venerdì 29 maggio 2015

Il gioco del voto

Luciano Granieri


Domenica prossima 31 maggio si terranno le  elezioni amministrative in nove  comuni della Provincia. Fra le città più importanti figurano Ceccano e Fiuggi. In ogni tornata elettorale la battaglia fra i candidati è aspra, dura, spesso parte dalle primarie, per quei gruppi che le organizzano. Si susseguono le spiegazioni su programmi, fioccano gli impegni ad occuparsi dei problemi dei cittadini. A leggere con attenzione i propositi dei candidati a sindaco, tutti sono condivisibili, qualcuno è più fantasioso, molti partono dall’assunto di mandare a casa la vecchia amministrazione,  causa di tutti i mali.  Spesso anche i  candidati delle vecchie amministrazioni vogliono mandare a case le vecchie amministrazioni, cioè se stesse ?!? Tutto ruota attorno al cambiamento e al rinnovamento. 

Personalmente ritengo l’happening delle elezioni, il giocattolo che viene regalato  ai cittadini per farli sentire democraticamente importanti. Passata la festa della cabina elettorale, rimane gabbato lo santo della democrazia. Viene fatta carta straccia di programmi, propositi di cambiamento,  di rinnovamento, e tutte le decisioni, come al solito vengono assunte sulla testa dei cittadini per la salvaguardia di interessi che minimamente riguardano colori i quali, avendo assolto al loro diritto democratico del voto, credono di essere stati fautori del proprio destino. 

Rispetto a questo ragionamento,  forse nelle elezioni  comunali un minimo spazio per la partecipazione della cittadinanza alle decisioni sul proprio territorio ancora esiste. E’ possibile, attraverso la formazione di comitati di quartiere, l’istituzione di forum tematici, costruire un sistema di democrazia partecipate che nelle sue forme più evolute potrebbe perfino occuparsi di urbanistica e finanche del bilancio comunale.  

Al di la di queste considerazione resta il fatto che   per alcuni cittadini della Provincia, domenica sarà tempo di elezioni. In particolare per gli abitanti di Ceccano che dovranno  eleggere il sindaco ed uscire dalla  gestione commissariale.  Mi sembra oltremodo utile, quindi, rendere  un servizio  agli amici della città fabraterna,  riproponendo il confronto fra i candidati a sindaco svoltosi la sabato scorso 23 maggio. Cari ceccanesi, ascoltate e votate, se vi va. Buon voto a tutti. 

La differenza tra i comunisti e il resto della sinistra

Verso le elezioni regionali




Mauro Buccheri

Nel prossimo weekend più di venti milioni di italiani saranno “chiamati alle urne” nel gioco della democrazia borghese, che attraverso le elezioni cerca di legittimarsi agli occhi delle masse popolari. Questa volta, nello specifico, si voterà in sette regioni per eleggere consigli e presidenti regionali, e in più di mille comuni per eleggere sindaco e consiglieri comunali.
Un gioco delle marionette, come lo definiva Lenin, a cui settori crescenti delle masse popolari stentano oggi a riconoscere credibilità, come si evince anche dal diffondersi del fenomeno dell'astensionismo elettorale (giusto per fare un esempio, alle ultime regionali in Calabria, qualche mese fa, appena il 44% degli aventi diritto al voto si è recato alle urne). L'astensionismo è la conseguenza di una profonda e diffusa sfiducia nei confronti dei partiti di sistema e, in certa parte, dello stesso regime borghese, in una fase di crisi acuta in cui la borghesia non ha più nemmeno le briciole da distribuire. Esprime insomma una risposta, deformata e inefficace (perché passiva), di larghi settori popolari che – non vedendo altri mezzi a disposizione – esprimono il proprio disprezzo verso le classi dirigenti del Paese e i loro partiti.
I comunisti e le elezioni
Nonostante le elezioni borghesi siano di per sé basate su un meccanismo truffaldino (a prescindere dal sistema elettorale in uso), nonostante riteniamo, da comunisti, che la liberazione delle classi oppresse non passi dalle urne, bensì dalla rivoluzione sociale, pensiamo altresì che le elezioni possano anche avere un'utilità nella misura in cui i comunisti riescano a sfruttarle nella corretta prospettiva. Laddove ve ne siano le condizioni, infatti, i comunisti possono utilizzare le elezioni borghesi come tribuna di propaganda per il programma rivoluzionario (approfittando degli spazi che le stesse normative borghesi ci concedono in periodo elettorale, spazi che normalmente ci vengono negati) e per provare a guadagnare a quel programma settori del movimento operaio e nuovi militanti (1). E' con questo scopo che il Pdac si presenta, quando è possibile, alle elezioni: così come in queste elezioni regionali avanziamo l'unica candidatura di classe, comunista e rivoluzionaria in Puglia (e, di fatto, l'unica anche a livello nazionale).
Le tornate elettorali forniscono utili indicazioni per discriminare fra i comunisti e le forze della sinistra riformista e semi-riformista (i centristi), cioè fra i comunisti e quelli che si limitano a definirsi tali.
Se esaminiamo infatti quanto sta accadendo a questa tornata elettorale, in particolare in relazione alle forze di “sinistra”, notiamo una pletora di opportunisti che si presenta alle elezioni, nascondendosi talvolta (e questo è l'aspetto più odioso della faccenda) dietro la falce e martello. Dovere dei comunisti è denunciare questi opportunisti, che continuano a causare danni enormi alle ragioni del mondo del lavoro e del movimento operaio, e ad alimentare la sfiducia e l'ostilità verso il comunismo (con sommo gaudio della borghesia, già molto attiva da secoli in questo senso).
I vendoliani alle prossime amministrative
Iniziamo questa breve disamina da Sel, forza socialdemocratica di destra che, per fortuna, sin dalla sua nascita ha rinunciato al riferimento al “comunismo”. Abbiamo sempre denunciato nei nostri articoli l'organicità di Sel al sistema e le politiche filopadronali seguite del suo leader, Vendola, come governatore della Puglia (proverbiali ormai le sue risate al telefono con Archinà, braccio destro di Emilio Riva, l'ormai defunto patron dell'Ilva di Taranto). Sebbene in parlamento Sel sostenga – in realtà con scarsa convinzione - di fare l' “opposizione” al governo del Pd, nei fatti i vendoliani si sono limitati fino ad oggi a “critiche” saltuarie quanto ipocrite verso Renzi, e mai comunque da un versante di classe.
A riprova di ciò, oggi i vendoliani appoggiano i candidati del Pd in Puglia, dove sostengono Michele Emiliano (renziano, sostenitore del Jobs Act e della “Buona scuola”), in Umbria, dove puntano sulla presidente uscente Catiuscia Marini, e in Veneto, dove appoggiano Alessandra Moretti. Mentre in Liguria supportano Luca Pastorino, parlamentare eletto nelle file del Pd, partito da cui poi è fuoriuscito al seguito di Pippo Civati (soggetto quest'ultimo con cui Sel prova a interloquire in funzione della costruzione di un ennesimo contenitore socialdemocratico che occupi lo spazio a sinistra del Pd).
Dal “Pcdi” ai verdi: denominatore comune l'opportunismo
Sempre a proposito di Emiliano, va detto che il candidato del Pd alle regionali in Puglia, oltre al supporto di Sel, nonché dell'Udc, ha ottenuto quello del sedicente “Pcdi”, neonato gruppo che prova a coagulare i rottami dello stalinismo italiano. L'obiettivo che questo gruppo si propone è di ricostruire il “Partito comunista d'Italia” (di cui recupera abusivamente il nome), e la prima mossa che fa per raggiungere questo storico obiettivo... è sostenere in Puglia i padroni e il loro principale candidato di riferimento! E pensare che questi stessi che appoggiano il candidato del Pd in Puglia, in un comunicato a firma della dirigente Manuela Palermi attaccano la “buona scuola” renziana scrivendo che “il Pd verrà punito alle elezioni regionali” per la sua “ottusa arroganza”! (2) Ci sarebbe da ridere se non fosse che questi soggetti si definiscono “comunisti”.
A conferma della totale confusione del soggetto politico in questione, e per completezza d'informazione, va detto che in Liguria il “Pcdi” sostiene, assieme a Sel e all'interno della cosiddetta “Rete a Sinistra”, il già citato civatiano Pastorino (la cui vittoria, sempre secondo la Palermi, “potrebbe dare un colpo forte, forse decisivo, al Pd che si sente padrone del mondo”! (3), mentre in Umbria sta dentro al cartello elettorale riformista Altra Marche – Sinistra Unita (assieme al Prc, Sel e al comitato Tsipras-Marche) che candida a governatore regionale Edoardo Mentrasti, coordinatore regionale di Sel. Insomma, quando si dice: poche idee ma chiare!
Il tutto mentre i Verdi – a proposito di “sinistra” riformista - sostengono in Campania il candidato del Pd, l'impresentabile De Luca, ex sceriffo di Salerno, sotto processo fra le altre cose per lottizzazione abusiva e reati ambientali: proprio il candidato ideale per degli ambientalisti! (4)
Il Prc fra i rantoli della Lista Tsipras e la suggestione di Landini e Civati
Per quanto riguarda Rifondazione Comunista, sulla scia dell'esperienza europea all'interno della Lista Tsipras, il Prc sostiene, non senza divisioni e contraddizioni interne: in Puglia (dove ha governato 8 anni su 10 con il Pd) Riccardo Rossi (L'altra Puglia), nelle Marche Edoardo Mentrasti (Altre Marche – Sinistra unita), in Veneto Laura Di Lucia Coletti (L'Altro Veneto) in Toscana Tommaso Fattori (Sì – Toscana a sinistra), in Umbria Michele Vecchietti (L'Umbria per un'altra Europa). Si tratta di esperienze politiche che rimuovono il comunismo nella simbologia (cui fino a ieri i dirigenti del Prc si richiamavano, sia pur ipocritamente) e nella sostanza. Del resto, si rifanno alla forza socialdemocratica di Syriza, che governa in Grecia assieme alla destra nazionalista filoclericale di Anel, avendo come obiettivo non la rottura col capitalismo ma il mercanteggiamento con la Troika (5). Insomma, in barba a un principio basilare del marxismo, quello dell'indipendenza di classe dalla borghesia, dai suoi partiti e dai suoi governi, i dirigenti di Rifondazione si ostinano a seguire strade già battute e già fallite mille volte nel passato, la strada del governismo e della collaborazione di classe (6).
In Liguria il Prc converge assieme a Sel sul civatiano Pastorino (Rete a Sinistra). In Campania, invece, in un primo tempo Rifondazione aveva tentato di formare un cartello (“Appello Maggio”) con Sel (che nel frattempo flirtava anche col Pd, con cui ha rotto poi sul nome di De Luca), la Rete dei comunisti e vari movimenti dell'area napoletana. Quando Sel si è poi defilata da Appello Maggio per lanciare la candidatura di Vozza, il Prc l'ha seguita a rimorchio lasciando con un pugno di mosche i neostalinisti della Rete dei comunisti e il resto della ciurma (7).
Sempre a proposito di Campania, va detto che la lista “Sinistra al lavoro per la Campania” (con Vozza candidato presidente), oltre a Sel e al Prc raccoglie i già citati stalinisti del “Pcdi”, un sedicente “Partito del lavoro” (8) e Green Italia, gruppo "ambientalista" che ha fra i suoi uomini di punta Fabio Granata, ex parlamentare di An e del Pdl, che prova a rientrare nel giro dopo il tramonto di Fini e il fallimento alle elezioni politiche del 2013 con Futuro e Libertà (9).
E di fronte all'ormai conclamato fallimento del progetto tsiprasiano in Italia (10), a cui il Prc continua oggi ad andar dietro per inerzia, Paolo Ferrero si guarda attorno. L'idea fissa è quella di costruire una “Syriza italiana” che riunisca “le forze a sinistra del Pd per aprire un processo costituente” (11). Con occhio attento anche alla “Coalizione sociale” che Landini intende costruire, anche se ad oggi lo stesso Landini appare più confuso che persuaso (12).
Le ultime operazioni opportunistiche del Pcl di Ferrando
Come dicevamo in premessa, i comunisti hanno il dovere – in caso di partecipazione alle elezioni borghesi - di presentarsi col loro programma, al fine di provare a guadagnare nuovi militanti aquel programma, cioè alla causa rivoluzionaria. Questo principio basilare del marxismo è stato totalmente rimosso dal Pcl, il gruppo ferrandiano che si presenta come “rivoluzionario” e financo come "trotskista" ma che noi definiamo centrista, nel senso di oscillante fra (saltuari) proclami rivoluzionari e pratiche riformiste.
In queste regionali il Pcl si presenta in due regioni: Liguria e Umbria. In Umbria questo partito, che si è sempre definito "antistalinista", fa un blocco elettorale e programmatico con il gruppo "Casa Rossa", che si richiama a Togliatti (numero due dello stalinismo e mandante dell'omicidio di Tresso, fondatore del trotskismo italiano a cui è intitolata qualche sezione del Pcl), nonché a Mao e al Partito "comunista" cinese. Non si tratta, come è stato scritto sul sito del Pcl (13) qualche giorno fa, in risposta polemica a noi ma evidentemente parlando più che a noi a qualche militante del Pcl che sarà rimasto turbato da questa operazione opportunistica, di un "accordo tattico" tra due gruppi (operazione che sarebbe in ogni caso discutibile, date le posizioni di questa "Casa Rossa"): ma di un vero e proprio blocco programmatico con i togliattiani (14). Il simbolo del Pcl è fuso con quello di "Casa Rossa" e il programma che si presenta è unico, comune (15).
Conclusioni Dire la verità, presentarsi per quello che si è, portare il programma comunista nei movimenti, nei luoghi di lavoro, nelle lotte, ed eventualmente nelle tribune politiche. Questo è ciò che i comunisti devono fare, questo è quello che facciamo, in Italia come Pdac, così come in tanti altri Paesi del mondo dove i nostri compagni stanno contribuendo assieme a noi alla costruzione del partito internazionale e internazionalista necessario alle masse oppresse e sfruttate. Siamo ben consapevoli, rispetto all'enormità del compito, che il nostro lavoro è ancora alla fase embrionale, ma siamo altrettanto consapevoli che abbiamo posto delle solide basi a questo progetto, laddove altri arretrano, implodono, si frantumano e qualche volta, più o meno consapevolmente, passano dall'altra parte della barricata.
Note
1. E' sulla base di queste ragioni che il Pdac si presenta alle imminenti elezioni nella Regione Puglia:http://www.alternativacomunista.it/content/view/2150/1/
3. Quello che balza subito all'occhio è la totale assenza di una visione e, conseguentemente, di una prospettiva di classe, nelle parole e nelle azioni di questi soggetti: per loro, evidentemente, il problema si risolve nel Pd, non nella classe sociale che sostiene e foraggia il Pd come tutti gli altri partiti di sistema! http://www.comunisti-italiani.it/2015/05/15/manuela-palermi-la-liguria-dara-dispiaceri-a-renzi/
5. Per un'analisi di classe sul fenomeno Syriza: http://www.alternativacomunista.it/content/view/2123/1/
6. In merito a questo argomento, consigliamo la lettura del seguente articolo:http://www.alternativacomunista.it/content/view/2128/1/
7. Nei link di seguito si può leggere la reazione piccata della Rete dei comunisti e soci:http://contropiano.org/interventi/item/29825-elezioni-in-campania-l-autonomia-e-l-indipendenza-non-sono-un-optional ;http://www.appellomaggio.it/?p=238 . Come si può notare, al di là della critica all' “accordo elettorale fra sigle partitiche, completamente staccato dalla realtà sociale”, anche questi altri non vanno oltre la visione riformista, indicando infatti come propri modelli di riferimento i populisti spagnoli di Podemos e i socialdemocratici greci di Syriza.
8. Indichiamo al link di seguito il programma di questo gruppo riformista che, in quanto tale, contesta non il sistema capitalista quanto piuttosto i suoi "aspetti negativi" (come se ce ne fossero di buoni). Si sostiene infatti, fra le altre cose, che è “in crisi il patto sociale e democratico mediato fra le classi sociali nel secondo dopoguerra”, e dunque, che siano conciliabili gli interessi fra le classi sociali in lotta! Piuttosto che la nazionalizzazione delle banche si rivendica “la presenza dello Stato” (quello borghese ovviamente) “nella proprietà delle banche” e, più in generale, si auspica “un'inversione radicale rispetto alle politiche che hanno segnato i decenni scorsi”, politiche in difesa del lavoro, dell'ambiente, dei migranti, del diritto alla salute e alla casa ecc Tutte cose che i nostri riformisti ovviamente non spiegano come possano essere ottenute nel quadro del sistema capitalista: http://www.partito-lavoro.it/images/documenti/sintesi_riprendiamoci_il_futuro.pdf
9. Da notare questo articolo firmato da Della Seta e Ferrante, ex parlamentari del Pd e poi tra i fondatori di Green Italia, che pregustano la possibilità di imbarcarsi in un eventuale soggetto politico che abbia come riferimento Pippo Civati (recentemente fuoriuscito dal Pd), un soggetto che avrà il pregio – sostengono con certezza – di non essere una “cosa rossa” e di essere libero da “gabbie ideologiche”. Un bel biglietto da visita per Civati, non c'è che dire!http://greenitalia.org/quella-di-civati-non-sara-una-cosa-rossa-per-questo-funzionera/
10. Proprio pochi giorni fa, il veloce processo di sgretolamento dell'Altra Europa con Tsipras ha conosciuto un ulteriore passaggio, con l'addio dell'europarlamentare Barbara Spinelli:  http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/11/barbara-spinelli-addio-alla-lista-tsipras-no-ad-atomizzazione-sinistra/1673212/
11. http://www.affaritaliani.it/politica/nasce-la-costituente-della-sinistra-ferrero-lavorare-con-landini-366105.html
Sulla stessa lunghezza d'onda l'ultimo comunicato di Paolo Ferrero, in cui il dirigente del Prc prende come modello di riferimento per la sua "costituente" gli spagnoli di Podemos e i greci di Syriza, che a suo dire costituirebbero delle "alternative" alle politiche di austerità: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=18262
12. Landini lancia la "coalizione sociale", ma nemmeno lui sa di cosa si tratta. Parla di "un cantiere in evoluzione" ma senza specificarne la funzione e gli obiettivi. Lamenta il fatto che le leggi le fa la Confindustria quando lui, al di là delle chiacchiere nei salotti televisivi, ha chinato la testa anche davanti all'accordo vergogna sulla rappresentanza sindacale firmato proprio dai confindustriali con Cgil, Cisl e Uil.
 
 http://www.repubblica.it/politica/2015/05/18/news/coalizione_di_landini_ecco_il_programma-114611955/
14. Significativo poi che, a coronamento del terribile pasticcio, il Pcl nel suo comunicato relativizzi le differenze fra i comunisti e gli stalinisti (“al di là di alcune posizioni che riteniamo sbagliate”), liquidando in due parole un secolo di lotte fra rivoluzionari e controrivoluzionari! Ci chiediamo se in campagna elettorale il Pcl presenterà agli elettori il comunismo di Marx ed Engels, oppure quello del Venezuela chavista (!) piuttosto che quello della Cina (!).

giovedì 28 maggio 2015

Ventotto maggio, di ritorno da Roma

Comitato di Lotta per il lavoro


Ventotto maggio, di ritorno da Roma

E’ stata deserta la tenda davanti al Municipio di Frosinone questa mattina. Tutti i lavoratori della ex Frosinone Multiservizi  si sono trasferiti a Roma sotto la Regione in attesa di buone nuove.
E come al solito le presenze erano consistenti: la segreteria dell’Ass.to al Lavoro con Caligiuri, due consiglieri regionali Buschini e BIanchi, il Sindaco di Alatri, il Presidente della Provincia e il Vicesindaco di Frosinone. Più 6 dirigenti parti sociali lavoratori…. Insomma in tanti intorno al morto nella speranza che resusciti. Ma qualcuno gufa. Tutti gli sforzi di decine d’incontri di viaggi, di mozioni, ordini del giorno, promesse e quanto altro trovano sempre al dunque un muro invalicabile.
Così è stato anche stavolta. Alle parole della Regione di una necessità di una volontà politica chiara tra enti, con numeri definititi e redatti su un piano industriale, alla stanca ma chiara e distinta posizione del Comune di Alatri che rimane disponibile alla costituzione della newco avendo dovuto fare un bando per dare risposta alla richiesta di stabilizzazione dei lavoratori, faceva un’afona eco la Provincia impigliata nel tritatutto della legge DelRio ma che in ogni modo rimane disponibile non appena saranno date le deleghe sulla viabilità. Ribadiva la posizione regionale sia Bianchi che Buschini  sulla disponibilità dei €.2 milioni per la viabilità e per una soluzione degli esuberi… Ma Trina no. Appena le cose, come non mai, si sono fatte stringenti, ammetteva di non poter siglare alcun minimo accordo se non stravolgendo le richieste di una compartecipazione economica della Regione già esclusa almeno due anni fa… Trina, incartatosi, cercava di dare responsabilità ad altri rispetto alle mancate scelte della Amministrazione di Frosinone rendendo effervescente il tavolo tanto da provocare reazioni piccate nei rappresentanti regionali.
Veniva fuori abbastanza chiaramente il gioco delle risorse del comune di Frosinone, che piange miseria quando deve parlare di nuova società pubblica e invece elargisce a piene mani quando si parla di cooperative (più di 5 milioni in due anni): perché il prossimo appalto del cimitero non subisce un taglio come subirebbe se fosse nella newco e rimane fermo a €.349 mila come da delibera 18/14, quando invece gli altri servizi saranno tagliati almeno del 20%? La risposta è stata data da Manchi stesso che ancora una volta si è mostrato prono al potere giustificando tecnicamente un interesse tutto politico. Il cimitero è il terzo appalto oggi affidato dopo almeno 7  proroghe ancora a Sol.Co.  Nei prossimi mesi o giorni alcuni servizi verranno mantenuti intatti a seconda degli interessi della Amministrazione, altri saranno tagliati o del tutto o alla bisogna.
L’incontro veniva aggiornato all’8 giugno quando, con l’impegno preso dal segretario Scimè - che non è riuscito ad articolare alcuna difesa dell’operato amministrativo sugli affidamenti alle coop sociali di tipo B -,l Frosinone valuterà per intero le risorse disponibili, le sommerà a quelle di Alatri e insieme proveranno a quantificare il numero di lavoratori da ricollocare.   
I lavoratori rimangono perplessi davanti all’inconsistenza delle posizioni di Frosinone che però non vuole alzarsi da un tavolo sempre sparecchiato. Essi hanno chiesto quale futuro per i servizi al 31 maggio come prova della sincerità delle parole di Trina: alcuno ha voluto rispondere, né la politica né i dirigenti.
Di ritorno a Frosinone si viene a sapere che i servizi avranno un mese ancora di deroga, alla faccia della legge. La politica e i dirigenti hanno fatto ancora una figura barbina, senza coraggio, senza serietà, paurosi fino al punto di no rispondere per dire come stanno le cose.  
Con queste le proroghe alle coop sociali di tipo B arriveranno quasi a ottanta! La presa in giro collettiva si conferma. I lavoratori, che hanno imparato la strada, non devono fare altro che inviare una nuova segnalazione. Cantone non ti distrarre. 

L'irresistibile fascino universale dell'entropia

Luciano Granieri



Martedì scorso, 26 maggio, ha avuto luogo, presso l’aula magna del Liceo Classico Norberto Turriziani la presentazione del volume “dell’entropia ancora”   ultimo libro del poeta saggista Alfonso Cardamone.  L’evento, promosso dall’”Associazione  ExAlunni Turriziani” ha visto la partecipazione, dell’autore Alfonso Cardamone,  dei professori Renzo Scasseddu e Marcello Carlino il quale ha arricchito  il testo con una efficace prefazione.  

Ho avuto la fortuna di partecipare all’incontro grazie all’invito di Alfonso che, oltre a saggista e  poeta, è anche prezioso ed illuminante amico.  Prima di proseguire nella stesura dell’articolo mi preme sottolineare, per correttezza,  come le considerazioni che seguono siano il frutto delle riflessioni di  un  semplice appassionato  lettore, non particolarmente addentro alle dinamiche lessicali e semantiche della poesia. Per cui confido nella clemenza di chi è più esperto di me su eventuali inesattezze o pressapochismi. 

Il volume “dell’entropia ancora “ racchiude una serie di componimenti poetici, brevi asciutti, accompagnati dalle tavole del pittore Angelo D’Onorio.  Un connubio di arte, poetica e pittorica, dalla potenza comunicativa ed emozionale fuori dal comune. Ad accompagnarci, nel mondo anarchicamente  ed entropicamente creativo  di Alfonso Cardamone, due maestri  d’eccezione:  Il professor Renzo Scasseddu, il quale ci ha guidato nei meandri stilistici, del fluire poetico di Alfonso, e il professor Marcello Carlino che si è soffermato sulla semantica di quei versi graffianti e teneri (mi scuserete di questo ossimoro che è tutto mio, ma che dovrebbe rendere bene uno dei filoni su cui si snoda l’entropia di Alfonso). 

Si comincia da Itaca, la dove nasce il viaggio di Ulisse,  dove nasce il viaggio della vita di ognuno di noi. E ad Itaca si torna, “l’approdo” dopo essere ripartiti ancora una volta “tornando a sciogliere le gomene”. Questo è l’Universo. L’Universo di Ulisse, e  l’Universo di ognuno di noi. Uno dei temi cari ad Alfonso Cardamone  è proprio l’idea di un’identità universale  legata  e limitata alla vita delle persone. Si ignora  l’esistenza  di un’entità al di fuori di noi, la si può intuire, immaginare, ma nulla si conosce di essa. 

La  nostra percezione, il nostro vivere l’Universo inizia  dal non noto, con la nascita, ed inevitabilmente torna al non noto con la morte. Ed in mezzo? In mezzo c’è la vita, la nostra vita, un percorso che si consuma secondo un presente di “deformazione delle immagini, di dissolvimento delle esperienze e della percezione” per citare Alfonso. E’ dunque un percorso fortemente entropico, è un continuo susseguirsi di ossimori: la crudeltà dei sogni ingannatori, che come schegge avvelenate ingiuriano la carne illusa dell’uomo,  unita alla  tenerezza del nonno che guida il nipotino per mano. Dunque l’entropia in attesa della morte. Ma proprio perché entropico il viaggio della vita, che ha un esito certo, è incerto e affascinante.  Questo è uno dei messaggi che mi è sembrato cogliere dal volume di Alfonso Cardamone. Ripeto sono considerazioni del tutto personali. 

Questo succedersi della nascita, dell’evolversi entropico e della morte del “NOSTRO” Universo, mi richiama alla musica di John Coltrane. Una poetica musicale che parte dall’esposizione di un tema, magari non pedissequamente eseguito nella sua precisa  forma melodica, (Itaca) per poi  avventurarsi nell’entropia dell’imporvvisazione più delirante, parola intesa nel  suo senso strettamente  etimologico derivante dal Latino. In cui de -lirare significa  seminare fuori dal solco dell’aratro (lira) , come ci ha mirabilmente spiegato il professor Scasseddu. Dunque un’imporvvisazione delirante, entropica, determinata dalla creatività emotiva di quel musicista,  diluita  e limitata al  tempo dell’esecuzione, che non è prevedibile. Un viaggio sonoro che inevitabilmente riporta a Itaca, cioè alla figura melodica di partenza, al tema. 

Unitamente ai video relativi alla presentazione del libro, ho pubblicato un contributo musicale, che dovrebbe essere esplicativo di queste dinamiche. Il brano è “Naima” di John Coltrane. Dopo l’esposizione del tema, eseguita dal Coltrane al sax tenore e da Erich Dolphy al clarino basso, lo stesso Dolphy si lancia in una improvvisazione entropica, fuori dal solco dell’aratro. Quel solco rimane sullo sfondo impercettibile. E’ ignorato, ma esiste. Anche il successivo assolo  del pianoforte di McCoy Tyner è completamente esterno  al solco, deviano anche le figure ritmiche di Elvin Jones alla batteria. Solo Reggie Workman al contrabbasso rimane a delineare, appena accennata,  la lira dell’aratro. Tutto poi ritorna alla melodia iniziale e termina. Naima costituisce il sottofondo musicale delle immagini  di alcune opere di Angelo D’Onorio ,straordinario autore delle tavole che illustrano il libro di Alfonso. 

Ma nell’entropia assoluta di questo mio argomentare esiste un punto fermo. E’ la  tendenza a buttarla in politica.   Martedì scorso mi sono rigenerato, fra le mura amiche del Liceo Classico Turriziani, istituto che ho frequentato ahimè con scarso profitto, diversi decenni fa. Ho assaporato  il privilegio e la gioia di  dissetarmi  presso fonti  di sapienza e di humanitas, alimentate dalle  parole di Cardamone, Carlino e Scasseddu. Ma nello stesso tempo, in un lampo di razionalità, ho realizzato come tale privilegio, difficilmente potrà essere goduto da altri alunni nei prossimi anni. 

E’ una riflessione amara che deriva dal constatare come l’idea di scuola che da decenni si tenta di imporre, e che sta trovando il suo pieno compimento con il ddl renziano sulla Buona Scuola, sia anni luce lontana da ciò che stava avvenendo fra le mura del Liceo Classico.  L’istruzione finalizzata alla formazione della sensibilità umana , alla capacità di apprendere e capire le persone intorno a noi, la predisposizione alla condivisione del sapere, è in grave pericolo, è prossima alla distruzione. Destinata a soccombere sotto i colpi di una nuova idea di scuola pubblica , in cui gli insegnanti  sono obbligati  ad eseguire i comandamenti del preside manager, e gli studenti,  sono trasformati  in nuovi schiavi,   anziché in persone coscienti e pensanti.  Ecco,  l’ordine pianificato finalizzato di questa idea di scuola asservita al mercato, va assolutamente combattuto con la sterminata ed affascinate entropia della cultura vera, quella che aiuta a diventare donne e uomini. 

Un grazie di cuore ad Alfonso Cardamone per il privilegio che mi ha concesso.



mercoledì 27 maggio 2015

La finta.

Luciano Granieri

Frosinone in serie A. La giunta di centro destra, con a capo il sindaco Ottaviani, prende la palla al balzo e dirotta sulla costruzione del nuovo stadio alcuni finanziamenti  ottenuti dalla Cassa Depositi e Prestiti per altri interventi da effettuarsi in città, fra i quali: il parco delle Fontanelle e una struttura sportiva per disabili. 

Finalmente il Pd frusinate, fino ad oggi inconcludente nella sua opposizione ai colonnelli del sindaco Ottaviani, ha uno scatto di orgoglio.  Venturi  segretario cittadino dei "Democrat"   annuncia di aver presentato un esposto per rimarcare l’anomalia della procedura inerente la  deviazione di fondi dalle opere a cui erano destinati al nuovo stadio.  

Le reazioni dell’assessore alle finanze Mastrangeli sono rabbiose, rancorose.  Il responsabile dell’economia frusinate accusa il Pd di aver rallentato e di molto i lavori del nuovo stadio. A seguito dell’esposto presentato da Venturi, segretario cittadino del Pd,  la Cassa Depositi e prestiti erogatrice del finanziamento,  avrebbe informato la Corte dei Conti, la quale, a sua volta, avrebbe rallentato i lavori. 

Lo stizzito Mastrangeli riferiva al giornalista de “l’Inchiesta” Alessandro Redirossi, di essersi sobbarcato diversi viaggi a Roma per risolvere la cosa. Ma ad analizzare bene la faccenda si scopre che il segretario Venturi ha si presentato l’esposto, ma non alla Cassa depositi e prestiti e men che mai alla Corte dei Conti. 

Il segretario ha semplicemente consegnato  il documento ai suoi collaboratori per verificarne la correttezza prima di inviarlo agli uffici preposti. Cioè la Cassa Depositi e Prestiti, e conseguentemente la Corte dei Conti, avrebbero bloccato l’iter per la costruzione del nuovo stadio, a seguito di un esposto che non hanno mai ricevuto e che è uscito dalla scrivania di  Venturi, solo lunedì scorso 25 maggio.  

Insomma l’assessore Mastrangeli e il sindaco Ottaviani, con le loro reazioni scomposte e romanzate hanno dimostrato di esserci cascati con tutte le scarpe…… Non c’è che dire la finta che Venturi ha operato ai danni della giunta Ottaviani è degna del miglior Messi.   Annotiamo  positivamente l’inatteso risveglio  dell’opposizione. Per adesso sono solo finte, speriamo che presto seguano i fatti.



Clicca qui  per accedere all'articolo di Alessandro Redirossi su "l'inchesta quotidiano".

LA RIFORMA DELLA SCUOLA PROPOSTA DAL GOVERNO RENZI TRA CONSERVAZIONE E AUTORITARISMO”.

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni

Le associazioni ed i cittadini si incontrano con esperti e dirigenti della scuola, VENERDI’ 29 MAGGIO 2015 ORE 16.30, presso la CASA DEL VOLONTARIATO (ADIACENTE CINEMA ARCI) in  VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA -  FROSINONE SCALO -per dibattere sul seguente tema:” LA RIFORMA DELLA SCUOLA PROPOSTA DAL GOVERNO RENZI TRA CONSERVAZIONE E AUTORITARISMO”.
L’incontro  è aperto al contributo e alla partecipazione dei cittadini, degli studenti e delle loro famiglie,  del personale della scuola di ogni ordine e grado e dei Consigli d’Istituto.

Frosinone 27 maggio 2015. 

video di Luciano Granieri.

I lavoratori della Frosinone Multiservizi a Roma

Comitato di lotta Frosinone

Ai Consiglieri Comunali Comune di Frosinone
P.c. Ai Parlamentari eletti nella provincia
Ai Consiglieri Regionali eletti nella provincia
Al Presidente Amministrazione Provinciale Antonio Pompeo
AL Sindaco Giuseppe Morini di Alatri
Al Vice Sindaco Francesco Trina Comune di Frosinone
Alle forze sociali



 Carissimi Consiglieri Comunali,
per l’ennesima volta da due anni, in merito all’occupazione dei lavoratori ex Multiservizi, il 28 maggio si torna alla Regione per attendere i risultati di un tavolo che più che apparecchiato sarebbe da apparecchiare.
Il Comune di Frosinone, che tiene il banchetto, si presenta sempre a mani vuote. Anzi più di qualche volta ha preteso di “azzuppare” il pane nelle scodelle altrui. Ma la cosa più rilevante è che ha sempre descritto la propria dispensa come vuota e impossibile da riempire. Sappiamo invece che nottetempo - e anche di giorno - la dispensa veniva saccheggiata da personaggi a cui è stato permesso: hanno spacchettato il vitto, hanno detto che l’avrebbero donato, bontà loro, agli svantaggiati, che invece non hanno visto niente; hanno affermato che sarebbe durato cinque mesi e invece sono ancora là da due anni a banchettare; e, soprattutto, si sono mangiati tutto ciò che si diceva non vi fosse disponibile per gli altri che sono intanto impegnati nel ripagare debiti salati non contratti da loro, anzi moltiplicando ancora ciò che prima non vi era, senza che alcuno gridasse al miracolo.
Ora qualcuno dall’alto ha suggerito che la dispensa non può essere saccheggiata così platealmente. Addirittura è sopraggiunta la legge a chiarire alcune minime regole per non strabordare eccessivamente dalla legittimità amministrativa. La Giunta quindi si è riunita in conclave, con nuovo grave sprezzo del Consiglio Comunale, per fornire la scialuppa di salvataggio agli ormai bulimici personaggi e provare a continuare come sempre. Ci si ingegna, si legge e rilegge le note della norma, si cerca in tutti i modi di non chiudere ‘sta cucina ma renderla sempre disponibile.
Egregi Consiglieri, avete letto e votato, con i soliti “avvertimenti” di “qualcuno”, l’ordine del giorno presentato anche da una parte della maggioranza, dove si manifesta l’ennesima disponibilità a tracciare un percorso comune. Peccato però che nelle segrete stanze alla faccia delle prerogative del Consiglio Comunale, si prova a trovare una quadra per quell’inestricabile, colpevolizzante percorso di esternalizzazione dei servizi alla “ciociara”.Appena qualche ora dopo compariva all’albo pretorio la determina 631/15Affidamento a mezzo di Procedura Aperta per l’affidamento dei Servizi Cimiteriali. Determinazione a contrattare ai sensi dell’art. 192 del D.Lgvo nr. 267/2000 e ss. mm. - Approvazione Capitolato Speciale d’Appalto, DUVRI, Schema disciplinare di gara, determina, aggravata dalla estensione dei servizi, per €.349.000,00 all’anno per tre anni.
E’ evidente dunque che la relazione con noi, esclusi al passaggio alle cooperative oggi attendati da più di un anno, continua a fondarsi su terreni che non sono quelli di confronto per una possibile condivisa via d’uscita, ma sono quelli di una sostanziale, perpetuata e pesante presa in giro collettiva. I lavoratori, pur consapevoli, non sanno però giocare a tale partita. Le armi di opposizione alla violenza del potere, perché di ciò si tratta, sono spuntate. Essi, d’altro canto, non passano la loro esistenza a pensare e ad adoperarsi nel favorire alcuni piuttosto che altri; a imporsi escludendo; a raggirare in favore proprio. In altro modo avrebbero fatto carriere diverse.
Noi siamo brutti sporchi e, a parole, cattivi, forse, ma necessariamente figli della nostra storia di obbedienti/subordinati che all’ennesimo diritto violato hanno osato alzare la testa. Siamo stati puniti e continuiamo ad essere puniti e colpevolizzati nonostante fossimo gli ultimi da poter biasimare nel disastro Multiservizi. Agli occhi di chi per raggiungere le vette della politica polarizza fino allo scontro le posizioni, mostrandosi quindi provocatorio, indefettibile, supponente, ma condiscendente con i poteri forti (lèggasi acqua e sanità per tutti), vi è poco interesse nel volgere il capo verso le drammatiche esigenze primarie della maggioranza della popolazione. Anzi è nella durezza delle risposte che ci si è fatti scudo nell’intimorire l’intero Consiglio Comunale e tramutarlo in una camera consenziente, confusa nel non comprendere ciò che è di proprio indirizzo e ciò che è di controllo, ripristinando all’uopo clamorose alleanze.
A Roma, purtuttavia, ci andiamo lo stesso e pure in tanti. Anche davanti alla preannunciate scelte già probabilmente consumate. La ricerca della giustizia, quella sociale, ma non solo visto come stanno andando le cose, non ci può frenare ora che tutti hanno verificato sulla pelle di chi si amministra e su quale illusione immaginaria ci si vanta dei risultati positivi per la città.
Non ci sarà stadio, non ci sarà festa, non ci sarà questione ammantata di sviluppo se prima non sarà risolto il dramma dell’occupazione, del reddito, di migliaia e migliaia di persone in preda alla presente povertà e prossima ventura miseria.

Saluti dalla tenda che pure è davanti al Municipio da 416 giorni ma appare, a chi di dovere, invisibile.

Frosinone 27 maggio ’15                                                                                   

  I lavoratori della Frosinone Multiservizi

martedì 26 maggio 2015

Quando "buona" significa "privata"

Fabiana Stefanoni

Non si ferma la mobilitazione di precari, insegnanti e studenti

Ha fatto notizia il grottesco videomessaggio di Matteo Renzi a difesa del disegno di legge sulla scuola. Da bravo rigattiere da trasmissione televisiva di terz'ordine, il premier si è presentato davanti ad una lavagna dell'anteguerra, con in mano un gessetto. Ha poi cercato di spiegare perché la sua "buona scuola" è da difendere, scrivendo sulla lavagna i cinque punti forti della sua "riforma". Molti docenti hanno ironizzato sul fatto che è riuscito a commettere un grossolano errore, scrivendo sulla lavagna cultura umanista, anziché umanistica. Ma, essendo avvezzi all'ignoranza dei nostri ministri o primi ministri - tutti ricordano le gaffes della ministra dell'Istruzione Gelmini, che aveva pubblicamente parlato di un tunnel sotterraneo di collegamento tra la Svizzera e il Gran Sasso... - non ci stupiamo.
Ciò che salta all'occhio è, invece, l'evidente difficoltà del governo di fronte alle mobilitazioni del mondo della scuola, insegnanti in primis: per questo il premier ha avuto bisogno di cimentarsi in questo ridicolo video-spot con lavagna.
 
La privatizzazione dell'istruzione pubblica e lo studente-lavoratore non pagato
Renzi non sarà stato un bravo allievo (almeno nelle materie umanistiche), ma sicuramente ha studiato con profitto alla scuola di Marchionne. Esattamente come Marchionne, che ha imposto in Fiat un modello basato su autoritarismo, disciplina e supersfruttamento, azzerando la tradizionale politica concertativa col sindacato più rappresentativo (in quel caso la Fiom in Fiat), così Renzi ha deciso di imporre alla scuola un modello autoritario e aziendalista basato sulla figura autocratica del dirigente-sceriffo. Anche in questo caso, il premier ha deciso di ignorare le rivendicazioni - tra l'altro molto timide - del principale sindacato (in termini d’adesioni) tra i lavoratori della scuola, la Cgil. Nessuna concessione è stata fatta, per ora, a differenza che in Fiat, nemmeno ai sindacati gialli (Cisl e Uil).
Del resto, i bilanci dello Stato italiano - che è il Paese europeo col debito pubblico più alto dopo la Grecia - sono meno rosei di quelli della Fiat. E' per questo che per la scuola pubblica, come già avvenuto nei trasporti, nella sanità, nei servizi sociali, la strada maestra per il governo è la privatizzazione. Il salasso di otto miliardi del governo Berlusconi (con la famigerata controriforma Gelmini) non è bastato, né al governo italiano né alla Troika. 
Se si considerano i punti salienti del disegno di legge, ciò che emerge è la trasformazione delle scuole in aziende dirette da un preside-manager dotato di superpoteri: da quello di scegliere il personale delle sue scuole (con i conseguenti fenomeni di clientelismo e discriminazione) fino alla possibilità di attingere finanziamenti privati dove meglio crede. Sulla sua lavagnetta, Renzi ha indicato al primo punto, come elemento "forte" della "buona scuola", l'alternanza scuola-lavoro: è un fatto reale. Con la controriforma aumentano le ore d’alternanza scuola-lavoro: tradotto, significa che gli studenti dedicheranno molte più ore del loro tempo scolastico a... lavorare gratuitamente in azienda.
E' facile prevedere che le aziende che decideranno di elargire finanziamenti a una scuola del territorio riceveranno in cambio convenzioni che permetteranno loro di risparmiare sul personale. E' un fenomeno che già oggi avviene, e che con questa controriforma è destinato ad aggravarsi: gli studenti rinunciano a molte ore d’insegnamento, preziose per la loro formazione, per andare a svolgere stage non retribuiti in aziende del territorio... E, spesso, in aziende che poco o nulla hanno a che vedere col percorso di studi dello studente. Un bel risparmio per i padroni, che così possono fare a meno di assumere personale.
 
Assunzioni dei precari: sì, ma come?
La tanto sbandierata assunzione di centomila precari della scuola non ha convinto nessuno, tantomeno i precari stessi. Prima di tutto va precisato che il governo si trova costretto ad assumere i precari della scuola per una sentenza della corte di giustizia europea, che ha sanzionato l'Italia per l'illegittimo reiterare dei contratti a tempo determinato. Esiste, infatti, una legislazione che impone l'assunzione nella pubblica amministrazione dopo 36 mesi di lavoro: principio completamente ignorato per ragioni di risparmio. I contratti precari sono stati sistematicamente reiterati per anni o decenni, per evitare il pagamento dei mesi estivi e delle tredicesime.
In questi anni, la condizione lavorativa dei precari è costantemente peggiorata: riduzione delle ore di lavoro su molte materie (in particolare dopo i tagli della Gelmini), scippo della monetizzazione delle ferie non godute (cioè 1.000 euro in meno l’anno), proroga del pagamento del tfr, ritardi di mesi nell'erogazione degli stipendi per le supplenze brevi, ecc. A molti precari è stato chiesto di svolgere costosissimi (3.000 euro circa) corsi abilitanti a frequenza obbligatoria... che oggi diventano carta straccia. Il piano d’assunzioni esclude a priori decine di migliaia d’insegnanti abilitati (del tfa, dei pas e del diploma magistrale) che, dopo anni di lavoro e di sacrifici, dovranno scordarsi per sempre l'assunzione. Il disegno di legge dice, infatti, che, d'ora in poi, non sarà più possibile protrarre i contratti di lavoro nella scuola oltre i 36 mesi: in altre parole, per aggirare la sentenza della corte di giustizia europea... il governo licenzia tutti.
Ora, i "fortunati" che rientreranno nel piano d’assunzione, dovranno adattarsi al peggio. Prima di tutto, saranno chiamati a discrezione dei dirigenti; in secondo luogo, dall'anno scolastico 2016-2017, dopo un anno di prova nella provincia d’appartenenza, finiranno in albi regionali, quindi potranno essere assunti anche in scuole molto lontane da quella dove abitano (e non potranno rifiutare pena il licenziamento in tronco); infine, saranno ricattabili a vita, poiché i loro contratti dovranno essere rinnovati di tre anni in tre anni... Tutto questo, sia detto per inciso, senza sapere esattamente cosa dovranno insegnare e come. L'idea del governo è, infatti, quella di utilizzare questa massa d’assunti come tappabuchi nelle varie scuole o per svolgere attività pomeridiane e serali (quindi senza più nessuna regola negli orari).
Per il personale già di ruolo le cose non andranno molto meglio: chi perde il posto in una scuola o chiede trasferimento finirà parimenti nei famigerati albi regionali, dove dovrà accettare quel che viene, pena il licenziamento. Tutto questo mentre il contratto di lavoro non è rinnovato dal 2006 e gli stipendi sono sempre più inadeguati al costo della vita. Non solo: nel disegno di legge si dice esplicitamente che tutti i punti che sono in contraddizione col contratto nazionale di lavoro in vigore... implicano l'annullamento del contratto nazionale stesso!
 
Avanti con la mobilitazione!
Renzi ha basato la sua campagna per le primarie sulla scuola, presentandosi come il difensore degli insegnanti (contando sul fatto che una buona fetta d’insegnanti ha tradizionalmente sempre votato Pd). All'indomani della sua elezione a premier, tra i lavoratori della scuola e anche tra i genitori, si sono create molte illusioni sul premier "salvifico". Ora, tutte le illusioni seminate si stanno rivelando un boomerang per il governo: non è un caso che i recenti scioperi (in particolare quello del 5 maggio) abbiano avuto una delle adesioni più alte degli ultimi decenni. Soprattutto, è la prima volta che la scuola sciopera e protesta in massa contro un governo a guida Pd. E' il segno che la misura è colma. Anche gli studenti hanno fatto sentire la loro voce, in particolare in occasione del boicottaggio delle prove invalsi: e la sensazione è che queste mobilitazioni siano solo un piccolo anticipo di ciò che accadrà in autunno.
Mentre scriviamo questo articolo, il governo sta cercando di far passare in fretta e furia la legge in Senato. Ma gli insegnanti - e anche i loro sindacati, su pressione della base - hanno annunciato che la protesta non si fermerà con l'approvazione della legge in Senato. Sono già in programma scioperi in occasione degli scrutini di fine anno (le operazioni con cui si assegnano i voti agli studenti) e, da parte sia dei comitati di lotta più combattivi sia d’alcuni sindacati di base, si sta valutando l'ipotesi di procedere ad oltranza (eventualmente rompendo i vincoli della legge 146/90 che impedisce lo sciopero prolungato in questo settore).
Ma la cosa più importante è che la scuola sta diventando un elemento catalizzatore di tutto il malcontento sociale: i ferrovieri della Cub hanno espresso solidarietà alla mobilitazione degli insegnanti, dicendosi disposti a mobilitazioni unitarie fino allo sciopero generale. Analoga solidarietà è venuta dal mondo dei metalmeccanici. Messaggi che sono stati accolti con entusiasmo dai lavoratori della scuola, a dimostrazione che la situazione sta diventando esplosiva ed è forte la domanda di un nuovo sciopero generale (sciopero che, per ora, le burocrazie sindacali non hanno intenzione di proclamare, a parte qualche esternazione, non seguita dai fatti, di Landini).
 
Serve un sindacalismo combattivo
Le sorti della scuola pubblica, così come quelle di tutti gli altri settori colpiti dalla crisi, possono trovare una via d'uscita solo con una grande mobilitazione, unitaria e di massa, che cacci, con lo sciopero prolungato, il governo Renzi. Ma, per arrivare a questo fine, è necessario che i lavoratori si organizzino indipendentemente dai grandi apparati sindacali concertativi: serve un sindacalismo combattivo, che ponga l'unità delle lotte e la democrazia sindacale al centro della propria azione. Sindacalismo che, non a caso, il governo Renzi e Confindustria stanno cercando di distruggere, come dimostra il vergognoso accordo sulla rappresentanza che cancella il sindacalismo conflittuale nelle fabbriche: un accordo contro cui in molti hanno gridato, ma che, alla prova dei fatti, in molti stanno firmando: dalla Fiom di Landini fino ai Cobas Lavoro privato e - brutta notizia delle ultime ore - anche Usb.
I padroni, il governo e i grandi apparati burocratici, contando sulla debolezza e la frammentazione del sindacalismo "conflittuale", hanno vinto un’importante battaglia. Ma la guerra non è finita: è necessario che gli attivisti onesti e i lavoratori si oppongano con determinazione alle nefaste decisioni dei loro dirigenti, nei grandi come nei piccoli sindacati. Senza sindacalismo conflittuale si potranno solo subire le politiche d’austerity: impediamogli di vincere! Costruiamo l'opposizione di classe ai governi dei padroni!

Colleferro, acqua e ACEA ATO2

Rete per la tutela della Valle del Sacco 

L’acqua di  Colleferro ad ACEA ATO 2 S.p.A., in quale contesto economico e normativo?
Che decisioni sta prendendo la Regione Lazio?
Ovvero
PRESIDENTE ZINGARETTI VUOLE ESSERE COMPLICE DELLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA?




La deliberazione n. 5 del commissario straordinario, Dott.ssa Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi con i poteri del Consiglio Comunale, ha deciso il “Conferimento in concessione gratuita ad ACEA ATO 2 S.p.A. delle infrastrutture idriche di proprietà del Comune di Colleferro”.

Diciamo subito che il conferimento sottende una transazione economica complessa tra ACEA ATO 2 S.p.A. ed il Comune di Colleferro avente per oggetto le spese sostenute dal comune per gli interventi di adeguamento funzionale dell’impianto di depurazione di Vallesettedue.

Citiamo.

“10)  Di  approvare  lo  schema  di  convenzione,    che  viene  allegato  al  presente  atto  per formarne parte integrante e sostanziale (Allegato 7),  in forza del quale  Acea Ato 2 S.p.A. rimborserà  al  Comune  di  Colleferro  la  quota,  di  competenza  comunale,  del  costo  degli interventi  di  adeguamento  funzionale  eseguiti sul  depuratore  di  Valle Settedue,  pari  ad  € 999.675,84, IVA compresa, tenuto conto che il costo complessivo dell’intervento, pari ad  €  1.795.675,84,  beneficia  di  un  finanziamento  regionale,  non  rimborsabile,  di  € 796.000,00;”.

Questa informazione ci ricorda che nella gestione in essere sino ad oggi tutti gli investimenti, che non fossero interventi su pochi metri di tubo, sono stati fatti con fondi pubblici quindi addebitati alla fiscalità generale e non sono stati scaricati in tariffa sugli utenti.

Saremo comunque più precisi con una analisi puntuale degli aspetti economici del passaggio di gestione.

La situazione cambia con la gestione di ACEA. In base al principio detto del ‘full recovery cost’ tutti i costi sostenuti dal gestore, quindi presumibilmente anche i soldi che Acea darà al comune di Colleferro per il depuratore,  verranno scaricati sulle nostre tariffe.

In realtà la concessione del Servizio Idrico Integrato (SII) del comune di Colleferro ad ACEA risale al 2003, ma sino ad ora ACEA non ha fatto alcuna pressione per una effettiva presa in carico, a differenza di quanto fatto nei confronti di altri comuni dell’ambito  Possiamo presumere che la motivazione di questo comportamento sia stata sino ad ora la situazione in cui versa il sistema idrico, dal lato della depurazione (stato del depuratore) e dalla situazione precaria del sistema di distribuzione: non esiste un vero e proprio acquedotto, mentre molti pozzi sono vecchi ed insistono su zone prossime al fiume ed alle aree inquinate quantomeno nella falda superficiale. Negli ultimi anni sono stati realizzati nuovi pozzi in altra area, adeguati dal punti di vista strutturale e che paiono insistere su altra falda, quella di Ninfa, quindi di notevole valore per il gestore che prende in carico un territorio con pozzi belli e fatti le cui acque potrebbero essere vendute ad altri comuni.

Sul tema della qualità dell’acqua e sul finanziamento della ristrutturazione necessaria ed inevitabile di tutto il sistema i cittadini di Colleferro potranno dire la loro e come loro i cittadini degli altri comuni?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo descrivere brevemente lo stato dell’arte della normativa nazionale e regionale.

A livello nazionale gli ultimi interventi legislativi sono andati nella direzione opposta al risultato del referendum, favorendo la privatizzazione della gestione del SII intervenendo pesantemente sulla Sezione III - Gestione delle risorse idriche del DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale.

In regione Lazio la legge 5/2014 sulla “Tutela, gestione e governo pubblico delle acque” ha recepito in gran parte i contenuti di una legge di iniziativa popolare promossa da diversi consigli comunali, che permette la gestione pubblica dell’acqua con la partecipazione dei cittadini. Purtroppo ancora non sono state portate in discussione alla Commissione Ambiente le norme di attuazione, nonostante fosse stabilito in 6 mesi il termine ultimo e nonostante sia sempre più incombente il rischio di commissariamento per la stessa Regione Lazio da parte del Governo.

In particolare è decisiva la definizione degli ambiti di bacino idrografico ossia gli ambiti territoriali nei quali la gestione del servizio viene affidata secondo la legge nazionale ad un unico gestore. Questo gestore, in base alla legge regionale -conforme alle norme comunitarie che nel merito dettano legge- può essere anche un consorzio pubblico costituito dai comuni dell’ambito.

In merito è giacente una proposta di legge la 238/2015, che riprende una proposta del movimento per l’acqua regionale nella quale sono definiti gli ambiti in base alla struttura idrografica del territorio regionale, così come sarebbe logico e giusto fare.

Perché è cruciale questo passaggio?

In mancanza della definizione dei nuovi ambiti e dei successivi affidamenti si passerebbe al commissariamento della Regione da parte del governo con definizione di un singolo ambito regionale ed affidamento in automatico ad ACEA della gestione di tutto il sistema idrico regionale (in base al fatto che controlla più del 25% dell’infrastruttura).

Nonostante ripetute sollecitazioni e numerosi incontri l’assessore Refrigeri per conto della giunta Zingaretti, pur mostrandosi interessato e d'accordo, non ha fatto alcun passo verso l’emissione delle norme attuative sugli ambiti di bacino.

Nel frattempo, altri 26 Comuni dell’ATO 1 di Viterbo e dell’ATO 2 di Roma martedì hanno dovuto presentare ricorso al Tar per l’annullamento delle diffide della Regione Lazio a cedere le infrastrutture idriche al gestore unico. Eppure, per evitare tutto ciò, basterebbe approvare la proposta di legge consiliare n°238.

Visti i tempi l’esito più probabile è la presa di controllo da Parte di ACEA di tutto il sistema idrico regionale e ciò è coerente con l’obiettivo del governo di fare di ACEA una piccola multinazionale dell’acqua, con base in tutto il centro Italia, Lazio e Toscana in primis.

Anche Colleferro è entrato nel grande gioco dell’acqua, i cittadini di Colleferro possono, anzi, devono prendere parola cominciando da una semplice domanda al presidente della Regione che lunedì scorso, in conclusione della campagna elettorale, è venuto ad inaugurare un reparto ospedaliero.

PRESIDENTE ZINGARETTI, VUOLE ESSERE COMPLICE DELLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA?
CANDIDATI A SINDACO, COSA DITE IN PROPOSITO?

CLICCA QUI per accedere ai documenti citati

Notorietà e leggenda

Luciano Granieri


Come si misura la notorietà di un personaggio? Dalle pagine che i giornali gli dedicano, dei servizi televisivi che lo vedono protagonista, dal numero dalle interviste che rilascia? Certamente l’attenzione dei media è fondamentale. Ma un personaggio entra veramente  nella leggenda quando   cominciano a comparire magliette e t-shirt  che lo citano o si rifanno a sue frasi.  Non  c’è dubbio  che  il fine latinista Claudio Lotito, presidente della Salernitana, del Brescia (attraverso la società Infront) e……. ah  si, e della Lazio, sia entrato nella leggenda  soprattutto sull’asse Frosinone-Roma. 


lunedì 25 maggio 2015

Il vento del jazz, l’A.A.C.M. fa cinquanta

Luigi Onori  da "Alias" del 23 maggio

Nell’affastellarsi di ricor­renze (sessant’anni dalla morte di Char­lie Par­ker, cent’anni dalla nascita di Bil­lie Holi­day, i settant’anni com­piuti l’8 mag­gio da Keith Jar­rett…) un anniversario  signi­fi­ca­tivo sem­bra essere sfug­gito ai più.
Dall’esperienza nei primi anni Ses­santa dell’Experimental Band — gui­data dal pia­ni­sta Richard Abrams — e da quella dura­tura della Fede­ra­zione Musi­ci­sti afroa­me­ri­cani Local 208 nasce a Chi­cago nel mag­gio 1965 l’A.A.C.M.: Asso­cia­tion for the Advan­ce­ment of Creative Musi­cians. Que­sta par­ti­co­lare asso­cia­zione fu fon­data da Abrams (che si guadagnò il soprannome di «Muhal», il primo), dal trom­bet­ti­sta– poli­stru­men­ti­sta Phil Coh­ran, dal batterista  Steve McCall e dal pia­ni­sta Jodie Chri­stian. Dopo cinquant’anni l’A.A.C.M. esi­ste ancora, è un orga­ni­smo vivo che forma e genera musi­ci­sti, ani­mata non solo da «testi­moni» di un’esperienza lon­tana ma da jaz­zi­sti di gene­ra­zioni recenti, aperta al con­ti­nuo con­fronto con la realtà musi­cale e socioculturale.
Lo spes­sore storico-estetico– sociale dell’A.A.C.M. è stato, in effetti, recen­te­mente testi­mo­niato dall’album Made in Chi­cago a nome di Jack DeJoh­nette (Ecm/Ducale, 2015) che vede pro­ta­go­ni­sti Muhal Richard Abrams, i poli­stru­men­ti­sti Roscoe Mit­chell e Henry Thread­gill non­ché il con­trab­bas­si­sta Larry Gray. Nell’Italia jazzistico/concertistica, spesso pro­vin­ciale, la viva­cità della scena di Chi­cago e della sua asso­cia­zione «sto­rica» sono stati apprez­zati nell’edizione estiva 2009 di «Umbria Jazz». Uno dei mag­giori espo­nenti dell’A.A.C.M., il trom­bo­ni­sta e com­po­si­tore George Lewis — figura polie­drica di arti­sta vinci­tore del prestigioso  pre­mio McAr­thur non­ché docente alla Colum­bia Uni­ver­sity — fu inter­vi­stato da Enzo Capua per la rivi­sta Musica Jazz: da lì nac­que l’idea di com­mis­sio­nare a Lewis un progetto per «Umbria Jazz» e il trom­bo­ni­sta coin­volse l’intera asso­cia­zione. Portò così a Peru­gia un ori­gi­nale ensem­ble inter­ge­ne­ra­zio­nale di venti musi­ci­sti, affi­dando a vari compositori i sei con­certi in pro­gramma. Suo­na­rono, tra gli altri, il vete­rano sassofoni­sta Ernest Daw­kins, il gio­vane voca­list Saa­lik Zyiad, l’eccezionale polistrumentista Dou­glas Ewart, i sas­so­fo­ni­sti Edward House e Mwata Bow­den, lo stesso — stre­pi­toso — Lewis, la violinista Renée Baker, la fasci­nosa can­tante Dee Ale­xan­der (a «Umbria Jazz Win­ter» 2010 e 2011 con il suo Evolution Ensem­ble), la vio­lon­cel­li­sta Tomeka Reid e la flautista-compositrice Nicole Mitchell (tra l’altro pre­si­den­tessa dell’A.A.C.M.
Quella che viene in modo sem­pli­ci­stico defi­nita come la «scuola di Chi­cago», iden­ti­fi­cata tout-court con l’Art Ensem­ble of Chi­cago (con Lester Bowie, Roscoe Mit­chell, Joseph Jarman, Mala­chi Favors e, in seguito, Don Moye) e assi­mi­lata senza troppi distin­guo al free neces­sita, invece, di essere osser­vata più da vicino. Intanto il con­te­sto sto­rico della nascita dell’A.A.C.M. Esso vede musi­cal­mente mol­ti­pli­carsi i cen­tri pro­dut­tori del jazz (con­tro la «supre­ma­zia new­yor­kese») ed è for­te­mente legato all’effervescente situa­zione della seconda metà degli anni Ses­santa con la matu­ra­zione di movi­menti e par­titi radi­cali, alla situa­zione cri­tica ed esplo­siva di molti ghetti neri, ai primi effetti di una legi­sla­zione più egua­li­ta­ria, strap­pata dagli afroa­me­ri­cani dopo la lunga sta­gione della lotta per i diritti civili. In que­sto senso l’A.A.C.M. fa parte di una serie di realtà socio-sonore che vedono a Los Ange­les la Pan Afri­kan Peo­ple Arke­stra del pia­ni­sta Horace Tap­scott, a Detroit l’Artists Work­shop (1964), a St. Louis il col­let­tivo mul­ti­me­diale Bag, Black Artists Group (1968), a New York il Jazzmobile (1964, attivo ad Har­lem e diretto dal pia­ni­sta Billy Taylor) e il Col­lec­tive of Black Artists che avrà tra i suoi lea­der il con­trab­bas­si­sta Reg­gie Workman.
I jaz­zi­sti di Chi­cago, e non solo, si pon­gono in un con­te­sto sociale spesso degra­dato, intendono rea­gire alla man­canza di scrit­ture o al loro con­trollo da parte di agenti e sindacati «bian­chi», vogliono for­nire strut­ture associativo/educative e spazi di sperimenta­zione crea­tiva. È bene ricor­dare che in quin­dici anni (1950–1965) la «Windy City» era pas­sata dal 14 al 28% dei neri, rispetto alla popo­la­zione glo­bale. I quat­tro fondatori hanno le idee chiare, preparano  uno sta­tuto arti­co­lato dando molto rilievo alle radici storico-sonore, pun­tano sulla scuola di musica che verrà fon­data nel 1967. Il program­ma­tico «crea­tive», però, sottolinea  l’apertura alle inno­va­zioni e alle sperimentazioni. Come afferma lo stu­dioso e storico  Clau­dio Sessa (in un volume di pros­sima pub­bli­ca­zione, seconda parte della sua tri­lo­gia dedi­cata a Le età del jazz, Il Sag­gia­tore; si rin­gra­zia l’autore) «nella disil­lusa realtà cit­ta­dina l’associazione rac­co­glie subito decine di musi­ci­sti fra i quali emer­gono alcune delle figure cen­trali degli anni suc­ces­sivi, in primo luogo molti sas­so­fo­ni­sti: Roscoe Mit­chell, Anthony Brax­ton, Joseph Jar­man, Henry Thread­gill, John Stub­ble­field. Ma ci sono anche i trom­bet­ti­sti Lester Bowie e Leo Smith, la tastie­ri­sta e can­tante Amina Myers, i contrabbassisti Char­les Clark (…) e Mala­chi Favors, il vio­li­ni­sta Leroy Jen­kins, i bat­te­ri­sti Thur­man Bar­ker e Phi­lip Wil­son. È un vivaio di talenti che si sti­mo­lano l’un l’altro, dando vita ad una scuola cui guarda con lun­gi­mi­ranza un’industria disco­gra­fica locale che (…) ha ancora una buona visibilità».
Gra­zie, infatti, alle eti­chette Del­mark (ben radi­cata nel blues) e Nessa (coeva all’associazione) tra il 1966 e il ’69 una doz­zina di album testi­mo­niano la musica che fuoriesce impe­tuosa dall’A.A.C.M. È dove­roso subito dire che nei decenni suc­ces­sivi saranno soprat­tutto le case disco­gra­fi­che indi­pen­denti euro­pee a dare spa­zio al jazz di Chicago, dalla Black Lion alle ita­liane Black Saint e Soul Note. Il corag­gio e la lun­gi­mi­ranza del pro­dut­tore Gio­vanni Bonan­drini in par­ti­co­lare darà, a par­tire dalla fine degli anni Settanta, un significativo  spa­zio disco­gra­fico ai «crea­tivi» chi­ca­goani e la Cam­Jazz, che ha rile­vato quelle etichetta, sta edi­tando una serie di cofa­netti di ristampe di alto valore documen­ta­rio (R. Abrams, L. Bowie, G. Lewis, A. Brax­ton, H. Threadgill).
È ora di andare a vedere i canoni estetico-musicali, i para­digmi, le tracce sonore su cui l’A.A.C.M. — che in Europa, soprat­tutto a Parigi, avrà come amba­scia­tori spe­ciali l’Art Ensem­ble of Chi­cago e la Crea­tive Con­struc­tion Com­pany — si muo­verà a livello di collettivi e sin­goli. Si sosti­tui­sce il «pri­mato della linea melo­dica» con «una lus­su­reg­giante ric­chezza tim­brica» (C. Sessa). Molto svi­lup­pato è l’interesse per un poli­stru­men­ti­smo diffuso e radi­cale che sin­te­tizza «l’interesse per le musi­che e le tec­ni­che non occi­den­tali, la ricerca su strumenti  auto­co­struiti, lo stu­dio delle aree sonore più estreme e meno esplorate». Con­tro la reto­rica del soli­sta, i chi­ca­goani pro­pu­gnano una musica col­let­tiva dall’incessante scam­bio di ruoli, spesso con una com­po­nente teatrale-epifanica (legata all’esperienza dell’Arkestra di Sun Ra). Nei brani si assi­ste spesso ad un repen­tino concatenarsi di ambiti musi­cali diversi che da una parte guarda all’antifonia del «call and response» e dall’altra alla cir­co­la­rità del «ring shout», entrambi arche­tipi sonori afroameri­cani come li defi­ni­rebbe il musi­co­logo afroa­me­ri­cano Samuel Floyd Jr. (per anni diret­tore dell’istituto chi­ca­goano Black Music Research). È, in effetti, il rap­porto con il passato e le radici che è basi­lare nei jaz­zi­sti dell’A.A.C.M.: in primo luogo guar­dano a tutta la musica nera secondo una defi­ni­zione di «Great Black Music»; in secondo la uti­liz­zano non in maniera musei­fi­cante ma secondo una logica ben sin­te­tiz­zata dallo slo­gan «Ancient to the Future». «Laici» nella pro­pria for­ma­zione e nei rife­ri­menti cul­tu­rali, però, i chicagoani si inte­res­sano anche alla musica con­tem­po­ra­nea euro­pea, a jaz­zi­sti bian­chi (Paul Desmond è un modello essen­ziale per Anthony Brax­ton), all’elettronica e non hanno il «fetic­cio» dello swing, pur con­ser­vando un pro­fondo senso del blues unito a un sostanziale disin­te­resse per la forma can­zone. Nei loro brani, come pre­cisa con rara effi­ca­cia ancora Clau­dio Sessa, «il rapido suc­ce­dersi di imma­gini sonore diverse, anche fra loro irri­du­ci­bili, è l’esatto oppo­sto del ‘pasti­che’ nel quale ogni elemento  suc­ces­sivo annulla il pre­ce­dente, ma costi­tui­sce un com­plesso intrec­cio di riferimenti che si poten­ziano nel mes­sag­gio di fondo. E il legame con la tra­di­zione è esal­tato anche dalle ese­cu­zioni più radi­cali, che pro­iet­tano sull’ascoltatore un senso sacrale del prodotto musicale».
Pro­prio per que­sto è impor­tante non pas­sare sotto silen­zio il cin­quan­te­na­rio dalla fondazione della A.A.C.M. Oggi molti dimen­ti­cano che il jazz è frutto di una sto­ria complessa e lo ridu­cono a for­mule sti­liz­zate da imi­tare, spesso fer­man­dosi agli anni Cinquanta dell’hard bop o ver­ni­ciando di gla­mour una musica tra­sfor­mata — con­tro la sua vera vicenda — in una ricca «tap­pez­ze­ria sonora» o in un «fos­sile musi­cale». Non è così e la lezione di Chi­cago è ancora viva e vitale, men­tre la situa­zione socio-economica attuale degli afroamericani  — nono­stante Barak Obama — sem­bra essere pau­ro­sa­mente arre­trata rispetto agli anni Sessanta.