sabato 11 aprile 2015

Ma noi l'avevamo detto.

Il Coordinamento provinciale della sanità
.
Abbiamo letto   attentamente e valutato positivamente quanto riportato nel  COMUNICATO congiunto delle  sette sigle sindacali del 10.04.15 in merito allo sfascio sanitario della nostra provincia.
 L’evolversi degli avvenimenti, delle decisioni e delle posizioni assunte dalle forze politiche, istituzionali e sindacali,  da luglio dello scorso anno fino ad oggi,  impongono a tutti un’opportuna  riflessione profonda e scrupolosa.
Il Coordinamento è  stato lungimirante, sin dai primi confronti messi in atto dal luglio 2014,  nel prevedere le conseguenze disastrose e la deriva cui era condannata la sanità provinciale alla luce dell’atteggiamento iniziale della nuova dirigenza aziendale e delle linee guida del DCA 368/14.
In seguito all’azione insistente e caparbia del Coordinamento,  con un susseguirsi  di  iniziative ed eventi  che hanno visto la partecipazione di migliaia di cittadini , c’è stata una progressiva maturazione e una presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica prima, e degli altri soggetti sociali poi.  
Aperto il solco, perseguendo le giuste convinzioni senza mai tentennare, si è riusciti a coagulare un quadro di forze (sindaci, partiti e sindacati), sulle iniziali posizioni del  Coordinamento provinciale della sanità.
  Purtroppo, però,  in modo  tardivo e a giochi fatti. Il non aver raccolto, da subito, l’appello del Coordinamento ad agire uniti,  non ci ha permesso  di andare a un confronto proficuo, vero e onesto  con la Regione Lazio.  
Il Coordinamento ha espresso soddisfazione quando i partiti hanno firmato il comunicato, quando i sindaci hanno riveduto le posizioni, ed ora che i sindacati hanno criticato l’atto.  Tutti oggi riconoscono la realtà drammatica della sanità provinciale e le sofferenze quotidiane che provoca. E’ urgente proseguire  uniti per arrestare il declino. Fermarsi sarebbe delittuoso.
 Se il comunicato delle sette sigle sindacali è l’espressione della volontà di cambiamento  e non è un mero atto  formale, ci sono le condizioni per concretizzare una progettualità condivisa che possa portare a un totale riassetto di efficienza e qualità della gestione sanitaria in questa provincia.
Il Coordinamento continuerà a lavorare per costruire un largo e forte movimento unitario per realizzare  una sanità moderna  e per aprire, al nostro territorio,  una prospettiva di rilancio e di sviluppo  economico ed occupazionale.

Frosinone 11 aprile 2015 

Piano energetico regionale. I sindaci non verranno consultati.

Anita Mancini

IL PIANO ENERGETICO REGIONALE di ZINGARETTI. 


SORPRESA!

I SINDACI NON SONO TRA GLI STAKEHOLDERS. Ci sono solo le Province ( a che pro, ci chiediamo) 
e ROMA CAPITALE.

Nella bozza l'elenco degli stakeholders: 
Stakeholders "che potranno essere coinvolti nelle consultazioni" per la stesura final del piano. 
c'è ITABIA (ITAlian BIomass Association) ma non ci sono i comuni, che quindi non potranno esprimere il proprio parere. 
Non avrebbe più diritto un sindaco di un comune, ad essere consultato, rispetto, per esempio, ad ASCOMAC (associazione commercio macchine)?!
Pare proprio che la Regione non la pensi così.

Questo significa che se QUALCUNO decide che sul TERRITORIO di QUALCUN ALTRO deve sorgere, per esempio, un MEGA IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO i comuni non potranno protestare? Ma allora...
Ecco l'elenco degli stakeholders.
Enti Territoriali: 
Roma Capitale
Provincia di Roma
Provincia di Viterbo
Provincia di Rieti
Provincia di Frosinone
Provincia di Latina
Gestori/erogatori di servizi di interesse economico generale:
Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.A
TERNA S.p.A.
ENEL S.p.A.
Enel Green Power S.p.A.
ENI S.p.A.
Sorgenia S.p.A.
ACEA S.p.A.
ACEA Electrabel S.p.A.
Tirreno Power S.p.A.
BG Italia Power S.p.A.
AMA
RTR Rete Rinnovabile
Gdf-Suez Italia S.p.A.
Snam S.p.A.
Università ed Enti di Ricerca:
ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico
sostenibile
CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche
Università degli Studi di Roma Sapienza
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Università degli Studi Roma Tre
Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Università degli Studi della Tuscia
INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Agenzie per l’energia nella Regione Lazio:
ROMA ENERGIA - Agenzia per l'Energia e lo Sviluppo Sostenibile del Comune di Roma
A.P.E.F. scarl - Agenzia Provinciale per l'Energia Frosinone
E.S.Co. Provinciale "TUSCIA" S.p.A
Agenzia di gestione dell'energia di Latina (L.E.M.A.)
59
Associazioni di categoria:
ANCI Lazio - Associazione Nazionale Comuni Italiani
UPI Unione Provincie Italiane
FEDERLAZIO - Associazione delle Piccole e Medie Imprese del Lazio
ANCE Lazio UNCEL - Unione Regionale dei Costruttori
UNIONCAMERE Lazio
CCIAA di ROMA
CCIAA di LATINA
CCIAA di RIETI
CCIAA di FROSINONE
CCIAA di VITERBO
CONFARTIGIANATO IMPRESE LAZIO
UNINDUSTRIA - Unione degli Industriali e delle imprese Roma, Frosinone, Latina, Rieti,
Viterbo
COLDIRETTI Lazio - Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti
CONFAGRICOLTURA Lazio - Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana
Associazioni di categoria dei settore energia ed efficienza energetica:
AES - Azione Energia Solare
AGROENERGIA
AIEL - Associazione Italiana Energie Agroforestali
ANEST - Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica
ANEV - Associazione Nazionale Energia dal Vento
ANIE-GIFI - Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane
ASSOGAS - Associazione Nazionale Industriali Privati Gas e Servizi Energetici
ANTER - Associazione Nazionale Tutela Energie Rinnovabili
ASCOMAC (Federazione Nazionale Commercio Macchine) – COGENA (Associazione Italiana
per la Promozione della Cogenerazione)
ASSIEME – Associazione Italiana Energia Mini Eolico
ASSO ENERGIE FUTURE
ASSOELETTRICA - Associazione Nazionale delle Imprese Elettriche
ASSOLTERM - Associazione Italiana Solare Termico
ASSORINNOVABILI - Associazione italiana dei produttori, dell’industria e dei servizi per le
energie rinnovabili (fusione ex ASSOSOLARE e APER)
ATER - Associazione Tecnici Energie Rinnovabili
CIB – Consorzio Italiano Biogas
COMITATO IFI – Industrie Fotovoltaiche Italiane
CPEM - Consorzio dei Produttori di Energia da Minieolico
FEDERPERN - Federazione Produttori Idroelettrici
FederEsco - (Federazione Nazionale delle Esco)
FIRE - Federazione Italiana per l'uso Razionale dell'Energia
FIPER - Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili
EUROSOLAR ITALIA
60
Stakeholders regionali energivori:
Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (RFI, Grandistazioni, ecc.)
ADR Aeroporti di Roma S.p.A.
Consorzi per lo sviluppo industriale del Lazio (Csi Frosinone, Csi Rieti, Csi Roma-Latina, Csi
Sud Pontino, Cosilam – Lazio Meridionale)
Autorità Portuale di Civitavecchia Fiumicino Gaeta
Grandi Aziende ospedaliere (Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Azienda Ospedaliera
San Camillo-Forlanini, Policlinico Agostino Gemelli ecc.)
Ordini e collegi professionali:
Ordini professionali di ingegneri, architetti, geologi, agronomi-forestali del Lazio
Organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica:
ISES ITALIA- International Solar Energy Society
ITABIA - Italian Biomass Association
KYOTO CLUB
GIGA - Gruppo Informale per la Geotermia e l'Ambiente
LEGAMBIENTE Lazio
WWF Lazio
Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative:
CISL Lazio - Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori
CGIL Lazio - Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori
UIL Lazio - Unione Italiana del Lavoro
UGL Lazio - Unione Generale del Lavoro
CISAL Lazio - Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori
CONFAIL - Confederazione Autonoma Italiana del Lavoro
CONFSAL - Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi del Lavoratori
USB Lazio - Unione Sindacale di Base

venerdì 10 aprile 2015

Bella Ciao, la nostra odissea a viale Mazzini

La mattanza del Luglio 2001 a Genova , rimane come un fantasma malefico che ogni tanto riemerge dal passato a disturbare i manovratori di turno. Se fosse per loro( i manovratori)  quei fatti potrebbero cadere nell'oblio. La rassegna dell' "a volte ritornano" ha aggiunto al suo attivo una nuova puntata, questa volta messa in onda dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, che accogliendo il ricorso di Andrea Cestaro, vittima e testimone dei pestaggi alla Diaz ha decretato che la legislazione italiana è" inadeguata rispetto agli atti di tortura ". Cioè le forze dell'ordine all'interno della scuola Diaz, per le normative in vigore negli altri Stati Europei commisero atti di tortura  , ma il reato in Italia non esiste. E rischia tutt'ora, anche in applicazione della legge approvata nottetempo alla Camera, di non esistere. Infatti nel testo arraffazzonato che dovrà  passare all'esame del   Senato, per essere considerate tortura le violenze devono essere provocate a persone private dalla libertà personale e sotto custodia delle forze dell'ordine. Le  vittime delle torture della Diaz non erano private della libertà personale e non erano sotto custodia delle forze dell'ordine. Una deliberazione ben lontana da quanto ci chiede Strasburgo. In realtà l'introduzione del reato di tortura è una brutta tegola per il governo in periodo in cui, le ultime leggi approvate in materia economica  e la dittatura del capitale finanziario imperante in Italia come nel mondo globalizzato, tendono a fomentare le rivolte sociali che vanno in ogni modo represse. La vocazione negazionista  che ha investito i drammatici fatti del G8 a Genova è testimoniata anche dall'ostracismo che il documentario redatto per la Rai da Giusti, Freccero e Torelli, dal titolo "Bella Ciao" ha avuto per essere trasmesso. Di seguito riportiamo la storia i questa documentazione negata tratta da un articolo pubblicato su "il manifesto" da Marco Giusti, e postiamo l'intero documentario "Bella Ciao" ovviamente diviso per puntate, format imposto dal nostro account  Youtube.

Luciano Granieri


Giusti, Freccero e Torelli sono gli unici in Rai ad aver girato in tempo reale un documentario completo sulle giornate, gli scontri e le torture del G8 di Genova nel 2001. Da quell'iniziativa nacque un film, proiettato solo a Cannes nel 2001 e a Fuori Orario nel 2006. La Rai, che l'ha realizzato e prodotto, non l'ha mai voluto trasmettere in un canale generalista. Troppo forti quelle immagini. Immagini vere.
. La penso come Carlo Frec­cero. Sarebbe giu­sto che Rai Uno tra­smet­tesse in prima serata Bella Ciao, il docu­men­ta­rio sul G8 di Genova che rea­liz­zammo io, Roberto Torelli e Carlo Frec­cero, allora diret­tore di Rai Due, e che da allora non è mai stato tra­smesso da una rete gene­ra­li­sta. Né, mal­grado le tante richie­ste, dopo la pro­ie­zione a Can­nes nel 2002 nel più totale disin­te­resse aziendale ma nella luce fin troppo cla­mo­rosa dei media inter­na­zio­nali, venne mai mostrato a altri festi­val, ras­se­gne, né ebbe dif­fu­sione come film.
Sarebbe giu­sto sia per cosa rac­conta, sia per come lo rac­conta, rap­pre­sen­tando anche i sen­ti­menti che pro­va­vamo quin­dici anni fa, sia per una sorta di risar­ci­mento morale per i tanti che ci lavorarono, mera­vi­gliosi ope­ra­tori e tec­nici della Rai che ci det­tero le imma­gini da loro riprese che nes­suno prima di noi aveva voluto tra­smet­tere, e i tanti video maker indi­pen­denti che ci pas­sa­rono le loro riprese per rico­struire una sto­ria ter­ri­bile di vio­lenza e repres­sione che ha segnato per sem­pre gli anni che seguirono.
Bella Ciao fu il primo film a raccontare senza censure i fatti di Genova
Bella Ciao fu il primo film a rac­con­tare senza cen­sure i fatti di Genova e ne rap­pre­senta ancora, assieme a Diaz di Daniele Vicari, la docu­men­ta­zione sto­rica più completa.
E’ una sto­ria com­plessa. Nell’estate del 2001, con il ritorno di Ber­lu­sconi, ma in una Rai ancora in mano al cen­tro­si­ni­stra, Zac­ca­ria pre­si­dente e Cap­pon diret­tore gene­rale, sotto la dire­zione di Carlo Frec­cero a Rai Due, stavo rea­liz­zando la seconda serie di “Stra­cult”. Uno dei regi­sti del pro­gramma, Roberto Torelli, mi aveva chie­sto di seguire il Social Forum che si sarebbe svolto a Genova nei giorni del G8, visto che ave­vamo deciso di dedi­care una pun­tata al movi­mento no-global. Roberto avrebbe seguito anche le tre gior­nate del G8, pronto a ripren­dere quello che poteva ser­vire non solo alla nostra tra­smis­sione. Ave­vamo pen­sato, con Frec­cero, che era meglio avere una tele­ca­mera in più. Ma certo non dove­vamo essere noi a fare informazione.
Non si sa per­ché nes­suno del gruppo di San­toro, allora a Rai Due, ma in quei giorni in vacanza, e nes­sun altro da Rai Uno o Rai Tre, tiggì esclusi, avesse voluto seguire il G8 e il Social Forum, mal­grado i ripe­tuti avver­ti­menti di un pos­si­bile scop­pio di vio­lenza e la vici­nanza con i fatti di Napoli.
Così, a due giorni dalla fine del G8, nello stu­pore gene­rale, men­tre San­toro tra­smet­teva uno spe­ciale sul sushi, era­vamo i soli a poter andare in onda, come “Stra­cult”, delle riprese asso­lu­ta­mente ine­dite su Genova, che mostra­vano quello che era acca­duto fuori dalla Diaz e gran parte degli scon­tri. Facendo capire, magari, che ave­vamo qual­cosa in più di quel che real­mente avevamo.
Il pro­gramma, inti­to­lato Bella Ciao, doveva andare in onda mer­co­ledì 25 luglio, ma venne immedia­ta­mente sospeso.
Il motivo uffi­ciale, allora, era la man­canza di equi­li­brio poli­tico. Man­cava la con­tro­parte. Una cosa buona, però, quel 25 luglio era acca­duta. IlTg1, col ritorno dalle vacanze di Albino Lon­ghi, aveva deciso infatti di man­dare in onda nell’edizione delle 20 riprese mai viste degli scon­tri a Corso Europa rela­tive a sabato 21. Imma­gini senza com­mento, for­tis­sime, di una vio­lenza che nes­suno sospet­tava si fosse sca­te­nata da parte della poli­zia e della guar­dia di finanza. Imma­gini che arrivavano però con 5 giorni di ritardo, girate dagli ope­ra­tori della Rai per i Tg. E arri­va­vano lo stesso giorno (un caso?) della nostra “sospensione”.
Perché non le avevano mandate in onda prima?
Intanto, Bella Ciao, non era stato can­cel­lato. Così deci­demmo di andare avanti con il pro­gramma. La vera rivo­lu­zione a Genova era stata media­tica, decine e decine di tele­ca­mere, di ope­ra­tori esperti e di ragazzi alle prime armi. Era pos­si­bile rico­struire ogni scon­tro, ogni azione. Il mate­riale più forte, però, veniva pro­prio dagli ope­ra­tori della sede Rai di Genova, e ce lo det­tero subito.
Molti pen­sa­vano che la Rai avesse in qual­che modo bucato Genova, ma non era vero. Ma c’era anche mol­tis­simo mate­riale, ine­dito, che ini­ziava a uscire dalle pic­cole società indi­pen­denti pre­senti a Genova, Charta, Indy­me­dia, Radio Sher­wood. Roberto Torelli aveva lavo­rato tutta l’estate a que­sta rico­stru­zione. Io avevo cer­cato di dare al tutto una forma, un mon­tag­gio, diciamo qual­cosa di cine­ma­to­gra­fico. Carlo Frec­cero ci aveva dato l’idea buona per ini­ziare: l’attacco alla Diaz, da lì sarebbe par­tito il rac­conto delle gior­nate come un lungo fla­sh­back. E ci aveva illu­mi­nato sul commento sonoro. Nes­suna voce off, nes­suna inter­vi­sta, solo le voci e i rumori veri della strada e una colonna sonora di can­zoni rock scelte da una ragaz­zina, mia figlia Elena, che aveva allora quat­tor­dici anni e aveva appena finito la quarta gin­na­sio (oggi ne ha ven­totto e inse­gna Latino a Cam­bridge). I Blonde Red­head, gli Inter­na­tio­nal Noise Con­spi­racy, i Kent, i Tool, i Blur. Quello che sen­ti­vano i ragazzi. La musica fun­zio­nava per rico­struire l’energia gio­va­nile che si deve essere sen­tita a Genova.
Così, alla fine di ago­sto, era­vamo pronti alla messa in onda, o a pre­sen­tarlo a un festi­val impor­tante come Vene­zia. Chia­mai l’allora diret­tore della Mostra, Alberto Bar­bera, un mio caro amico. Senza nean­che vederlo, mi disse che lui e l’allora pre­si­dente Baratta (gli stessi che ci sono oggi), per motivi diversi ave­vano deciso di non pre­sen­tare nes­suna imma­gine di Genova a Vene­zia, né nostra né della pat­tu­glia dei cinea­sti ita­liani capi­ta­nata da Citto Maselli, che fece poi un film delu­dente sul G8 e sul Social Forum, esclu­dendo quasi del tutto gli scontri.
Per­ché? Paura, pres­sioni, una distanza un po’ moret­ti­stica dai tele­vi­sivi, un ten­ta­tivo di non accet­tare pro­vo­ca­zioni di alcun tipo? Boh!
Intanto cer­chiamo di man­dare in onda “Bella ciao” a metà set­tem­bre, quando i ragazzi sono tor­nati a scuola. Ma dopo l’11 set­tem­bre i fatti di Genova erano diven­tati impre­sen­ta­bili in tv. O, forse, la nuova situa­zione poli­tica non per­met­teva que­sta messa in onda.
A novem­bre, gra­zie a Steve Della Casa, allora diret­tore del Festi­val di Torino, si mostrò per la prima volta Bella Ciao in una ver­sione lunga in video, alla pre­senza di Heidi e Giu­liano Giu­liani. Due pro­ie­zioni stra­piene, di grande inten­sità emotiva.
Intanto, con il cam­bio di dire­zione alla Rai, Saccà al posto di Cap­pon, ogni spe­ranza di man­dare in onda Bella ciao era andato per­duto, e Frec­cero era sicuro di andar­sene da Rai 2 entro la primavera.
L’ultima possibilità era Cannes.
Con l’aiuto di Ita­lia Cinema, man­diamo un video ai sele­zio­na­tori. A Can­nes non accet­ta­vano video, pro­grammi tv, ma se Bella ciao fosse stato tra­sfor­mato un film in 35 mm, la cosa sarebbe stata possi­bile. Dob­biamo però saperlo in tempo per orga­niz­zare la stampa, che ha un costo. E dob­biamo farlo stam­pare prima che Carlo Frec­cero lasci la rete. Claire Clou­zot, allora respon­sa­bile de “La Semaine de la Cri­ti­que” a Can­nes ci chiama e ci dice che il film aprirà la sua sezione. Gra­zie al suo fax, con l’aiuto di Fre­de­rick Fasano, rie­sco a far stam­pare una copia del film e la vedo il giorno prima dell’addio di Carlo alla dire­zione di Rai Due.
E’ uno stra­zio, ma il film è pronto. Tutto rego­lare, azien­dal­mente. Bella Ciao può andare a Can­nes, uffi­cial­mente distri­buito da Rai Trade e pro­dotto da Rai Due. Se Rai Cinema, ovvio, non si offre di distri­buirlo in sala, lo fa Dome­nico Pro­cacci della Fan­dango. Non ce la farà, per­ché trova in Rai un muro di cavilli che ne impe­di­scono la dif­fu­sione e la ven­dita, ma almeno lo pre­sen­terà in ante­prima al Poli­tec­nico. E da quel suo impe­gno, magari, nascerà poi il pro­getto di Diaz.
Il film viene pre­sen­tato a Can­nes nell’edizione del 2002 con grande rumore. Prime pagine sui gior­nali (ricordo l’Aspesi su Repub­blica), fischi a Sgarbi, pre­sente in sala, che rim­pro­vera al film di essere di parte (“non si sen­tono i geno­vesi…”). L’intero staff di Rai Cinema, che pre­sen­tava lìL’ora di reli­gione di Bel­loc­chio, ci evita accu­ra­ta­mente. E un po’ anche il cinema ita­liano impe­gnato che, Pro­cacci a parte, non vede di buon occhio il fatto che dei tele­vi­sivi fac­ciano un film e lo por­tino a Cannes.
Guai a far della poli­tica, per carità. Inol­tre, allora, un docu­men­ta­rio non aveva ancora il diritto di essere visto in un festi­val. Ci chie­dono in tanti di distri­buire il film all’estero, di pre­sen­tarlo in altri festi­val. Ma il per­messo ci viene sem­pre negato.
Dopo la Fan­dango anche la Teo­dora vuole distri­buire il film. Ma la rispo­sta è sem­pre no.
Bella Ciao è un film sco­modo su una sto­ria ancora più sco­moda, con imma­gini che non devono essere viste, ma che in mille modi si vedranno e cir­co­le­ranno in rete o in mille altre proiezioni.
Ma le tre reti gene­ra­li­ste della Rai non lo man­de­ranno mai in onda come doveva andare.
Finirà alle tre e mezza di notte su Rai 3 il 29 luglio del 2006 con una pre­sen­ta­zione poco sim­pa­tica di Ghezzi. Poi San­toro, ritor­nato in Rai, deci­derà di usarlo a pezzi den­tro una pun­tata di “Anno Zero” dedi­cata a Genova.
Infine Carlo Frec­cero, diven­tato pre­si­dente di Rai Sat lo man­derà in onda su Rai Sat Movie nel luglio del 2008.
Non era quello che volevamo.
Bella Ciao avrebbe dovuto essere un motivo d’orgoglio per la Rai, un pro­gramma ideato e con­ce­pito da uomini dell’azienda, con ope­ra­tori interni, tal­mente forte che diventa un film e viene pre­sen­tato a un festi­val come Can­nes e viene richie­sto in tutto il mondo.
Non del mate­riale da rimon­tare a pia­ci­mento den­tro altri pro­grammi. Ma un caso unico nel pano­rama tele­vi­sivo e cine­ma­to­gra­fico ita­liano. E tale è rima­sto. Nel bene e nel male.









giovedì 9 aprile 2015

Salviamo il Cittadino Ciociaro

Ivano Alteri. Fonte http://www.unoetre.it/

Salviamo il Cittadino Ciociaro. Sotto uno spesso strato di derisioni, villanie e vergogna per le proprie origini (ben manifesta in molti comportamenti nostrani), era rimasto sepolto per decenni il Cittadino Ciociaro. Spintonato dalla folata di scherno e insulti, egli sembrava essersi rintanato sotto una cupa coltre di silenzio e oscurità, di smemoratezza, per scansare i frizzi e i lazzi del pubblico ludibrio. Ma il Cittadino Volsco, risvegliato fortuitamente in queste settimane dal suo sonno millenario, sembra avergli ridato voce e memoria, riportando alla luce le radici ciociare nelle coscienze di tutti noi. Così noi oggi possiamo sentire la sua antichissima presenza suggerirci che forse questa terra nasconde in sé qualcosa di cui invece andar fieri; e che la causa della nostra scarsa considerazione di noi stessi potrebbe risiedere soltanto in quell'oblio in cui abbiamo segregato la memoria. Senza di essa, difatti, i peggiori istinti scavezzano dalla guida dell'esperienza e della tradizione, oltre che della scienza, continuando indisturbati a produrre strati e strati di modernissime nefandezze di cui vergognarsi davvero. Felici del nostro ritorno alla luce del nuovo giorno ciociaro, abbiamo dunque pensato di andare a trovare l'antico antenato, potenziale nostro salvatore, presso la nuova dimora della sua maestosa antichità: il Museo Archeologico Comunale di Frosinone.
Il Museo, come deve, è situato nel centro storico della città, a pochi passi dalla Cattedrale, in una delle anse architettoniche disegnate da Via XX Settembre, al civico 32. Non è difficile trovarlo, neanche per chi venisse da fuori e non conoscesse il borgo. Basterebbe chiedere al primo viandante e si avrebbe la giusta indicazione, come occorso a noi. Entrati nell'antico portone, ansimando un poco per la breve camminata in salita, ci ritroviamo in una situazione inaspettata: una pletora di bambini incuriositi che attorniano una ragazza intenta a spiegare questo e quello, mentre indica le teche che ha alle spalle e intorno. Ci facciamo annunciare da qualcuno che pare essere assiduo del luogo e, neanche il tempo di rammaricarci per la nostra involontaria intrusione, veniamo ricevuti da un'ospite d'eccezione: la dottoressa Maria Teresa Onorati, direttrice del Museo, che ci accoglie calorosamente e ci invita ad accomodarci nel suo ufficio al primo piano. Lì giunti, siamo gradevolmente travolti da un profluvio di narrazioni, su come il Museo sia riuscito ad attrarre l'attenzione di alunni e insegnanti delle scuole del territorio, delle numerose attività di laboratorio a cui partecipano quotidianamente bambini e adulti; su come siano sempre più frequenti i contatti con la città e quanto siano assidui gli appassionati che lo frequentano; su quanto siano importanti i ritrovamenti sparsi per il territorio cittadino e di quanto sia difficile farlo comprendere a chi ne avrebbe la responsabilità; e di quanto sia stato gratificante ottenere l'attenzione della studiosa americana Molly Lindner, che sull'annuario del museo ha pubblicato un approfondito studio su uno dei reperti lì custoditi. Poi riceviamo depliant, riviste e pubblicazioni varie, produzione del Museo stesso. Una gradevolissima ondata d'entusiasmo, senza alcun allarmismo.
Non vi racconteremo invece della bella vista ai reperti in mostra, di cui ci ha gratificato la stessa Direttrice Onorati, suscitandoci ad ogni passo curiosità e stupore; poiché non è cosa che si possa raccontare, senza amputarne gravemente il senso. Bisogna andar lì, vedere e ascoltare, con occhi e orecchie, per sentire compiutamente il possente flusso del passato che in un istante lì si fa presente; per cogliere in un sguardo il passare del tempo, e sentire i colpi dell'uomo che scolpisce la storia, trasformando un umile sasso in una meraviglia di freccia acuminata e tagliente; per scorgere l'indissolubile nesso che lega un vaso di terracotta rozzamente formato ad un iphone di ultima generazione; e sentirsi così parte vitale di quel prodigioso cammino che conduce fino a noi, ma su cui noi sembriamo non saper mantenere più l'ancestrale passo. Bisogna andar lì, per comprendere appieno il meritorio lavoro che, tra mille difficoltà e sottovalutazioni, ella e i suoi misconosciuti e giovani collaboratori e collaboratrici profondono per riportare alla luce, e mantenere e studiare, le espressioni antropiche dei nostri lontanissimi avi. Per tutto questo bisogna andar lì, senza indugio alcuno.
E il Cittadino Volsco, quello capace di suscitare cotanto risveglio in noi, dov'è? Al momento è custodito in un armadio, con tutte le precauzioni del caso, in attesa del restauro e degli studi. Poi verrà esposto opportunamente in una delle sale del Museo, per la fruizione di studiosi, appassionati e semplici curiosi. Ma il suo compito lo sta svolgendo già: ci sta indicando la strada per la salvezza del Cittadino Ciociaro.

mercoledì 8 aprile 2015

Museo Archeologico. Lettera a CDP

Comune di Frosinone rinuncia “all’esecuzione dell’opera denominata “Sistemazione MuseoArcheologico” e cancellazione dal Programma delle OO.PP.”, dove insiste prestito Cassa Depositi e Prestiti


Le Associazioni in epigrafe intendono porre alla attenzione della Cassa Depositi e Prestiti e della Commissione Bicamerale di Vigilanza Cassa DD.PP. l’attività che sta compiendo l’Amministrazione Comunale di Frosinone, riguardo a mutui già contratti con la Cassa Depositi e Prestiti.
Nell’allegare la lettera inviata, riteniamo opportuno descrivere – anche se brevemente – il contesto generale all’interno del quale si incardina questa vicenda che, benché apparentemente non attinente, rende più chiaro e comprensibile il senso di preoccupazione e di sgomento che accomuna tanti cittadini e che ci ha indotto a lanciare questo ulteriore “grido di allarme”, visto che l’Amministrazione Comunale – più volte chiamata ad un confronto, sia a mezzo stampa che direttamente, in occasione di sedute consiliari – continua imperterrita nel proprio percorso.
Tutto ha inizio nel maggio del 2014, quando con la delibera di C.C. n. 31 del 19.05.2014 l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Avv. Nicola Ottaviani approvava la “rimodulazione del Project Financing degli stadi Matusa e Casaleno”. Questo Project Financing, che nasceva nel 2003, dalla Giunta guidata dall’Avv. Domenico Marzi, prevedeva la cessione al soggetto Privato, a scopo edificatorio ed in variante al PRG – trattasi di un’area a Servizi “F” – della “centralissima” area che ancora oggi ospita lo stadio comunale (detto il Matusa); il Privato, a sua volta, in cambio, avrebbe dovuto realizzare a proprie spese un nuovo impianto sportivo in località Casaleno. Orbene, questa operazione non vide mai la luce – ed aggiungiamo noi, fortunatamente, senza proseguire nella narrazione delle ulteriori interessantissime vicende,  proprio per non uscire troppo “fuori tema”.
Tornando quindi alle questioni più attinenti al tema, con questa “rimodulazione” del Project Financing l’Ente è di fatto tornato a disporre dello Stadio Casaleno (che si specifica essere un impianto fatiscente, non rispondente alle norme e mai entrato in funzione dalla sua realizzazione, risalente agli anni ’90) e non ha trovato nulla di meglio da fare – oltre che “riaffermare” la possibilità di edificare sull’area del Matusa al soggetto Privato – che “far confluire” una ingente quantità di risorse pubbliche proprio per il completamento dello Stadio Casaleno non prima, ovviamente, di aver provveduto ad inserire l’opera all’interno del Programma Triennale delle OO.PP. (tra l’altro, con modalità procedurali fortemente indiziate da più di qualche vizio). Tutto ciò accadeva nel dicembre 2014, con la Deliberazione di C.C. n. 80 del 01.12.2014 e con la quale si sono fatti confluire circa 6 Mln di Eurodi fondi pubblici sull’opera “stadio”, DEFINANZIANDO una serie di Opere Pubbliche(di cui alcune ad iter già avviato) tra cui menzioniamo, a mero scopo indicativo e non esaustivo: “realizzazione di una struttura sportiva per disabili – UNITALSI”, “realizzazione del Teatro Comunale”, “realizzazione nuova Scuola Elementare in località Madonna della Neve”, “perimetrazione del sito in frana in località Polveriera”, “riqualificazione area Fontanelle” (trattasi di un’area destinata a parco pubblico lungo le sponde del fiume Cosa), ecc..
A questo atto – e qui veniamo al punto – fece seguito la Deliberazione n. 81 del 01.12.2014 avente ad oggetto: “Rinegoziazione prestiti ordinari della Cassa Depositi e Prestiti SpA ai sensi dell’art. 5 del D.L. 27/10/1995 n. 444 convertito con modificazioni con la Legge 20/12/1995 n. 539”, con la quale, appunto, l’Ente deliberava di aderire alla proposta di rinegoziazione di prestiti ordinari con Cassa Depositi e Prestiti Spa secondo le condizioni previste dalla Circolare CDP n. 1281 del 07/11/2014.
A questi due atti, susseguiva una copiosa e solerte attività dell’Ente Comunale che provvedeva ad indire gare ed affidare incarichi ed appalti, nonostante da più di qualche parte – compresa quella che scrive – si sollevassero “dubbi” circa, sia l’opportunità politica di rinunciare ad una serie di Opere Pubbliche, di cui alcune dall’elevato contenuto sociale, sia riguardo alla poca chiarezza di queste operazioni riguardo alle “coperture finanziarie”, unitamente alle altrettante incertezze circa i“rischi” eventualmente correlati all’interruzione in itinere dei procedimenti de-finanziati.
Ma far traboccare il vaso è arrivata la proverbiale goccia, che in questo caso si chiama “Museo Archeologico”. L’Amministrazione infatti, non paga della cancellazione in un solo colpo di “parchi pubblici”, “scuole”, “strutture per disabili” e tanto altro, in nome del “pallone” – e forse, anche di qualche “promessa elettorale” -  con la Deliberazione di G.C. n. 93 del 25.02.2015 decide di rinunciare all’esecuzione dell’opera denominata “Sistemazione Museo Archeologico” e cancellazione dal Programma delle OO.PP. al fine di utilizzare la somma di € 97.917,02 per la “Sistemazione delle aree esterne, supporti logistici, piazzali dello Stadio Casaleno”. Nelle considerazioni a supporto di questo atto, l’Amministrazione adduce queste motivazioni:
  • il mutuo posiz. 4324455/01 è stato contratto per l’esecuzione di un intervento di ampliamento del museo archeologico, reso impossibile per il successivo ritrovamento di reperti archeologici nell’area di sedime del predetto intervento, e che l’importo residuo, di cui è decisa la diversa destinazione, è insufficiente ad un concreto ed efficace utilizzo per l’ampliamento dei locali del Museo;
  • al fine di completare la documentazione per l’istruttoria da parte della Cassa DD.PP. della richiesta di diverso utilizzo del mutuo sopra richiamato occorre rendere palese, mediante atto formale di quest’Organo, la volontà dell’Amministrazione di non eseguire i lavori previsti e finanziati con il mutuo in posizione 4324455/01;
  • per quanto innanzi si ritiene di dover provvedere alla cancellazione dal programma delle opere pubbliche l’intervento denominato “Sistemazione Museo Archeologico”, inserito nella scheda 2, progressivo 81, per il precedente considerato.”
Quindi, a giustificazione dello storno della somma di € 97.917,02, occorrente per la copertura dell’intervento relativo allo Stadio Casaleno, si sottace, nelle motivazioni che supportano la decisione del diverso utilizzo della somma e la cancellazione dell’opera, sia dell’esistenza del contributo regionale di € 339.072,95sia del reale importo del mutuo, di € 139.831,83, contratto dall’Ente proprio a completamento del finanziamento regionale. Importo che, tra l’altro, risulterebbe già essere stato oggetto di fenomeni di “erosione” per altri scopi a seguito delle Delibere di G.C. n. 314/2014 Scuola elementare “Selva Piana”. Acquisizione arredi scolasticie Delibera G.C. n. 451/2014 Scuola elementare “Selva Piana”. Acquisizione arredi scolastici.
Sempre nell’atto di Giunta in questione, si asserisce che l’intervento di ampliamento del Museo, appaltato nel mese di ottobre del 1999, sarebbe “reso impossibile per il successivo ritrovamento di reperti archeologici nell’area di sedime del predetto intervento”. In effetti vi fu un’interruzione dei lavori risalente al luglio del 2000 ad opera della Soprintendenza Archeologica, ma non fu tale blocco –  superato dai fatti – a determinare la mancata ripresa dei lavori e la rescissione del contratto di appalto, deliberata nell’anno 2002; rescissione che  determinò l’apertura di un contenzioso tra Ditta Appaltatrice e Comune di Frosinone (costituzione in mora dell’Ente  originariamente per € 515.023,27, ora sentenza I grado del dicembre 2013 per una somma di circa € 100.000). E’ doveroso aggiungere, infine, che negli uffici del Comune giace un progetto di ampliamento del Museo Archeologico, redatto dagli stessi organi tecnici dell’Ente.

In conclusione quindi, alla luce dei fatti sin qui esposti e fatti salvi gli ulteriori aspetti emersi nella narrazione di questa vicenda e circa i quali saranno comunque informati con le dovute modalità i soggetti deputati, le scriventi  Associazioni e i singoli cittadini, nella speranza di aver più diffusamente informato le SS.LL. su codesta vicenda
Esse chiedono
  • All’Istituto Cassa Depositi e Prestiti chiarimenti in merito agli atti adottati o che la stessa adotterà, in riferimento alla “disponibilità alla rinegoziazione dei finanziamenti concessi a Province e Comuni attualmente in ammortamento a tasso di interesse fisso secondo le condizioni stabilite nella Circolare n. 1281 del 07/11/2014” richiamata nella DCC n. 81 del 01.12.2014.
  • Alla Commissione Bicamerale di Vigilanza Cassa DD.PP. di mettere in atto tutte le proprie attività di controllo sulle susseguenti azioni della Cassa DD.PP. in riscontro al procedimento messo in atto dall’Amministrazione Comunale di Frosinone.
Associazione Antiqua, Associazione Oltre l’Occidente, Comitato del “Sì” al referendum sul Matusa, Osservatorio Peppino Impastato Frosinone, Consulta della Associazioni, AIPA, Aut Frosinone, Federazione Giovani Socialisti Frosinone, Ass. Frosinone Bella e Brutta

Indicazione del nuovo segretario provinciale del Pd

Luciano Granieri

Come si apprende dall’ Espresso della settimana scorsa i circoli locali del Pd in tutta Italia   sono in profonda crisi. Non fa eccezione il Pd della provincia di Frosinone. Come è noto ancora non si è riusciti ad organizzare il congresso provinciale, dopo la triste vicenda della presunta campagna di tesseramento farlocca che ha indotto gli avversari dell’attuale segretario Simone Costanzo (Sara Battisti, Alessandro Martini, e Mario D’Alessandro) ad auto sospendersi dall’agone congressuale. 

L’attuale assetto dirigenziale , Costanzo segretario e Sara Battisti presidente, è frutto di una forzatura del vecchio e consolidato manuale Cencelli.  Addirittura nel consiglio provinciale concorrono due Pd uno di maggioranza, sostenitore dell’attuale  presidente Antonio Pompeo, e uno di minoranza, oppositore del già citato presidente, comunque esponente, ufficiale o ufficioso che sia,  del partito dei democrat. 

L’ultimo terremoto in seno alla martoriata sopravvivenza del Pd ciociaro, l’ha scatenato l’Avv. Domenico Marzi. Il buon Marzi  ha  deciso di iscriversi al partito di Renzi. L’esordio è stato subito scioccante con l’attacco   all’esponente  Pd ex sindaco Michele Marini, accusato  di incapacità amministrativa. La risposta di quest’ultimo non si è fatta attendere con la  contro accusa  nei confronti del suo censore   ritenuto responsabile   della  debacle elettorale subita nel corso delle ultime amministrative frusinati, per la sua decisione di candidarsi in proprio, appoggiato dal Psi e da qualche pezzo della diaspora fascista locale, contro il mainstream riformista incarnato dallo stesso Marini.

 Il  Memmo, già  sindaco di Frosinone, stampella salvifica della giunta Ottaviani,  con la sua decisione di entrare nel Pd, formazione in cui milita l’amico-nemico Marini, sta creando non pochi scompigli negli equilibri già precari dell’assetto provinciale piddino. “Marzi intende riconoscere Marini come suo capogruppo nel consiglio comunale di Frosinone? Perché lo stesso Marzi non vuole sciogliere la lista che lo supporta nel citato consiglio e neanche si impegna  a stipulare un patto federativo con i consiglieri  frusinati del Pd, partito a cui si accinge ad entrare? “ Questi sono i dubbi che agitano correnti e militanti dei riformisti ciociari. 

Come è noto il nostro blog non è mai particolarmente tenero con il Pd, ma  i compagni, anche se ex, sono sempre compagni, per cui non esitiamo a fornire un nostro contributo e  avanzare una proposta concreta per risolvere i casini del Pd provinciale. L’idea è semplice. Il Pd ciociaro deve seguire il percorso del partito nazionale. 

C’è bisogno di una guida che abbia la stessa personalità del segretario presidente Renzi. Uno che abbia in dispregio le regole di partecipazione democratica, che vada dritto per la sua strada, asfaltando le voci dissenzienti avanzate dalla varie opposizioni che   di volta in volta si mettono di traverso nel suo percorso. Uno disposto,  se necessario, a venire a patti col nemico anche a costo di affossare l’amico. Un soggetto,  insomma,  guidato dagli interessi dei poteri forti (lobby finanziarie)  che da sempre assicurano  successo e potere ai propri esecutori politici. Uno che per la tutela di questi interessi, fa strage dei diritti del  lavoro, della salute  pubblica, del libero accesso ai beni comuni. 

Sembra strano ma uno così nella Provincia di Frosinone c’è. E’ il sindaco del capoluogo Nicola Ottaviani. Come Renzi, è insofferente rispetto alle prerogative decisionali del consiglio, spesso asfalta la sua maggioranza, quando questa si mette di traverso, pescando consensi nell’altro lato della sala consiliare. Il neo piddino Marzi è stato uno dei più preziosi sostenitori  del sindaco, quando è servito. L’Erode di Frosinone    ha ridotto praticamente al silenzio gli oppositori di centrosinistra i quali si fanno scivolare addosso ogni nefandezza, compreso il recente annacquamento della delibera di iniziativa popolare inerente la rescissione del contratto con il gestore del servizio idrico integrato.  Lo stesso disprezzo per i lavoratori mostrato da Renzi nel Jobs Act, è espresso da Ottaviani, nella vicenda Multiservizi, dove il sindaco del Capoluogo non ha esitato a mettere per strada centinaia di famiglie, per svendere i servizi, prima assicurati dagli addetti licenziati,  a cooperative amiche. 

In relazione alla tutela dei poteri forti, Ottaviani come Renzi, non ha rivali. Strenuo difensore di Acea, della privatizzazione selvaggia nella sanità, primo firmatario dell’atto aziendale "distruggi ospedali" redatto dalla manager Mastrobuono sotto dettatura di Zingaretti, gran ciambellano dei potentati edilizio-speculativi  che governano la  città, Ottaviani ha sempre anteposto l’interesse del suo gregge elettorale all’interesse della collettività. 

Qualcuno potrebbe obbiettare che Ottaviani è di Forza Italia e non del Pd. Che problema c’è? In consiglio comunale, la minoranza democrat in diverse occasioni ha votato a favore del sindaco podestà,  o comunque non ne  ha mai ostacolato seriamente le mire. Su Acea il presidente della Provincia, il piddino Pompeo è sulle stesse posizioni di Ottaviani, così come lo stesso Nicola "il breve" ha condiviso le scelte dell’altro Nicola, presidente della Regione, anch’egli del Pd, in relazione alla distruzione della sanità pubblica ciociara. Considerate le macerie in cui la destra berlusconiana si sta sbriciolando, è sufficiente che il Pd offra al sindaco di Frosinone un posto sicuro di capolista (BLOCCATO) alla Camera per le prossime elezioni e il gioco è fatto. E i militanti, gli iscritti? E chi se ne fotte!

.............Scusate compagne e compagni di Aut mi squilla il cellulare, mai che si possa scrivere qualcosa in pace……..Pronto…..si?  oh ciao France',  senti per il 25 tutto a posto ho chiamato ………..France' sei tu? Ah ma non è Notarcola…… scusi lei è Francesco…..?  Francesco chi ? Francesco del Pd,....... prego mi dica………No non ho parlato con Ottaviani……no scusi…..NOOO…. non lo so se è d’accordo…….Ma che dice!……che ne so  se ci vuole stare domandateglielo. Come?......  La mia idea per la guida del Pd è buona? Come? Ci devo parlà io co’ Ottaviani ! Ma io manco lo conosco bene! Aho ma io stavo a scherzà……ma  che davero? Poi come fa già  a leggere  quello che sto scrivendo? Ah è rimasta aperta la pagina di editing del blog mentre sto digitando. …….ma sicuro?...... NON LO SOOOO se Ottaviani vuole entrare nel Pd, sig. Francesco lei  lo conosce sicuramente meglio di me , glielo chieda……..No……io non gli parlo……..non me ne frega niente della solidità del Pd…… ma chissenefrega se l’attuale segretario non capisce un cazzo……...Ohhh ma stavo a scherzà!!!!!……….. lo capisce o no………si, è no’ scherzo……..senta io co’ Ottaviani non ci parlo sig. Francesco mi lasci finire il post…. Oh insomma mi lasci stare, vedetevela voi con Ottaviani, non mi rompa i coglioni…su…..Senta delle vostre beghe non me ne può fregare di meno. Buona sera   France'.

E che noia!!!! Uno non può neanche mettersi la sera a scrivere due cose che subito ti scocciano. Scusate compagne e compagni di Aut……dunque dicevo……..Oh sentite sto’ rompicoglioni m’ha fatto scordà il finale del post. Finitevelo un po’ voi come vi pare.


martedì 7 aprile 2015

PERCHÈ STUDIARE IL LATINO E IL GRECO

Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere, Quaderno 4 [XIII] voce 55, "Il principio educativo nella scuola elementare e media"



"Non si impara il latino e il greco per parlare queste lingue, per fare i camerieri o gli interpreti o che so io. Si imparano per conoscere la civiltà dei due popoli, la cui vita si pone come base della cultura mondiale. La lingua latina o greca si impara secondo grammatica, un po’ meccanicamente: ma c’è molta esagerazione nell’accusa di meccanicità e aridità. Si ha che fare con dei ragazzetti, ai quali occorre far contrarre certe abitudini di diligenza, di esattezza, di compostezza fisica, di concentrazione psichica in determinati oggetti. Uno studioso di trenta-quarant’anni sarebbe capace di stare a tavolino sedici ore filate, se da bambino non avesse «coattivamente», per «coercizione meccanica» assunto le abitudini psicofisiche conformi? Se si vogliono allevare anche degli studiosi, occorre incominciare da lì e occorre premere su tutti per avere quelle migliaia, o centinaia, o anche solo dozzine di studiosi di gran nerbo, di cui ogni civiltà ha bisogno. [...]

Il latino non si studia per imparare il latino, si studia per abituare i ragazzi a studiare, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere ma che continuamente si ricompone in vita. [...] Naturalmente io non credo che il latino e il greco abbiano delle qualità taumaturgiche intrinseche: dico che in un dato ambiente, in una data cultura, con una data tradizione, lo studio così graduato dava quei determinati effetti. Si può sostituire il latino e il greco e li si sostituirà utilmente, ma occorrerà sapere disporre didatticamente la nuova materia o la nuova serie di materie, in modo da ottenere risultati equivalenti di educazione generale dell’uomo, partendo dal ragazzetto fino all’età della scelta professionale. In questo periodo lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere disinteressato, cioè non avere scopi pratici immediati o troppo immediatamente mediati: deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete.

Nella scuola moderna mi pare stia avvenendo un processo di progressiva degenerazione: la scuola di tipo professionale, cioè preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola "formativa" immediatamente disinteressata. La cosa più paradossale è che questo tipo di scuola appare e viene predicata come "democratica", mentre invece essa è proprio destinata a perpetuare le differenze sociali. [...] Il carattere sociale della scuola è dato dal fatto che ogni strato sociale ha un proprio tipo di scuola destinato a perpetuare in quello strato una determinata funzione tradizionale. Se si vuole spezzare questa trama, occorre dunque non moltiplicare e graduare i tipi di scuola professionale, ma creare un tipo unico di scuola preparatoria (elementare-media) che conduca il giovane fino alla soglia della scelta professionale, formandolo nel frattempo come uomo capace di pensare, di studiare, di dirigere o di controllare chi dirige. Il moltiplicarsi di tipi di scuole professionali tende dunque a eternare le differenze tradizionali, ma siccome, in esse, tende anche a creare nuove stratificazioni interne, ecco che nasce l'impressione della tendenza democratica. [...] Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un manovale diventi operaio qualificato, ma che ogni "cittadino" può diventare "governante" e che la società lo pone sia pure astrattamente nelle condizioni generali di poterlo diventare [...]. 

Anche lo studio è un mestiere e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio anche nervoso-muscolare, oltre che intellettuale: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo e il dolore e la noia. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media tende a rallentare la disciplina dello studio, a domandare facilitazioni. Molti pensano addirittura che la difficoltà sia artificiale, perchè sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale. È una quistione complessa. Certo il ragazzo di una famiglia tradizionalmente di intellettuali supera più facilmente il processo di adattamento psicofisico: egli già entrando la prima volta in classe ha parecchi punti di vantaggio sugli altri scolari, ha un'ambientazione già acquisita per le abitudini famigliari. Così il figlio di un operaio di città soffre meno entrando in fabbrica di un ragazzo di contadini o di un contadino già sviluppato per la vita dei campi. [...] 

Ecco perchè molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un trucco a loro danno; vedono il signore [...] compiere con scioltezza e con apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un trucco. In una nuova situazione politica, queste quistioni diventeranno asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo corpo di intellettuali, fino alle più alte cime, da uno strato sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini psico-fisiche adeguate, si dovranno superare difficoltà inaudite."

Incontro Italiano di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana

Resistenza

A metà marzo abbiamo richiesto una intervista alla Console Generale della Repubblica Bolivariana del Venrezuela a Napoli, Amarilys Gutierrez Graffe

Con grande disponibilità la Console ha risposto alle domande offrendo una serie di elementi di grande interesse che offrono una comprensione più profonda dei contenuti e delle forme della Rivoluzione Bolivariana.Nel testo che segue, comunque, due cose emergono con estrema chiarezza: il ruolo della classe operaia nella Rivoluzione Bolivariana (la stessa Console appartiene alla classe operaia) e la grande fiducia che il governo Bolivariano ha nella solidarietà internazionale, che deriva dalla grande fiducia che ripone nelle masse popolari venezuelane.

Un esempio pratico di trasformazione dei rapporti di produzione nel Venezuela Bolivariano
“Permettete una breve introduzione da chi era un’operaia come me, senza alcun tipo di protezione o garanzia lavorativa. Faccio questa precisazione in modo da avere presente che prima di tutto io sono, e sarò per sempre, un’orgogliosa operaia che, a partire l'arrivo di Chavez è divenuta un’operaia al servizio della rivoluzione bolivariana.
Con la nuova Costituzione del 1999, la Repubblica del Venezuela è stata rifondata nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, ottenendo il passaggio da una democrazia meramente rappresentativa a una democrazia partecipativa per definizione costituzionale, dando vita così alla Costituzione originaria di uno Stato sociale, di diritto e di giustizia, di partecipazione popolare, configurato politicamente come uno Stato Federale Decentralizzato.
Con decreto presidenziale si è proceduto alla conversione immediata al Potere Esecutivo Nazionale, che agisce attraverso il ‘Ministerio del Poder Popular para las Obras Publicas y Vivienda’, dei beni che compongono l'infrastruttura portuale e le competenze per la conservazione, la gestione e lo sfruttamento dei Porti Pubblici, in particolare quelli commerciali, così come indicato nella Gaceta Oficial Nº 39.143, del 20 marzo 2009. Nel momento in cui Chavez ha ordinato la revoca delle concessioni portuali alle imprese private il governo ha nominato un gruppo multidisciplinare di esperti per la valutazione e le indagini scientifiche su tutte le informazioni raccolte, coinvolgendo i lavoratori, passo dopo passo, nell’intero processo produttivo. I risultati hanno mostrato che nell’anno 2009 quando Bolipuertos riceve tutti i porti e i lavoratori delle imprese private, la situazione è critica, tutti i diritti sono stati violati. Le strutture si sono rivelate carenti, in uno scenario regionale e mondiale altamente competitivo, con una struttura funzionale e amministrativa poco operativa, mancanza di informazioni strategiche, scarsa accessibilità ai porti per via terrestre.
(…) I porti del Litoral Central venezuelano, in particolare il porto de La Guaira(uno dei pochi porti al mondo a gestione esclusiva dello Stato a partire dal decreto emanato nel 2009) si è cominciato a trasformare in un modello per la Gestione dei Porti nella Repubblica Bolivariana del Venezuela socialista, esempio per tutti i porti commerciali presenti sul territorio venezuelano e per tutte le imprese recuperate attraverso l’autogestione, basate su principi etici, umani, sociali e strutturali.
Dalla mia prospettiva operaia, come ex lavoratrice, come ricercatrice sul tema dal 2009 al 2013, è possibile affermare che un modello teorico per lo sviluppo e il mantenimento della Gestione dei Porti nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, valido per qualsiasi azione e per qualsiasi dimensione, sia un approccio concettuale del processo operativo che deve utilizzare il sistema di pianificazione portuale come risorsa metodologica per mantenere l'efficacia e l'efficienza in tutti i porti del paese
E’ possibile che le imprese siano in mano di lavoratori in base alle tendenze socialiste di rango costituzionale e legale, basate sui principi di solidarietà, fraternità, amore, libertà e uguaglianza. E per onorare e rendere degno il lavoro delle nostre lavoratrici e dei nostri lavoratori, in virtù del principio d’inclusione sociale con l’obiettivo di ottenere un equilibrio tra le mansioni svolte e la remunerazione corrispondente, l’ordine costituzionale evidenzia: “...a pari lavoro...pari salario...”.
Le imprese private passate in mano ai lavoratori sono divenute produttive.
La gestione dal 2009 all’anno 2013 è stata inquadrata nelle linee strategiche stabilite dal Progetto Nazionale Simón Bolívar, Primo Piano Socialista di Sviluppo Economico della Nazione 2007-2013, governato da principi e valori etici, diretto a garantire le attività dell’Esecutivo Nazionale, attraverso politiche di integrazione delle risorse nazionali strategiche, con l’obiettivo di avanzare verso l’orizzonte socialista ed elevare la felicità sociale del nostro popolo.
Durante l’autogestione operaia, i lavoratori dell’azienda Bolivariana de Puertos, hanno seguito i piani e i progetti della Nazione, con l’obiettivo di accelerare la costruzione del nuovo modello produttivo socialista, al fine di puntare alla crescita dell’istituzione e quindi ottenere prestazioni efficaci ed efficienti dei processi amministrativi e operativi di Bolivariana de Puertos e le sue diverse unità a livello nazionale, con lo scopo di ottimizzare il funzionamento dei porti: La Guaira, Estado Vargas; Puerto Cabello, Estado Carabobo; Maracaibo, Estado Zulia; Guamache, Estado Nueva Esparta; Guanta, Estado Anzoátegui y La Ceiba, Estado Trujillo.
Le esigenze e le opportunità di azione per migliorare lo stato di funzionamento di questi porti, a breve, medio e lungo termine, furono stabilite dagli operai stessi, come priorità strategiche aventi l’obiettivo di poter far fronte alle sfide future poste dalla crescita del traffico marittimo internazionale, e la crescita dei volumi di carico che fanno il loro ingresso nei porti pubblici ad uso commerciale del paese. In riferimento a questa realtà, il rafforzamento della produttività portuale, risulta determinante per Bolivariana de Puertos, in qualità di Amministratore Portuale dello Stato Venezuelano. Concludo con questa riflessione del Presidente Hugo Rafael Chávez Fría – del 30 aprile 2010 – indirizzata alla Classe Operaia Venezuelana:“Io credo in voi, metto in gioco la mia vita per la Classe Operaia, chiedo a tutto il governo di mettere in gioco la propria vita per la Classe Operaia (...) Dobbiamo essere un governo sinceramente operaista, un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, nelle parole e nei fatti: non possiamo mettere in pratica azioni istituzionali e governative, che contraddicano la nostra definizione operaista”.
Il Presidente Nicolas Maduro, che tiene alta la bandiera rivoluzionaria del Presidente Eterno e del Pensiero Bolivariano, ha detto: “La destra venezuelana non può concepire com’è  il mondo del lavoro, pretende che la classe operaia sia sottomessa, che i lavoratori non assumano posizioni di fermezza e militanza per la patria e l’indipendenza”.

Sul ruolo del Venezuela a livello internazionale e sulla solidarietà internazionalista
“Nel caso del Venezuela, conquistare la rivoluzione è stato molto duro; inoltre un caso atipico, perché abbiamo contato con un leader carismatico, il Comandante Eterno Hugo Chávez, educatore dei popoli, di estrazione popolare (…) e con l’eroismo e sacrificio dei nostri aborigeni e predecessori, proveniente dal seno della Fuerza Armada Nacional forgiatrice di libertà, di una patria libera e sovrana, di una patria amata come una donna, concepita como una “Matria” più che come una Patria.

Chávez ci ha liberati, ci ha svegliati, ci ha ridati dignità. La Repubblica Bolivarianadel Venezuela è ciò che è grazie a lui, e di conseguenza grazie al nostro “operaio presidente”, il primo presidente chavista, Maduro.
Il popolo italiano è un popolo eroico, patriota ed è stato fondamentale il ruolo delle masse popolari per ciò che hanno contribuito a realizzare concretamente con la solidarietà verso il popolo venezuelano per far conoscere la realtà e contrastare l’opinione della dittatura mediatica. L’Italia ha offerto sostegno attraverso più di 60 gruppi con molti e differenti associazioni, collettivi, organizzazioni, movimenti, partiti, associazioni di migranti, una rete articolata.