivi contradditori: la paura dei jihadisti che operano in Arabia Saudita e il desiderio di usarli contro le potenze sciite all’estero. Ha detto che i Sauditi sono ‘profondamente attratti verso qualsiasi militanza che possa efficacemente sfidare l’ambito sciita’. E’ improbabile che la comunità sunnita irachena nel suo complesso si sarebbe allineata dietro all’Isis senza l’appoggio che l’Arabia Saudita ha dato direttamente o indirettamente a molti movimenti sunniti. Lo stesso è vero per la Siria, dove il principe Bandar bin Sultan, ex ambasciatore a Washington e capo dell’intelligence saudita dal 2012 al febbraio 2014, stava facendo tutto quello che poteva per appoggiare l’opposizione jihadista fino a quando è stato sollevato dal suo incarico. Timorosi di quello che avevano contribuito a creare, i Sauditi stanno ora virando nell’altra direzione, arrestando i volontari jihadisti invece che fare finta di non vederli quando vanno in Siria e in Iraq, ma forse è troppo tardi. I jihadisti sauditi amano poco la dinastia saudita. Il 23 luglio, l’Isis ha lanciato un attacco contro uno degli ultimi bastioni dell’esercito siriano nella provincia settentrionale di Raqqa. E iniziato con un attacco suicida con un’autobomba; la macchina era guidata da un saudita di nome Khatab al-Najdi che aveva messo sui finestrini della macchina le fotografie di tre donne detenute in prigioni saudite, una delle quali era Hila al-Ksasir, sua nipote.
Il ruolo della Turchia è stato diverso ma non meno significativo di quello dell’Arabia Saudita nell’aiutare l’Isis e altri gruppi jihadisti. La sua azione più importante è stata quella di tenere aperto il suo confine di 820 km con la Siria. Questo ha dato all’Isis ad al-Nusra e ad altri gruppi di opposizione una sicura base arretrata da cui far entrare uomini e armi. I punti di attraversamento del confine sono stati i luoghi più contestati durante la ‘guerra civile all’interno della guerra civile’ dei ribelli. La maggior parte dei jihadisti stranieri ha attraversato la Turchia sulla loro strada verso la Siria e l’Iraq. Cifre precise sono difficili da procurarsi, ma il Ministro degli Interni del Marocco ha detto di recente che 1122 jihadisti marocchini sono entrati in Siria, compresi 900 che ci sono andati nel 2013, 200 dei quali sono stati uccisi. La sicurezza irachena sospetta che i servizi segreti militari turchi possono essere stati pesantemente coinvolti nell’aiutare l’Isis quando si stava ricostruendo nel 2011. Rapporti dal confine turco dicono che l’Isis non è più gradita, ma con le armi prese all’esercito iracheno e la confisca delle aree ricche di petrolio e di gas in Siria, non hanno più così tanto bisogno di aiuto esterno.
Per l’America, la Gran Bretagna e le potenze occidentali, l’ascesa dell’Isis e del Califfato è il massimo disastro. Qualunque cosa intendessero con la loro invasione dell’Iraq nel 2003 e con i loro tentativi di liberarsi di Assad in Siria fin dal 2011, non è stato per vedere la creazione di uno stato jihadista che abbraccia l’Iraq e la Siria e gestito da un movimento cento volte più grande e molto meglio organizzato dell’al-Qaida di Osama bin Laden. La guerra al terrore per la quale sono state ridotte le libertà civili e sono stati spesi miliardi di dollari, è fallita miseramente. La convinzione che all’Isis interessino soltanto le lotte di ‘Musulmani contro Musulmani’ è un altro esempio di pia illusione: l’Isis ha dimostrato che combatterà contro chiunque non aderisce alla sua variante settaria, puritana e violenta dell’Islam. L’Isis è diversa da al-Qaida in quanto è un’organizzazione militare ben gestita che è molto attenta a scegliere i suoi obiettivi e al momento ottimale di attaccarli.
In molti a Baghdad sperano che gli eccessi dell’Isis – per esempio far saltare in aria le moschee che ritiene siano luoghi di culti diversi, come quella di Younis (Giona) a Mosul – alieneranno loro le simpatie dei Sunniti. Può darsi che a lungo termine succeda, ma opporsi all’Isis è molto pericoloso e, malgrado tutta la sua brutalità, ha portato la vittoria a una comunità sunnita sconfitta e perseguitata. Anche quei Sunniti di Mosul che non amano l’Isis, hanno paura del ritorno di un vendicativo governo iracheno dominato dagli Sciiti. Finora la reazione di Baghdad alla sua sconfitta è stata di bombardare a casaccio Mosul e Tikrit, lasciando la gente locale senza alcun dubbio circa la sua indifferenza al loro benessere o alla loro sopravvivenza. La paura non cambierà anche se Maliki verrà sostituito da un primo ministro più conciliatorio. Un Sunnita di Mosul, scrivendomi appena dopo che un missile lanciato dalle forze governative era esploso in città, mi ha detto: “’Le forze di Maliki hanno già distrutto l’Università di Tikrit. E’ diventata caos e macerie come tutta la città. Se Maliki ci raggiunge a Mosul, ucciderà le persone o le farà diventare profughi. Preghi per noi.’ Queste opinioni sono comuni, e rendono meno probabile che i Sunniti insorgano per opporsi all’Isis e al suo Califfato. E’ nato uno stato nuovo e terrificante.

giovedì 14 agosto 2014

Bonae feriae augusti

Luciano Granieri


Fra i reperti archeologici emersi a Frosinone nel sito delle terme romane di età imperiale, oggi sepolte sotto un palazzo e un parcheggio, è stata rinvenuta una tavoletta. Una pezzo di terracotta  in cui compariva una  sequenza di lettere formata da soli quattro caratteri, sormontati da alcuni segni. Al di sotto di questa strana sequenza si potevano rilevare una serie di frasi, come se fossero frammenti di un componimento poetico. In particolare i versi: “Si frater es vel si mater es  Vivus es, vivus es  Urbs prorumpit et permoti omnes  vivimus, vivimus  heu, heu, heu, heu, vivimus, vivimus  heu, heu, heu, heu, vivimus”, comparivano più volte. 


Dopo attenti ed approfonditi studi, si è arrivati alla conclusione che nella tavoletta era riportata una “notazione enchiriadic”.  Un sistema di annotazione  della musica di derivazione greca,  probabilmente adottata anche dai Romani dell’età imperiale. I quattro caratteri identificavano una serie di quattro toni successivi, mentre i segni sopra le lettere  indicavano la durata di ogni nota. Era evidente che ci si trovava di fronte forse all’unico esempio di spartito musicale della Roma imperiale. Il reperto è uno dei pochi ritrovamenti rimasti a Frosinone e non inviati alla sopraintendenza di Roma. 

A seguito di ricerche grazie e studi di esperti musicologi si è riuscita decifrare la melodia. Probabilmente era una gioiosa canzone  che accompagnava, nel mese di agosto,   riti collettivi, banchetti, bevute ed eccessi sessuali  organizzati per celebrare    l’imperatore Augusto. Riti  a cui tutti potevano partecipare, compresi schiavi e servi. Un evento, il ferragosto,  che si festeggia ancora oggi. 

Considerando  che Frosinone era per i Romani dell’età imperiale un luogo di svago, con le terme, il teatro, tutti insediamenti di cui ci rimangono poche tracce, è plausibile il rinvenimento di questo raro spartito relativo ad un canto di festa. La musica  è stata arrangiate ed eseguita . Ebbene siamo lieti ed orgogliosi di farvi ascoltare questa straordinaria testimonianza. Il brano il cui titolo probabilmente era “Vivimus” accompagna le immagini della recente visita  organizzata dal museo archeologico di Frosinone presso  siti della città nel cui sottosuolo giacciono sepolti e probabilmente irrimediabilmente danneggiati i luoghi di sollazzo dei Romani dell’età imperiale. Il teatro e le terme, fra le cui pietre nel periodo di agosto probabilmente  risuonavano le note di “Vivimus”


Buon ascolto e buon Ferragosto.







E’ una burla evidentemente. La tavoletta non esiste e il brano è Vivimus eseguito da Daniele Sepe e l’Ensemble Micrologus. Ascoltatelo e lo riconoscete immediatamente, magari non con le parole in latino.

JEHAD, SALEM E IL LAVORO NAZISTA

Samantha Comizzoli

La sveglia (per me) è stata alle 5,30. Appuntamento alle 6,30 per andare alla corte militare israeliana di Salem. C'è la prima udienza per Jehad. Non entrerò, ma mi basta accompagnare i famigliari che entreranno e mi basta pensare che sarò lì quando usciranno e saprò com'è andata.
Arriviamo a Salem, anzi no, quando la vedo ho un'altra visione: arriviamo alla porta dell'inferno.
Prima del primo cancello c'è un volkswagen con una tenda e un tavolo, lì vendono cibarie e bevande. Ad aspettare ci sono un centinaio di persone, fa già molto caldo a quell'ora. Alle 08,45 un soldato israeliano arriva al secondo cancello e inizia a chiamare chi aveva consegnato il documento d'identità e si era messo in lista per entrare. Ci saranno ben 15 minuti per poter entrare. Dopo non entra più nessuno. Quando passi il secondo cancello inizia un labirinto di gabbie e tornelli stile macello, ma molto più lungo e contorto. Sopra a tutto questa area c'è una torretta aperta con all'interno una soldatessa che non posso definire donna, nemmeno femmina(mi vengono solo parolacce). Dall'alto guarda il labirinto con tutti i Palestinesi (madri dei prigionieri compresi) ammassati dentro. Vanno verso la sala che li perquisirà. Passato tutto questo si va verso la corte.

Alt! Ho detto “corte”, ma è meglio specificare che stiamo parlando di: container israeliani costruiti illegalmente in Palestina dove con leggi militari israeliane verranno giudicati SOLO Palestinesi rapiti dai soldati in modo illegale e la maggior parte delle volte, senza accusa di reato.
I parenti di Jehad entrano e noi iniziamo ad aspettare, lì fuori.
Tutt'attorno alla zona c'è una “strada defence” dove le jeeps militari continuano a passare per ronde.
Lì fuori sono rimaste una sessantina di persone; non sono lì per udienze, ma perchè in questo posto orribile rilasciano anche i permessi di lavoro per il territorio israeliano.
Passano le ore e il caldo aumenta. Iniziano ad arrivare le telefonate di amici che chiedono aggiornamenti. Niente, non sappiamo nulla, siamo qui ed aspettiamo, una sigaretta dietro l'altra.
L'uomo delle bevande è fuori di testa, urla senza senso in continuazione. Non è il caldo, è quel posto e a stare lì davanti tutti i giorni che l'ha conciato così. Non c'è il bagno ovviamente...
Arriva mezzogiorno, abbiamo superato i 40° e non sappiamo ancora un cazzo. Chi attende il permesso per il lavoro è ancora lì; così gli chiedo “ma a che ora siete arrivati?”. Mi rispondono: “siamo qui da ieri sera, abbiamo dormito qui per terra”. Poi ci allungano uno dei materassi per poterci sedere un po' all'ombra......
Sono le 14,20 quando intravedo i parenti di Jehad nel labirinto/gabbie per uscire. Ci alziamo e corriamo verso di loro e vedendo le loro facce un po' mi si rallentano le gambe.
“Jehad non l'abbiamo visto, l'udienza per lui è domani e dobbiamo tornare domani”. Distrutti tutti.
La notizia che l'udienza era oggi era arrivata direttamente da una sua telefonata dalla prigione e la cosa aveva dapprima entusiasmato poi, ragionandoci sopra, ci siamo chiesti come avesse fatto a telefonare.......
Ok, israele usa questo tipo di torture: ti da il telefono, ti usa per capire chi ami (perchè poi ti ricatterà proprio su quelle persone) e ti da informazioni false da dargli.
Jehad è nella prigione di Megiddo, non può telefonare e nessuno (nemmeno l'avvocato) può avere notizie o fargli visita. E' in una cella d'isolamento dove subisce torture psicologiche del tipo: aria fredda e calda, luce di notte e di giorno, odori nauseabondi, menzogne varie, cibo avariato.
Quando si presenterà alla corte non avrà un segno sul corpo, ma sarà sotto tortura. Alcuni prigionieri al terzo giorno così iniziano ad urlare che non ce la fanno più....
Ora, sono riuscita a scattare due foto di questa porta dell'inferno. Ma, per onestà, vi chiedo: io non ho letto forse abbastanza sui campi di concentramento e sull'olocausto, quindi faccio fatica a definire tutto questo; forse chi sa più di me di Auschwitz e degli ebrei che entravano nei campi solo perchè ebrei, mi troverà una definizione adatta per le prigione israeliane dove entri perchè sei uomo Palestinese. Forse mi potrà definir meglio i 5000 prigionieri in mano ad israele (bambini compresi) e i duemila martiri Palestinesi (uccisi da israele).
Io ho negli occhi gli occhi di Jehad prima di entrare, quelle persone che dormiranno lì questa notte per il permesso di lavoro, tutti i martiri che ho visto fino ad ora, le facce dei parenti di Jehad, il vecchio impazzito che urla lì davanti, il labirinto di gabbie, le persone schiacciate e i porci sulle torrette che ridono. Se sei Palestinese, maschio e dai 15 anni in su ogni giorno potrebbe essere l'ultimo. Mi viene solo una definizione: questo è l'olocausto.

Domani si replica.

Acea Ato5 stai sbagliando tutto. A Ceccano non ci stanno

Ignazio Mazzoli. Fonte: http://www.unoetre.it/


In un pomeriggio di gran caldo, in un luogo pieno di zanzare, ben pochi si sarebbero aspettati di veder assieme, in un'assemblea di protesta, circa cinquanta cittadini di Ceccano per dichiarare la loro intenzione di volere respingere i soprusi dell'Acea ato5. Alle ore 18 come per incanto nella Villa comunale si materializza la presenza dei contestatori lì chiamati da Angelino Loffredi già sindaci di Ceccano alcuni anni addietro.
L'occasione è data dall'arrivo nelle case dei cittadini (di tutti i frusinati) della bolletta dell'acqua in scadenza il 18 agosto p.v. che contiene immotivate voci di conguaglio dall'anno 2006.
Subito nell'illustrazione di Loffredi viene indicata l'illegalità di chiedere conguaglio su periodi caduti in prescrizione perché sono stati superati i cinque anni, ma il punto che sembra stare più a cuore è come organizzare una protesta che non costringa i singoli a tutelarsi da soli, ma al contrario fare in modo che si sentano coinvolti in un'iniziativa di solidarietà.
Gli animi mortificati, da tanta proterva arroganza manifestata nelle bollette dell'acqua, non fanno fatica a esprimere insofferenza e indignazione. Dopo le prime semplici testimonianze di protesta si mette in evidenza una comune intesa sugli argomenti e sul come procedere.
Un altro ex sindaco di Ceccano, Giancarlo Savoni in carica negli anni '90, rende evidente che Acea Ato 5 è irrispettosa del contratto che la vincola ai comuni della provincia di Frosinone, almeno per due motivi principali: nel prendere in carico il patrimonio di opere idriche dei comuni avrebbe anche dovuto pagare i mutui annessi e invece non l'ha mai fatto ed hanno continuato a pagare i comuni come quello di Ceccano; il secondo è che non ha fatto gli investimenti previsti e le perdite di acqua ormai hanno raggiunto percentuali molto elevate con gravi danni economici e materiali a strade e altro.
Si avanzano altre proposte come quella di Francesco Giglietti di scorporare le somme non dovute pagando solo le spese di approvvigionamento idrico. Si discute molto su questo punto e la signora Kofler dichiara che occorre solo una "class action".
La rabbia ritorna con forza quando prende la parola il dottor Sodani che chiama in causa l'Acea Ato5 per gravi inadempienze: acqua non potabile nel centro storico, inutilizzabile anche per farsi la doccia se prima non la si fa scorrere a lungo e invita i suoi concittadini a imbottigliarla davanti a testimoni per poi consegnarla alle guardie municipali.
Una svolta l'assemblea l'ha vissuta con l'intervento di Aldo Antonetti sindaco fino a due mesi addietro di Giuliano di Roma. Ha ricordato che egli riuscì a far includere il suo comune nella rete di Acqua Latina e da quel momento non ha avuto più problemi, come quello di restare sempre senza acqua nel mese di agosto. Riprendendo la critica che già Loffredi aveva fatto alle assenze degli eletti alle istituzioni regionali e nazionali che erano stati invitati, ha indicato con grande decisione la responsabilità dei politici di questa provincia, in primo luogo dell'Assemblea dei sindaci e la sua incapacità di controllo e d'indirizzo. In ogni caso – ha detto - bisogna partire dal coinvolgimento del Commissario Straordinario della Provincia di Frosinone, Giuseppe Patrizi.
Subito, tuttavia, occorre fare opposizione alle bollette ricevute e non pagare somme non spettanti ad Acea Ato5. Angelino Loffredi ha messo a disposizione di tutti un fac-simile per fare contestazione secondo la legge e nel frattempo si lavora per mettere all'opera gli uffici legali delle associazioni dei consumatori. Quello della Federconsumatori coordinato dall'avvocata Sonia Merini già si è reso disponibile.
Un inizio di cammino è individuato e segnato: i cittadini vessati non saranno lasciati a se stessi.
Sempre più si fa forte l'insoffernza per il mancato rispetto dell'esito del referendum che ha confermato che l'acqua deve essera pubblica e gli esiti di questa privatizzazione assolutanente inefficiente ed ingorda lo sta a confermare.
Da qui sotto si può scaricare il modello per al contestazione ad Acea ASto 5 diffuso ieri durante l'assemblea di Ceccano

ACEA ATO5 QUESTIONI APERTE

Angelino Loffredi

Ancora una volta l’AceaAto5 occupa le pagine dei giornali facendo parlare abbondantemente di sé. Questa volta l’attenzione popolare è rivolta verso l’ennesima stan-gata che a giorni colpirà le tasche degli utenti, vittime incolpevoli del famigerato provvedimento commissariale del 27 dicembre 2013, firmato da Egidio Fedele Dell’Oste.
Che cosa prevede tale infausta deliberazione?.
- Il pagamento di un deposito cauzionale applicato secondo la tipologia dell’utenza e che per quello domestico è previsto per la somma di 38, 65 euro. La fatturazione di tale deposito avrà luogo ratealmente attraverso due bollette.
L’aspetto contraddittorio della disposizione, se leggiamo l’Informativa per gli u-tenti del 25 luglio 2014, riguarda l’esclusione dall’applicazione del deposito cauzionale degli utenti con domiciliazione bancaria e postale.
E’ naturale allora sollevare qualche interrogativo riguardante il motivo di tale scel-ta che appare discrezionale e prevaricatoria. Chiedo: se un utente, oggi, indica l’addebito bancario o postale arriva “ fuori tempo massimo”? E se la risposta è “ si”, perché?
- Il pagamento di partite pregresse, ovvero i conguagli relativi a periodi prece-denti. L’AceaAto5 li indica nel periodo compreso tra il 2006 e 2011 in modo da prevedere un’entrata complessiva di 75 milioni e 180 mila euro.
L’azienda privatizzata, quella che doveva rivoluzionare il sistema dei servizi of-frendoci efficienza e trasparenza, ora ci prova. Tenta, infatti, di farsi pagare il conguaglio partendo addirittura dal 2006. Vuole fare un ritorno al passato di ben otto anni.
Mi limito a chiedere “ E’ legittimo e giusto tutto questo”?
Vedo con soddisfazione che contro questi provvedimenti si sta manifestando mol-ta indignazione. Dopo la chiara e decisa presa di posizione della Federconsumatori registro prese di posizioni critiche di cittadini, altre associazioni, politici e uomini delle istituzioni. Tale contrarietà è positiva ma il probleaa Acea Ato5 non può ri-dursi solo ai due aspetti sopra indicati perché bisogna riprendere, far conoscere e approfondire altre questioni più importanti e decisive quali:
- La rottura di condutture riparate in ritardo dopo la perdita del flusso idrico che incide in termini di costo sulla tariffa. Sono gli utenti insomma a pagare l’incapacità manutentiva dell’azienda;
- gli impegni riguardanti gli investimenti in ogni singolo comune;
- il funzionamento dei depuratori.
E’ arrivata l’ora di guardare e intervenire sull’insieme dei problemi e di non di-sperderci solo nei particolari.

mercoledì 13 agosto 2014

L'Unione Europea boccia l'accordo di partenariato per i fondi SIE 2014-2020

Luciano Granieri


Che il procedimento di accesso ai fondi di investimenti europei SIE per il settennato 2014-2020, fosse profondamente cambiato ci è stato chiaro sin da subito.  Una qualità diversa della partecipazione dei partner  maggiormente inclusiva - tesa a  coinvolgere anche associazioni del volontariato, delle comunità locali -   una valenza  mirata e controllata dei progetti, nei quali fossero ben identificate le finalità e gli attori, sia nel campo realizzativo che di controllo,  erano aspetti estremamente rilevanti nella definizione dell’accordo di partenariato. 

Ma sin da subito, da  quando cioè è stata costituito il comitato L.I.P.  (Legge di iniziativa popolare) per la Valle del Sacco, che a pieno titolo ha chiesto, senza ottenerla,  la partecipazione  al  tavolo di partenariato per l’ottenimento dei fondi POR FESR (fondi europei di sviluppo regionale),  abbiamo intuito che le nuove direttive, erano ignote o ignorate dall’Amministrazione regionale e dagli altri partner ammessi al tavolo. 

Nel merito: nonostante ne avessero  i requisiti sia il Comitato L.I.P. Valle del Sacco, sia l’Osservatorio Peppino Impastato, in spregio del principio di inclusività,  non sono stati ammessi. Inoltre partecipando al  TAVOLO PROVINCIALE, organizzato dalla Regione il 5 giugno scorso,  un evento del tutto inutile in quanto non possedeva alcuna validità in termini di partecipazione all’ottenimento dei fondi, ci siamo resi conto che i piani presentati da altri portatori di interesse erano lontani dai requisiti richiesti dal nuovo corso europeo in termini di precise definizione degli obbiettivi, di pianificazione di un crono programma e dei relativi  processi di controllo. Visionando, poi,  i nomi degli attori ammessi al tavolo regionale molti dei quali, se non tutti, già  partecipanti al fallimentare programma relativo al settennato precedente, ci è venuto il fondato  sospetto che neanche un progetto di quelli proposti fosse consono alle nuove direttive. 

Il  progetto del comitato L.I.P.  - basato sulla presentazione di  una legge di iniziativa popolare per  la definizione di un sistema integrato per la Valle del Sacco concernente:  un piano di bonifica e di  risanamento ambientale della Valle, la   realizzazione di un modello di sviluppo orientato alla creazione di attività produttive dalle finalità ecosostenibili e di  progetti  integrati di riqualificazione (green work), il recupero delle attitudini agroalimentari del territorio  (green food),  la  promozione del turismo attraverso la valorizzazione del panorama artistico, culturale (green touring) ,  la formazione delle necessarie competenze per poter realizzare queste attività, con la creazione di nuovi posti di lavoro -  rientra pienamente nelle nuove linee dettate dall’Unione. 

Fino a ieri tutto quanto esposto era poco più che un sospetto  . Dalla fine di maggio , ma la notizia è apparsa solo ieri. Le nostre considerazioni sono state pienamente confermate da una lettera dell’Unione europea inviata al Governo. Nella missiva si boccia e respinge al mittente l’accordo di partenariato   che l’Italia ha inviato il 22 aprile scorso. E’ evidente come il tavolo di partenariato provinciale del 5 giugno fosse del tutto inutile considerato che   giochi erano stati fatti dal 22 aprile. 

Nelle 37 pagine e 249 contestazioni sono ribadite quelle mancanze, soprattutto in relazione ai FESR, da noi puntualmente segnalate.  In merito  alla selezione  dei partner l’Unione evidenzia come questi siano stati scelti con troppa superficialità e senza esplicitare i criteri di selezione. Nel  documento si precisa che manca un piano strategico chiaro, gestito da crono programmi specifici, esistono gravi problemi di governance.  E’ ancora insufficiente  l’identificazione  degli interventi strutturali necessari , andrebbero evitati regimi di aiuto “generalisti” e generici,  sostituiti con un sostegno mirato alle imprese legato allo sviluppo tecnologico . 

Il Fesr, (fondo europeo si sviluppo regionale, quello che ci interessa maggiormente) sostiene eventi culturali e turistici  che sono considerati a basso valore aggiunto e non  interventi che possano avere  un impatto  strutturale. Cioè meno sagre e più progetti  integrati di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio  culturale, e artistico. Di seguito riportiamo quattro punti del documento che ci sembrano molto significativi:

3   Per quanto concerne gli interventi per lo sviluppo rurale, le analisi e le relative strategie non possono limitarsi ad un semplice  differenziazione nord –sud. Inoltre per quanto riguarda la classificazione proposta delle zone rurali “gli indicatori” e ulteriori elementi conoscitivi relativi all’agricoltura e al settore alimentare impiegati nel processo di  riqualificazione devono ancora essere  identificati .

4 La Pubblica amministrazione deve produrre un’analisi  sulle competenze   e capacità che saranno sempre più necessarie in futuro in relazione ad esempio alla green economy o alle tecnologie di informazione e comunicazione (ITC)

5 La Pubblica Amministrazione deve  dimostrare che la sua analisi  generale del problema sia coerente con l’insieme delle valutazioni relative alle singole  strategie nazionali , come la strategia nazionale per l’energia , il piano d’azione nazionale per le rinnovabili, il piano regionale per l’energia (T04) il piano nazionale di adeguamento ai cambiamenti climatici (T05)  la strategia nazionale per la biodiversità (T06) Il piano nazionale per la logistica (T07).  Per le infrastrutture in settori come trasporti, tecnologie per l’informazione e la comunicazione (ITC), salute ed educazione. L’analisi deve includere una mappature dei bisogni a lungo termine in ordine alla giustificazione degli  eventuali interventi .

6 Le analisi della pubblica amministrazione deve  conformare tutti i "T0" al  potenziale del programma ETC ( di Cooperazione territoriale europea) e alle connessioni  con le strategie macro-regionali a cui l’Italia partecipa. Attualmente solo alcuni  riferimenti isolati sono inclusi  sotto il  T03 ( Competitività della Piccola e media impresa sviluppo agricolo marittimo e della pesca) T05 (Promozione della gestione dei rischi e dell’adattamento ai cambiamenti climatici) T08 (Promozione dell’occupazione sostenibile e di qualità e della mobilità dei lavoratori).

E’ bene ricordare  che senza l’accettazione da parte dell’Unione Europea dell’accordo di partenariato  i fondi  SIE non verranno erogati, si tratta di ben 41 miliardi, di cui 21 miliardi relativi ai fondi europei per lo sviluppo regionale. Al momento l’accordo non è approvato. Dovrà essere ripresentato a settembre e con le prescrizioni richieste, altrimenti getteremo al vento un’ingente quantità di denaro. Per quanto concerna il comitato L.I.P.  è imminente la presentazione della  legge d’iniziativa popolare, che alla luce di quanto emerso ad oggi sembra  l’unica proposta che recepisca le nuove linee guida europee.

Chi ci vive nella Repubblica del Bengodi?

Il presidente dell’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone Francesco Notarcola


In risposta alle osservazioni del Sindaco sul nostro comunicato relativo alla TARI


Premesso che nel confronto politico serio e civile è ineccepibile e corretto non abbandonarsi a valutazioni e giudizi personali con affermazioni generiche, improvvisate e infondate, l’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone in riferimento alle affermazioni del sindaco sull’imposta sui rifiuti Tari sottolinea quanto segue.
L’aumento del 17% rispetto al 2013 è certificato da autorevoli associazioni dei consumatori a livello nazionale e da testate giornalistiche accreditate come il primo giornale finanziario del nostro Paese, Il Sole 24 Ore.  Inoltre all’inizio del mandato l’amministrazione Ottaviani aveva l’obbligo di promuovere la raccolta differenziata con il contributo decisivo dell’associazionismo del capoluogo per abbattere i costi.
Rispetto all’accusa del simpatico amico sindaco di essere “predicatore dell’acqua gratis dentro le case”, si invita Ottaviani a rileggere il documento votato all’unanimità dal Consiglio comunale di Frosinone (presidente dott. Norberto Venturi e sindaco Michele Marini) che, dopo aver enunciato analiticamente tutte le responsabilità dell’Acea nella gestione del servizio idrico integrato, concludeva con la richiesta di rescissione del contratto. Si ricorda inoltre che un referendum popolare ha approvato con decine di milioni di voti il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. Sarebbe quanto mai opportuno che i sindaci si comportassero di conseguenza per rispettare la volontà popolare.
I cittadini di  Frosinone reclamano da tempo la fine della “Repubblica del Bengodi” , che nel capoluogo esiste solo per la speculazione edilizia, lo stupro del territorio e la distruzione di tesori enormi come i reperti archeologici.




Frosinone, 12 agosto 2014                                                                                                                     
Il presidente dell’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone
Francesco Notarcola

Il sindaco Ottaviani ci risponde in relazione alla questione della TARI

Osservatorio Peppino Impastato.

Di seguito pubblichiamo quanto ci risponde il sindaco in relazione al nostro COMUNICATO  del 9 agosto scorso in merito alla gestione dei rifiuti.


Sulla questione degli aumenti della Tari, in risposta a qualche associazione che aveva parlato di aumenti immotivati del tributo, interviene il Sindaco Nicola Ottaviani: “La Tari è un tributo che non è stato introdotto dai Comuni, ma dal Governo nazionale. Rispetto ad altri tributi, l’introito non genera alcun profitto per le casse comunali, ma è destinato integralmente alla compensazione a pareggio dei costi relativi alla raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. I dati diffusi da qualche associazione, secondo cui l’aumento sarebbe del 17%, sono assolutamente fantasiosi e demagogici, in quanto l’integrazione si differenzia da categoria a categoria, e l’adeguamento tariffario discende dal contratto attualmente in vigore, che è stato stipulato dalla precedente amministrazione. Conosciamo bene le posizioni marcatamente partigiane del simpatico amico Francesco Notarcola, che è lo stesso predicatore dell’acqua gratis dentro le case, della spesa gratis di estrazione no global e di ogni altra demagogia, sicuramente accattivante, ma scarsamente realizzabile nel nostro paese e forse anche nella Repubblica del Bengodi. Il nuovo bando sulla differenziata, promosso dall’amministrazione, prevede la raccolta con il sistema del porta a porta su tutto il territorio comunale, entrò i prossimi tre anni, con un abbattimento sensibile dei costi di conferimento in discarica, che produrrà l’effetto finale di un abbassamento delle tariffe in bolletta”.

Sulla questione interviene anche il consigliere del Pd Pizzutelli

«Mi lascia a dir poco perplesso la celerità con cui il sindaco si è apprestato a smentire le dichiarazioni dell’amico Notarcola su un cospicuo aumento della Tari.E mi stupisce ancora di più che abbia utilizzato aggettivi come fantasiose e demagogiche per commentarle, perché nelle affermazioni del presidente dell’Osservatorio Peppino Impastato non c’è proprio nulla che richiami la fantasia o la demagogia. La verità, carte alla mano, è solo una e non è di certo quella rivelata del primo cittadino: i frusinati pagheranno di Tari molto di più rispetto agli anni passati». Torna alla carica il consigliere comunale del Pd Angelo Pizzutelli, dopo aver già duramente criticato la scelta del governo cittadino di ridurre il numero delle rate da quattro e tre per il pagamento della tassa sui rifiuti.
«Da Ottaviani, che ha sempre sostenuto di avere un occhio di riguardo per il sociale – aggiunge l’esponente democratico – mi sarei aspettato un atteggiamento diverso. La crisi che da decenni ormai si sta abbattendo sulle famiglie italiane è reale e di difficilissima gestione. Ogni giorno non facciamo altro che ascoltare dai tg nazionali e locali di una contrazione dei consumi, di un calo del Pil. E cosa fa la nostra Amministrazione comunale, l’ente più vicino ai cittadini? Invece di andare incontro alle loro esigenze adotta provvedimenti che vanno nella direzione opposta solo per poter fare cassa. E lo dimostra anche il non aver accolto pochi mesi fa un emendamento sulla Tasi ch tutelava le fasce deboli reddituali. Ad accorgermene non sono stato soltanto io, ma anche Francesco Notarcola, da sempre dalla parte dei più deboli. A questo punto Ottaviani la smetta di fare dell’ironia e cominci a comportarsi come colui che ha sempre detto di essere: un amministratore attento ai bisogni della collettività. Riporti le rate da tre a quattro e riveda i costi del servizio di nettezza urbana, visto che si sta procedendo con il nuovo bando. Questo – conclude Pizzutelli – sarebbe già un buon punto di partenza».

martedì 12 agosto 2014

Elementi di archeologia visionaria.

Luciano Granieri



























Una visita fra l’archeologico, lo storico, l’urbanistico e il fantasioso quella che è stata organizzata sabato scorso, 9 agosto, dalle ricercatrici  Natascia  Zangrilli, Flavia Strano, Brunilse Mazzoleni,  impagabili vestali  del museo  archeologico di Frosinone. L’accostamento fra  il rigore della storia,  dell’archeologia, con la fantasia è quantomeno azzardato ma doveroso . Infatti  il volenteroso visitatore del  tour, doveva possedere notevoli doti immaginifiche. E’ irreale, ma di tutto quell’enorme patrimonio costituito da reperti archeologici che vanno dall’VIII secolo avanti Cristo, fino all’epoca repubblicana romana è rimasto poco o nulla. 

Delle terme romane, risalenti all’età imperiale,  ai posteri frusinati giunge il parcheggio, di una banca, una palazzaccio costruito negli anni ’60,   reso  ancora più orrendo da una recente  ristrutturazione, una zona incolta vicino alla Villa Comunale di Frosinone.  Ecco perché le sale , le strutture  dell’impianto,  le canalizzazioni che portavano l’acqua calda presso gli ambienti termali, sono rilevabili semplicemente da una piantina cartacea ricavata con pazienza da valenti studiosi,  e dalle doti di immaginazione del visitatore. 

Degli insediamenti  arcaici, protostorici ,  risalenti al III, IV secolo avanti Cristo, rimane un ex parcheggio, oggetto di un blitz urbanistico da parte della solita casta muratoriale frusinate,  allo scopo di costruire una lottizzazione di 35.000 metri cubi di cemento.  Blitz per ora fallito grazie all’intervento di poche associazioni e cittadini indignati. Anche  in questo caso  dalle buche che contenevano i pali portanti delle capanne protostoriche,  ancora in parte visibili, grazie ad uno sforzo di immaginazione, è possibile avere un quadro delle grandi civiltà del passato che sono cresciute nella nostra città. 

In realtà, al di là delle tracce dei manufatti  abitativi, nel corso degli scavi sono emersi anche altri reperti: olle e utensili di  epoca arcaica e protostorica venuti alla luce  in prossimità degli insediamenti rustici e di una piccola necropoli volsca,  monete risalenti all’epoca imperiale, ma anche repubblicana romana.  Logica vorrebbe che questi reperti, studiati e catalogati,  facessero bella mostra di se presso il museo archeologico di Frosinone. Ma come detto i cittadini del Capoluogo devono esercitare la fantasia.  La logica non fa parte di questa città. Per cui questo patrimonio risiede, o dovrebbe risiedere,  presso la sovrintendenza  ai beni archeologici  di  Roma, in attesa di essere analizzato. 

Praticamente, secondo l’opinione dei più, tutto questo beni di Dio è  interrato  negli scantinati dei palazzi dell’ ente.  Nonostante sia stata fatta richiesta, affinchè tali  tesori potessero tornare ai legittimi proprietari, cioè i cittadini di Frosinone,  nulla è ancora accaduto. L’obiezione principale riguarda il museo archeologico di Frosinone, luogo deputato all’esposizione dei reperti,  ritenuto troppo angusto , con   spazi espositivi insufficienti.  Inopinatamente , vedi la combinazione,  le istituzioni  cittadine ritengono ingiustificato un ampliamento della struttura, per mancanza di materiale da esporre. Siamo alla schizofrenia pura:  Non arriva il materiale archeologico perché non c’è spazio,  e non si recupera   spazio perché non c'è il materiale archeologico. In realtà, come da proposta  avanzata da  associazioni e studiosi, la possibilità di ampliare le strutture museali esiste. Basterebbe acquisire, quasi a costo zero,  parte di uno stabile vicino all’attuale sede.  Un suggerimento  per  ora ignorato. 

Mancano i fondi?  Sicuramente in regime di  riequilibrio finanziario  le risorse sono asfittiche. Sembra  però  che i soldi per lo stadio siano venuti fuori.  Vuoi mettere la valenza in termini elettorali di uno stadio di calcio rispetto all’espansione del museo? Inoltre, ma questo è un mio sospetto, rendendo agibile  il museo all’esposizione dei reperti rinvenuti nel sottosuolo della nostra città,  si sconfesserebbero tutte le truppe cammellate, gli sponsor politci, dei grandi costruttori frusinati i quali, per evitare che la “storia della civiltà" disturbi il manovratore  della speculazione immobiliare,  continuano a sminuire la portata dei ritrovamenti sostenendo che fino ad ora sono emersi solo cocci.  

E se ci si rendesse conto, entrando nel museo con tutti i ritrovamenti esposti , che i supposti cocci, non sono così farlocchi, ma anzi  esistono perfino oggetti funerari preziosi , ritrovati in scavi del 2005 coperti da una nuova orrenda struttura che circonda il distributore di benzina a Piazzale De Matthaeis?   Non sarebbero più giustificabili ulteriori sfregi urbanistici su aeree di interesse archeologico sostenendo l’irrilevanza del materiale presente nel sottosuolo . E  allora per non svegliare la  coscienza civile, dormiente nella nostra città,  è bene che i reperti restino a Roma. A dir la verità, non tutto resta a Roma.  Lo scambio non è univoco. Noi mandiamo tesori archeologici e fondi della nostra Asl per risanare la sanità della Capitale, da Roma veniamo ricambiati con la monnezza.  Uno scambio alla pari.