Sabato scorso 10 gennaio, “Quelli del parco al Matusa” si
sono ritrovati - dieci anno dopo la battaglia combattuta per sottrarre alla
bocca vorace della cementificazione l’area dello stadio Matusa di Frosinone- presso
l’auditorium Colapietro di Via Grappelli. Un evento organizzato per celebrare
un momento forse unico e irripetibile nella storia di Frosinone.
Dieci anni prima, il 9 e il 10
gennaio del 2005, infatti la cittadinanza veniva chiamata a decidere,
attraverso un referendum, sul tipo di destinazione urbana da conferire all’area dello stadio Matusa. In particolare
si chiedeva, a chi ogni giorno viveva e vive la città, di esprimersi sull’opportunità
di trasformare la zona in un grande parco vede pubblico. 8.000 persone
si espressero e 7.596 votarono per il
parco al Matusa, per un’ ampia zona
verde adiacente al fiume Cosa. Una posizione ideale per arricchire il tanto
desiderato parco da realizzare lungo gli argini del fiume.
Il referendum,
evidentemente, aveva semplicemente valore consuntivo e non raggiunse li quorum,
ma senza dubbio, la raccolta delle firme per indire la consultazione e lo
svolgimento della stessa segnarono un
momento di partecipazione straordinario, e forse
irripetibile, dei cittadini, ai quali fu consentito di esprimere la propria idea di città.
Il
fatto è ancora più straordinario se si pensa che a Frosinone, neanche i sindaci
decidono dell’urbanistica cittadina. Questa è solidamente in mano alla casta di
grandi muratori che di generazione in generazione, sin dal dopoguerra, si sono
impossessati degli spazi della città, traendone enormi profitti ai danni delle
vite delle persone, che oggi vivono e si muovono in un ambiente intasato dal
cemento e dall’inquinamento.
La longa manu di questo club esclusivo di
affaristi è arrivata perfino ad occultare un piano regolatore le cui modifiche
imposte dal Ministero del lavori pubblici, negli anni ’60, non erano consone al
pieno dispiegarsi del manto affaristico cementizio. Lo strapotere dei grandi
muratori è arrivato ad imporre un modello urbanistico fuori dalla realtà,
commisurato ad un numero di abitanti (120.000) impensabile per le dimensioni
della città. Infatti oggi nuovi quartieri fantasmi rendono Frosinone ipertrofica di cemento vuoto e privo di vita .
Lo stadio Matusa, da sempre nelle mire
delle grandi famiglie edili cittadine, è stato al centro di una estenuante trattativa,
le cui prime fasi portarono “Quelli del Parco Matusa” ad indire il Referendum.
L’allora giunta cittadina guidata dal sindaco Marzi , si accordò per regalare ai grandi costruttori l’area del Matusa in cambio dell’impegno di questi
a costruire a proprie spese il nuovo
stadio Casaleno.
Sulla zona ceduta in pasto alla speculazione
fondiario-finanziaria si sarebbe
riversata una colata di 115.000 metri cubi di cemento (case e centri
commerciali) a saturare in maniera
soffocante lo spazio vitale del quartiere Campo Sportivo. La trattativa,
proseguita anche con la giunta successiva del sindaco Marini, non si è
concretizzò , per le incontentabili aspirazioni degli imprenditori privati, i
quali non erano disposti a spendersi più
di tanto nella costruzione del nuovo impianto sportivo.
Ma la storia dello
stadio Matusa è infinita e oggi, con la giunta Ottaviani, si ripropone più letale
che mai. Infatti i nuovi accordi prevedono la totale calata di braghe del primo
cittadino. Il quale, a fronte di una riduzione della cubatura che andrebbe a
seppellire l’area del Matusa, toglie l’incombenza al suo burattinaio di costruire il nuovo stadio. L’arena dove i
Canarini dovranno sgambettare nei prossimi anni non graverà sui grandi costruttori privati ma sarà a totale carico dei cittadini
i quali si vedranno togliere servizi e aumentare tributi per pagare il nuovo
campo da gioco.
Eppure Ottaviani stesso, all’epoca del project financing
approntato da Marzi, si dichiarò contrario all’operazione. Oggi ne capiamo le
vere ragioni. All’attuale primo cittadino evidentemente, sarà sembrato un insulto chiedere ad un privato di
contribuire all’edificazione di un opera
pubblica in cambio di un’area su cui accumulare profitto e speculazione.
Dunque fra vecchie e
nuove speculazioni “Quelli del Parco al Matusa” continuano indefessi nella
propria battaglia in difesa di una città vivibile a misura di bambino, di donna
e di uomo. Contro c’è la lobby locale del cemento che manipola sindaci e
amministratori. Ma dall’incontro di sabato scorso è emersa ancora maggiore la
voglia di lottare anche in memoria di che non c’è più, come Dante D’Aguanno e
Luigi Di Santo, due protagonisti indiscussi di quella lotta. A loro infatti era
dedicato l’evento svoltosi il 10 gennaio. Ed è anche in loro nome che bisogna continuare
ad impegnarsi per difendere il diritto ad abitare in una città sana e vivibile.
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