sabato 4 luglio 2015

Occupy consiglio Regionale

Luciano Granieri


Le modalità di protesta nel nostro territorio hanno preso strade alternative . Si  è innalzato il livello della manifestazione del conflitto , dalla piazza alle aule consiliari. Nel giro di pochi giorni le ragioni del dissenso, hanno invaso il consiglio comunale di Frosinone e il consiglio Regionale. Sul primo accaduto abbiamo ampiamente  RIFERITO. Sul fronte regionale, più aspra  è l’intensità della lotta.   
Qui l’avversario è di altra caratura e  bene organizzato.  Il Davide del forum nazionale dei movimenti per l’acqua pubblica  sta tentando di sconfiggere il golia incarnato dalle grandi multinazionali, che attraverso i loro burattini messi a capo dei diversi governi, vedi Renzi, stanno tentando  di appropriarsi del business dell’erogazione dei servizi industriali: acqua, gas, energia elettrica, smaltimento rifiuti, mobilità locale.  

Stante il  crollo  del  profitto sulla produzione e commercializzazione dei beni, provocato dalla finanziarizzazione speculativa  dei proventi del valore aggiunto,  le accumulazioni miliardarie oggi  possono essere assicurate  solo dalla messa  a profitto di  tutto ciò che necessario alla sopravvivenza dei cittadini, acqua ed energia in primis. 

Questa è la partita che il capitale neoliberista sta giocando in Europa e  in Italia,  nonostante la volontà dei cittadini, espressa attraverso i referendum, abbia vietato  la   messa a profitto di tali beni.  A2A, per la Lombardia  e il Trentino, Iren  per il Piemonte, la Liguria e una parte dell’Emilia Romagna, Hera per l’altra parte dell’Emilia Romagna , il nord est e le Marche, Acea per il centro (Toscana, Lazio, Umbria, Campania e prossimamente Puglia), sono le multi utility quotate in borsa che si spartiranno il grasso affare della gestione idrica in Italia. 

Ormai il progetto è in fase avanzata di realizzazione. Un provvedimento del governo Renzi,  che pone al di fuori del patto di stabilità interna i proventi della vendita alle multi utility private delle azioni detenute dai Comuni  nelle società che si occupano di erogazione del servizio,  e ne rende più onerosa la gestione diretta da parte dell’ente stesso, ha prodotto  l’ingresso pressoché totale in questo business delle multinazionali.   

Ma in tale perfetta  pianificazione esiste l’intoppo della legge regionale 5 d’iniziativa popolare approvata all’unanimità dalla Regione Lazio . Una normativa d’indirizzo che determina il controllo pubblico   dell’acqua. Un ostacolo che blocca il trasferimento completo e definitivo  della gestione idrica  ad Acea. E’ prevista nella legge  la definizione di Ambiti di Bacino Idrico (Abi), porzioni di territorio contraddistinti dalla presenza di una risorsa idrica in cui la distribuzione dell’acqua  è controllata dai Comuni  insieme ai  cittadini. 

Il dispositivo, però necessita dei decreti attuativi,  norme in cui  si devono definire  le aeree degli Abi e le modalità di gestione. Qui la Regione Lazio si è arenata. L’Assessore all’ambiente Refrigeri, aveva promesso la predisposizione di un decreto di giunta   da trasferire al giudizio della commissione ambiente per poi approdare alla discussione in aula. Dal 14 dicembre  2014 ad oggi nessun segnale si è avuto, né dall’assessore, né dalla giunta. 

Giova ricordare che se entro il 30 settembre l’iter della legge 5 non verrà completato con l’approvazione delle linee attuative, questa  decadrà  e la colonizzazione di Acea, agevolata dal Governo,  potrà finalmente avere luogo. Per scongiurare tale esito, il forum dei movimenti per l’acqua, così come avvenuto per la legge 5, ha predisposto un proprio dispositivo attuativo (decreto 238). Proposta accolta  e firmata da 10 consiglieri regionali. Neanche questo è servito a sbloccare l’impasse. 

Dal  fronte della Regione si prendeva atto della proposta del forum, ma la sua valutazione sarebbe avvenuta insieme ai decreti attuativi licenziati dalla giunta, dispositivi di cui ancora non si ha traccia. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, diceva qualcuno avvezzo alle poltrone di comando. Infatti il sospetto che la volontà di allungare i termini di approvazione delle linee di attuazione  fino alla scadenza del 30 settembre, data del commissariamento governativo, fosse funzionale a togliere di mezzo questo sciagurato intoppo alla totale annessione  del territorio  da parte di Acea, si è imposto fortemente nella mente degli attivisti del forum. Di qui l’azione di forza. 

Attraverso  l’occupazione dell’aula del consiglio regionale, è stato ottenuto un incontro con i capigruppo consiliari e il presidente del consiglio regionale Daniele Leodori.  In quest’assise, si è svincolato l’esame della proposta dei forum, firmata dai 10 consigliere dall’iter dell’ancora mancante decreto di giunta. E’ un risultato, non decisivo, perché ancora la data di discussione della legge non è stata pianificata, ma importante. 

Infatti comunque si è dato inizio al precorso di esame della legge dei forum. Entro il 17 luglio , questa dovrà passare al vaglio della commissione ambiente, per poi approdare in aula. Il  20 luglio si terrà  un ulteriore incontro fra i capigruppo consiliari, il presidente Leodori, eventualmente l’assessore Refrigeri,  e una delegazione del forum per verificare lo stato dell'arte e, qualora finalmente la Giunta avesse partorito la sua proposta, saranno valutati insieme i due dispositivi. 

Comunque il risultato importante è che la proposta dei movimenti  andrà avanti ugualmente indipendentemente da ciò che proporrà la giunta e quando. Un piccolo passo per provare ad attivare la legge 5 prima del 30 settembre, data del commissariamento governativo. E’ fondamentale che ciò accada perché se passa questo treno, poi hai voglia a contestare le bollette! Acea avrà potere di vita e di morte sulla sete dei cittadini del centro e probabilmente del sud  d'Italia.





Consiglio comunale di Roma vota No all'acqua pubblica

Coord. Romano Acqua Pubblica

Ricordate quelli che rivendicarono la vittoria referendaria del 2011? E quelli che nel 2012 si opposero all'ulteriore privatizzazione di Acea, proprio facendosi scudo dell'esito referendario? 
Dimentichiamoli: oggi quel Pd vota insieme alla destra più becera contro la proposta di ripubblicizzazione dell'acqua di Roma. Vota contro la volontà di un milione e mezzo di romani che disse sì all'acqua pubblica (più di quelli che hanno eletto l'attuale sindaco). 
Con un dibattito scarno in aula, ci auguriamo causato dall'imbarazzo di non sapere cosa dire, il consiglio ha bocciato la proposta di delibera di iniziativa popolare con 13 voti contrari e 7 favorevoli, presentata insieme ad altre 3 proposte su scuola, patrimonio e finanza pubblica. 
Un consiglio che dimostra di non volere voltare pagina, che non comprende come sia necessario cambiare radicalmente le regole per uscire dal pantano di Mafia capitale... o che forse non vuole uscirne!
Non per questo li "lasceremo fare": la battaglia per l'acqua ha gambe molto lunghe, e la resistenza contro Acea SpA e contro le sue speculazioni non si è mai fermata, e a maggior ragione non si fermerà adesso.

venerdì 3 luglio 2015

Le menzogne di Tsipras e le verità di Renzi - Merkel

Andrea Cristofaro

Dire menzogne non significa per forza essere dalla parte del torto, come dire cose vere non significa per forza avere ragione. Vediamo perché.
E’ evidente che stare in una comunità significa anche accettarne le regole. L’Ue è una comunità, una comunità di nazioni, e ha le sue regole. Ogni nazione vi è entrata di propria volontà, senza forzature, o almeno senza forzature palesi, dichiarate. Nel corso degli anni la comunità ha cambiato nome, ha accolto altre nazioni, si è posta nuove regole aggiunte alle precedenti: ma ciò che è chiaro è che questa è un’unione economica, che si è data delle regole riguardanti soprattutto le produzioni e il commercio. Un ulteriore elemento, forse il più importante, è il fatto che questa comunità si è data anche un’unione monetaria. Non era obbligatorio aderire a quest’ultima unione, ad es. l’Inghilterra (mica fessi gli inglesi) non ha aderito e ha conservato la sterlina. Allo stesso modo l’Italia avrebbe potuto conservare la lira e la Grecia ad es. poteva conservare la dracma.
E arriviamo a noi: ormai gli effetti devastanti di queste operazioni sono evidenti a tutti, perché tutti li vivono sulla propria pelle, e nessuno può dire che rispetto ad alcuni anni fa la qualità di vita nei vari stati europei sia migliorata, perché è decisamente peggiorata. Gli stati europei ormai, mia opinione, si possono equiparare a tanti allevamenti intensivi di polli, i popoli sono rappresentati da polli-persone all’ingrasso (non nel senso che mangiano tanto, anzi), che devono consumare ciò che producono altri. Le persone hanno perso tutti i diritti che avevano conquistato nel periodo in cui nel mondo esistevano due blocchi contrapposti e il capitalismo doveva far vedere il suo lato buono per evitare che la gente si convertisse al comunismo, ma questo è un altro discorso.
Ora torniamo a Tsipras e a Merkel: rappresentano due posizioni opposte e in conflitto fra loro, una delle quali basata sulle menzogne (Tsipras) e l’altra corretta e basata su dati di fatto (Merkel). La cosa si complica ulteriormente perché le menzogne di Tsipras prendono fondamento su delle autentiche verità, e cioè che le politiche dell’Ue sono deleterie per i popoli europei, mentre le verità sacrosante di Merkel sono fondate su menzogne pure, e cioè che le politiche dell’Ue porteranno prosperità ai popoli europei. Ma quali sono le verità di Merkel e quali sono le menzogne di Tsipras? La verità di Merkel è che gli stati europei per stare in Europa devono seguirne le regole, regole che tutti hanno approvato e accettato, punto e basta, e qui non ci piove. Le menzogne di Tsipras invece sono che uno stato può stare in Europa senza seguirne le regole: l’Ue e l’unione monetaria hanno delle regole che non si possono superare, non si possono emendare, non si possono aggirare, e invece Tsipras afferma mentendo sfacciatamente che è possibile farlo. In Europa o ci stai o non ci stai, nell’euro o ci stai o non ci stai. Avere la pretesa di starci non standoci è un’assurdità, e se questo lo dice un politico che chiede i voti ai propri concittadini è una menzogna, una presa in giro imperdonabile. Per questo dopo tante riflessioni, io, comunista, no global, antifascista, e quindi antirenziano ma ancor prima che antirenziano anti Pd, affermo con tutta la sicurezza del mondo che Renzi, come Merkel, ha ragione da vendere e Tsipras mente sapendo di mentire. Se si vuole evitare di governare secondo le politiche liberticide della BCE e del FMI (mi sta davvero sullo stomaco il termine “austerity”), se si vuole evitare al proprio popolo di pagare un debito ingiustamente addossatogli, se si vuole evitare di finire nel capestro del FMI, non si può pretendere di trattare e di cercare accordi al ribasso, si deve semplicemente dire basta, si deve prendere atto che le regole dell’Ue sono fatte per affamare i popoli e quindi rigettarle e abbandonare l’Ue e l’euro. Se il referendum greco verrà effettuato, nella lontana ipotesi che vinca il no, Tsipras potrebbe prendere la palla al balzo e decidere di togliere il cappio al popolo che rappresenta, e chissà che non lo faccia, però dovrebbe in tal caso rimangiarsi tutte le menzogne che ha detto finora: speriamo abbia il coraggio e la dignità di farlo, a meno che il referendum non rappresenti solo un clamoroso tentativo di bluffare per ottenere un ulteriore prestito dallo strozzino FMI: e quando uno strozzino ti fa ulteriori prestiti è noto la fine che farai. E già, perché il popolo greco si era già espresso pochi mesi fa quando ha votato Syriza; ha votato Syriza perche questa prendesse delle decisioni: perché ora Syriza non decide e chiede che sia il popolo ad esprimersi? A che serve andare al governo se poi non si decide?

giovedì 2 luglio 2015

ACQUAZZONE IN REGIONE

Coordinamento regionale Acqua Pubblica Lazio

L'iniziativa dei comitati interrompe il gioco delle parti in Regione
I comitati dell'acqua irrompono al Consiglio Regionale ed impongono la scelta tra i diritti dei cittadini e gli interessi di Acea S.p.a.
Dinanzi alla decisa azione dei cittadini il Presidente del Consiglio regionale ha interrotto la seduta e ...seduta stante ha convocato una conferenza dei capigruppo con la partecipazione dei comitati.
In quella sede abbiamo ottenuto che la proposta di legge n. 238 (di attuazione alla legge n. 5/2014 Tutela, governo e gestione pubblica delle acque), presentata da dieci consiglieri ma scritta dai comitati, sia portata in discussione alla commissione ambiente tra il13 e il 17 luglio.
Inoltre si è deciso che il giorno 20 luglio venga riconvocata una conferenza dei comitati e dei capigruppo con la partecipazione dell'assessore regionale Refrigeri e del Presidente della Commissione ambiente Panunzi, per fare il punto sull'eventuale presentazione della proposta da parte della Giunta e sull'iter della legge n.238 in Commissione ambiente.
Resta fermo che la proposta di legge attuativa n. 238 è da oggi in discussione in Commissione ambiente a prescindere dall'esistenza o meno di una proposta della Giunta.
Ovviamente questo risultato, ottenuto solo con la mobilitazione popolare, non ci può lasciare soddisfatti. Abbiamo infatti la necessità che la nostra proposta di legge venga calendarizzata e votata in aula dal Consiglio comunque prima della pausa estiva ovvero entro la prima settimana d'agosto. Questo a scanso del perdurante rischio di vanificare la legge n.5/2014 e la volontà dei cittadini che già nel 2011 si sono chiaramente espresse sulla gestione pubblica dell'acqua.
Questo è quello che siamo chiamati ad ottenere nei prossimi giorni e nel prossimo incontro del 20 luglio. Siamo consapevoli che riusciremo ad ottenere un risultato positivo se avremo la capacità di continuare a porre il problema al consiglio regionale attraverso la mobilitazione dei cittadini e di quei comuni che hanno a cuore una questione centrale non solo per la qualità della vita delle persone ma sul piano della democrazia nel governo e nella gestione dei servizi pubblici e dei diritti fondamentali delle persone.

mercoledì 1 luglio 2015

Semplicemente No

Dario Guarascio , Francesco Bogliacino , Valeria Cirillo fonte:http://sbilanciamoci.info/

Tsipras si riprende il titolo di sorpresa politica di questa storica fase europea e indice un referendum sull’ultimatum della Troika. Anche tra chi aveva visto con scetticismo l’operato del governo greco - troppo tiepido nella negoziazione e troppo perentorio nel negare la possibilità di uscita dall’euro - la mossa non può che suscitare approvazione: la logica di riuscire, nel mezzo dell’aggressione europea delle “istituzioni”, a mantenere il sangue freddo e chiedere che il popolo greco si pronunci, è una lezione di democrazia.
Da questo momento è lecito aspettarsi che il terrorismo mediatico non avrà limite: il popolo greco dovrà essere spaventato con l’armamentario di menzogne della propaganda al fine di votare Sì. E lo spettacolo è già cominciato, tra indiscrezioni sulla fuga dei depositi, i soliti sondaggi, e l’apocalissi di calamità che conseguirebbero da una vittoria dei No.
Per questo è importante capire che l’unica speranza di farla finita con questo incubo collettivo in Europa è che prevalga il No al referendum, e dare forza agli argomenti della ragione per contrastare quella che probabilmente sarà una vera e propria guerra mediatica, dove l’arma risolutiva purtroppo la detiene la Banca Centrale Europea, attraverso la linea di finanziamento d’emergenza (ELA). Il punto, che non sembra turbare la gran parte dell’opinione pubblica europea, è che la decisione campale sul fallimento o meno di uno Stato membro stremato da cinque anni di Memorandum, è nelle mani di un istituzione indipendente, la BCE.
L’altra Europa non è possibile
Il tentativo di Alexis Tsipras, tanto generoso quanto disperato, seppur non dovesse salvare l’Europa avrà il merito di squarciare il velo d’ipocrisia dominante in questi anni. Se vince il No, ci risveglieremo da una colossale bugia che ci siamo raccontati. Sarà dura, ma sarà pur sempre meglio che questa Europa, l’unica che abbiamo conosciuto, che è quella del sì al referendum.
Scriveva Hannah Arendt nelle Origini, che il terrore è lo strumento con cui l’ideologia (la-logica-di-una-idea) s’impone sulla realtà con cui si scontra. La fine dell’egemonia tedesca e del sogno collettivo della Pax Europea (o franco-tedesca) lascia spazio alla violenza: gli ideali di uguaglianza e le barriere al mercato che decenni di lotte avevano costruito in questo continente non sono nemmeno più parte del discorso. Ormai il nervosismo del capitale è tale che siamo all’attribuzione di responsabilità dei poveri e dei disoccupati della propria condizione, per scarsa competitività. È una vergognosa colonizzazione del simbolico, che ci vuole tutti imprenditori, innovatori, self made man.
Diceva Bobbio che la democrazia si ferma alla porta della fabbrica. Esplosa la fabbrica, la sua logica ha travolto la democrazia laddove essa si era stabilita. Oggi è tempo di ripristinarla. Solo facendo marcia indietro sull’integrazione finanziaria si ricostruisce lo spazio di azione politico per tornare a parlare di diritti sociali e per regalare a ciascuno la sua narrazione di vita. Al mito costituente o alle scatole vuote alla Laclau, in cui aggregare i movimenti, si deve opporre la libertà e autonomia di questi ultimi, ma dentro a un contesto di politica economica dove ci sia margine d’azione per realizzarne l’agenda.
Fine dell’euro
In questi mesi in Italia si è dibattuto molto sull’eventuale uscita dall’euro. Giunti a questo punto, è importante precisare i termini della questione.
Dalla storia della fine degli accordi di cambio possiamo apprendere, ma non molto. L’evidenza ci dice che ciò che segue al crollo non è così drammatico come viene, deliberatamente, dipinto; e soprattutto implica scelte politiche chiaramente di parte, o a favore del lavoro o del capitale.
Tuttavia, l’evidenza non è appunto sempre calzante: la stima dell’impatto di un evento di questo tipo ha bisogno di un controfattuale, cioè di uno scenario che ci permetta di osservare cosa succederebbe senza il crack. L’unico modo sarebbe trovare un’area comparabile (o le cui differenze siano tutte misurabili) con l’area Euro. Senza entrare nel tecnico, l’esperienza storica presenta tre problemi principali: (a) mentre processi di integrazione commerciale comparabili si osservano in altre epoche storiche, gli attuali livelli di integrazione finanziaria sono storicamente un unicum. (b) In secondo luogo, esperienze di fine di accordi di cambio sono comunque solo parzialmente comparabili con la necessità di reintrodurre una moneta. (c) Banalmente i tassi di cambio si muovono: le determinanti che portano alla fine del cambio fisso stanno agendo anche sui paesi che non stavano dentro all’accordo, distorcendo la misura del controfattuale.
Anche la potenziale analogia con il crack della Lehman Brothers è poco calzante. L’unico aspetto coincidente è il pressapochismo e la stupidità politica della classe dirigente: ciò che si osservò dopo il crack fu quello che gli economisti chiamano il problema dei lemons (i bidoni). Tutti sapevano che c’erano banche solvibili e banche con un sacco di spazzatura a bilancio, in assenza di informazione completa i tassi riflettono l’esigenza di coprirsi se si finisce a prestare soldi ai bidoni, ma a quei tassi le banche “pulite” non si indebitano perché sono punitivi. Risultato: i prestatori sanno che solo le banche fritte chiederanno soldi e nessuno presta soldi a nessuno, con il risultato che il mercato “scompare”, come accadde all’interbancario in quel triste episodio.
In secondo luogo, l’uscita della Grecia sancirebbe de facto la fine dell’euro. Al primo vento di crisi, sui mercati finanziari l’unica domanda rilevante diverrebbe “A chi tocca stavolta?”
Infine, bisogna rilevare che, comunque vada, la Grecia ha un margine di manovra molto ristretto: senza base industriale e massacrata dalla Troika e dai suoi Memorandum, andrebbe comunque in deficit di partite correnti, per il limitato margine sul lato dell’export e perché le importazioni aumenterebbero di costo e sarebbero poco sostituibili nel breve periodo. È ovvio che le manovre di dialogo con Russia e Cina di questi giorni hanno rappresentato un segnale strategico da parte del governo greco ai “partner” europei. È altrettanto ovvio che dal punto di vista geopolitico le conseguenze fanno rabbrividire: l’Ucraina e storicamente la stessa Grecia dei colonnelli (per non citare l’America Latina) sono testimonianze della (assenza di) tolleranza americana delle invasioni di campo.
Una chiosa politica
A livello politico, la vittoria del Sì sarebbe anche pirrica. Di fronte a una nuova dose di austerità, il paese non reggerebbe comunque e al prossimo giro il testimone passerebbe alla destra neonazista di Alba Dorata.
Deve essere chiaro, però, che qualora la Grecia uscisse, qualsiasi tentativo estremo di chiedere ragionevolezza alla Germania per stabilizzare l’euro sarebbe semplicemente scegliere di stare in buona fede dalla parte sbagliata. Se la Grecia esce, l’unica strada possibile per la sinistra è fuori dall’euro. Ora come non mai, siamo tutti Greci. Semplicemente per il No, dalla parte di Tsipras.

IL CITTADINO VOLSCO CHE, PUR NON IN CONNESSIONE ANATOMICA, CONTINUA A LASCIARE TRACCE DEGNE DI NOTA NELLA MEMORIA COLLETTIVA

Il cittadino Volsco


L’Amministrazione frusinate che insiste sulla cementificazione delle terme ha subito una contestazione civile, politica e culturale. Essa non si può nascondere dietro le gravi e inopportune dichiarazioni del Sindaco per non affrontare evidentemente una non digerita, sonora, sconfitta politica.
Dal gennaio del 2011 le Associazioni e i cittadini di Frosinone hanno realizzato decine di iniziative di confronto; prodotto materiali informativi; organizzato manifestazioni di promozione culturale alla scoperta di un mondo che l’istituzione aveva completamento dimenticato; coinvolto migliaia di concittadini meravigliati dell’esistenza dei tesori e del fatto che gli amministratori si adoperassero con fare poco trasparente ma deciso nell’occultare tanta ricchezza e addirittura seppellirla sotto il cemento.
Tutto questo ampio movimento culturale e politico ha imposto al consiglio comunale di Frosinone il 14/09/2011 di votare all’unanimità, pur in presenza di una diffida dei legali di una SOCIETA' IMMOBILIARE, una delibera, a norma dell’art.54 comma 5 dello Statuto Comunale, nella quale si accoglievano le proposte delle associazioni di rendere fruibile l’area delle terme, chiaramente inedificabile, e quelle attigue altrettanto protette.
Quante volte dunque un consiglio si deve esprimere sullo stesso argomento? Perché questa delibera non è stata mai presa in considerazione? Eppure sono stati chiesti incontri di confronto. Le associazioni hanno chiesto l’inserimento nel procedimento e avanzato osservazioni a tutto l’iter della pratica. Mai alcuna risposta, né dalla politica né dai dirigenti dell’urbanistica. Quante volte in questo periodo il Sindaco e i dirigenti dell’urbanistica invece sono andati al confronto con il privato proprietario dell’area?
Il rischio paventato di incorrere in un danno per la città rimane inspiegabile, volutamente agitato, altro che le minacce delle associazioni!, per coartare la volontà di espressione dei consiglieri, che responsabilmente e democraticamente devono agire in libera coscienza. Cosa che probabilmente sarebbe accaduta se non ci fosse stata la fuga e il ritiro precipitoso delle pratiche all’ordine del giorno lunedì.
Il Consiglio Comunale non può e non deve avere padroni. Coloro che danno per scontato che nella prossima seduta del consiglio tutto sarà approvato vivono costantemente nella convinzione che la volontà e la libertà di scelta del singolo consigliere debba adeguarsi senza discussione alla volontà del padrone.
Mascherare un atto politico importante per la vita ed il futuro della città, con presunti problemi di ordine pubblico, giustificando magari un’assise a porte chiuse, non impedirà alle associazioni e ai cittadini di praticare l’urbanistica partecipata e democratica per battere definitivamente una politica e un modo di gestire la cosa pubblica subordinata agli interessi dei poteri forti e che continua a provocare danni ingenti che i cittadini pagano quotidianamente con il piano di rientro del debito.
Il Volsco convoca per venerdì 3 luglio alla saletta coop in via Monti Lepini alle ore 20.30 i cittadini sensibili alla vicenda. 

L'evento alla Villa comunale del 18/04/2011









martedì 30 giugno 2015

Ritiro delle delibere: Le reazioni del sindaco Ottaviani

Luciano Granieri

«Ho dovuto constatare che essere assenti per qualche giorno per motivi di salute  sembra sia diventato un “lusso amministrativo” che non posso permettermi, soprattutto davanti alle messe in scena di alcuni scriteriati che hanno cercato di coartare la libertà di voto dei singoli consiglieri comunali, come emerge dai filmati che appena possibile invierò alla Prefettura e alla Magistratura competente. .... Sarò presente personalmente alla prossima riunione di Consiglio, anche se dovessi portarmi dietro una fleboclisi, perché certe azioni di violenza sono intollerabili e ricordano periodi autoritari cancellati dalla storia, come quelli della parte più buia del fascismo o delle foibe istriane. Infine, a quanti erano usi distrarsi a scuola durante la lettura dei Promessi Sposi, è bene ricordare che il comportamento da guappi dei Bravi, che minacciavano la democrazia, non ha lasciato nessuna traccia degna di nota nella memoria collettiva, al pari, però, di Don Abbondio, che era l’unico ad essere intimorito dalla propria ombra, pur avendo dedicato tempo e risorse alla conoscenza».
Nicola Ottaviani Sindaco di Frosinone. 



Se ho capito bene, la lettura del sindaco Ottaviani  sui fatti accaduti   durante il  consiglio comunale del 29 luglio scorso,  relativi al ritiro delle delibere urbanistiche,  è la seguente: Senza la sua autorevole (o autoritaria?) presenza  consiglieri dal coraggio pari all’ignavia di Don Abbondio, si sarebbero  fatti intimidire da quattro fascistelli o nostalgici   titini che dir si voglia,   e avrebbero deliberato senza la necessaria lucidità. Ora passi per l’inopportuna definizione affibbiata a chi come noi era in consiglio per difendere il diritto  democratico alla fruibilità di un inestimabile bene archeologico, ma apostrofare di ignavia, in modo  così deciso, i propri consiglieri, mi pare molto grave. Mi ricorda tanto uno che voleva fare dell’aula della Camera un bivacco di manipoli. Chissà se  in occasione della prossima seduta di metà luglio  in cui, grazie alla sua imprescindibile presenza  saranno  certamente approvate , senza se  e senza ma, le delibere ritirate,  il sindaco sprangherà la sala consiliare? 


Terme Romane. Il gran ritiro

Luciano Granieri


Il sito archeologico delle terme romane è salvo, come lo skyline intorno alla villa comunale, per ora . L’esito del consiglio comunale di ieri,  dove  avrebbe  dovuto avere luogo la discussione e la successiva votazione in merito   ai destini delle terme, ha determinato il ritiro  da parte del vicesindaco Francesco  Trina delle delibere urbanistiche. Fra esse  spiccava la condanna ad oblio definitivo del sito delle terme romane. Il  consiglio comunale di ieri ha segnato una tappa importante nell’evolversi della consiliatura Ottaviani e, per certi versi, per la storia della società civile   frusinate . Mai prima d’ora il sindaco era mancato ad un consiglio comunale, mai prima d’ora centinaia di persone avevano partecipato ai lavori, determinati a non far passare la condanna  morte  delle terme romane. Si tratta di due fattori importanti, il primo afferente alle dinamiche interne al consiglio, l’altro relativo alla partecipazione politica della cittadinanza. Come detto, mai il sindaco era mancato, forse  aveva fiutato l’aria non propriamente favorevole. Problemi di salute informava il presidente del consiglio Franco Lunghi.  Sia come sia,  porgiamo gli auguri di una pronta guarigione al primo cittadino. Ai fatti  sulla poltrona di Ottaviani si è accomodato il vicesindaco  Trina giunto anch’egli in ritardo.  Inoltre  il percorso  con cui si è arrivati al ritiro delle delibere ha denunciato più di qualche crepa nella coesione  della maggioranza. Era noto come il gruppo Frosinone nel cuore  non fosse convinto delle delibere, una carenza di documentazione tecnica non avrebbe permesso ai consiglieri sodali di Marco Ferrara una valutazione compiuta.  La domanda sorge spontanea, per quale motivo tale documentazione sarebbe risultata sufficiente a tutti i gruppi di maggioranza tranne che a Frosinone nel cuore?  Un eccesso di scrupolo urbanistico da parte di Ferrara &c., o l’esplicitazione del malumore per la scarsa rappresentanza in giunta del gruppo  e per la bizzarra rotazione assessorile imposta dal sindaco? Resta il fatto che la proposta di ritiro è arrivata proprio dai banchi di Frosinone nel cuore, in modo strano per la verità. Prima Ferrara, ha proposto il ritiro delle delibere “7” e “9”,  poi dopo pochi minuti ha coinvolto l’intera pratica urbanistica. Segno questo di una certa confusione. Per altro, stavolta  il soccorso rosso dalla minoranza,  con l’eccezione probabile del consigliere Tucci, non sarebbe arrivato così  massiccio come in altre occasioni. Ciò  grazie anche ad un primo prezioso  tentativo di connessione fra opposizione sociale e opposizione politica.  Un altro  scricchiolio indicativo è giunto dalla forza con cui Luigi Benedetti , membro di spicco del cerchio magico ottavianeo, si è opposto alla volontà del “suo” vicesindaco  rispetto alla volontà di accogliere la  richiesta di ritiro. Benedetti  ha addirittura messo in dubbio la correttezza istituzionale della decisione di Trina. Un atteggiamento per cui, a meno che non ci si trovi in presenza di uno strategico gioco delle parti,  risulta evidente  una crepa fra il cerchi magico  di Ottaviani ed il sostituto dell’inquisito Fulvio De Santis. L’altro elemento che ha reso il consiglio comunale di ieri una tappa storica per la comunità frusinate è stata la grande partecipazione popolare.  Mai si era vista la sala piena di centinaia di persone, pronte a difendere il patrimonio archeologico, ma anche culturale e sociale della propria città, dall’assalto della speculazione fondiaria e finanziaria. Movimenti, associazioni e singoli cittadini,  sono finalmente in  marcia. Ricordiamo che il ritiro delle delibere sull’assassinio delle terme romane è il secondo risultato significativo ottenuto dalla lotta dei movimenti. Segue infatti l’altrettanto importante vittoria che ha determinato il ripristino dei fondi, di provenienza  Cassa Depositi e Prestiti, alla sua originaria finalità:  l’ampliamento del museo archeologico. Finanziamenti che senza la mobilitazione sociale sarebbero stati impiegati per il nuovo stadio. Siamo forse in presenza di un significativo cambio di scenario.  Di fronte a  dinamiche disgregatrici che  stanno minando la coesione della maggioranza, si sta costruendo una opposizione sociale fatta di cittadini più consapevoli, attivi, coesi, determinati  a riprendersi la propria città per sottrarla alle stantie e venefiche combutte fra potentati finanziari e loro esecutori amministrativi. E’ giunto il momento di conficcarsi nelle crepe,  scardinare questo dispositivo perverso. Ma per farlo è necessario continuare nella lotta che non prevede solo la partecipazione ai consigli comunali o alle  manifestazioni di piazza. E’ fondamentale affiancare a tali azioni  momenti di apprendimento e approfondimento delle dinamiche istituzionali, ma soprattutto di confronto fra tutti i cittadini coinvolti. Personalmente ricordo momenti aspri nelle riunioni che abbiamo tenuto per organizzare le attività. Spesso si è sfiorata la rottura. Ma il tutto si è poi ricomposto nella consapevolezza che se si vuole cambiare veramente la città è necessario il contributo di tutti. Avanti dunque con fermezza e senza indugi. La strada da fare è ancora lunga e tortuosa.

AREA ARCHEOLOGICA DELLE TERME ROMANE ALL’INDOMANI DEL CONSIGLIO COMUNALE

Il cittadino Volsco

Foto di Davide Toro
Dunque il Sindaco e la Giunta sono stati costretti a ritirare il provvedimento di cementificazione delle terme dalla mobilitazione delle associazioni e dei cittadini, che consapevolmente uniti hanno alzato la voce e la protesta per una città diversa.
Non si può non nascondere una grossa dose di soddisfazione nell’aver constatato che lo spirito del cittadino volsco fa sempre di più breccia negli animi dei Frusinati. Quello spirito che ieri ha mosso centinaia di cittadini del capoluogo e che ha coinvolto i tanti altri che hanno manifestato la loro solidarietà e vicinanza alla battaglia, specialmente tramite i social network. Tutti uniti nel dire un deciso NO allo scempio sull’area delle “terme” che questa Amministrazione sta cercando in tutti i modi di confezionare. E NO è stato!
Un “NO” che è rituonato all’interno della sala consiliare come un boato tellurico, che ha intontito tutta la maggioranza ad eccezione della compagine Frosinone nel Cuore che, per bocca del suo capogruppo Marco Ferrara, chiedeva il rinvio delle pratiche urbanistiche “incriminate” per un “migliore approfondimento”. Dall’altra parte una minoranza, che pur convinta delle ragioni contro l’edificazione, mentre assisteva ad una bagarre senza precedenti durante l’assise, non ha sferrato l’attacco decisivo ad una politica che negli ultimi anni è stata caratterizzata da un ruolo subalterno e servile ai poteri forti.  Infatti il Vice Sindaco Trina – sopraggiunto in ritardo e visibilmente teso - con una forzatura procedimentale, ritirava tout cort tutte le pratiche urbanistiche compresa, ovviamente, quella delle terme, quando invece c’erano tutte le condizioni per una ampia discussione e per, probabilmente, una sonora bocciatura della cementificazione.
Ancora una battaglia vinta quindi! Ce ne saranno di prossime? Perché si insiste con testardaggine per l’approvazione della delibera? Perché ci si sfila dal confronto con le associazioni? Perché non si opera per restituire alla città ciò che è proprio, che viene fuori dalle proprie viscere, e che i cittadini la vivono come espressione di cultura gioia e bellezza?
Un risultato, quindi, tutto da attribuire all’impegno e all’abnegazione delle associazioni, svolto con certosina pazienza e con dovuta conoscenza, che ha consentito tramite contatti e iniziative sia una forte partecipazione alla protesta ma anche e soprattutto che motivazioni storiche e culturali abbiano prevalso sulla cementificazione. Ragioni queste che hanno convinto tanti consiglieri che le hanno fatte proprie e sostenute in sede di consiglio. A loro va il riconoscimento e l’apprezzamento delle associazione e dei cittadini. Una ritrovata condivisione collettiva, vasta e unitaria della difesa della cultura di una città abbandonata sulle onde di una falsa modernità. Un approccio ad una urbanistica democratica e partecipata che contrastava con quegli interessi tutti privati che il consiglio rischiava di approvare. Un modus operandi che sarebbe ora che anche i consiglieri adottassero.
Il Sindaco è avvertito. L’unica strada che gli sarà concessa sarà quella del ritiro definitivo della pratica, l’acquisizione dell’area e la realizzazione del Parco Archeologico annesso alla Villa Comunale…..nulla di eccezionale d’altronde, solo l’attuazione del suo programma elettorale!

Il cittadino volsco

lunedì 29 giugno 2015

18 PERSONE SEQUESTRATE NEL MEDITERRANEO; DOVE SONO LE NOSTRE ISTITUZIONI?

Tiziano Ferri
Freedom Flotilla Italia

 Liste delle persone attualmente sequestrate:

Dror Feiler Sweden Musicista & compositore
Bassel Ghattas Israel Parlamentare Knesset Israeliana
Dr. Moncef Marzuki Tunisia Attivista per i diritti umani, Ex-Presidente Tunisia
Ana Miranda Spain Membro del Parlamento Europeo (BNG)
Nadya Kevorkova Russia Giornalista
Kajsa Ekis Ekman Sweden Giornalista, Authore
Robert Lovelace Canada Professore Universitario & Capo nativo Algonquin
Joel Opperdoes Sweden Equipaggio
Gustave Bergstrom Sweden Equipaggio
Herman Reksten Norway Equipaggio
Kevin Neish Canada EquIpaggio
Jonas Karlin Sweden Equipaggio
Charlie Andreasson Sweden Equipaggio
Ammar Al-Hamdan Norway Aljazeera Arabic
Mohammed El Bakkali Morroco Aljazeera Arabic
Ohad Hemo Israel Channel 2 Israeli TV
Ruwani Perera New Zealand MaoriTV
Jacob Bryant New Zealand MaoriTV

Il peschereccio "Marianne", parte della missione Freedom Flotilla III, a circa 100 miglia marine (oltre 190 chilometri) dalle coste di Gaza, perciò in piene acque internazionali, è stato circondato da vari mezzi della marina israeliana e abbordato, i suoi passeggeri sequestrati e, contro la loro volontà, trasferiti al porto militare israeliano di Ashdod, secondo quanto riferito dalle forze armate israeliane. Non sappiamo nulla delle loro condizioni. Non ci rassicura il fatto che una marina militare che - parla la storia - oscura le comunicazioni di bordo, attacca i passeggeri con pistole taser, li arresta e li sottopone a interrogatori, abbia nuovamente colpito nel Mediterraneo.
Avevamo già sollecitato con missiva e diramazione di comunicati stampa (caduti nel vuoto) il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole SERGIO MATTARELLA, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Onorevole MATTEO RENZI, il Ministro degli Affari Esteri, Onorevole PAOLO GENTILONI SILVERI, l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Onorevole FEDERICA MOGHERINI, per richiedere espressamente la tutela del diritto alla navigazione in sicurezza, in acque internazionali, per la missione Freedom Flotilla III, allarmati dalle minacce provenienti dal Primo Ministro israeliano che da giorni aveva promesso quello che di fatto, nel silenzio delle istituzioni internazionali, è accaduto: sequestro del peschereccio in acque internazionali, arresto e deportazione ad Ashdod dei passeggeri. Tra i passeggeri attualmente sequestrati si contano un'europarlamentare (Ana Miranda Paz), un sassofonista israelo/svedese (Dror Feiler), il primo presidente della primavera tunisina (Marzouki), il parlamentare della Knesset israliana Basel Ghattas, ma soprattutto si tratta di 18 persone private della libertà per aver preteso la libertà altrui attraverso il semplice rispetto del diritto internazionale.
Pretendiamo, adesso, dalle nostre istituzioni, e in primo luogo dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Onorevole FEDERICA MOGHERINI, che chiedano conto al governo israeliano di ciò che sta accadendo ora, di come si possa permettere di attaccare militarmente barche in regola coi documenti della navigazione, in acque internazionali, impunemente. In secondo luogo le suddette istituzioni, a nostro modesto parere, si devono attivare per avere rassicurazioni dirette, vale a dire dalla loro viva voce, sulle condizioni fisiche delle persone in questo momento sequestrate. In ultimo, chiediamo che si ribadisca, per voce delle suddette istituzioni, che nel nostro Mediterraneo vige tuttora il diritto internazionale, e di conseguenza si condanni qualsiasi paese che lo contravvenga con atti di pirateria, si chieda il rilascio immediato delle persone sequestrate e del peschereccio "Marianne", si prendenda, come vuole il diritto internazionale e come richiede l'ONU, la fine del blocco sulla Striscia di Gaza da parte di Israele e l'apertura al mondo del porto di Gaza, il porto della Palestina.


Tiziano Ferri
per Freedom Flotilla Italia
3341737274

domenica 28 giugno 2015

IO SALVO LE TERME ROMANE DI FROSINONE

Serena Vona































IO SALVO LE TERME ROMANE DI FROSINONE

Blocchiamo la cementificazione dell'area archeologica di De Matthaeis.
Cari amici, conoscenti, parenti, colleghi e non, vicini e lontani vi chiedo di supportare questa battaglia che è prima di tutto una difesa dei nostri diritti, della nostra dignità, della nostra cultura, del nostro futuro. 

Fate come me, scattatevi una foto con l'# IO SALVO LE TERME ROMANE DI FROSINONE e nominate anche voi i vostri amici.
DIAMO FORZA ALLA NOSTRA VOCE!

IL FUTURO È IL NOSTRO!!
RIBELLIAMOCI!!!


Daniele Riggi, giovani socialisti Frosinone

I giovani socialisti della città di Frosinone aderiscono alla campagna #iosalvoletermeromanediFrosinone , lanciata dalle associazioni che da anni difendono il patrimonio archeologico che si trova sul terreno nei pressi della villa comunale, e che purtroppo rischia di essere sepolto dall'ennesima colata di cemento.

Immigrati: l'invenzione della “invasione"

Patrizia Cammarata
 

L’immagine degli immigrati a Ventimiglia, la loro richiesta di varcare il confine, lo sgombero avvenuto con la forza, ci parla di più questioni: ci parla di un mondo in cui il capitalismo impera, creando disuguaglianze sociali, devastazioni ambientali e guerre, costringendo milioni di persone a lasciare il proprio Paese e la propria casa alla ricerca della sopravvivenza e di un futuro; ci parla di un’Europa dei padroni e delle banche in cui le frontiere, oggi più che mai, rappresentano veri e propri muri con i quali emarginare e dividere i popoli e al contempo difendere i forzieri di pochi capitalisti; ci parla del trucco antico, ma sempre pericoloso per i salariati di tutto il mondo, attraverso il quale il potere e suoi servi cercano di dividere i poveri e i disperati fra loro, i disoccupati nativi contro chi fugge dalla guerra, gli sfrattati delle nostre città dai bombardati di Siria, Irak, Palestina; ci parla della menzogna, una menzogna che con la parola “invasione” tenta di fare leva sulla paura, una paura per l’arrivo di qualche migliaio di persone a fronte di una situazione mondiale che conta milioni di sfollati, di rifugiati, di donne, uomini, bambini costretti alla fuga a cause delle guerre, per la mancanza di cibo e acqua, per l’assenza di una speranza di futuro, come accade agli eritrei, etiopi, somali, fermi sugli scogli di Ventimiglia.
 
Le leggi dell’Europa dei padroni
Il governo francese respinge i “clandestini” provenienti dall’Italia. Una prassi che avviene in seguito al cosiddetto “Accordo di Chambery“, un trattato bilaterale tra Italia e Francia firmato nel 1997 che permette di respingere reciprocamente gli immigrati irregolari che provengono dal territorio di un altro Paese. Quest’accordo sembra essere in contraddizione con altri accordi, quelli di Schengen, norme vantate come lo strumento per abolire le frontiere interne all’Unione Europea. Riferendosi agli accordi di Schengen diverse voci si sono levate a gridare all’illegalità per quanto riguarda i controlli di frontiera messi in atto dal governo francese 24 ore su 24; un rimbalzo di dichiarazioni e di critiche, come quelle nei confronti del governo italiano, che, secondo il governo francese, non applicherebbe le regole imposte dall’Unione Europea sull’identificazione degli immigrati attraverso il rilevamento delle impronte digitali.
Fiumi d’inchiostro e ore di salotti televisivi si sono consumati su quest’apparente contraddizione in seno al capitalismo europeo.
 
L’invasione inventata
Perfino il rappresentante di un’organizzazione interna al sistema, come la Caritas, ha denunciato l’invenzione dell’invasione. Oliviero Forti, responsabile Immigrazione della Caritas, il 16 giugno scorso ha dichiarato: "Quello che sta accadendo oggi a Ventimiglia è lo stesso che abbiamo visto succedere già nel 2011 con le stesse dinamiche. Si sta creando un caso europeo per alcune decine di migranti, ma la vicenda altrove non troverebbe spazio nemmeno tra le notizie di un giornale locale. Ora, invece, queste poche decine di migranti catalizzano l'attenzione di un'Europa ripiegata su stessa che cerca di difendere strenuamente quei confini che pensavamo aver superato con Schengen" (1).
E’ chiaro che le imprese europee vogliono mettere le mani sempre di più sulle risorse naturali dell’Africa e al contempo il capitale avverte la necessità di organizzarsi per la repressione, perché i vari governi locali non sono risultati all’altezza, come hanno dimostrato nel recente passato le rivoluzioni del Nord Africa e del Medio Oriente. E adesso la Tunisia, nuovamente percorsa da continui scioperi, potrebbe rappresentare un segnale inquietante.
La cosiddetta democratica e libera Unione Europea, tanto decantata dai suoi sostenitori, non permette a poche migliaia di persone di varcare un confine, sta costruendo muri e profitti per chi è dentro il business della guerra, il business al quale il capitalismo in crisi storicamente non ha mai potuto rinunciare: navi, aerei da combattimento, mezzi finanziari triplicati per Frontex, Triton e Poseidon, interventi di servizi segreti e compagnie militari private in tutti “i paesi d’origine delle migrazioni”, costruzione dei campi di detenzione.
In  Italia, mentre rappresentanti e ministri dei partiti coinvolti in tutte le indagini per corruzione e mafia, blaterano della necessità di “distruggere le organizzazioni criminali”, si lavora al contempo per incrementare gli interessi economici dei padroni dell’Unione Europea che sono più che mai impegnati a continuare la redditizia operazione di rendere sempre più difficile l’ingresso in Europa, ancora più capillari i controlli, con al contempo l’obiettivo di terrorizzare e disciplinare al silenzio e al duro lavoro sfruttato, illegale, l’esercito dei disoccupati formato da chi sopravvive ai respingimenti e alle espulsioni.
Inoltre, quello che sta avvenendo, con i governatori delle regioni del Nord d’Italia che si rifiutano di accogliere i profughi e con il consenso elettorale ottenuto dalla Lega di Salvini, dimostra in modo inconfutabile che i profughi servono. Servono, non solo ad ottenere voti, ma servono soprattutto per indicare ai licenziati e agli sfrattati nativi un facile capo espiatorio, servono a legittimare forze razziste e d’estrema destra che storicamente sono utili ai capitalisti nel momento in cui la classe lavoratrice potrebbe organizzarsi per voler riprendersi quello che le spetta. 
Si diffonde la notizia fra la classe lavoratrice europea, alla quale in ogni Paese si sta tagliando il salario, la sanità, lo stato sociale, che, per i Paesi europei, i profughi sono un costo troppo elevato da sopportare, e al contempo si organizzano gli amici per contare i soldi che arriveranno proprio grazie agli immigrati, com’è stato evidente in Italia con lo scandalo di Mafia Capitale: un investimento economico e politico molto vantaggioso non solo per le associazioni illegali ma anche per i circuiti legali (chiese, associazioni, onlus) che su di loro fanno affari, con la gestione dei “centri d’accoglienza”, documentazione legate all’immigrazione, ecc...
 
La vera invasione: quella del capitale!
L’invasione non è certo quella dei migranti che arrivano nei barconi.  I 1700 migranti morti dall’inizio dell’anno mentre cercavano di raggiungere l’Italia non ci parlano di un’invasione ma di una tragedia umana che ha come origine il sistema economico nel quale siamo costretti a vivere.
La vera “invasione” sulle proprie vite, la vera barbarie, la incontrano ogni giorno i lavoratori e le lavoratrici licenziati, i disoccupati, chi muore per mancanza di cure mediche, le famiglie sfrattate. Questa guerra quotidiana fatta di tagli ai salari, alla scuola, alla sanità, questa guerra sociale che ci parla di disoccupazione, di violenza, d’inquinamento ambientale, di morti sul lavoro, è condotta contro le masse popolari d’Europa proprio dagli stessi che gridano all’invasione davanti agli occhi smarriti e impauriti dei bambini, delle donne e degli uomini migranti che arrivano dal mare, rischiando la propria vita e quella dei propri figli, lasciando il proprio Paese ridotto allo stremo da guerre, carestie, malattie, dalle devastazioni ambientali provocate dagli interessi delle grandi aziende capitaliste europee e dalle multinazionali. I padroni gridano all’invasione per preparare il loro esercito, per militarizzare le città, per alzare i muri, per prepararsi a difendere le loro casseforti non dalle donne, dagli uomini, dai bambini irakeni, siriani, palestinesi, etiopi, e di tutti quelli provenienti dai Paesi poveri e in guerra che arrivano in Europa disarmati, ma da tutti noi, dalla classe lavoratrice sfruttata e impoverita, dalle masse popolari europee che potrebbero decidere di organizzarsi e respingere l’attacco in corso che, come sta succedendo in Grecia in modo più evidente che altrove, si abbatte sui lavoratori per salvare le banche.
E’ necessario non cadere nel tranello e, alle parole d’ordine razziste della Lega di Matteo Salvini, alle politiche di gestione dell’immigrazione di carattere militare come quella attuata dal governo italiano, è necessario rispondere con le parole d’ordine dell’abbattimento di tutti i muri e di tutte le frontiere, per la solidarietà internazionalista dei popoli contro il capitalismo e la sua barbarie !
 

Ban Ki moon si schiera contro la Freedom Flotilla per Gaza

Nena News

Secondo il Segretario generale dell’Onu questa nuova missione della flottiglia volta rompere il blocco navale israeliano non servirà ad “alleviare le condizioni disastrose” nella enclave palestinese.
Ad ostacolare la partenza per Gaza alla “Marianne” e alle altre imbarcazioni della Freedom Flotilla, non sono soltanto le cattive condizioni del tempo e il mare grosso. A sorpresa, ma fino ad un certo punto, anche Ban Ki-moon si è schierato contro la missione volta a rompere il blocco navale di Gaza attuato da Israele. Secondo il Segretario generale dell’Onu questa nuova missione della flottiglia per Gaza non servirà ad “alleviare le condizioni disastrose” nella enclave palestinese.

“Il segretario generale Ban Ki-moon continua a credere che la flottiglia non aiuterà ad affrontare la terribile situazione a Gaza e ribadisce i suoi appelli al governo (Netanyahu) affinchè ordini di revocare tutte le chiusure, con la dovuta considerazione delle legittime preoccupazioni di sicurezza di Israele”, ha comunicato il sottosegretario generale Jeffrey Feltman durante un briefing al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Feltman ha aggiunto che Ban sta “seguendo da vicino i report dei media” sulla flottiglia.
La dichiarazione di Ban giunge alcuni giorni dopo che l’ambasciatore israeliano all’Onu, Ron Prosor, aveva invitato il capo dell’Onu a condannare la “Freedom Flotilla” e aveva informato indirettamente dei preparativi della Marina israeliana per bloccare le tre imbarcazioni dirette a Gaza.
“La comunità internazionale deve inviare un messaggio chiaro agli organizzatori e ai partecipanti di queste provocazioni. Tali iniziative non fanno che aumentare le tensioni nella nostra regione”, aveva scritto Prosor a Ban Ki-moon. “Questo tentativo di sfidare il blocco (di Gaza) avrà conseguenze pericolose – aveva ammonito – L’unico scopo del flottiglia è quello di fare provocazioni che mettono a rischio la sicurezza e costituiscono una violazione del diritto internazionale”.
Israele sta facendo enormi pressioni su vari Paesi e istituzioni internazionali per bloccare la “Marianne”, una barca da pesca scandinava che guida il convoglio della Freedom Flotilla. La “Marianne” nelle ultime settimane si è spostata dalla Svezia alla Norvegia, poi verso Francia, Spagna e Portogallo. Infine ha raggiunto Palermo e Messina. L’imbarcazione si troverebbe ora a Creta, da dove, forse domani, salperà per Gaza.
A bordo, oltre all’equipaggio, ci sono 12 passeggeri, tra i quali attivisti ed esponenti politici, una parlamentare europea, una giornalista svedese, un musicista di origine israeliana, un deputato arabo della Knesset e anche una suora. Gli organizzatori insistono sul carattere assolutamente pacifico della missione e ripetono che le navi portano soltanto un carico di pannelli solari, forniture mediche e altri aiuti umanitari per i residenti di Gaza in condizioni precarie dopo l’offensiva israeliana della scorsa estate.
Il sottosegretario generale dell’Onu Jeffrey Feltman durante il suo intervento ha riferito Ban è anche “profondamente preoccupato” per i prigionieri politici palestinesi detenuti in Israele. E ha nominato Khader Adnan che da 50 giorni attua uno digiuno totale per protestare contro la sua detenzione amministrativa (carcere senza processo).
A proposito del rapporto reso pubblico a inizio settimana dalla Commissione d’indagine Onu sulla guerra di Gaza, incaricata dal Consiglio per i diritti umani, Feltman ha detto “La nostra speranza è che questo rapporto contribuisca a portare giustizia alle vittime della guerra dello scorso anno e ad incoraggiare le parti a impegnarsi in valutazioni serie e credibili di loro comportamento”.