Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 13 gennaio 2015

Riparte la lotta di "Quelli del Parco al Matusa".

Luciano Granieri


Sabato scorso 10 gennaio, “Quelli del parco al Matusa” si sono ritrovati - dieci anno dopo la battaglia combattuta per sottrarre alla bocca vorace della cementificazione l’area dello stadio Matusa di Frosinone- presso l’auditorium Colapietro di Via Grappelli. Un evento organizzato per celebrare un momento forse unico e irripetibile nella storia di Frosinone.  

Dieci anni prima, il  9 e il 10 gennaio del 2005, infatti la cittadinanza veniva chiamata a decidere, attraverso un referendum, sul tipo di destinazione urbana da conferire  all’area dello stadio Matusa. In particolare si chiedeva, a chi ogni giorno viveva e vive la città, di esprimersi sull’opportunità di trasformare   la zona in  un grande parco vede pubblico. 8.000 persone si espressero e 7.596 votarono  per il parco al Matusa, per un’ ampia  zona verde adiacente al fiume Cosa. Una posizione ideale per arricchire il tanto desiderato parco da realizzare lungo gli argini del fiume. 

Il referendum, evidentemente, aveva semplicemente valore consuntivo e non raggiunse li quorum, ma senza dubbio, la raccolta delle firme per indire la consultazione e lo svolgimento della stessa segnarono  un momento di partecipazione straordinario,   e forse irripetibile, dei cittadini, ai quali fu consentito  di esprimere la propria idea di città.

 Il fatto è ancora più straordinario se si pensa che a Frosinone, neanche i sindaci decidono dell’urbanistica cittadina. Questa è solidamente in mano alla casta di grandi muratori che di generazione in generazione, sin dal dopoguerra, si sono impossessati degli spazi della città, traendone enormi profitti ai danni delle vite delle persone, che oggi vivono e si muovono in un ambiente intasato dal cemento e dall’inquinamento. 

La longa manu di questo club esclusivo di affaristi è arrivata perfino ad occultare un piano regolatore le cui modifiche imposte dal Ministero del lavori pubblici, negli anni ’60, non erano consone al pieno dispiegarsi del manto affaristico cementizio. Lo strapotere dei grandi muratori è arrivato ad imporre un modello urbanistico fuori dalla realtà, commisurato ad un numero di abitanti (120.000) impensabile per le dimensioni della città. Infatti oggi nuovi quartieri fantasmi rendono Frosinone  ipertrofica di cemento vuoto e privo di vita . 

Lo stadio Matusa,  da sempre nelle mire delle grandi famiglie edili cittadine, è stato al centro di una estenuante trattativa, le cui prime fasi portarono “Quelli del Parco Matusa” ad indire il Referendum. L’allora giunta cittadina guidata dal sindaco Marzi , si accordò per regalare  ai grandi costruttori l’area del Matusa  in cambio dell’impegno  di questi a costruire a proprie spese  il nuovo stadio Casaleno. 

Sulla zona ceduta in pasto alla speculazione fondiario-finanziaria  si sarebbe riversata una colata di 115.000 metri cubi di cemento (case e centri commerciali)  a saturare in maniera soffocante  lo spazio vitale del quartiere Campo Sportivo. La trattativa, proseguita anche con la giunta successiva del sindaco Marini, non si è concretizzò , per le incontentabili aspirazioni degli imprenditori privati, i quali  non erano disposti a spendersi più di tanto nella costruzione del nuovo impianto sportivo. 

Ma la storia dello stadio Matusa è infinita e oggi, con la giunta Ottaviani, si ripropone più letale che mai. Infatti i nuovi accordi prevedono la totale calata di braghe del primo cittadino. Il quale, a fronte di una riduzione della cubatura che andrebbe a seppellire l’area del Matusa, toglie l’incombenza al suo burattinaio  di costruire il nuovo stadio. L’arena dove i Canarini dovranno sgambettare nei prossimi anni  non graverà sui grandi costruttori  privati ma sarà a totale carico dei cittadini i quali si vedranno togliere servizi e aumentare tributi per pagare il nuovo campo da gioco. 

Eppure Ottaviani stesso, all’epoca del project financing approntato da Marzi, si dichiarò contrario all’operazione. Oggi ne capiamo le vere ragioni. All’attuale primo cittadino evidentemente, sarà  sembrato un insulto chiedere ad un privato di contribuire all’edificazione  di un opera pubblica in cambio di un’area su cui accumulare  profitto e speculazione. 

Dunque fra vecchie e nuove speculazioni “Quelli del Parco al Matusa” continuano indefessi nella propria battaglia in difesa di una città vivibile a misura di bambino, di donna e di uomo. Contro c’è la lobby locale del cemento che manipola sindaci e amministratori. Ma dall’incontro di sabato scorso è emersa ancora maggiore la voglia di lottare anche in memoria di che non c’è più, come Dante D’Aguanno e Luigi Di Santo, due protagonisti indiscussi di quella lotta. A loro infatti era dedicato l’evento svoltosi il 10 gennaio. Ed è anche in loro nome che bisogna continuare ad impegnarsi per difendere il diritto ad abitare in  una città sana e vivibile.




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